Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7549 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7549 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11620/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domicilia ta per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 245/2023, depositata il 07/02/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex artt. 414 e 447 bis c.p.c. la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ancona la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, esponendo: a) di avere stipulato con la convenuta, in data 12.4.2013, un contratto di affitto d’azienda, avente ad oggetto l’attività alberghiera ‘RAGIONE_SOCIALE ed il relativo immobile, per il periodo 1.5.2013-30.4.2022; b) che il canone, originariamente previsto, era stato successivamente ridotto, a seguito dell’accollo di consistenti lavori di straordinaria manutenzione da parte di essa affittuaria; c) che successivamente Equitalia aveva promosso procedura esecutiva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME, nel corso della quale il Giudice dell’esecuzione aveva determinato il canone di affitto da essa dovuto; d) che, in forza di alcuni provvedimenti del Giudice dell’esecuzione, aveva corrisposto in favore del ceto creditorio di RAGIONE_SOCIALE COGNOME una somma maggiore di quella concordata.
Tanto premesso, la società RAGIONE_SOCIALE chiedeva la condanna della società convenuta al rimborso delle somme ad essa dovute a titolo di lavori di straordinaria amministrazione c.d. extra contratto.
RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi, contestava la domanda attorea e, in via riconvenzionale, chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte e la condanna della ricorrente al pagamento del contro credito maturato per omessi versamenti IVA.
Il Tribunale di Ancona, con ordinanza 27 luglio 2021 rigettava le richieste istruttorie di entrambe le parti; fissava per la discussione orale della causa ex art. 281sexies l’udienza del 17 dicembre 2021; assegnava alle parti termine fino a dieci giorni prima di detta udienza per il deposito di note conclusionali.
In sede di note conclusionali, la società RAGIONE_SOCIALE rilevati alcuni errori di calcolo, riduceva la propria pretesa economica ad euro 99.369,22.
Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1646/2021, rigettava la domanda di ripetizione formulata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e dichiarava parte convenuta decaduta dalla facoltà di proporre le domande riconvenzionali avanzate nella comparsa di costituzione.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva impugnazione la società RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva la società appellata, chiedendo il rigetto integrale dell’appello.
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 245/2023 rigettava l’appello e confermava la sentenza del giudice di primo grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Giova preliminarmente ripercorrere, nelle linee fondamentali, le decisioni dei giudici di merito.
1.1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1646/2021:
da un lato, ha rigettato la domanda di ripetizione formulata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ad esito del seguente percorso argomentativo: a) era dato pacifico, riportato da entrambe le parti, che la ricorrente, quale affittuaria, avesse versato a titolo di canoni la complessiva somma di € 643.372,00, importo cui andavano aggiunte altre somme (per opere di manutenzione straordinaria riconosciute dalla resistente, nonché per TFR versato per conto di RAGIONE_SOCIALE agli ex dipendenti RAGIONE_SOCIALE, fermo restando che dal totale dei lavori documentati andava scorporata
l’IVA; il tutto per un totale corrisposto pari ad € 1.250.148,19. b) il canone che la ricorrente avrebbe dovuto complessivamente corrispondere alla ACS dal maggio 2013 al gennaio 2021, in assenza delle intervenute pattuite rimodulazioni, sarebbe ammontato ad € 1.377.000,00 (o quantomeno alla minor somma di € 1.347.000,00 come indicato da RAGIONE_SOCIALE nelle note conclusionali autorizzate); c) il debito a carico della ricorrente per mancato versamento dell’IVA era pari ad € 59.930,00;
dall’altro, ha dichiarato parte convenuta decaduta dalla facoltà di proporre le domande riconvenzionali avanzate nella comparsa di costituzione, non avendo richiesto al Giudice, come previsto dall’art. 418 c.p.c., la pronuncia di un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza.
1.2. D’altra parte, nell’esaminare i motivi di appello della società Europa (tutti concernenti il quantum), la corte territoriale:
dapprima, ha passato in rassegna i documenti contrattuali intercorsi nel tempo tra le parti (contratto 12.4.2013; modifica del 12.4.2013; ulteriori modifiche del 5.8.1014 e del 1.6.2016);
quindi, da detti documenti ha desunto che: a) le parti avevano inteso decurtare le spese sostenute da RAGIONE_SOCIALE da quelle da quest’ultima dovute per canoni di locazione; b) tali canoni, originariamente fissati in euro 12 mila fino al mese di ottobre 2013 compreso, erano stati poi stabiliti in euro 15 mila; c) il pagamento effettivo veniva fissato con importo inferiore al fine di permettere in maniera progressiva l’abbattimento del debito; d) tutti gli importi erano da corrispondersi con maggiorazione relativa IVA;
infine, ad esito di un nuovo esame delle poste di dare e di avere tra le parti, è pervenuta alla conclusione di confermare il rigetto della domanda di ripetizione attorea.
Tanto premesso, la società RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso due motivi.
2.1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
La società ricorrente si duole che la corte territoriale, pur trattandosi di controversia assoggettata al rito locatizio, e quindi soggetta al rito del lavoro, ha omesso di dare lettura del dispositivo all’udienza di discussione celebratasi in data 24.05.2022, ed ha provveduto direttamente alla pubblicazione della sentenza in data 07.02.2023, a distanza quindi di circa 9 mesi dall’udienza di discussione, dopo aver proceduto alla decisione della controversia nella camera di consiglio del 20.12.2022, così come si evince dalla stessa sentenza, e quindi decidendo, illegittimamente, la causa con le forme del rito ordinario.
2.2. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: <>, nella parte in cui la corte territoriale, travisando la prova, ha preso atto e riconosciuto la validità dei contratti di riduzione dei canoni intercorsi tra le parti (resisi necessari giacché essa società aveva anticipato le spese straordinarie spettanti alla locatrice, che non aveva liquidità necessarie, e aveva pagato i debiti di ACS nei confronti dei dipendenti per TFR), ma, ai fini
della quantificazione delle somme corrisposte da essa società, ha tenuto conto (non delle somme che essa doveva corrispondere in base agli accordi, ma) delle somme previste nel contratto iniziale (che era rimasto per l’appunto superato dalle successive modifiche concordate dalle parti).
Il ricorso è inammissibile
Inammissibile e comunque infondato è il primo motivo.
4.1. In punto di fatto, risulta in atti che:
la corte territoriale – dopo aver comunicato alle parti, in data 21.04.2022, che l’udienza del 24.05.2022 era sostituita dal deposito di note scritte – con ordinanza datata 24.05.2022 ha così disposto:
<>;
in conformità ai provvedimenti sopra riportati,
in data 23.05.2022, le parti hanno depositato le note di trattazione scritta in sostituzione dell’udienza del 24.05.2022,
in data 30.05.2022, la difesa dell’appellante ha depositato memorie di replica
in data 06.06.2022, entrambe le parti, che non hanno chiesto la trattazione in presenza, hanno depositato le deduzioni autorizzate;
la corte territoriale, dopo aver proceduto alla decisione della controversia nella camera di consiglio del 20.12.2022, ha depositato la sentenza in data 07.02.2023.
3.2. In punto di diritto – dato atto che parte ricorrente nulla eccepì nel giudizio di appello sull’essere stata disposta la trattazione scritta secondo il modello dell’art. 221, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020 poi modificato dalla Legge di conversione n. 77/2020 (che è stato
in vigore dal 19 luglio 2020 al 31 dicembre 2022) – occorre rilevare che parte ricorrente ripercorre l’art. 437 comma primo e l’art. 429 comma secondo, ma inammissibilmente non considera affatto il disposto della suddetta norma emergenziale. Così operando, essa svolge una censura non pertinente con lo svolgimento del giudizio di appello, come se la corte avesse dovuto applicare l’art. 437, mentre la corte – senza la sua opposizione e consentendolo la legge – ha correttamente applicato il regime emergenziale all’epoca in vigore.
D’altronde, il motivo, quand’anche fosse ammissibile, sarebbe comunque privo di fondamento.
Invero — in base a detta citata norma emergenziale: << Il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l'udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Ciascuna delle parti può presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni. Se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell'articolo 181 del codice di procedura civile ').
Al riguardo, questa Corte, con la recente ordinanza n. 13176/2024, ha avuto modo di precisare che il citato art. 221 comma 4:
si applica a tutte le udienze civili, ivi comprese le controversie di lavoro assoggettate al rito cd. Fornero,
non introduce un nuovo modello decisorio, limitandosi a sostituire l'udienza in presenza con l'udienza cartolare, con la conseguenza che non è affetta da nullità la sentenza, completa di
motivazione, depositata oltre il termine di dieci giorni dalla data dell'udienza di discussione e senza aver provveduto al deposito telematico del dispositivo.
