Usi Civici e Compravendita: Può una Conciliazione Escludere i Diritti di Terzi?
La gestione dei terreni gravati da usi civici rappresenta da sempre un nodo complesso del nostro ordinamento, in cui si intrecciano diritti individuali e interessi collettivi. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su una questione cruciale: l’efficacia di un accordo di conciliazione, che trasforma un terreno demaniale in proprietà privata, nei confronti di soggetti che vantano diritti su quel bene ma sono rimasti estranei all’accordo stesso.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine da un ricorso presentato da una cittadina contro il Comune del suo territorio e due privati acquirenti. L’obiettivo era far dichiarare la nullità di un contratto di compravendita di un terreno, sostenendo che la vendita fosse avvenuta in violazione delle norme che tutelano gli usi civici.
In passato, il terreno in questione era demaniale. Successivamente, il Comune e i due futuri acquirenti avevano raggiunto un accordo di conciliazione, omologato dal Commissario per gli usi civici, che ne cambiava la natura, trasformandolo in bene “allodiale”, ovvero di piena proprietà privata. Questo passaggio ha permesso al Comune di venderlo agli stessi privati.
La ricorrente, tuttavia, sosteneva di avere un interesse legittimo sul terreno, in quanto i suoi genitori lo avevano occupato per decenni, apportandovi migliorie. Affermava che i suoi genitori, quali occupanti di fatto, avrebbero dovuto essere considerati “contraddittori necessari” nel procedimento che ha portato alla conciliazione e che, pertanto, l’accordo raggiunto senza la loro partecipazione non poteva pregiudicare i suoi diritti.
I giudici di merito, sia in primo grado (Commissario per gli usi civici) che in appello, avevano respinto le sue richieste, ritenendo che la conciliazione avesse definitivamente sancito la perdita della qualità demaniale del bene, rendendo irrilevante la sua mancata partecipazione.
La Questione degli Usi Civici e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza interlocutoria, non entra nel merito della vicenda, ma compie un passo fondamentale: riconosce la complessità e la rilevanza della questione giuridica sollevata.
Il quesito centrale posto all’attenzione della Corte è il seguente: una conciliazione che riconosce la natura privata di terreni, omologata da un Commissario, può essere opponibile a soggetti che si affermano occupanti degli stessi terreni, sono rimasti estranei a quel giudizio e ora agiscono per far dichiarare la nullità della successiva compravendita?
Invece di decidere in camera di consiglio, il Collegio ha ritenuto che le questioni poste meritassero un approfondimento in una pubblica udienza. Questa scelta sottolinea l’importanza dei principi in gioco, che toccano la tutela della proprietà collettiva e i limiti degli accordi transattivi in materie di ordine pubblico.
Le Motivazioni
Le motivazioni che hanno spinto la Corte a rinviare la causa a pubblica udienza risiedono nei due motivi di ricorso presentati dalla ricorrente.
Il primo motivo contesta la violazione dell’art. 9 della legge 1766/1927, sostenendo che gli acquirenti non possedevano i requisiti legali (come l’occupazione ultradecennale e l’aver apportato migliorie) per essere legittimati a partecipare alla conciliazione. Tali requisiti, secondo la ricorrente, erano invece posseduti dai suoi genitori.
Il secondo motivo, strettamente collegato, riguarda la violazione dell’art. 102 c.p.c. sul litisconsorzio necessario. La ricorrente argomenta che i suoi genitori, in qualità di occupanti effettivi, erano parti necessarie del procedimento originario e la loro esclusione vizierebbe l’intero iter che ha portato alla trasformazione del bene da demaniale a privato.
La Corte riconosce che questi punti sollevano un problema di fondo sull’efficacia erga omnes (verso tutti) di un accordo che incide su beni pubblici come quelli gravati da usi civici. La decisione di rinviare a pubblica udienza serve proprio a sviscerare in modo completo e approfondito questo delicato bilanciamento tra l’autonomia negoziale delle parti in una conciliazione e i diritti dei terzi necessari pretermessi.
Conclusioni
L’ordinanza interlocutoria della Cassazione non fornisce una risposta, ma pone la domanda giusta nel modo più autorevole. La futura sentenza, che seguirà la discussione in pubblica udienza, avrà il compito di fare chiarezza su un punto fondamentale del diritto immobiliare e della procedura civile. Stabilirà se e a quali condizioni una conciliazione in materia di usi civici possa avere effetti limitati alle sole parti partecipanti o se, al contrario, possa modificare lo status di un bene in modo definitivo e opponibile a chiunque, anche a chi è stato ingiustamente escluso dal procedimento. Questa decisione avrà implicazioni significative per la certezza dei diritti di proprietà e per la tutela delle forme di possesso collettivo ancora presenti nel nostro Paese.
Una conciliazione che trasforma un terreno a uso civico in proprietà privata è valida se un interessato non vi ha partecipato?
La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, non fornisce una risposta definitiva. Riconosce che questa è la questione giuridica centrale e, data la sua complessità, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per un esame approfondito prima di decidere.
Chi sono i ‘contraddittori necessari’ in una causa sugli usi civici?
Secondo la tesi della ricorrente, sono tutti coloro che occupano i terreni gravati da usi civici per i quali si chiede la liquidazione. Nel caso specifico, si sosteneva che i genitori della ricorrente, in quanto occupanti di fatto che avevano apportato migliorie, avrebbero dovuto obbligatoriamente partecipare al procedimento.
Cosa ha deciso la Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte non ha deciso il merito della controversia. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui, riconoscendo l’importanza e la complessità delle questioni sollevate dal ricorso, ha stabilito che il caso non poteva essere deciso in camera di consiglio ma necessitava di una trattazione in pubblica udienza.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5729 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5729 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 1990/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in INDIRIZZO Roma;
-ricorrente-
contro
COGNOME COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in INDIRIZZO Roma;
-controricorrenti- nonché contro COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5003/2019, depositata il 19/07/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. Con ricorso del 6 febbraio 2017 NOME COGNOME ha convenuto innanzi al Commissario per gli usi civici del Lazio il Comune di Frascati, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo di accertare la nullità della compravendita intervenuta il 24 novembre 2004 tra il Comune, quale venditore, e gli altri convenuti, quali acquirenti, e avente ad oggetto un terreno sito in Roma, in quanto posto in essere in violazione dell’art. 9 della legge 1766/1927 e dell’art. 102 c.p.c., e conseguentemente dichiarare senza effetto il trasferimento di proprietà in capo agli acquirenti e dichiarare la proprietà dei terreni in capo al Comune di Frascati.
Con sentenza 2 ottobre 2017, n. 75, il Commissario per gli usi civici dichiarava il ricorso inammissibile, affermando che la questione posta dal ricorso è coperta da giudicato, considerato il provvedimento n. 331/2006 con cui il medesimo Commissario, in relazione ai terreni oggetto del processo, aveva dichiarato cessata la materia del contendere, attesa la conciliazione intervenuta tra le parti. I convenuti NOME e NOME COGNOME avevano promosso due distinti giudizi davanti al Commissario, aventi ad oggetto il riconoscimento della natura privata del terreno; in pendenza di tali giudizi, era stato promosso dal Commissario un esperimento di conciliazione ai sensi dell’art. 29 della legge 1766/1927 al quale hanno aderito le parti, che hanno poi sottoscritto, il 19 luglio 2004, una conciliazione omologata dal Commissario il 22 settembre 2004 dalla quale risulta che ‘il terreno fosse divenuto allodiale’; i Battista hanno poi acquistato il terreno
oggetto del contenzioso dal Comune di Frascati e, con provvedimento del 5 aprile 2006, il Commissario ha dichiarato cessata la materia del contendere.
La sentenza n. 75/2017 è stata impugnata da NOME. La Corte d’appello di Roma, sezione usi civici, con la sentenza n. 5003/2019 ha rigettato l’impugnazione. La Corte d’appello osserva che non è contestato che originariamente il lotto fosse gravato di uso civico e che per effetto della conciliazione il lotto medesimo sia divenuto allodiale; la circostanza che alla conciliazione non abbia preso parte NOME, portatrice di un proprio interesse confliggente con l’uso civico, non rileva ad avviso della Corte in ordine alla perdita della qualità demaniale del bene, anche se tale perdita sia l’effetto di una conciliazione non raggiunta nei confronti di tutti i controinteressati all’uso civico. Il fatto poi che il primo processo sia stato chiuso con declaratoria di cessazione della materia del contendere non rileva in quanto vanno considerati i presupposti anche di carattere sostanziale che hanno determinato il provvedimento, ossia nel caso in esame la conciliazione che ha comportato il venire meno dell’interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio. La Corte ha poi concluso che NOME fa valere diritti relativamente a un bene ormai non più demaniale, chiedendo che ne sia riaccertata la natura demaniale, così che la sua domanda andava respinta.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOMECOGNOME
Resistono con distinti atti di controricorso da un lato il Comune di Frascati, che anzitutto eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancanza di interesse, e dall’altro lato NOME COGNOME e NOMECOGNOME
Memoria è stata depositata sia dal controricorrente Comune di Frascati che dai controricorrenti NOME COGNOME e NOMECOGNOME
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo contesta violazione dell’art. 9 della legge 1766/1927, che ha convertito il regio decreto 751/1924: la disposizione invocata legittima a proporre azione di accertamento e liquidazione degli usi civici gli occupanti delle terre, purché vi abbiano apportato sostanziali e permanenti migliorie, la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni e l’occupazione duri almeno da dieci anni; nel caso in esame NOME COGNOME e NOME non erano in possesso dei predetti requisiti, in quanto non avevano apportato alcuna miglioria che invece era stata apportata dal padre e dalla madre della ricorrente e, per quanto concerne NOME COGNOME era insussistente anche il requisito dell’occupazione ultradecennale.
Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 102 c.p.c.: al momento dell’instaurazione del primo processo, i genitori della ricorrente erano contraddittori necessari, in quanto occupanti i terreni gravati da usi civici per i quali veniva richiesta la liquidazione, come emergeva dalla documentazione in possesso del Comune di Frascati, che aveva ricevuto le domande di concessione in sanatoria dei fabbricati costruiti abusivamente avanzate dai genitori della ricorrente.
Il ricorso pone la questione dell’efficacia del riconoscimento della natura allodiale di terreni compiuto dal Comune in una conciliazione omologata da un Commissario, conciliazione sulla cui base è stato concluso un contratto di compravendita dei medesimi terreni, nei confronti di soggetti che si affermino occupanti dei terreni medesimi e che, rimasti estranei al giudizio nel quale è stata raggiunta la conciliazione, si affermino legittimati a proporre azione di nullità del contratto di compravendita dei terreni.
Il Collegio ritiene che per le questioni poste dai motivi si renda opportuna la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza della seconda sezione civile.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione