Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34151 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6910/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 2375 del 25/11/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
lette le memorie delle parti;
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME proponeva opposizione ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c. nell ‘ esecuzione forzata contro di lui minacciata da NOME NOMECOGNOME sulla scorta della sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 993 del 5/9/2011 che, riformando integralmente la decisione di primo grado, aveva reintegrato il
Sicuri nel possesso di una mansarda, accertando la sussistenza di uno spoglio perpetrato in suo danno, nell ‘ anno 1999, da NOME COGNOME;
-riferiva, in fatto, l ‘ odierno ricorrente che NOME COGNOME assumeva di avere avuto la detenzione qualificata del bene per essergli stata concessa in comodato gratuito per la durata di circa due anni (dal marzo 1998 al dicembre 1999) dal padre (NOME COGNOME, il quale, successivamente allo spoglio, l ‘ aveva venduta a NOME COGNOME, poi chiamato in causa ex art. 111 c.p.c.;
-l ‘ opponente deduceva, per quanto ancora di interesse in questa sede, il venir meno della tutela possessoria accordata a NOME COGNOME dalla sentenza n. 993/2011 della Corte d ‘ appello di Bologna, essendo in corso di accertamento il diritto di proprietà del COGNOME; in altre parole, con l ‘ opposizione spiegata si eccepiva la proprietà dell ‘ unità immobiliare, già oggetto di azione petitoria ai sensi dell ‘ art. 705 c.p.c., sussistendo un pregiudizio irreparabile derivante dall ‘ esecuzione del provvedimento possessorio (anche perché il COGNOME aveva paventato trasformazioni dell ‘ immobile per accorparlo all ‘ appartamento limitrofo, di sua proprietà);
-nel giudizio si costituiva NOME COGNOME e chiedeva il rigetto delle domande proposte;
-nelle more del giudizio di opposizione all ‘ esecuzione passava in giudicato l ‘ ordinanza del 3/3/2018 emessa ex art. 702bis c.p.c. dal Tribunale di Parma, con la quale veniva accertata e dichiarata l ‘ esclusiva proprietà di COGNOME sulla mansarda oggetto del provvedimento possessorio, con esclusione di qualsivoglia diritto reale od obbligatorio del Sicuri;
-a seguito del sopravvenuto giudicato, la difesa del COGNOME chiedeva, nelle proprie conclusioni, di dichiarare preliminarmente l ‘ avvenuta cessazione della materia del contendere, posto che la predetta pronuncia accertativa del diritto di proprietà aveva determinato il venir meno della tutela possessoria; -respinta l ‘ istanza di sospensione, il Tribunale di Parma rigettava l ‘ opposizione, affermando che l ‘ accertamento della proprietà dell ‘ immobile in capo a NOME COGNOME non precludeva l ‘ esecuzione della sentenza possessoria, in quanto «parte resistente (dovrà/potrà) far valere eventuali eccezioni e
contestazioni con gli ordinari strumenti di opposizione all ‘ esecuzione ed agli atti esecutivi di cui all ‘ art. 615 c.p.c. e seguenti»;
-l ‘ opponente proponeva appello, lamentando l ‘ erroneità della decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile o comunque respinto la domanda finalizzata ad «ottenere un provvedimento volto ad inibire il risultato utile ottenuto da Sicuri Stefano con la possessoria» e, così, considerato irrilevante il passaggio in giudicato della ordinanza petitoria emessa fra le stesse parti; si assumeva, in particolare, che la pronuncia, nel corso del giudizio di opposizione, di un provvedimento di carattere petitorio (e, segnatamente, di accertamento del diritto di proprietà), passato in giudicato, imponeva di negare al possesso ogni protezione giuridica, impedendo l ‘ esecuzione del provvedimento possessorio; invocava, peraltro, il principio secondo cui la tutela possessoria cade di fronte al prevalente diritto di proprietà, sicché, una volta dimostrata dal proprietario l ‘ insussistenza di qualsivoglia diritto del possessore, questo perde la tutela possessoria, benché già ottenuta con pronuncia passata in giudicato;
-con l ‘ impugnata sentenza, la Corte d ‘ appello di Bologna respingeva l ‘ impugnazione, dichiarando infondato nel merito l ‘ appello in quanto la decisione petitoria non poteva influire su quella possessoria (e viceversa);