In definitiva, per le ragioni che precedono, la corte territoriale, ben lungi dall'incorrere nella violazione di legge contestata, ha esattamente applicato la normativa emergenziale, all'epoca vigente, che disciplinava la sequenza delle attività proprie dell'udienza a c.d. trattazione scritta a garanzia del rispetto del principio del contraddittorio.
Occorre aggiungere che parte ricorrente, in sede di memoria, deduce che la Sezione Lavoro di questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 11898/2024 ha rimesso al Primo Presidente, per la rimessione alle Sezioni Unite, il contrasto in merito all'incompatibilità dell'art. 127ter c.p.c. con il rito lavoristico. E prospetta l'opportunità di attendere la decisione delle Sezioni Unite sulla questione.
Senonché nel caso di specie non rileva l'art. 127ter c.p.c., che è stato inserito dall'art. 3, comma, 10 del d. lgs. n. 149/2022 e che si applica a decorrere dal 1° gennaio 2023.
5. Inammissibile è anche il secondo motivo.
L'esame delle doglianze fatte valere nel motivo impone di ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte sono state di recente investite della questione del se il cd. travisamento della prova – inteso come errore di percezione che sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della stessa – a seguito della novella apportata all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. dall'art. 54, d. l. n. 83 del 2012 (conv. in l. n. 134/2012) sia denunciabile per cassazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. (a condizione che sia stato assolto il duplice onere di prospettare l'assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice di merito e di specificare in termini di certezza la decisività della
sottrazione di detti contenuti), ovvero sia invocabile unicamente come motivo di revocazione ai sensi dell'art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Orbene, le Sezioni Unite con sentenza n. 5792/2024, nel dirimere il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità (che era stato ravvisato nella ordinanza di remissione), – dopo aver rilevato che il travisamento della prova è stato sempre considerato estraneo ai motivi spendibili con il ricorso e dopo aver affermato che ammetterne la ricorribilità per cassazione determinerebbe un rovesciamento della scelta legislativa emergente nella novella del n. 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ., nella complessiva lettura datane da Cass., sez. U, del 7 aprile 2014, n. 8053:
dapprima, hanno ribadito che la riforma, da un lato, ha introdotto nell'ordinamento, nel n. 5 dell'articolo 360 c.p.c., un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, dall'altro, ha determinato il rifluire nel n. 4 dell'articolo 360 cod. proc. civ., per il tramite delle norme che impongono al giudice l'obbligo di motivazione, del vizio motivazionale nella quadruplice accezione della: ‹‹mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico››; ‹‹motivazione apparente››; ‹‹contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili››; ‹‹motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile››;
quindi, hanno osservato che, se si ammettesse la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, il giudizio di cassazione obbiettivamente scivolerebbe verso un terzo grado destinato a svolgersi non sulla decisione impugnata, ma sull'intero compendio delle 'carte' processuali, sicché la latitudine del giudizio di
legittimità neppure ripristinerebbe l'assetto ante riforma del 2012, ma lo espanderebbe ulteriormente, consentendo per l'appunto l'ingresso a censure concernenti il menzionato vizio extratestuale,
– infine, hanno enunciato il seguente principio di diritto: ‹‹Il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall'art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell'art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale››.
Tanto premesso, nel caso di specie, parte ricorrente si duole che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito (sentenza impugnata, p. 7), essa società non avrebbe mai rinunciato ad alcunché, ragion per cui la corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto delle somme corrisposte in base agli accordi di modifica (e non confrontarle, illegittimamente, con quelle che invece avrebbe dovuto corrispondere in base agli accordi modificati). In definitiva, secondo la società ricorrente, la corte territoriale erroneamente non avrebbe ad essa riconosciuto il credito azionato.
Senonché, di tanto dolendosi, parte ricorrente all'evidenza non soltanto deduce il travisamento ben al di fuori dei limiti ristretti, indicati dalle Sezioni Unite, ma sollecita questa Corte a procedere ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per
il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2025, nella camera di consiglio