Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3398 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3398 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15233/2021 R.G . proposto da :
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
AUSL AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA INDIRIZZO , elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Aziendale Ausl Roma2 rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 511/2021 depositata il 8.1.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La s.r.l. RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) ha ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti della ASL Roma C (oggi Roma 2) per il pagamento di € 27.491,68 a titolo di saldo dei crediti vantati per il periodo gennaio- settembre 2007 per prestazioni sanitarie di radiodiagnostica in regime di accreditamento provvisorio.
Si è opposta la ASL, eccependo il difetto di legittimazione passiva, la non spettanza delle somme e la non debenza degli interessi ex d.lgs.231/2002.
Il Tribunale, ritenuta la legittimazione passiva della ASL, ha revocato il decreto e ha condannato la ASL al pagamento dell’importo capitale ingiunto , oltre interessi al tasso legale dalla data della messa in mora.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello in via principale la ASL, a cui ha resistito l’appellata COGNOME proponendo appello incidentale in punto interessi commerciali.
La Corte di appello di Roma con sentenza del 25.1.2021 ha respinto l’eccezione di inammissibilità del gravame, che era stata sollevata dalla parte appellata, per l’intervenuta notifica dell’atto di impugnazione alla società RAGIONE_SOCIALE che si era estinta in seguito a fusione per incorporazione durante il processo di primo grado, e ha accolto l’appello principale, revocando il decreto ingiuntivo e condannando COGNOME alle spese del doppio grado di giudizio.
La Corte di appello ha ritenuto che la ASL non fosse il soggetto giuridico legittimato, che era invece l’Azienda Ospedaliera San
NOME COGNOME ai sensi dell’art.1, comma 10, del d.l. 324 del 1993, convertito in legge 342/1993.
Avverso la predetta sentenza, con atto notificato il 24.5.2021 ha proposto ricorso per cassazione COGNOME con unico motivo.
Con atto notificato il 2.7.2021 ha proposto controricorso la ASL, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
La ricorrente NOME ha presentato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma primo, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.2504 bis , comma 1 .c.c. in relazione all’art.2495 cod.civ.
La ricorrente si duole della decisione assunta dalla Corte di appello allorché ha ritenuto l’ammissibilità dell’impugnazione in appello che era stata notificata alla società RAGIONE_SOCIALE, estinta per incorporazione e perciò cancellata dal registro delle imprese, come del resto reso in precedenza noto alla ASL con comunicazioni del 7.6.2012 e 16.12.2014.
La ricorrente sottolinea che RAGIONE_SOCIALE unipersonale era stata fusa per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE con atto del 15.5.2012 durante il giudizio di primo grado; che successivamente il 1.12.2014 la predetta società RAGIONE_SOCIALE era a sua volta incorporata nella RAGIONE_SOCIALE; che entrambe le vicende societarie erano state comunicate alla ASL con gli atti preordinati a far predisporre le necessarie modifiche nella titolarità delle autorizzazioni all’esercizio e dell’accreditamento.
La ricorrente lamenta che l’appello, anni dopo, sia stato notificato alla società estinta, della cui inesistenza la parte notificante era comunque perfettamente informata.
Il motivo di ricorso, secondo il quale l’appello sarebbe stato inammissibile in quanto l’appellante era a conoscenza della estinzione nel frattempo intercorsa della società attrice (fusa per incorporazione) appare infondato.
Occorre tuttavia correggere la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384 , ultimo comma, cod.proc.civ., secondo il quale non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto quando il dispositivo sia conforme a diritto.
Infatti la questione dell’ammissibilità dell’appello non va risolta sulla base delle conseguenze dell’estinzione per incorporazione, su cui insiste in memoria la ricorrente, e quindi alla luce dei principi elaborati dalla sentenza delle Sez. U , n. 21970 del 30.7.2021 secondo cui la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c.; nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l’interruzione del processo, esclusa ex lege dall’art. 2504 bis c.c.
Occorre infatti applicare alla fattispecie il principio dell’ultrattività del mandato difensivo recentemente ritenuto applicabile anche alla società.
Il motivo appare infatti infondato alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite, pienamente condivisa dal Collegio, secondo cui la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che:
la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per
l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace;
il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale -in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace;
c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante (Sez. U, n. 15295 del 4.7.2014, recentemente ribadita dalla sentenza delle Sezioni Unite n.29812 del 19.11.2024, anche quanto alla applicabilità di tali principi all’ipotesi dell’estinzione della persona giuridica).
Non rileva quindi la conoscenza aliunde dell’estinzione, allegata da parte ricorrente, in difetto di formale dichiarazione in udienza o notificazione alle altre parti, e l’appello è stato perciò efficacemente notificato al procuratore costituito ex art.330, comma 1 cod.proc.civ.
Del resto RAGIONE_SOCIALE in seguito alla notificazione così eseguita si è costituita in giudizio sanando ogni irregolarità.
Per i motivi esposti occorre rigettare il ricorso.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tenuto conto del fatto che la sentenza delle Sezioni Unite n. 29812/2024, successiva alla proposizione del ricorso, ha esteso espressamente i principi della sentenza delle Sezioni Unite n.15295 del 2014 in tema di ultrattività del mandato anche all’estinzione delle persone giuridiche, così assorbendo il potenziale contrasto con le sentenze n.6070, 6071 e 6072 del 2013 delle stesse Sezioni Unite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese di lite. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione