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Ufficio secondario notaio: le regole della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una professionista sanzionata dal Consiglio Notarile per aver aperto un secondo ufficio secondario in un comune aggregato. La Corte ha stabilito che, in assenza di una nomina specifica da parte del Presidente della Corte d’Appello per garantire il servizio pubblico, l’ufficio aperto volontariamente in un comune aggregato conta come l’unico ufficio secondario consentito dalla legge. Di conseguenza, averne già un altro costituisce un illecito disciplinare. La sentenza della Corte d’Appello, che aveva annullato la sanzione, è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ufficio secondario notaio: la Cassazione fissa i paletti per l’apertura in comuni aggregati

L’apertura di un ufficio secondario da parte di un notaio è una questione delicata, regolata da norme precise che bilanciano la libertà professionale con le esigenze del servizio pubblico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un aspetto specifico e controverso: la possibilità di aprire uno studio in un ‘comune aggregato’ e le conseguenze disciplinari che possono derivarne. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto stabiliti dai giudici di legittimità.

I fatti di causa

Una professionista, già titolare di una sede principale in un comune e di una sede secondaria in un altro, decideva di aprire un ulteriore ufficio in un terzo comune. Quest’ultimo era un ‘comune aggregato’, ovvero una località priva di una sede notarile propria e collegata, per le esigenze del servizio, al comune dove la notaia aveva la sua sede principale.

Il Consiglio Notarile distrettuale avviava un procedimento disciplinare, contestando alla professionista la violazione del principio di unicità della sede secondaria. Secondo l’organo di disciplina, l’apertura dello studio nel comune aggregato costituiva a tutti gli effetti l’apertura di un secondo ufficio secondario, vietato dalla legge. Inizialmente, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina dava ragione alla notaia, ma il Consiglio Notarile impugnava la decisione davanti alla Corte d’Appello, che però confermava la decisione di primo grado, annullando la sanzione. La questione giungeva così all’attenzione della Corte di Cassazione.

La questione giuridica: un ufficio secondario notaio in più?

Il cuore del dibattito legale ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 26 della Legge Notarile e del suo rapporto con l’articolo 8 del R.D.L. 1666/1937. La difesa della professionista sosteneva che le recenti riforme sulla concorrenza avessero di fatto abrogato l’articolo 8, che prevede una nomina specifica del Presidente della Corte d’Appello per assicurare l’assistenza notarile nei comuni aggregati. Di conseguenza, l’apertura di uno studio in tale comune sarebbe una libera scelta professionale, distinta dall’ufficio secondario notaio ‘classico’.

Il Consiglio Notarile, al contrario, sosteneva che il principio di unicità dell’ufficio secondario non fosse mai venuto meno e che l’apertura volontaria di uno studio in un comune aggregato dovesse essere considerata tale, configurando quindi un illecito disciplinare se il notaio ne possedeva già un altro.

L’analisi delle norme e l’interpretazione sull’ufficio secondario notaio

La Corte di Cassazione ha esaminato l’evoluzione normativa. L’articolo 26 della Legge Notarile, nella sua versione attuale, consente al notaio di aprire ‘un unico ufficio secondario’ in qualunque comune della regione o del distretto. La norma non fa distinzioni per i comuni aggregati.

D’altra parte, l’articolo 8 del R.D.L. del 1937, secondo la Corte, non è stato integralmente abrogato. Esso disciplina il meccanismo di ‘aggregazione’ per garantire un servizio pubblico essenziale in località altrimenti sprovviste. La nomina da parte del Presidente della Corte d’Appello, prevista da questa norma, serve a imporre a un notaio un obbligo di assistenza per finalità di interesse pubblico. Questa attività obbligatoria non si configura come l’apertura di un ufficio secondario notaio, che resta invece una libera scelta professionale.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale: una cosa è l’obbligo di assistenza nel comune aggregato, imposto con provvedimento specifico per garantire il servizio pubblico (art. 8 R.D.L. 1666/1937); un’altra è la libera scelta del professionista di aprire il proprio unico ufficio secondario notaio in quel medesimo comune (art. 26 Legge Notarile).

Nel caso di specie, la professionista non era stata formalmente incaricata di prestare assistenza nel comune aggregato. Pertanto, la sua decisione di aprirvi uno studio non poteva che essere qualificata come una scelta professionale rientrante nella disciplina dell’articolo 26. Essendo già titolare di un altro ufficio secondario, l’apertura del nuovo studio violava il principio di unicità. La Corte ha ritenuto che ammettere il contrario significherebbe consentire a un notaio di avere, di fatto, più sedi secondarie, contravvenendo allo spirito della legge.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Consiglio Notarile, cassando la decisione della Corte d’Appello. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della stessa Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la responsabilità disciplinare della professionista alla luce del seguente principio: in assenza di uno specifico provvedimento di nomina che imponga l’assistenza in un comune aggregato, l’ufficio lì aperto da un notaio deve essere considerato a tutti gli effetti come l’unico ufficio secondario consentito dalla legge. Questa sentenza rafforza il principio di unicità della sede secondaria e chiarisce l’interazione tra le norme che regolano la libera professione e quelle che tutelano il servizio pubblico notarile.

Un notaio può aprire liberamente un ufficio in un ‘comune aggregato’?
Sì, un notaio può scegliere di aprire il suo unico ufficio secondario in un comune aggregato. Tuttavia, questa è una libera scelta professionale e l’ufficio così aperto sarà considerato l’unico ufficio secondario che la legge gli consente di avere.

L’ufficio aperto in un comune aggregato è sempre considerato l’ufficio secondario del notaio?
No. Se il notaio viene specificamente designato dal Presidente della Corte d’Appello per prestare assistenza obbligatoria in quel comune per finalità di servizio pubblico (ai sensi dell’art. 8 del R.D.L. 1666/1937), tale attività non conta come apertura di un ufficio secondario. In tutti gli altri casi, se l’apertura avviene su base volontaria, l’ufficio viene qualificato come sede secondaria.

È possibile per un notaio avere un ufficio secondario ‘classico’ e in più un altro ufficio in un comune aggregato?
No. Secondo la sentenza, ciò costituirebbe una violazione del principio di unicità dell’ufficio secondario, sancito dall’art. 26 della Legge Notarile, e configurerebbe un illecito disciplinare. L’unica eccezione è il caso in cui il servizio nel comune aggregato sia svolto in esecuzione di un obbligo imposto da un provvedimento formale dell’autorità giudiziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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