Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5805 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5805 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 6560/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE GUIDA NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 5853/2022, depositata il 23/09/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e Bper RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione innanzi al Tribunale di Roma avverso il decreto sanzionatorio con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze irrogava a carico della COGNOME, nella sua qualità di responsabile della filiale di San Severo (FG) della Banca della Campania (oggi: Bper), nonché alla stessa banca in solido, la sanzione amministrativa di €. 21.705 ,00 pari al 10% della violazione contestata, per aver omesso la segnalazione di alcune operazioni finanziarie sospet te dell’importo complessivo di €. 217.505,00.
Nel periodo compreso tra gennaio 2007 e giugno 2009 erano state poste in essere da un cliente della banca, titolare di due conti correnti e iscritto all’albo dei promotori finanziari, 53 operazioni di versamento. L’operatività ritenuta anomala riguardava la tipologia dei versamenti di contante e di assegni bancari e circolari liberi in seconda e terza girata, non in linea con la disciplina dell’attività svolta, in violazione dell’art. 108, comma 1, n. 5 (Regole di presentazione e comportamenti nei confronti dei clienti o dei potenziali clienti) del Regolamento recante norme di attuazione del d.lgs. 24 gennaio 1998, n. 58.
1.1. Il Tribunale di Roma, pur rigettando nel merito l’opposizione, riduceva la sanzione amministrativa alla misura minima edittale di €. 2.170,00 pari all’1% delle complessive operazioni di versamento.
La pronuncia di prime cure veniva appellata dal Ministero, che chiedeva di ristabilire la sanzione nella misura originaria di €. 21.705,00.
La Corte d’Appello di Roma, ritenendo applicabile all’ipotesi di specie (caratterizzata da violazioni gravi, ripetute e sistematiche) l’art. 58 d.lgs. n. 231 del 2007, come ridelineato dal d.lgs. n. 90 del 2017, alla luce del principio del favor rei rideterminava in dispositivo la sanzione nella misura di €. 150.000,00.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e Bper Banca s.p.a.RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di quattro motivi.
Resiste il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). A giudizio dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso di valutare le molteplici circostanze -già evidenziate nei giudizi di merito, da intendersi come fatto storico rilevante oggetto di discussione tra le parti – dalle quali emergeva il carattere non grave della condotta contestata alla Guida con il decreto sanzionatorio.
1.2. Con il secondo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 41 del d.lgs. n. 231 del 2007 e 11 della legge n. 689 del 1981 (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). La sentenza impugnata lascia del tutto inesplicata la ragione per cui la condotta del trasgressore (NOME COGNOME) dovesse qualificarsi come grave e, quindi, meritevole di una sanzione invero del tutto sproporzionata rispetto al quantum delle operazioni sospette non segnalate. Oltre al fatto che la sanzione irrogata con il decreto è incomparabilmente superiore alla richiesta formulata dal MEF nel proprio appello, nonché 75 volte superiore alla penalità irrogata in esito al primo grado.
1.3 Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). A giudizio dei ricorrenti la Corte d’Appello, nel valutare la presunta gravità della condotta del trasgressore, si è limitata ad accogliere le argomentazioni elevate dal
MEF: il che si risolve in una palese violazione nelle regole di ripartizione dell’onere probatorio, più precisamente in un’inversione dell’onere della prova, con conseguente attribuzione agli odierni ricorrenti di un obbligo di dimostrazione di un fatto negativo, cioè del carattere non grave della condotta della Guida.
1.4 Con il quarto motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2007, in relazione alla disciplina sanzionatoria più favorevole applicabile alla fattispecie concreta (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). La pronuncia viene impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto più favorevole il regime sanzionatorio introdotto dal d.lgs. n. 90 del 2017 applicando l’attuale formulazione dell’art. 58 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 . E’ fuor di dubbio , precisano i ricorrenti, che ai fini dell’applicazione della disciplina più favorevole si debba operare una valutazione in concreto: nel caso di specie, alla luce del quantum di operazioni non segnalate pari complessivamente a circa €. 217.500,00, tanto il minimo edittale dell’1% (corrispondente alla sanzione di €. 2.175,00 irrogata dal giudice di prime cure) quanto il massimo del 40% (pari a €. 86.000,00) risultano comunque inferiori ai limiti edittali dell’illecito come riconfigurato d.lgs. n. 90 del 2017, essendo il minimo edittale ivi previsto in caso di violazioni gravi pari a €. 30.000,00, ed il massimo pari a €. 300.000.
