Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 18630 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 18630 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8105/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), elettivamente domiciliato in INDIRIZZO,, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE PER L UTILIZZO DI FONTI ENERGETICHE NOVA LEVANTE
-intimata- avverso SENTENZA di TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA n. 16/2023 depositata il 20/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva
La vicenda al vaglio può sintetizzarsi nei termini di cui appresso.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME ricorrevano al Tribunale superiore delle acque pubbliche, chiamando in causa la Provincia autonoma di Bolzano e la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo annullarsi il decreto assessoriale n. 16752 del 5/9/2018, che aveva rigettato le domande di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE
NOME‘, ‘NOME‘, NOME e ‘NOME‘; nonché del parere negativo rilasciato dalla RAGIONE_SOCIALE di servizi in materia ambientale del 6/6/2018 (nota dell’Ufficio valutazione impatto ambientale prot. n. 401437 del 14/6/2018).
Con le domande, corredate di progetto e caratteristiche tecniche, era stato chiesto autorizzarsi derivazione dal Rio RAGIONE_SOCIALE o Bozzezza, Comune di RAGIONE_SOCIALE Ponente, a scopo idroelettrico.
La RAGIONE_SOCIALE dei servizi si era espressa negativamente evidenziando in via principale che i progetti presentati superavano il limite massimo d’RAGIONE_SOCIALE, quantificato nel 70% del corso d’acqua <>; in via aggiuntiva si era, altresì, rilevata l’esigenza di non decrementare la idoneità degli habitat per l’ittiofauna.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigettò il ricorso sulla base, in sintesi, degli argomenti portanti seguenti.
Chiariva il Giudice che la legge della Provincia autonoma n. 2, 26/1/2015, che ridisciplinava il regime delle derivazioni d’acqua per la produzione di energia elettrica con potenza nominale annua inferiore a 3.000 kW, all’art. 1 consentiva il rilascio di autorizzazioni conformemente al piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP), di cui al d.P.R. n. 670, 31/8/1972, nonché al piano di tutela di cui all’art. 27 della l. RAGIONE_SOCIALE n. 8, 18/6/2002.
Poiché il PGUAP non era stato ancora approvato alla fissata data del 30/6/2015, la Provincia di Bolzano, con il provvedimento n. 834/2015 aveva previsto un regime transitorio, diretto al fine di non pregiudicare, nelle more, scopi e obiettivi del piano generale, che licenziato dalla Giunta RAGIONE_SOCIALE con la delibera n.704 del 26/4/2010, era stato approvato solo ben successivamente (d.P.R. 22/6/2017, G.U. n. 181, 4/8/2017).
Soggiungeva che la finalità principale del piano era costituita dalla garanzia per l’uso sostenibile della risorsa, che lo stesso <> e che il provvedimento n. 834/2015 assicurava il raggiungimento dello scopo fino all’approvazione definitiva del PGUAP, a salvaguardia del sistema fluviale, disponendo che i corsi d’acqua reputati ‘sensibili’ erano sottratti al regime concessorio.
In conclusione, il provvedimento impugnato non aveva efficacia retroattiva, in contrasto con l’art. 25 Cost. e con l’art. 11 delle preleggi, poiché trovava applicazione per i procedimenti che, seppure avviati prima, non erano stati ancora definiti.
Inoltre, non venivano condivise le sollevate censure d’irragionevolezza e non proporzionalità, stante che la salvaguardia disegnata con l’adozione del piano nel 2010, non avrebbe potuto essere frustrata per il solo fatto che l’approvazione fosse giunta a distanza di cinque anni. Salvaguardia, si soggiunge, <> e, quel che più rileva, confermata pienamente dalle prescrizioni del PGUAP.
Né, peraltro, la presentazione della domanda di concessione anteriormente alla conclusione del procedimento di comparazione ex artt. 9 e segg. r.d. n. 1775/1933, radicava alcuna posizione giuridica tutelabile.
Avverso la sentenza del T.S.A.P. ricorrono RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME e NOME, quest’ultimi succeduti mortis causa a
NOME COGNOME, sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La Provincia autonoma di Bolzano resiste con controricorso.
Con il primo motivo viene denunciata <>.
I ricorrenti attribuiscono a un ‘abbaglio dei sensi’ la circostanza che la sentenza impugnata abbia reputato che il PGUAP dettasse <>.
La sussistenza dell’errore trovava conferma indiretta nel decreto assessoriale n. 16762/2018 e nel parere negativo espresso dalla RAGIONE_SOCIALE di servizi, i quali avevano disatteso la pretesa privata assumendo, non già la violazione del PGUAP, bensì affermando di avere inteso dare applicazione ai criteri di cui alla delibera della Giunta n. 834/2015.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano <>.
Si afferma che la decisione si era posta in contrasto con il citato art. 34, dal momento che la disposizione in parola assegnava alla Giunta il potere di determinare i tratti fluviali particolarmente sensibili e non autorizzava, allo scopo di salvaguardare gli effetti del Piano in itinere, l’introduzione di un regime transitorio.
Entrambi i motivi, tra loro osmotici, vanno rigettati.
5.1. Il complesso censorio si pone ai limiti dell’ammissibilità in quanto in larga parte invoca impropria opera esplorativa di questa Corte quanto a individuazione della specifica regola iuris asseritamente violata e dell’asserito contrasto, attraverso l’indistinta e aspecifica indicazione di una serie di norme asseritamente violate (cfr. S.U. n. 32415/2021).
5.2. Come si è visto la sentenza impugnata ha reputato legittimo il diniego sulla base del decreto RAGIONE_SOCIALE n. 834/2015, il quale aveva dettato la disciplina transitoria, in attesa dell’entrata in vigore del PGUAP, affinché le finalità da quest’ultimo strumento generale non rimanessero pregiudicate nel tempo (peraltro non breve) trascorso tra l’adozione e la sua approvazione ed entrata in vigore.
La legge RAGIONE_SOCIALE di cui si discute al primo comma del suo primo articolo prevede:
<>.
Il comma 1 dell’art. 34 del medesimo corpo normativo dispone: <>.
Poiché la ‘ ratio ‘ della legge è quella di non rendere vano l’approvando piano, così procurando danni e squilibri ambientali difficilmente rimediabili, il decreto RAGIONE_SOCIALE n. 834/2015 non si pone in contrasto con essa, la quale, piuttosto chiaramente persegue l’anzidetta finalità (sulla legittimità dell’anzidetto decreto si veda S.U. n. 25164/2021 e sulla tematica della tutela fluviale nella Provincia autonoma di Bolzano S.U. n. 32415/2021).
In tal senso, univocamente, non solo il divieto di accettare nuove domande fino al 30/6/2015, data entro la quale si prevedeva l’entrata in vigore del piano, ma soprattutto la creazione di un procedimento volto a escludere i corsi d’acqua particolarmente sensibili dall’RAGIONE_SOCIALE idroelettrico.
Le domande vennero rigettate, come si è accennato, perché i progetti di sfruttamento superavano il limite massimo consentito dalla delibera del 2015.
Non si trattava, perciò, di una preclusione generalizzata, ma di un divieto in concreto accertato a riguardo di quel corso d’acqua, a cagione della soglia d’RAGIONE_SOCIALE per finalità idroelettriche. Accertamento conseguito attraverso la RAGIONE_SOCIALE di servizi all’uopo convocata.
Quindi, nessuna applicazione di previsione astratta e generalizzata, ma l’apprezzamento della necessità di tutelare il corso d’acqua, scaturita dall’RAGIONE_SOCIALE di ragionevoli criteri di salvaguardia, che tenevano conto della natura e morfologia dei corsi d’acqua della Provincia di Bolzano.
5.3. In disparte, q uanto alla dedotta violazione dell’art. 111 Cost. va osservato che la denunzia di violazione di norme
costituzionali è inammissibile, stante che la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (S.U. n. 25573/2020, Rv. 659459 -01; Cass. nn. 15879/2018, 3709/2014).
5.4. Non comprensibile, né spiegata, risulta la dedotta violazione degli artt. 374 e 360 cod. proc. civ.: la prima disposizione disciplina la pronuncia a sezioni unite e la seconda individua i vizi deducibili in sede di legittimità
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano <>.
Si addebita all’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE di non essersi attenuta al criterio eurounitario di accertamento in concreto
dell’incompatibilità dell’intervento e, di conseguenza, alla sentenza, di avere violato o falsamente applicato le norme richiamate.
A titolo esemplificativo i ricorrenti evocano la direttiva Habitat 92/43 CEE, la quale all’art. 6 richiedeva una valutazione dell’incidenza in concreto.
Non era, peraltro, conforme al sistema, soggiungono, la previsione di vincoli tassativi (si fa espresso riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 67/2011).