-avverso la predetta decisione il COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi; resisteva con controricorso il COGNOME;
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1 c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 25/11/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2909 c.c. e degli artt. 324, 112, 115 e 116 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha negato una connessione tra il giudizio possessorio e il giudizio petitorio, così negando la tutela del diritto di proprietà dell ‘ odierno ricorrente;
-col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 832, 2909 c.c. e 324 e 615 c.p.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente affermato che «la tutela possessoria non necessariamente soccombe di fronte all ‘ accertamento del diritto di proprietà del soccombente nel giudizio possessorio»; ad avviso del ricorrente, a fronte di una sentenza possessoria che tutela esclusivamente la situazione di fatto, la petitoria passata in giudicato che accerta il diritto di proprietà, escludendo (in quanto tale e per espressa statuizione) ogni diritto reale od obbligatorio del Sicuri, non può che prevalere sulla prima, dovendo la situazione di fatto piegarsi ed uniformarsi ad una situazione di diritto;
-col terzo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, 132 e 615 c.p.c., nella parte in cui il giudice d ‘ appello, in maniera contraddittoria, ha affermato: «è impensabile che venga impedita l ‘ esecuzione di una disposta reintegra passata in giudicato a fronte di un successivo provvedimento petitorio che anzi ha rigettato la domanda del COGNOME di accertamento circa l ‘ inesistenza e risoluzione del contratto di comodato posto a fondamento della possessoria», per poi concludere che «la tutela possessoria non necessariamente soccombe di fronte all ‘ accertamento del diritto di proprietà del soccombente nel giudizio possessorio»;
-col quinto motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 615 c.p.c., per avere negato allo stesso COGNOME la tutela dei suoi diritti, nonostante un ‘ ordinanza passata in giudicato, che aveva accertato il suo diritto di proprietà ed escluso ogni diritto di natura reale od obbligatoria di NOME COGNOME;
-le censure possono essere esaminate congiuntamente, perché sostanzialmente pongono, sotto diversi profili, la medesima questione e, cioè, se il sopraggiunto giudicato esterno di riconoscimento della proprietà di NOME COGNOME (ordinanza del 3/3/2018 emessa ex art. 702bis c.p.c. dal Tribunale di Parma) comporti la caducazione della tutela possessoria invocata da
NOME COGNOME ed ottenuta con la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 993 del 5/9/2011 (poi confermata da Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21540 del 25/10/2016) e, conseguentemente, precluda al Sicuri il diritto di procedere ad esecuzione forzata (per rilascio) in base al predetto titolo esecutivo;
-benché suggestiva -in quanto volta a far prevalere il definitivo riconoscimento della situazione di diritto (l’accertamento della proprietà) sulla situazione di fatto tutelata ex art. 1168 c.c. -e priva di riscontri nella giurisprudenza di legittimità negli esatti termini, la tesi sostenuta dal ricorrente non può essere condivisa: l ‘ ordinamento, infatti, non stabilisce la prevalenza dell ‘ una o dell ‘ altra situazione giuridica, ma configura, come regola, la restitutio in integrum quale modalità di tutela al proprietario;
-in tal senso depone il dato letterale dell ‘ art. 705 c.p.c. («Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita»), rafforzato dalla lettura che di tale norma hanno dato la Corte costituzionale (con la sentenza n. 25 del 22/1/1992) e la giurisprudenza di legittimità;
-la menzionata disposizione impedisce l ‘ introduzione della domanda di rivendicazione fintanto che la tutela possessoria non si sia concretamente realizzata («eseguita», appunto) e la Corte Costituzionale -nel dichiararne la parziale illegittimità con la sentenza n. 25 del 22/1/1992 -ha escluso che la proponibilità del giudizio petitorio sia subordinata alla definizione della controversia possessoria e all ‘ esecuzione della decisione nel solo caso «che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto»;