Osservano inoltre che la sanzione di €. 150.000,00 è ‘ larghissimamente superiore a quella di €. 21.750,00 irrogata dal Ministero….. e per il cui ripristino era stato presentato appello da parte del Ministero ‘.
Inoltre, la sanzione di €. 150.000,00 determinata dalla Corte d’Appello è largamente superiore anche all’importo della penalità massima irrogabile sulla scorta del pregresso regime sanzionatorio.
2. Il secondo e il quarto motivo sono fondati sotto il profilo dell’ultrapetizione, sostanzialmente dedotto dai ricorrenti ( nel nostro sistema processuale non si richiedono formule sacramentali nella formulazione dei motivi di ricorso per cassazione: per tutte, v. Cass. SSUU n. 32415/2021); infatti, a fronte della specifica richiesta del Ministero appellante di ristabilire la sanzione ‘ nella misura di €. 21.705,00 ‘ (cfr. conclusioni dell’appellante Ministero trascritte a pagina 1 della sentenza e richieste nell’atto di appello ), la Corte di merito, ha invece applicato una sanzione di €. 150.000,00 , di gran lunga superiore alla domanda di parte.
Il Ministero ritiene trattarsi di un mero materiale (v. controricorso a pagg. 12-14, ove si afferma che la Corte d’Appello di Roma in motivazione ha, da una parte, voluto adeguarsi al principio dell’applicabilità, anche retroattiva, della nuova disciplina sanzionatoria, se più favorevole agli obbligati ; dall’altra, ha identificato quale normativa più favorevole quella indicata dall’art. 57, comma 4, d.lgs. n. 231 del 2007 nella formulazione vigente ratione temporis , che comporta l’irrogazione di una sanzion e pecuniaria compresa tra l’1% e il 40% dell’importo dell’operazione sospetta; infine, ha erroneamente quantificato in dispositivo la somma di €. 150.000,00 in palese contraddizione con quanto argomentato nella parte motiva e con il petitum dell’appello).
Questa tesi non può essere condivisa.
Il procedimento di correzione degli errori materiali (o di calcolo) previsto dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento mediante il semplice confronto della parte che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione; difetto causato
da mera svista o disattenzione e, come tale, rilevabile ictu oculi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12035 del 31/05/2011, Rv. 618091 -01; conformi, ex plurimis : Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 35093 del 14/12/2023, Rv. 669538 -01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3442 del 03/02/2022, Rv. 663964 -01; Sez. L, Ordinanza n. 16877 del 11/08/2020, Rv. 658775 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 668 del 15/01/2019, Rv. 652679 -01). La pronuncia impugnata non consente, invece, alcuna individuazione ictu oculi di una svista dell’estenso re perché la motivazione non offre alcun elemento che possa far propendere con certezza alla svista. Contrariamente a quanto affermato nel controricorso, il giudice di seconde cure ha esplicitamente escluso quale disciplina più favorevole quella prevista dall a precedente formulazione dell’ art. 57, comma 4, d.lgs. n. 231 del 2007, concludendo che: « … il sopra richiamato principio del favor rei dell’art. 69 importa l’applicazione (del)l comunque più favorevole disciplina sanzionatoria del d.lgs. n. 90 … » (v. sentenza p. 4, righi 18-20).
Nella sentenza impugnata sembra, piuttosto, affermata l’appli cabilità del nuovo art. 58, comma 2, d.lgs. n. 231/2007, sulla base della sussistenza di violazioni gravi, ripetute o sistematiche addebitabili alla Guida (statuizione questa passata in giudicato, non avendo l’incolpata proposto appello incidentale sul punto), salvo poi procedere alla determinazione, in dispositivo, di una sanzione di importo (€. 150.000,00) decisamente superiore alla somma richiesta nel petitum dall’Amministrazione appellante (€. 21.705,00, determinata dal MEF nella misura del 10% dell’importo totale delle operazioni sospette, in applicazione della previgente normativa di cui all’art. 57, comma 4, d.lgs. n. 231 del 2007) .
La sentenza impugnata merita, pertanto, di essere cassata perché si provveda a rimediare al vizio emerso.
Spetterà al giudice del rinvio ri determinare l’importo della sanzione amministrativa nei limiti non solo del principio della domanda, ma anche del favor rei espresso nel nuovo art. 69, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 231 del 2007 (come modificato dal d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, art. 4, comma 1, lettera m), che così recita: «Per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta».
I restanti motivi restano logicamente assorbiti.
Il giudice di rinvio (Corte d’Appello di Roma in diversa composizione) regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, l’ 8 ottobre 2024.