6.1. Il motivo è infondato.
In primo luogo va chiarito che la sentenza della Corte costituzionale n. 67/2011 non risulta in questa sede dirimente.
La lettura del dispositivo appare emblematico ed esaustivo:
<>.
In quel caso la Corte costituzionale rinvenne l’intento legislativo di distorcere le regole del mercato attraverso un meccanismo, peraltro del tutto leggibile, mediante il quale, mentre veniva consentito, sia pure eccezionalmente, l’installazione d’impianti su terreni di proprietà pubblica, erano vietati in modo assoluto, senza plausibile spiegazione, gli impianti su terreni di privati su tutto il territorio regionale.
Si tratta di vicenda, quindi, certamente non sovrapponibile a quella qui in esame, sia da un punto di vista fattuale, che dei parametri di valutazione di costituzionalità.
Direttiva Habitat 92/43 CE, art. 6, co. 3:
<>.
Esattamente all’opposto di quel che reputa il ricorso la disposizione, inserita nella direttiva richiamata, che insieme alla direttiva Uccelli 2009/147/CE, costituisce la trave portante della tutela eurounitaria della biodiversità, e base di ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, impone una severa valutazione (anche di progetti solo indirettamente implicati) dell’impatto ambientale; progetti che possono essere approvati solo dopo acquisita <>.
Qui, per vero, tenuto conto della peculiare ricchezza della fauna (anche ittica) e della flora, dell’orografia dei luoghi, delle circoscritte dimensioni degli stessi, della compressione in atto del flusso, del bacino imbrifero e delle caratteristiche ambientali meritevoli di particolare preservazione, il divieto si fonda sul presupposto della non sussistenza delle condizioni di salvaguardia ambientale minime per autorizzare i progetti.
Non ha alcun apprezzabile senso il richiamo alla direttiva Uccelli 2009/147/CE, indirizzata alla protezione degli uccelli.
Nel resto il motivo non è scrutinabile per le ragioni già svolte in relazione ai primi due motivi: mancata esplicitazione della regola iuris, e dell’asserito contrasto; asserita violazione di norma costituzionale; impropria inclusione tra le norme denunciate come violate degli artt. 360 e 374 cod. proc. civ.
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano <>.
Si afferma che il corso d’acqua, nel tratto interessato risultava classificato come poco sensibile dalla delibera n. 834/2015: il Rio Bravo nella parte a monte era stato classificato come particolarmente sensibile, mentre in quella a valle, poco sensibile.
La motivazione del parere di rigetto, viene soggiunto, si appoggiava sull’inconferente criterio ancorato al superamento del limite massimo di RAGIONE_SOCIALE, nel mentre i punti di localizzazione dei progetti non erano assoggettati a vincoli e la restituzione dell’acqua turbinata si sarebbe dovuta riversare nel tratto meno sensibile.
Il non aver preso in considerazione quanto sopra aveva importato anomalia motivazionale, tale da rendere la motivazione meramente apparente, non avendo reso percepibili le ragioni della decisione.
Infine, non era stata data risposta alle osservazioni (che qui vengono nomati ‘motivi’ d’impugnazione) dei ricorrenti che avevano denunciato la violazione di norme costituzionali e ordinarie, per avere la Provincia rilasciato una concessione che superava il 70% sul Rio Sam.
6.1. La doglianza è inammissibile.
I ricorrenti lamentano omessa pronuncia su quelli che vengono qualificati ‘motivi di impugnazione’; di conseguenza il riferimento alla mancanza di motivazione, non può che riportarsi al mancato pronunciamento.
In altri termini, con la denuncia di omessa pronuncia viene prospettata la mancata decisione su un punto controverso, con violazione del vigente art. 112 cod. proc. civ., nel mentre l’omessa motivazione implica l’intervenuta decisione in assenza di giustificazione motivazionale (cfr., ex multis, Cass. nn. 6150/2021, 13866/2014).
Il vizio così delineato deve essere fatto valere con lo speciale procedimento di rettificazione preveduto dall’art. 204 del r.d. n. 1775/1933, per le ipotesi di extrapetizione, omessa pronuncia su una domanda, o su un capo, o la presenza di disposizioni contraddittorie ex art. 517, nn. 4, 5, 6 e 7, cod. proc. civ. del 1865.
Sul punto è bastevole riportare quanto di recente chiarito da queste Sezioni unite (n. 105, 4/1/2023): <>.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni