Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27376 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27376 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
Oggetto: Compravendita – Nullità per truffa – Esiti dei contratti successivi.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24243/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in Ferrara, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati.
-ricorrenti –
Contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in INDIRIZZO, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata.
COGNOME NOME, rappresento e difeso dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato.
-controricorrenti-
Avverso la sentenza della sentenza n. 888/2019 emessa dalla Corte d’appello di Bologna il 29/01/2019, pubblicata il 15/03/2019 e non notificata.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024 dalla AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che:
1. Con atto di citazione dal 09/01/2003, COGNOME NOME, moglie di NOME COGNOME, e i figli NOME e NOME COGNOME, premesso che COGNOME NOME aveva trasferito a COGNOME NOME, con contratto del 19/06/2001, l’appartamento sito in Ferrara, INDIRIZZO, adibito a residenza familiare e alla società RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante COGNOME NOME, in nome e per conto dei figli COGNOME NOME e COGNOME di NOME in forza di procura generale del 28/06/2011, con contratto del 19/06/2002 la proprietà di un appartamento sito in FerraraINDIRIZZO, di proprietà del figlio NOME, e la proprietà di un appartamento sito in Ferrara, INDIRIZZO, di proprietà della figlia NOME, e, con contratto del 29/07/2002 la proprietà di un appartamento facente parte del RAGIONE_SOCIALE, sito in Bosco ChiesanuovaINDIRIZZO, di proprietà della figlia NOME, nonché, con scrittura privata del 04/06/2002, a COGNOME NOME la proprietà della sua autovettura TARGA_VEICOLO targata TARGA_VEICOLO, e che la società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva trasferito, con contratto del 20/12/2002, a COGNOME NOME la proprietà dell’appartamento in Ferrara, INDIRIZZO, già di COGNOME NOME, e con distinti contratti del 27/12/2002 e del 27/12/2002, rispettivamente a COGNOME NOME e ad COGNOME NOME, la proprietà di un appartamento ciascuno, risultanti dal frazionamento, nel frattempo intervenuto, dell’immobile sito in Ferrara, frazione Pontelagoscuro, INDIRIZZO, già di proprietà di COGNOME NOME, convennero in giudizio davanti al Tribunale di Ferrara COGNOME NOME, la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, onde ottenere l’accertamento della nullità dei contratti di compravendita posti in essere da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., in relazione alla fattispecie criminosa di cui all’art. 643 cod. pen. (circonvenzione di incapace), per illiceità della causa e dei motivi ex artt. 1343 e 1346 cod. civ., perché in frode alla legge ai sensi dell’art. 1345 cod. civ., e, in subordine, l’annullamento dei medesimi contratti per incapacità naturale del venditore ai sensi dell’art. 428 cod. civ. per dolo dei compratori ex art. 1439 cod. civ., che venisse dichiarata la loro inefficacia per simulazione assoluta ex art. 1414 cod. civ. o loro revoca ex art. 2901 cod. civ.. Nel giudizio si costituirono la RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME contestando il fondamento delle domande, nonché, tardivamente, COGNOME NOME che propose le medesime domande degli attori e quelle svolte nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, oltre all’accertamento dell’obbligo di restituzione degli immobili indebitamente ricevuti dai convenuti ex art. 2037 cod. civ., con condanna della convenuta alla restituzione ai legittimi proprietari.
Con memoria ex art. 183, quinto comma, cod. proc. civ., ratione temporis vigente, gli attori chiesero, altresì, la condanna delle parti convenute alla restituzione degli immobili oggetto dei contratti di compravendita e lo stesso fece COGNOME NOME con la memoria depositata ex art. 180, secondo comma, cod. civ. ed ex art. 183, quinto comma, cod. proc. civ., mentre i convenuti COGNOME e RAGIONE_SOCIALE eccepirono l’inammissibilità delle predette domande.
COGNOME NOME e COGNOME NOME restarono invece contumaci. Con successivo atto di citazione del 12/03/2003, i fratelli NOME e NOME COGNOME convennero in giudizio davanti al Tribunale di Ferrara la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME,
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiedendo che venisse accertata la nullità delle seconde compravendite realizzate dalla medesima società per illiceità della causa e dei motivi ex artt. 1343 e 1344 cod. civ., perché in frode alla legge ex art. 1345 cod. civ., nonché per simulazione assoluta ex art. 1414 cod. civ., e, in subordine, la revoca dei suddetti contratti ex art. 2901 cod. civ., con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Si costituirono in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME in proprio, nonché, con autonomi atti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, contestando il fondamento delle pretese, mentre COGNOME NOME rimase contumace.
Con atto di citazione notificato il 24/04/2003, COGNOME NOME, in proprio e quale socia accomandataria e legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE, propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 69/2003, col quale il Tribunale di Ferrara, su ricorso di COGNOME NOME, aveva ingiunto alla medesima società e ai suoi soci accomandatari, COGNOME NOME e COGNOME NOME, di pagare al predetto la somma di € 40.000,00, oltre € 338,84 per spese di protesto, portata da quattro assegni bancari protestati dell’importo di € 10.000,00 ciascuno, emessi da RAGIONE_SOCIALE a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, e da questa girati tramite lo COGNOME al COGNOME, che li aveva inutilmente portati all’incasso, giudizio questo nel quale si costituì l’opposto chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Il medesimo decreto ingiuntivo fu opposto con distinto atto di citazione, notificato il 24/04/2003, da COGNOME NOME, incardinando un giudizio nel quale si costituì COGNOME NOME chiedendone il rigetto.
Quest’ultima causa fu riunita a quella promossa dalla moglie avverso il medesimo decreto ingiuntivo ed entrambe riunite alla
causa promossa dai fratelli COGNOME e quest’ultima, per connessione, a quella promossa da COGNOME NOME e dai suoi due figli.
Con sentenza n. 205 del 24/01/2011-08/02/2011, il Tribunale di Ferrara respinse la domanda di nullità dei contratti di compravendita stipulati da RAGIONE_SOCIALE per violazione di norma imperativa in relazione al reato di cui all’art. 643 cod. pen. (circonvenzione di incapace) e quella di annullamento dei medesimi contratti per incapacità naturale ex art. 428 cod. civ., la domanda di simulazione, in assenza di controdichiarazione scritta, sia con riguardo al contratti posti in essere da RAGIONE_SOCIALE, sia con riguardo ai contratti posti in essere dalla società RAGIONE_SOCIALE, e la domanda revocatoria ex art. 2901 cod. civ. riguardante gli atti di disposizione posti in essere da COGNOME NOME, nonché le opposizioni a decreto ingiuntivo proposte da COGNOME NOME e da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME.
Il giudizio di gravame, instaurato dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME e dai loro figli NOME e NOME COGNOME, si concluse con la sentenza n. 888/2019, pubblicata il 15 Marzo 2019, con la quale la Corte d’Appello di Bologna dichiarò cessata la materia del contendere in relazione alle domande proposte nei confronti di COGNOME NOME, deceduto nel corso del giudizio di primo grado, per rinuncia alle stesse, con conseguente passaggio in giudicato delle opposizioni a decreto ingiuntivo, e, in parziale riforma della sentenza impugnata, annullò per dolo i contratti di compravendita del 19/06/2002 tra COGNOME NOME e COGNOME NOME e quelli del 19/06/2002 e del 29/07/2002 intercorsi tra il medesimo COGNOME NOME, in rappresentanza dei figli, e la società RAGIONE_SOCIALE, e dichiarò privo di effetti il contratto di compravendita stipulato dalla società RAGIONE_SOCIALE con COGNOME NOME il 27/12/2002, mentre dichiarò che le compravendite stipulate da COGNOME NOME con la società non pregiudicavano i diritti acquistati sui predetti immobili da COGNOME NOME e da COGNOME NOME con gli atti
rispettivamente del 27/12/2002 e del 20/12/2002 e condannò per esse l’RAGIONE_SOCIALE NOME e COGNOME NOME al risarcimento dei danni subiti da COGNOME NOME e NOME per la perdita della proprietà di questi ultimi beni, e respinse, infine, l’appello incidentale proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ricorso per Cassazione, affidato a nove motivi. Resistono con distinti controricorsi, illustrati ciascuno con memoria, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Considerato che :
1.Col primo motivo di ricorso, riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1445 e 2729, primo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano ritenuto che l’acquirente NOME avesse agito in buona fede e che pertanto l’annullamento della compravendita del suo dante causa non potesse pregiudicare il diritto da essa acquistato, stante il disposto di cui al richiamato art. 1445 cod. civ., senza però far buon governo delle norme che attengono alla prova presuntiva che, se ben valutata, avrebbe portato i giudici a considerare la predetta acquirente di comodo e, dunque, in mala fede, risultando tale dato dal fatto che la società avesse provveduto a rimuovere un vincolo gravante sul bene attraverso il pagamento di una somma esigua, così garantendo ad essa la realizzazione di un’enorme plusvalenza, dal fatto che quest’ultima avesse dapprima dichiarato di non conoscere lo COGNOME e poi, contraddicendosi nel processo penale, di conoscerlo e, infine, dal fatto che si fosse costituita nel processo civile ben due anni dopo la citazione, stranamente dopo la condanna penale di COGNOME e COGNOME. Peraltro, la mancata valutazione dei suddetti documenti risultava anche dalla motivazione della sentenza, la quale era illogica, apparente e
perplessa e, dunque, rilevante anche ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ..
2.Col secondo motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di omesso esame della documentazione versata in atti (C.T.U.) e di illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, ritenendo che il prezzo dichiarato a rogito di euro 25 mila, inferiore a quello di mercato di euro 58 mila, non escludesse la buona fede dell’acquirente, posto che, se ci fosse stato un effettivo accordo col COGNOME, avrebbe potuto pattuire simulatamente un prezzo superiore onde non destare sospetti, avevano trascurato di analizzare il fatto (omesso esame) che la società, prima della vendita, non avesse provveduto alla rimozione del vicolo (atto unilaterale d’obbligo) gravante sul bene, di cui aveva dato conto il c.t.u., per la quale sarebbe bastato pagare un prezzo irrisorio di euro 1.630,61, che questo avesse comportato per l’acquirente una plusvalenza e che la COGNOME avesse detto alla polizia giudiziaria di non conoscere lo COGNOME, per poi contraddirsi in sede di processo penale, circostanze queste che facevano propendere per la posizione di acquirente di comodo della stessa.
Col terzo motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano ritenuto irrilevante la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalla COGNOME nel giudizio penale in ordine al fatto che conoscesse lo COGNOME, non essendo idonee a dimostrare la sussistenza di un accordo tra loro. Ad avviso dei ricorrenti, il suddetto percorso argomentativo era illogico, specie considerato
che l’acquirente non aveva saputo spiegare nel giudizio penale perché avesse detto in sede di indagine di non conoscere lo COGNOME. 4. Col quarto motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di omesso esame della documentazione versata in atti (c.t.u.) e di illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché il c.t.u. aveva rilevato che l’assegno di euro 25 mila pagato dalla RAGIONE_SOCIALE non era mai stato accreditato sul conto della società RAGIONE_SOCIALE, né vi era traccia del suo utilizzo, mentre i giudici di merito non avevano considerato che quest’ultima si era ricordata di pagare l’Iva un anno dopo la vendita.
Col quinto motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di illogicità-mancanza-apparenza della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano escluso che la costituzione tardiva in giudizio della NOME, dopo la riunione dei due procedimenti e il rinvio a giudizio di COGNOME e COGNOME, non deponesse nel senso della sua mala fede, benché con la citazione in giudizio rischiasse di perdere la proprietà del bene, così rendendo una motivazione illogica o apparente.
Col sesto motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di illogicità-mancanza-apparenza della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano omesso di considerare che tutti e tre i subacquirenti si erano rivolti per il proprio acquisto alla medesima agenzia RAGIONE_SOCIALE e al medesimo notaio, lo stesso
scelto dallo COGNOME, acclarato regista della operazione truffaldina, e che la COGNOME aveva agito come soggetto di comodo al fine di rendere processualmente più difficoltoso il recupero del bene. Ad avviso dei ricorrenti, i giudici, nel compiere le loro valutazioni in ordine al prezzo pattuito, affermando che questo, se davvero vi fosse stato un accordo, avrebbe potuto anche essere più alto, non si erano attenuti ai fatti, ma si erano sostituiti alla parte fornendo una giustificazione fantasiosa.
Col settimo motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1445 e 2729, primo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, affermando la buona fede dell’acquirente COGNOME NOME ai sensi dell’art. 1415 cod. civ., avevano escluso l’annullamento della compravendita di quest’ultimo, così mal interpretando la citata disposizione nonostante vi fossero tutti gli indicatori della sua malafede.
Con l’ottavo motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sub specie di omesso esame della documentazione versata in atti (c.t.u.) e di illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di esaminare o mal valutato gli accertamenti compiuti dal c.t.u. con riguardo all’avvenuta restituzione, da parte di COGNOME, all’acquirente COGNOME di parte del prezzo pagato per la compravendita (euro 21 mila su euro 84 mila), sostenendo che la richiesta di mutuo successivamente alla vendita fosse dipesa dal fatto che, all’epoca, la concessione del mutuo ipotecario presupponesse l’acquisto della proprietà dell’immobile in capo al mutuatario e che il COGNOME avesse dimostrato di pagare le relative rate. Ad avviso dei ricorrenti, invece, non soltanto non
corrispondeva al vero che il mutuo, peraltro chiesto per un importo decisamente superiore al valore del bene, andasse erogato dopo il trasferimento di proprietà, ma la stessa restituzione di parte del mutuo dal venditore all’acquirente dimostrava il sodalizio criminoso, come comprovato dalla spartizione tra essi del mutuo, parte del quale era andato al medesimo acquirente, parte allo stesso COGNOME e parte, quella più consistente, a COGNOME, madre del regista della truffa.
9. Con il nono motivo di ricorso riferito alla compravendita RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano escluso la mala fede in capo al COGNOME in quanto non avevano considerato gli elementi presuntivi di cui avevano la disponibilità, i quali erano costituiti sia dall’avvenuta restituzione di parte del mutuo e dall’assenza di spiegazioni fornite dal COGNOME sul punto, sia dall’insussistenza di movimentazioni contabili sul conto corrente intestato a quest’ultimo riconducibili all’immobile, come accertato dal c.t.u., sia dall’essersi l’acquirente servito della medesima agenzia RAGIONE_SOCIALE, sia dal rapporto di amicizia esistente tra quest’ultimo e COGNOME e COGNOME, dimostrato dall’avere egli appellato questi ultimi ‘ragazzi’ nel corso del processo penale e dall’avere dichiarato, in quell’occasione, di avere reincontrato il COGNOME, suo vecchio amico, dopo che l’agenzia RAGIONE_SOCIALE gli aveva segnalato la vendita della società.
10.1 I motivi di ricorso, che possono essere trattati unitariamente, in quanto vertono sul medesimo thema decidendum , ossia i presupposti per l’estensione dell’annullamento di un contatto nei confronti dei terzi in buona fede e il corretto uso delle prove presuntive, sono inammissibili.
Occorre, innanzitutto evidenziare come il contratto concluso per effetto di truffa, penalmente accertata, di uno dei contraenti in
danno dell’altro, essendo non già radicalmente nullo ( ex art. 1418 cod. civ., in correlazione all’art. 640 cod. pen.), ma annullabile ai sensi dell’art. 1439 cod. civ., atteso che il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente, neanche sotto il profilo dell’intensità, diverso da quello che vizia il consenso negoziale, entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e così a viziarne il consenso, non impedisce al soggetto attivo che riceve la cosa col consenso, sia pur viziato, dell’avente diritto di divenirne effettivo proprietario e di potere trasferirne il dominio al terzo, sicché quest’ultimo, a sua volta, ove acquisti in buona fede ed a titolo oneroso, resta al riparo degli effetti dell’azione di annullamento, da parte del deceptus , ai sensi e nei limiti di cui all’art. 1445, in relazione agli artt. 2652 n. 6, 2690 n. 3, cod. civ. (Cass., Sez. 2, 31/3/2011, n. 7468, Cass., Sez. 2, 10/12/1986, n. 7322).
L’art. 1445 cod. civ., infatti, escludendo gli effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso, sancisce implicitamente, come già affermato da questa Corte, l’efficacia dell’annullamento nei confronti degli acquirenti rispetto ai quali non ricorra tale requisito soggettivo (Cass., Sez. 2, 10/9/2019, n. 22585).
Il giudizio sulla sussistenza o meno della buona fede importa un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimità ove sorretto da esauriente motivazione e ispirato a esatti criteri giuridici (Cass., Sez. 2, 10/9/2019, n. 22585; Cass., Sez. 3, 17/4/1970, n. 1098).
10.2 A questo riguardo, occorre ribadire i principi affermati da questa Corte con riguardo alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui, in seguito ad essa, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza
della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, e dunque di totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di aAVV_NOTAIOare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere deAVV_NOTAIOo solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo”, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 5, 6/5/2020, n. 8487; Cass., Sez. 6 – 3, 08/10/2014, n. 21257; Cass., Sez. 6 – 3, 20/11/2015, n. 23828; Cass., Sez. 2, 13/08/2018, n. 20721; Cass., Sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Peraltro, il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, implica che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente indichi il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 2, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. U, 7/4/2014, n. 8053).
E’ peraltro da escludere che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dia luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., Sez. 1, 26/9/2018, n. 23153; Cass., Sez. 3, 10/6/2016, n. 11892), sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi le proprie, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie concreta operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità ( ex plurimis Cass., Sez. 1, 6/11/2023, n. 30844; Cass., Sez. 5, 15/5/2018, n. 11863, Cass., Sez. 6-5, 7/12/2017, n. 29404; Cass., Sez. 1, 2/8/2016, n. 16056).
Argomento quest’ultimo che vale anche per la prova presuntiva, rispetto alla quale il giudice di merito, una volta valutati analiticamente gli elementi indiziari offerti onde scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che,
presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, deve procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, da valutarsi gli uni per mezzo degli altri e non singolarmente, e accertare la loro concordanza (c.d. convergenza del molteplice) (Cass., Sez. 3, 9/3/2012, n. 3703; Cass., Sez. 1, 13/10/2005, n. 19894), spettando unicamente a lui valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 3, 11/5/2007, n. 10847; Cass., Sez. L, 21/10/2003, n. 15737; Cass., Sez. L, 17/4/2002, n. 5526).
Pertanto, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass., Sez. 3, 11/5/2007, n. 10847; Cass., Sez. L, 21/10/2003, n. 15737; Cass., Sez. L, 17/4/2002, n. 5526).
10.3 Nella specie, deve escludersi che i giudici abbiano omesso di motivare o abbiano reso una motivazione apparente.
Risulta dalla sentenza, infatti, che la Corte d’Appello, analizzando le domande di annullamento proposte dai fratelli COGNOME in relazione alle seconde vendite di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, si è pronunciata evidenziando che le stesse erano state trascritte il 11/4/2003 e, dunque, successivamente alla trascrizione dei rogiti, avvenuta il 31/12/2002, e che soltanto per quella riguardante NOME COGNOME fosse ravvisabile la mala fede, ma non anche per le altre due.
In particolare, hanno evidenziato, quanto alla compravendita COGNOME, che questi, successivamente all’erogazione del mutuo ipotecario concessogli nella misura di euro 84.624,59, aveva emesso dieci assegni circolari per euro 84 mila tutti all’ordine di COGNOME NOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, che quest’ultimo aveva girato euro 56 mila a COGNOME NOME, madre dello COGNOME, ed euro 21 mila allo stesso acquirente, che non erano mai emersi rapporti tra COGNOME e altri protagonisti della vicenda e che il mutuatario stava onorando regolarmente le rate del mutuo, che il prezzo, benché il contratto ne attestasse l’intervenuto pagamento, era stato pagato subito dopo l’atto forse perché, all’epoca, la concessione del mutuo presupponeva l’acquisto della proprietà dell’immobile in capo al mutuatario, che non influiva in questa valutazione il trasferimento del denaro a terzi dopo il pagamento, non essendo l’acquirente tenuto a controllare le modalità di utilizzo del prezzo pagato, e che non erano emesi precedenti rapporti tra il COGNOME, lo COGNOME e la COGNOME, mentre, quanto alla compravendita COGNOME, che la stessa aveva pagato il prezzo di euro 25 mila con assegno circolare all’ordine della società RAGIONE_SOCIALE, che questo assegno non era stato depositato sul conto corrente della società, ma cambiato dall’amministratore unico per ottenere denaro contante e che la COGNOME aveva pagato all’agenzia RAGIONE_SOCIALE la provvigione per la mediazione prestata, escludendo rilevanza alla sua costituzione tardiva in giudizio, all’inferiorità del prezzo pagato rispetto al valore di mercato del bene, posto che, se ci fosse stato un accordo col COGNOME, questo avrebbe potuto essere simulatamente superiore per non destare sospetti, all’essersi la stessa servita della medesima agenzia RAGIONE_SOCIALE, all’essersi il relativo titolare presentato come l’amministratore di COGNOME, stante l’inesistenza di rapporti tra essa e quest’ultimo, e alla contraddizione in cui era incorsa nel giudizio penale sul fatto che conoscesse lo COGNOME.
Alla stregua delle argomentazioni contenute in sentenza, come sopra riportate, deve escludersi la lamentata assenza o apparenza della motivazione e anche l’omessa valutazione dei fatti evidenziati con le censure, siccome esaminati e valutati dai giudici di merito, sia pur in maniera difforme da quanto preteso dai ricorrenti, mentre quelli non espressamente analizzati (ad esempio la denominazione ‘ragazzi’ utilizzata dal COGNOME riferendosi a COGNOME e COGNOME o l’essersi COGNOME e COGNOME incontrati dopo anni grazie all’agente RAGIONE_SOCIALE) sono rimasti genericamente deAVV_NOTAIOi, non essendo stato neppure chiarito come e quando gli stessi siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti, né tantomeno la loro decisività.
11. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico dei ricorrenti.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/10/2024.