-la giurisprudenza di legittimità ha coerentemente interpretato l ‘ art. 705 c.p.c. nel senso che, «perché il convenuto in giudizio possessorio possa instaurare giudizio petitorio, è necessario il previo concorso di due condizioni: a) la definizione del giudizio possessorio, mediante sentenza non più soggetta ad impugnazione o formale dichiarazione di estinzione del processo; b) l ‘ esecuzione, in via spontanea o forzata, del provvedimento del giudice in ordine al possesso, indipendentemente dai motivi che, nella prima ipotesi, l ‘ abbiano determinata» (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2503 del 06/07/1976, Rv. 381300-01); analogamente, anche di recente, si è statuito che «Le condizioni
che, ai sensi dell ‘ art. 705 cod. proc. civ., consentono al convenuto in giudizio possessorio di instaurare giudizio petitorio, (costituite dalla definizione del giudizio con sentenza non più soggetta ad impugnazione e/o all ‘ esecuzione della relativa decisione), possono trovare l ‘ equipollente solo nell ‘ ipotesi in cui vi sia stata una sostanziale cessazione del giudizio possessorio per aver il convenuto spontaneamente reintegrato l ‘ attore. Ne consegue che deve escludersi l ‘ instaurabilità del giudizio petitorio quando la reintegrazione sia avvenuta non spontaneamente, ma in esecuzione di un ordine provvisorio emesso dal giudice in pendenza del procedimento» (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8367 del 20/06/2001, Rv. 547585-01; analogamente, Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 20324 del 16/07/2021, Rv. 662017-01);
-da tanto può trarsi la conclusione che la tutela possessoria esige sempre e comunque il previo proprio pieno compimento col ripristino concreto ed effettivo della situazione di fatto che mira a proteggere, prima che possa prendersi in considerazione la tutela del diritto con essa confliggente;
-il ricorrente sostiene che il giudicato formatosi sulla domanda petitoria -avanzata prima dell ‘ esecuzione del provvedimento possessorio (che è proprio l ‘ oggetto della contestazione formulata con l ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c. qui esaminata) ed evidentemente ritenuta proponibile (quantomeno implicitamente) -consente di superare la limitazione dell ‘ art. 705 c.p.c., alla cui applicazione osta la res iudicata ;
-pur in assenza di specifici precedenti (la fattispecie è, infatti, caratterizzata da assoluta singolarità), la tesi non è convincente;
-innanzitutto, il precedente giurisprudenziale di Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 14979 del 16/07/2015, conferma la tradizionale esclusione della configurabilità di un nesso di pregiudizialità-dipendenza tra la causa petitoria e quella possessoria, poiché quest ‘ ultima è volta al ripristino dello stato di fatto e l ‘ intervenuto giudicato sulla situazione di fatto prescinde dall ‘ esistenza di un diritto corrispondente: conseguentemente, il «contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune restitutiones in integrum », il che presuppone, dunque, che la decisione di reintegra nel possesso sia stata previamente eseguita;
-a tale argomento si aggiunge che l ‘ opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. ha natura di azione di accertamento negativo del diritto di agire in executivis nel momento in cui è minacciato, col precetto, l ‘ inizio dell ‘ esecuzione: poiché a tale momento, di norma, occorre fare riferimento per la decisione, nel caso de quo , alla data di notificazione del precetto (2/1/2012) NOME COGNOME non poteva invocare alcun giudicato a suo favore, ma solo l ‘ avvenuta proposizione della domanda petitoria;
-ad ogni buon conto, nemmeno la conseguita definitività del titolo petitorio nel corso del giudizio di opposizione all’esecuzione minacciata in base al titolo possessorio può travolgere quest’ultimo;
-infatti, proprio perché le tutele -possessoria e petitoria -operano su diversi piani (per l’evidente diversità della causa petendi e dello stesso petitum , sicché i relativi giudicati atterrebbero comunque a situazioni giuridiche differenziate e non assimilabili) e senza che possa configurarsi la prevalenza dell ‘ una o dell ‘ altra, si deve escludere la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo dell ‘ opposto (cioè, quello possessorio: unica questione che nell ‘ opposizione esecutiva può essere sollevata al di fuori del thema decidendum iniziale): il sopravvenuto fatto nuovo del conseguimento di un giudicato petitorio, in altri termini, non è idoneo a configurare un fatto estintivo del diritto del possessore ad azionare il titolo giudiziale (per di più, definitivo) conseguito a tutela del suo possesso, poiché solo una volta questo pienamente eseguito (e sempre che non siano attivati altri strumenti processuali previsti per i casi di controversia su proprietà o possesso, a impulso dell’interessato) il diritto de l proprietario potrà trovare piena estrinsecazione, con un’opportuna restitutio in integrum , sola a garantire il finale riallineamento della tutela dei diritti del possessore e del proprietario; -col quarto motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 832, 137, comma 2, 1809 e 1810, 2909 c.c. e 324 e 615 c.p.c., poiché la sentenza impugnata avrebbe violato le disposizioni di cui agli artt. artt. 1372 c.c., comma 2, 1809 e 1810 c.c. e degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. con una serie di affermazioni che stridono con i principi disciplinanti il contratto di comodato
e gli effetti del giudicato: il ricorrente sostiene che l ‘ accertamento della proprietà del bene comportava ex se l ‘ esclusione della tutela possessoria fondata sul contratto di comodato, posto che tale contratto si era risolto alla scadenza (nel dicembre 1999) ed era comunque inopponibile al promissario acquirente (COGNOME;
-la censura è inammissibile;
-innanzitutto, il ricorrente ha omesso di indicare nell ‘ atto introduttivo se e quando la questione relativa alla cessazione o, comunque, all ‘ del comodato sia stata sollevata con l ‘ iniziale opposizione ex
inopponibilità art. 615 c.p.c.; -poi, la questione risulta comunque decisa inter partes e con effetto di giudicato da Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21540 del 25/10/2016, la quale ha accordato la tutela possessoria spiegando le ragioni per le quali il venir meno dell ‘ originario titolo di detenzione era da reputarsi irrilevante: «Infatti, l ‘ accertamento del perdurante diritto a godere di un bene, quale detentore qualificato, è estraneo all ‘ oggetto del giudizio possessorio di reintegrazione, che concerne il potere di fatto esercitato, al momento dello spoglio, dal conduttore o dal comodatario, in virtù del diritto di natura personale concessogli dal proprietario. Pertanto, la scadenza del contratto sopraggiunta nelle more preclude l ‘ emissione dell ‘ ordine di reintegrazione, poiché la distribuzione dell ‘ onere della prova tra le parti nel possessorio instaurato a tutela della detenzione qualificata è diversa da quella vigente nel giudizio a tutela del possesso in senso proprio. In questo ultimo caso il titolo da cui si assume avere origine il possesso non può essere fatto valere per dimostrare la esistenza dello ius possidendi , ma solo ad colorandam possessionem per rafforzare la prova dell ‘ esistenza di atti materiali integranti il possesso.»; -in conclusione, il ricorso va respinto in base al seguente principio di diritto: «L’esecuzione forzata dell’ordine di reintegrazione nel possesso di un bene non è impedita dal sopravvenuto conseguimento, da parte del destinatario dell’ordine, di un giudicato petitorio, il quale non è idoneo a configurare un fatto estintivo del diritto del possessore ad azionare il titolo giudiziale (per di più, definitivo), perché solo dopo la piena attuazione, spontanea o forzata, della tutela possessoria – e sempre che non siano
attivati, ad impulso dell’interessato, altri strumenti processuali previsti per i casi di controversia su proprietà o possesso – il diritto del proprietario può trovare piena estrinsecazione attraverso un’opportuna restitutio in integrum »;
-la singolarità della fattispecie e la correlata novità della questione prospettata costituiscono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
-va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte
rigetta il ricorso;
compensa le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione