Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27236 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27236 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26277/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, DISSEGNA AGAR, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ;
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2058/2021, depositata il 20/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
Sentito il Pubblico Ministero -il AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO -che ha chiesto alla Corte di accogliere il primo motivo, assorbito il secondo motivo di ricorso.
FATTI DELLA CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ha citato in giudizio NOME COGNOME, quale titolare dell’omonima ditta individuale, chiedendo che fosse condannato a risarcire il danno causato dai vizi presenti nei pavimenti dallo stesso realizzati, quantificato in euro 124.425,50, somma corrispondente alle spese necessarie per la loro eliminazione, previa pronuncia di risoluzione del contratto di appalto concluso tra le parti, oltre alla restituzione dell’importo già versato di euro 10.000 e al risarcimento del danno per mancato guadagno, quantificabile in euro 125.000. L’attrice deduceva di avere subappaltato al convenuto la realizzazione di pavimenti in resina in quattro cantieri e che i lavori erano stati eseguiti in modo impreciso, tanto che l’attrice era stata costretta a intervenire direttamente, a rimedio dei vizi lamentati dai committenti, in tre cantieri. Il convenuto, costituendosi, tra l’altro eccepiva la decadenza dalla garanzia e proponeva domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice al pagamento di euro 40.647, quale saldo di quanto dovuto.
Con sentenza n. 1101/2018, il Tribunale di Treviso rigettava le domande dell’attrice (ritenendo fondata l’eccezione di decadenza dalla garanzia) e accoglieva la domanda riconvenzionale del convenuto.
La sentenza era impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza 20 luglio 2021, n. 2058, ha dichiarato inammissibile il gravame in quanto proposto dalla società
che era ormai estinta da anni, essendo stata cancellata dal registro delle imprese durante il processo di primo grado.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali successori della ditta estinta RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso NOME COGNOME, quale titolare dell’omonima ditta individuale.
Sono state depositate memorie sia da parte dei ricorrenti che da parte del controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è basato su due motivi.
Il primo motivo denuncia ‘ errores in procedendo per violazione degli artt. 299 e ss. c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata, non applicando la regola c.d. dell’ultrattività del mandato, ha erroneamente dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, estinta per cancellazione dal registro delle imprese durante il primo grado di giudizio, ma il cui evento interruttivo non era stato dichiarato dal procuratore costituito, in forza di mandato a quest’ultimo concesso per più gradi di giudizio’.
Il secondo motivo denuncia ‘ error in procedendo per violazione dell’art. 182 c.p.c. nella parte in cui la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza avere previamente sollecitato la parte appellante a sanare il vizio di rappresentanza, nonché per violazione del medesimo art. 182 c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata non attribuisce efficacia sanante alla costituzione dei soci e successori della società’.
Il primo motivo è fondato. Ad avviso della Corte d’appello, essendo la società RAGIONE_SOCIALE estinta da anni, l’impugnazione doveva essere proposta dai soci, deducendo e provando di esserne i successori, così che il gravame, proposto a nome della società dal difensore costituito in primo grado (e al quale la sentenza era stata notificata ai fini del decorso del termine breve), è inammissibile.
La conclusione cui è giunta la Corte d’appello non è corretta. È vero che questa Corte ha dettato la regola secondo cui ‘la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. (così Cass., sez. un., n. 6070/2013). Tale regola va però coordinata con la diversa regola della c.d. ultrattività del mandato: l’omessa dichiarazione o notificazione ad opera del difensore dell’evento estintivo comporta, in applicazione di tale regola, che il difensore continui a rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione (in tal senso, da ultimo, Cass. n. 2439/2024; cfr. al riguardo Cass., sez. un. n. 15295/2014, v. pure, da ultimo, Cass. n. 21860/2023, Cass. n. 190/2022 e Cass. n. 11193/2022).
La Corte d’appello fa leva su precedenti di questa Corte secondo i quali ‘la necessità che l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, debba provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci non è menomata dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite già conferito al difensore’ (in tali termini Cass. n. 20565/2018, cfr. pure Cass. n. 19580/2017), ma si tratta di un orientamento superato, essendo ormai costante il riconoscimento al difensore (al quale sia stata originariamente conferita procura ad litem anche per gli ulteriori gradi del processo) della legittimazione a proporre l’impugnazione in rappresentanza della società estinta, sottraendosi
a tale regola solo il ricorso in cassazione, che necessita della procura speciale, non conferibile dal legale rappresentante della società estinta, privo di potere di rappresentanza (cfr. al riguardo Cass. n. 19272/2022).
Nel caso in esame, nel quale è pacifico che l’estinzione della società non è stata dichiarata o notificata dal suo difensore, l’appello da quest’ultimo proposto in rappresentanza della società COGNOME, sulla base di una procura conferita anche per il grado d’appello, deve essere considerato ammissibile; va poi precisato che il rapporto processuale, così instaurato nel gravame, si è modificato con la costituzione in giudizio dei soci successori della società, NOME COGNOME e NOME COGNOME, attuali ricorrenti.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio seguita alla