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Tutela Marchio: stop a imitazione di mozzarella famosa

Un’azienda casearia ottiene una tutela del marchio contro un’imitazione. Il Tribunale di Milano ha ordinato a un negozio di cessare l’uso del nome e dell’immagine di una famosa mozzarella, riconoscendo il rischio di confusione per i consumatori e la violazione dei diritti di proprietà intellettuale della società produttrice.

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Tutela Marchio: il Tribunale Ferma l’Imitazione di una Famosa Mozzarella

Un’importante ordinanza del Tribunale di Milano ribadisce la centralità della tutela marchio nel settore alimentare, offrendo protezione a un noto caseificio contro l’imitazione del suo prodotto di punta. Il caso analizza come l’uso di un nome e di un’immagine quasi identici possa generare confusione nei consumatori e costituire una violazione dei diritti di proprietà intellettuale, giustificando un intervento d’urgenza da parte del giudice.

I Fatti di Causa: la Controversia sulla Mozzarella

La vicenda vede contrapposti un rinomato caseificio, produttore sin dal 1988 di una particolare e innovativa mozzarella di grossa pezzatura, e una ditta individuale con sede a Milano. Il caseificio, nel corso degli anni, aveva consolidato la propria reputazione registrando numerosi marchi (denominativi, figurativi e 3D) e modelli di design a livello nazionale ed europeo per proteggere sia il nome che la forma unica del suo prodotto.

La notorietà del prodotto era cresciuta esponenzialmente, anche grazie a citazioni in film di successo e trasmissioni televisive, portando all’apertura di punti vendita monomarca.

Recentemente, il caseificio ha scoperto che la ditta individuale vendeva nel suo negozio di Milano un prodotto identico, utilizzando la stessa denominazione, un’insegna con un’immagine pubblicitaria pressoché identica a quella storica del caseificio e la stessa forma caratteristica tutelata da design. Nonostante una formale diffida a cessare tale comportamento, la ditta individuale ha continuato la sua attività, portando il caseificio a richiedere un provvedimento cautelare al Tribunale.

La Decisione del Tribunale e la Tutela del Marchio

Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso del caseificio. La resistente, pur essendo stata regolarmente notificata, ha scelto di non costituirsi in giudizio, venendo dichiarata contumace.

Il giudice ha emesso un’ordinanza inibitoria con cui ha ordinato alla ditta individuale di:
1. Cessare immediatamente l’utilizzo del segno controverso in qualsiasi forma, incluso come insegna del negozio.
2. Interrompere qualsiasi attività di produzione e commercializzazione della mozzarella realizzata in violazione dei marchi e dei design del ricorrente.

Inoltre, è stata fissata una penale di 1.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine, a partire dal trentesimo giorno dalla comunicazione dell’ordinanza. Infine, la resistente è stata condannata al pagamento delle spese legali.

L’Importanza della Registrazione per la Tutela del Marchio

Il provvedimento sottolinea come la registrazione di marchi e design sia fondamentale. Il caseificio ricorrente aveva diligentemente protetto i suoi asset di proprietà intellettuale, depositando:
* Marchi nazionali denominativi e figurativi.
* Un marchio figurativo dell’Unione Europea.
* Un marchio nazionale figurativo 3D.
* Modelli di design/forma europei.

Questa solida base di diritti registrati è stata il pilastro su cui il Tribunale ha fondato la sua decisione.

Le Motivazioni della Decisione

Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i due requisiti fondamentali per la concessione della misura cautelare: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Il fumus boni iuris (la parvenza di fondatezza del diritto) è stato riconosciuto sulla base della palese contraffazione. Il giudice ha osservato che l’uso da parte della resistente di un segno identico, per un prodotto identico (mozzarella, classe merceologica 29), associato a un’immagine pubblicitaria e a una forma del prodotto del tutto sovrapponibili a quelle del ricorrente, crea un elevato rischio di confusione nel consumatore. Tale condotta, secondo il Tribunale, induce il pubblico a credere erroneamente che vi sia un legame commerciale o un’autorizzazione tra le due imprese, permettendo alla resistente di trarre un indebito vantaggio dalla notorietà e dalla reputazione costruite dal caseificio.

Il periculum in mora (il pericolo di un danno grave e irreparabile nel ritardo) è stato ravvisato nella natura stessa della violazione. La prosecuzione dell’attività illecita avrebbe minato la capacità distintiva del marchio del ricorrente, un danno non pienamente risarcibile con una somma di denaro al termine di un eventuale giudizio di merito. La tutela marchio, infatti, serve a preservare l’esclusività e l’unicità del brand, un valore che, una volta diluito, è difficile da ripristinare.

Le Conclusioni

Questa ordinanza del Tribunale di Milano offre spunti preziosi per gli imprenditori. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di una strategia proattiva di tutela del marchio e del design, che rappresenta il primo e più efficace scudo contro le imitazioni. In secondo luogo, dimostra come l’ordinamento giuridico fornisca strumenti rapidi ed efficaci, come il procedimento cautelare, per fermare le violazioni e prevenire danni irreparabili all’immagine e al valore di un brand. Infine, il comportamento della parte resistente (l’aver ignorato la diffida e la mancata costituzione in giudizio) è stato interpretato come un ulteriore elemento a sfavore, suggerendo una scarsa volontà di correggere la propria condotta e rafforzando le ragioni del ricorrente.

Quando l’uso di un nome identico per un prodotto identico costituisce una violazione?
Secondo l’ordinanza, l’uso di un segno identico per prodotti identici (in questo caso, il nome per la mozzarella) costituisce una chiara violazione del marchio registrato. La violazione è aggravata se, come nel caso di specie, si utilizzano anche immagini e forme del prodotto quasi identiche, poiché ciò aumenta esponenzialmente il rischio che il consumatore medio possa essere confuso sull’origine imprenditoriale del prodotto o credere che esista un legame commerciale tra le due imprese.Quali elementi considera il giudice per valutare il rischio di confusione?
Il giudice ha condotto una valutazione globale e sintetica, considerando l’insieme degli elementi utilizzati dalla parte resistente. Nello specifico, ha dato peso alla compresenza di tre fattori: 1) l’uso del medesimo segno distintivo (“zizzona”); 2) la raffigurazione sull’insegna di un’immagine pubblicitaria quasi identica a quella del titolare del marchio; 3) la vendita di un prodotto con la medesima forma particolare, anch’essa tutelata da design. L’insieme di questi elementi rende altamente probabile il rischio di confusione o associazione nel pubblico.

Cosa succede se un’azienda ignora una diffida e non si presenta in giudizio?
Ignorare una diffida e non costituirsi in giudizio (rimanere ‘contumace’) sono comportamenti che il giudice può valutare negativamente. Nel caso esaminato, il Tribunale ha interpretato questa condotta come un segnale della mancanza di interesse della parte resistente a modificare il proprio comportamento e a dimostrare la propria correttezza professionale. Sebbene la decisione si basi principalmente sulle prove della violazione, tale atteggiamento può rafforzare la convinzione del giudice sulla necessità di emettere un provvedimento d’urgenza per fermare l’illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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