Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34578 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34578 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13446-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che le rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1021/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 27/12/2021 R.G.N. 414/2021;
Oggetto
R.G.N. 13446/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 08/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza con cui il tribunale di Modena aveva rigettato il ricorso proposto avverso il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a lui intimato dal datore di lavoro, sostenendo la presenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro costituito da AIA, Inseme e SCA.
La Corte d’appello, a fondamento della sentenza, ha ribadito che non fosse stata acquisita la prova dell’allegato unico centro di imputazione del rapporto di lavoro dedotto dall’appellante non essendo ravvisabili i requisiti imprescindibili dell’unicità della struttura organizzativa e produttiva (ma solo un collegamento economico funzionale tra imprese), dell’integrazione fra le attività e del correlativo interesse comune, dell’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese (essendo stato dimostrato solamente lo svolgimento di un’attività che era espressamente oggetto di un contratto di fornitura di servizi amministrativi); della confluenza delle diverse attività delle singole imprese verso un comune scopo imprenditoriale tra le varie imprese considerate (esistendo invece la mera coincidenza dei soggetti direttivi, che non era di per sé dimostrativa di tale ultimo requisito menzionato negli elementi valorizzati allo scopo dalla giurisprudenza di legittimità).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con due motivi di ricorso ai quali hanno resistito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con controricorso, illustrato da memoria depositata prima
dell’udienza ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc sub specie degli artt. 2082 cc, 2086 cc, 2094 cc, anche con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c, nonché della norma vivente in materia di un unico centro di imputazione del rapporto giuridico di lavoro col Sig. NOME COGNOME nonché, contestualmente ed infine, degli artt. da 1362 a 1371 cc per non avere ravvisato nella fattispecie concreta in esame un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro del Dott. NOME COGNOME costituito da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ciò in quanto RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE costituivano un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro perché l’associazione e le due società, concretavano un unico gruppo economico, con un unico oggetto associativo (RAGIONE_SOCIALE) o societario (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), un unico programma organizzativo e produttivo, finalizzato a realizzare un unico grande scopo economico sociale e politico, un unico centro decisionale ed utilizzavano in modo promiscuo ambienti di lavoro, strumenti di lavoro, attrezzature varie ed i rispettivi dipendenti.
Con tale motivo il ricorrente evidenziava che le affermazioni del tribunale e della Corte d’appello, che avevano affermato che i tre soggetti non avrebbero il medesimo oggetto sociale e scopo, fossero evidentemente erronee in quanto l’oggetto sociale e scopo era invece sostanzialmente identico, secondo le circostanze riportate nel presente ricorso alla luce delle quali risultava indubbia la configurazione della fattispecie concreta dell’unico centro di imputazione del rapporto di lavoro del
ricorrente, secondo quanto emergeva dalle prove documentali e testimoniali pure richiamate in ricorso.
2.- Con un secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 cpc, comma 1 n. 3, per violazione o falsa applicazione degli artt. 2082, 2086, 2094 cc anche con riferimento agli artt. 115, 116 cpc e della norma di diritto vivente in materia di interposizione di persona, non avendo la Corte di appello riconosciuto la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE nella sua qualità di Associazione capogruppo, avendo questa posto in essere una concreta e determinante ingerenza nella gestione del rapporto di lavoro con il Dott. NOME COGNOME attraverso il suo Direttore Generale Dott. NOME COGNOME ed il suo responsabile del personale Dott. NOME COGNOME su cui la Corte d’appello non si è pronunciata in un modo profondamente erroneo.
3.- I due motivi di ricorso sono inammissibili perché sotto l’apparente veste di censure in diritto e di violazioni di legge si limitano a sollecitare, in realtà, un mero riesame dei fatti e un nuovo giudizio sugli accertamenti effettuati dalla Corte di appello circa la ricorrenza in concreto degli elementi dell’unicità del gruppo di impresa ai fini dell’imputazione del rapporto di lavoro e del giudizio sul licenziamento per gmo, accertamenti che sono però di pertinenza del giudice di merito .
4.- Tutto ciò mira infatti ad obliterare la diversa valutazione operata dalla Corte d ‘appello sulla scorta dell’istruttoria ed a superare i limiti del giudizio di legittimità in materia di accertamenti di fatto ex art. 360 c.p.c., peraltro in una fattispecie contrassegnata da una ‘doppia conforme’.
5.- Come affermato da questa Corte (ordinanza n. 2014 del 24/01/2022) ‘il collegamento economico -funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sé solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto
di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economicofunzionale e ciò venga rivelato dai seguenti requisiti, il cui accertamento, rimesso al giudice del merito, è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativofinanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.
6.- La Corte di appello ha invero effettuato in proposito un accertamento negativo, adeguatamente motivato, in conformità alla legge e nel rispetto della giurisprudenza di questa Corte; sicchè la sentenza impugnata si sottrae alle censure qui sollevate con il presente ricorso che va quindi dichiarato inammissibile.
7.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in
euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il ver samento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio dell’8.11.2024