Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20564 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
r.g., proposto sul ricorso iscritto al n. 18503/2021 da
COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
intimato
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 655/2020 pubblicata in data 31/12/2020, n.r.g. 1060/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- Il Consorzio odierno intimato con distinti ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado deduceva di avere assunto le odierne ricorrenti come ‘ farmacista collaboratore ‘ , inquadrate nel livello A1 del CCNL per i dipendenti delle aziende farmaceutiche speciali e di avere erogato loro -nel periodo dal 2007 al 2010 -l’indennità tecnico -professionale di cui all’art. 20 CCNL cit. Assumeva che tale erogazione era avvenuta per errore, perché la predetta
OGGETTO:
farmacia comunale o intercomunale -natura giuridica dell’ente – regime giuridico dei rapporti di lavoro dipendente -uso aziendale – configurabilità effetti
indennità era stata prevista soltanto in favore del personale dipendente già in forza alla data del 16/06/2000. Allegava di aver loro richiesto la restituzione di dette somme con note del 03/10/2012, ma senza esito.
Adìva pertanto il Tribunale di Nocera Inferiore per ottenere ai sensi dell’art. 2033 c.c. la condanna della convenute alla restituzione degli importi per ciascuna di loro specificati.
2.- Costituitosi il contraddittorio, le dipendenti avanzavano domanda riconvenzionale, volta all’accertamento del loro diritto a percepire la predetta indennità e quindi alla condanna del Consorzio al relativo pagamento per i periodi successivi al 2010, pari alle somme per ciascuna specificate.
3.- Il Tribunale adìto rigettava la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dal Consorzio e in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda principale, condannava ciascuna appellata a restituire l’importo percepito indebita mente e rigettava le domande riconvenzionali.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
l’art. 20 CCNL è chiaro nel prevedere la predetta indennità solo in favore dei dipendenti già in forza alla data del 14/06/2000, condizione che per le appellate non ricorre, in quanto sono state assunte tutte successivamente a tale data;
neppure è applicabile la clausola di salvaguardia di cui all’art. 3 CCNL, che prevede la possibilità di accordare trattamenti di miglior favore ma mediante accordi locali, nella specie non intervenuti;
trattasi dunque di indebito retributivo, regolato dall’art. 2033 c.c.;
poiché il Consorzio è un ente pubblico, esso è addirittura tenuto alla ripetizione dell’indebito, quale atto doveroso, senza che possa rilevare la buona fede del dipendente che ha percepito indebitamente l’emolumento retributivo (Cass. n. 4323/2017);
trattandosi di ‘atto dovuto’, non rilevano né l’affidamento del percipiente, né il decorso del tempo, restando a carico dell’ente solo l’accorgimento di osservare modalità di recupero non troppo onerose per il dipendente (C. Stato n. 3811/2017); né tantomeno occorre una
specifica motivazione, essendo in re ipsa l’interesse pubblico ad evitare un danno erariale con il recupero di somme indebitamente attribuite;
quanto all’importo da recuperare, il datore di lavoro può ottenere in restituzione solo le somme nette effettivamente percepite dal lavoratore (Cass. n. 2844/2022);
il termine di prescrizione in materia di indebito oggettivo è quello decennale (Cass. n. 7749/2016) nella specie non decorso, vista la richiesta di restituzione del 2012.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
6.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamenta no ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 2077 e 2078 c.c., 3 CCNL 2007/2010 per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza di un ‘accordo locale’ sul trattamento di miglior favore, invece integrato dall’uso aziendale dedotto sin dalla mem oria difensiva di primo grado e riconosciuto dal Tribunale, rappresentato dalla continua erogazione, da parte del Consorzio, della predetta indennità a tutti i dipendenti assunti do po l’anno 2001 e per ben dieci anni.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. le ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. per avere la Corte territoriale motivato in modo soltanto apparente circa la natura di ente pubblico del Consorzio.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono fondati per quanto di ragione relativamente all’art. 3 CCNL 2007/2010, da interpretare come comprensiva anche dell’uso aziendale.
Questa Corte ha affermato che nell’ambito dei rapporti di lavoro, la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole ai dipendenti integra gli estremi dell’uso aziendale che, essendo diretto, quale fonte sociale, a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con la collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda, agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un
contratto collettivo aziendale ( ex multis Cass. n. 31204/2021). In particolare l’uso azienda appartiene all’ambito delle fonti sociali tra le quali vanno considerati pure i contratti collettivi ed il regolamento d’azienda: sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda (Cass. n. 17481/2009; Cass. sez. un. n. 26107/2007).
La Corte territoriale ha omesso di accertare l’effettiva sussistenza del prospettato uso aziendale, ritenendolo implicitamente ma erroneamente irrilevante perché non integrante quell’accordo locale previsto dalla clausola contrattual-collettiva come abilitato a prevedere un trattamento di miglior favore per i dipendenti.
Quanto, poi, al terzo motivo, nella sentenza impugnata si dà per scontato che il Consorzio sia un ente pubblico. Tuttavia non viene in alcun modo affrontato il tema della sua natura ‘economica’ oppure ‘non economica’, profilo invece da esaminare in conside razione del fatto che l’originaria domanda restitutoria è stata avanzata dal Consorzio sulla base di una precisa disciplina dell’indennità tecnico -professionale, contenuta in un CCNL di natura privatistica, ossia non appartenente al novero delle fonti regolatrici dei rapporti di pubblico impiego come delineate dal d.lgs. n. 165/2001. E, qualora si trattasse di ente privato oppure di un ente pubblico economico, i rapporti di lavoro dei relativi dipendenti sarebbero assoggettati alla disciplina privatistica, ivi compresa la configurabilità e la rilevanza di un uso aziendale in termini di ulteriore fonte sociale (collettiva) di pari livello rispetto ad un accordo collettivo aziendale.
La sentenza impugnata va pertanto cassata per la valutazione di tale comportamento datoriale e per la sua possibile rilevanza come uso aziendale, in quanto tale rilevante ai fini della clausola di salvaguardia espressamente prevista dall’art. 3 CCNL invoca to dalle dipendenti, previo accertamento dell’esatta natura del Consorzio (ente privato, ente pubblico economico, ente pubblico non economico) per trarne le dovute conseguenze in termini di ammissibilità ed eventuale rilevanza dell’uso aziendale.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c.
le ricorrenti lamenta no ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 112 e 345 c.p.c., 2697 c.c., 24 e 111 Cost. per avere la Corte territoriale omesso di rilevare che soltanto in appello, e dunque tardivamente, il Consorzio aveva eccepito di essere un ente pubblico, introducendo un nuovo tema di indagine allegato soltanto con il ricorso d’appello.
Il motivo è assorbito.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamenta no ‘violazione e/o falsa applicazione’ dell’art. 2033 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuta ‘doverosa’ la ripetizione dell’indebito.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento per quanto di ragione del terzo motivo : la necessità dell’accertamento della natura dell’ente (se economico oppure no) è prodromica alle ulteriori valutazioni sulla disciplina da applicare all’indebito oggettivo, sempre che non si ravvisi un uso aziendale, che allora escluderebbe in radice la configurabilità di un indebito.
5.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamenta no ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 2033, 2943 e 2948 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto decennale piuttosto che quinquennale il termine di prescrizione del diritto del Consorzio alla restituzione delle somme indebitamente pagate.
Il motivo è assorbito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, per la decisione in relazione ai motivi accolti, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data