Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21830 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21830 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31979/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME,
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di POTENZA n.878/2019 depositata il 17.12.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietario in base ad atto di donazione del 12.8.1987, dell’immobile ad uso abitativo sito in Chiaromonte (PZ), località Foresta, riportato in catasto a foglio 33, particella 225, adiacente all’immobile di proprietà della NOME (foglio 33, particella 224), conveniva in giudizio quest’ultima davanti al Tribunale di Lagonegro.
Esponeva l’attore, che davanti ai fabbricati vi era un appezzamento di terreno (foglio 33, particelle 223 di proprietà comune e 224), che veniva utilizzato da entrambi i fratelli per accedere dalla INDIRIZZOIonio alle loro proprietà esclusive; che sulla base del suo titolo di proprietà egli vantava un diritto di passaggio sulle porzioni distinte in catasto a foglio 33, particelle 223 -237; che NOME COGNOME aveva edificato alcuni muretti in calcestruzzo, che delimitavano la sua proprietà, che da un lato inibivano, o comunque rendevano più difficoltoso l’accesso alla proprietà dell’attore e dall’altro impedivano il deflusso naturale delle acque meteoriche, che ristagnavano a ridosso del fabbricato dell’attore, provocandovi infiltrazioni e danni.
L’attore chiedeva quindi la condanna della convenuta alla rimozione dei muretti ed al ripristino dell’accesso alla sua proprietà attraverso le particelle 223 e 224 del foglio 33, nonché al risarcimento dei danni conseguenti all’immobile e per il disagio.
La convenuta, per quanto ancora rileva, contestava l’esistenza delle servitù di passaggio invocate dal fratello, e chiedeva in via riconvenzionale l’arretramento di una porzione del fabbricato del fratello e la rimozione di altri manufatti.
Il Tribunale di Lagonegro, acquisiti documenti ed espletata prova testimoniale, con la sentenza n. 415 del 23.9.2008, rigettava le
domande delle parti, accertava che dall’atto di donazione del 12.8.1987 era sorto un diritto di comproprietà di COGNOME sulle particelle 223 e 237 del foglio 33, che non esisteva alcun diritto di servitù di passaggio del predetto sulla proprietà della sorella (particella 224), mentre il passaggio di COGNOME NOME sulla particella 223, di proprietà comune, non era stato ostacolato dalla realizzazione dei muretti in calcestruzzo da parte di COGNOME NOME, e riteneva non provato che la realizzazione dei muretti avesse alterato il pregresso deflusso naturale delle acque provocando i lamentati danni al fabbricato di COGNOME.
La Corte d’Appello di Potenza con la sentenza n. 878 del 3/17.12.2019, rigettava l’appello di NOME COGNOME.
In particolare la sentenza di secondo grado dichiarava inammissibile il primo motivo di appello, volto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del muretto realizzato da COGNOME NOME sulla particella di proprietà comune 223, senza il preventivo consenso del comproprietario COGNOME NOME, in quanto in primo grado era stata richiesta solo la tutela del diritto di passaggio esistente su tale particella perché asseritamente ostacolato dalla realizzazione del muretto su tale particella.
Il secondo motivo di appello veniva invece rigettato, in quanto dalla produzione fotografica e planimetrica, e dalle stesse ammissioni dell’appellante, risultava che continuava ad essere consentito l’accesso carrabile alla proprietà di COGNOME NOME, e non poteva accordarsi tutela per ipotetici futuri spostamenti del muretto.
Il terzo motivo, relativo alla riproposizione della richiesta di CTU, veniva rigettato, evidenziando che il Tribunale di Lagonegro aveva ritenuto non provato il nesso di causalità tra la realizzazione del muretto (sul lato anteriore verso la INDIRIZZO) e l’alterazione del deflusso naturale delle acque meteoriche preesistente, il quale ultimo era stato solo riferito, ma non dimostrato, e costituiva un antecedente logico necessario rispetto
all’accertamento che l’appellante intendeva demandare ad un nominando CTU, inerente al nesso di causalità tra la realizzazione del muretto di sostegno e le conseguenze del ristagno di acqua sul suo fabbricato.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi, depositando poi anche memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., mentre COGNOME NOME é rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) c.p.c., la violazione dell’art. 1102 cod. civ.
Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello abbia ritenuto inammissibile il suo primo motivo di appello, relativo all’illegittima realizzazione del muretto da parte della sorella sulla particella di proprietà comune 223 del foglio 33 senza il suo preventivo consenso benché l’art. 1102 cod. civ. consenta a ciascun partecipante di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il proprio diritto. Sostiene il ricorrente che in primo grado egli aveva lamentato che con la realizzazione dei muretti, erano stati mutati i luoghi ed erano stati violati i suoi diritti, in quanto non poteva più utilizzare il precedente accesso alla sua abitazione attraverso le particelle 223 e 224, per cui egli aveva chiesto tutela sia del suo diritto di passaggio pedonale e carrabile sulla particella 223, sia del suo diritto quale comproprietario della particella 223 di non vedersi impedito l’uso della cosa comune in precedenza goduto.
Il motivo é inammissibile.
Il ricorrente, prospettando un error in iudicando per violazione dell’art. 1102 cod. civ., non si confronta con la decisione adottata dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto inammissibile, per
ragioni di rito, il primo motivo di appello, senza fare applicazione della suddetta norma.
La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado COGNOME NOME avesse agito a tutela dei diritti di passaggio pedonale e carrabile asseritamente esistenti a favore del suo fabbricato (a foglio 33, particella 225) sulle particelle di proprietà comune 223 e 237 e sulla particella 224 di proprietà esclusiva di COGNOME NOME, asseritamente ostacolati dalla costruzione dei muretti in calcestruzzo da parte di quest’ultima (sulla particella 224 quanto al lato anteriore dei fabbricati verso la INDIRIZZO, e su un tratto di confine della particella 223 quanto al lato opposto dei fabbricati), per cui si può ritenere che in primo grado sia stato invocato l’art. 1067 comma 2° cod. civ. e che sia stata chiesta la demolizione dei muretti realizzati da COGNOME NOME solo perché determinanti ostacolo ai pregressi diritti di passaggio di COGNOME NOME.
Col primo motivo di appello, invece, COGNOME NOME pur senza nominarlo espressamente, avrebbe preteso di agire, ex art. 1102 cod. civ., contro NOME COGNOME, non più in quanto proprietaria esclusiva del preteso fondo servente (particella 224) e comproprietaria del fondo di proprietà comune (particella 223), a sua volta interessato dal diritto di passaggio esistente in suo favore quale comproprietario, passaggio che, a causa dei muretti dalla predetta realizzati, sarebbero stati compromessi nel loro esercizio, ma essendo stata negata in radice l’esistenza di una servitù di passaggio antecedente alla costruzione dei muretti sulla particella 224 di NOME COGNOME, quale comproprietaria della particella 223, deducendo il profilo nuovo che avrebbe realizzato il muretto in blocchetti di calcestruzzo contestato senza il preventivo consenso del comproprietario, attuale ricorrente.
La sentenza impugnata, ha quindi ritenuto inammissibile il primo motivo di appello. Se avesse fatto applicazione dell’art. 1102 cod. civ., tardivamente invocato dall’appellante sarebbe incorsa in extrapetizione (vedi sulla sussistenza di extrapetizione in caso di passaggio dall’azione ex art. 1067 comma 2° cod. civ. all’azione a tutela della proprietà comune ex art. 1102 cod. civ. con conseguente inammissibilità della riqualificazione giuridica Cass. 21.3.2019 n.8048; Cass. n.13568/2008; Cass. 11.9.2000 n. 11930), essendo stato già accertato in primo grado che la costruzione di uno dei muretti in calcestruzzo sul confine con la particella comune 223, non aveva in alcun modo ostacolato l’esercizio del passaggio pedonale e carrabile goduto da COGNOME, quale comproprietario della particella 223, ai fini del raggiungimento del retro del suo fabbricato.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., che l’impugnata sentenza non abbia considerato sulla base della CTP e delle foto acquisite, che la realizzazione dei muretti in blocchetti di calcestruzzo da parte NOME COGNOME avrebbe determinato un vero e proprio spostamento e non un mero restringimento del passaggio preesistente, non essendo più consentito, nella parte antistante il fabbricato del ricorrente, il passaggio carrabile verso la strada provinciale, nonché l’ostruzione del regolare deflusso dell’acqua piovana che in precedenza scorreva verso est davanti alla sua abitazione, mentre dopo la costruzione del muretto l’acqua si accumulerebbe in una conca artificialmente creata.
Il motivo é inammissibile, in quanto con esso si vorrebbe ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una rivalutazione del materiale istruttorio al fine di addivenire, attraverso un terzo grado di giudizio di merito, ad una diversa ricostruzione di fatto circa l’esistenza di ostacoli all’esercizio dei diritti di passaggio pedonale e carrabile vantati dal ricorrente, essendo già stato motivatamente
accertato dalla Corte d’Appello che il passaggio sulla particella comune 223 è stato solo ristretto al bordo, ma non ostacolato, né spostato.
3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) c.p.c., la violazione del principio dell’onere probatorio (art. 2697 cod. civ.) e dell’art. 244 c.p.c. (sul modo di deduzione della prova testimoniale che deve riguardare fatti e non valutazioni).
Si duole il ricorrente che l’impugnata sentenza abbia confermato la reiezione della sua domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito della costruzione del muretto in calcestruzzo da parte di COGNOME NOME sulla particella 224, che avrebbe alterato il deflusso naturale delle acque verso est, provocando una specie di conca davanti al fabbricato del ricorrente, con infiltrazioni di umidità nello stesso e conseguenti disagi, ritenendo non assolto l’onere probatorio in ordine all’alterazione del precedente deflusso delle acque che sarebbe derivata dalla realizzazione del muretto, benché egli avesse dimostrato, tramite le deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME, e tramite fotografie, che dopo la costruzione del muretto in questione, durante i temporali, si creavano delle pozzanghere innanzi alla porta d’ingresso del suo fabbricato, e benché dalla CTP emergesse che il muro costruito da COGNOME NOME aveva ostruito il deflusso naturale dell’acqua piovana, per cui l’acqua si infiltrava lungo il muro della sua abitazione creando i danni.
Lamenta il ricorrente che sia stata respinta la richiesta da lui formulata in primo grado, e riproposta in appello, di espletamento di una CTU per accertare il nesso di causalità tra la realizzazione del muretto in questione e le conseguenze del ristagno dell’acqua, per poi rigettare per mancanza di prova la sua richiesta risarcitoria, e sottolinea che l’esistenza di un nesso causale tra due fenomeni é il frutto di un’attività di giudizio e di valutazione, che non essendo
un fatto concreto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non può essere fatta oggetto di prova testimoniale e poteva essere rimessa solo all’accertamento di un CTU.
Il motivo é infondato, in quanto l’impugnata sentenza ha fatto corretta applicazione del principio per cui l’onere di provare che la condotta del proprietario o comproprietario del preteso fondo servente avesse ostacolato l’esercizio della servitù di passaggio pedonale e carrabile del quale l’originario attore ed attuale ricorrente chiedeva tutela, e che tale condotta, consistita nella realizzazione del muro in calcestruzzo contestato, avesse alterato il precedente defluvio naturale delle acque meteoriche, gravava sull’originario attore, ed ha ritenuto che COGNOME non abbia dimostrato che, prima della costruzione di tale muro da parte della sorella, l’acqua piovana scendesse naturalmente ad est rispetto alla facciata del fabbricato dell’attuale ricorrente, senza creare pozzanghere innanzi alla porta d’ingresso del suo fabbricato.
Tale ultima circostanza non é stata ritenuta desumibile dalle testimonianze richiamate dal ricorrente, relative solo alla situazione successiva alla costruzione del muretto, né ricavabile dalla CTP, che é equiparata ad una mera allegazione difensiva e non costituisce prova.
Lo scorrere delle acque piovane verso est davanti alla facciata del fabbricato del ricorrente, sul lato della INDIRIZZO, secondo il pregresso naturale declivio del terreno, senza formazione di pozzanghere davanti alla facciata del fabbricato di COGNOME NOME, prima della realizzazione del muretto di calcestruzzo al confine della particella 224 da parte di COGNOME NOME, non era un nesso di causalità tra fenomeni accertabile solo tramite una CTU come sostenuto dal ricorrente, ma una circostanza di fatto pienamente provabile per testimoni, che viceversa non poteva essere dimostrata attraverso una CTU sostitutiva dell’onere probatorio non assolto sulla situazione anteriore alla costruzione
del muretto, una volta modificato lo stato dei luoghi con la realizzazione dello stesso.
La sentenza impugnata ha reputato inutile la CTU sollecitata in secondo grado dall’attuale ricorrente, concernente il nesso di causalità tra la realizzazione del muretto in questione e le conseguenze del ristagno dell’acqua piovana davanti alla facciata del fabbricato di De COGNOME NOME, in quanto non era stato dimostrato, a monte, che prima di quella realizzazione, le acque piovane, non essendo bloccate dal muretto, defluissero naturalmente verso est rispetto al fabbricato dell’appellante, senza stazionare davanti alla facciata di esso, evidentemente perché quest’ultima circostanza, che dell’accertamento peritale richiesto era il presupposto logico, non era più accertabile tramite un ausiliario per l’intervenuta modificazione dello stato dei luoghi.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Nulla va disposto per le spese del giudizio di legittimità, in quanto l’altra parte é rimasta intimata.
Sussistono i presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo a carico della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Visto l’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.6.2024
Il Presidente
NOME COGNOME