Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 233 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 233 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14553/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME.
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1135/2019 depositata il 19/03/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.
Compravendita
Rilevato che:
il Tribunale di Vicenza (sezione distaccata di Schio), in accoglimento del ricorso monitorio di RAGIONE_SOCIALE emise decreto ingiuntivo n. 18/2010 con il quale ordinava alla venditrice RAGIONE_SOCIALE il pagamento di euro 40.000 per la compravendita di una macchina laser ‘RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che la compratrice RAGIONE_SOCIALE dopo avere versato a titolo di caparra confirmatoria complessivi euro 20.000, aveva esercitato il recesso (donde la domanda di restituzione del doppio della caparra) in ragione dell’inadempimento della venditrice, responsabile di avere consegnato la merce a una società estranea al contratto, la RAGIONE_SOCIALE con sede in Romania;
proposta opposizione dalla RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio di RAGIONE_SOCIALE e dell’interveniente volontaria RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito, il Tribunale vicentino ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opposta e l’intervenuta al pagamento delle spese di lite;
sul gravame di RAGIONE_SOCIALE nel contraddittorio dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello e ha confermato la decisione di primo grado, sulla base delle seguenti considerazioni:
(i) la questione centrale della causa concerne l’interpretazione del contratto e la verifica se, in relazione ad esso, sia configurabile l’inadempimento della venditrice per avere consegnato il laser alla RAGIONE_SOCIALE
(ii) l’istruttoria evidenzia che RAGIONE_SOCIALE ha versato la caparra di euro 5.000, con assegno in data 25/07/2007, che la venditrice ha consegnato il macchinario (tramite vettore) alla RAGIONE_SOCIALE con sede in Romania, in data 25/10/2007, e, ancora, che la compratrice ha emesso a proprio favore e girato altri tre
assegni di euro 5.000 cadauno che, tramite NOME COGNOME (che intervenne spendendo il nome della RAGIONE_SOCIALE), sono stati consegnati a RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, RAGIONE_SOCIALE rilasciò un altro assegno a garanzia del saldo prezzo di euro 20.000, con raccomandata a firma COGNOME in data 23/10/2007;
(iii) correttamente, quindi, il Tribunale di Vicenza ha reputato non provato l’inadempimento della venditrice, considerato che già nella proposta contrattuale, accettata dalla compratrice, era stata prevista la consegna del laser in Romania, e considerato anche l’intervento del sig. COGNOME che ha consegnato gli assegni emessi e girati da RAGIONE_SOCIALE ed ha speso il nome della società romena, ciò che rileva quale indice dell’accordo tra le parti circa il luogo di consegna del bene;
(iv) è condivisibile che il primo giudice abbia ritenuto ingiustificato l’impedimento di NOME COGNOME (legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE) del quale era stato disposto l’interrogatorio formale;
per la cassazione della decisione d’appello, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre con due motivi; RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria per l’adunanza camerale;
Considerato che:
il primo motivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, 116, cod. proc. civ. -denuncia che la Corte d’appello avrebbe travisato le risultanze probatorie, ponendo a fondamento della decisione fatti diversi e inconciliabili con quelli risultanti dall’istruttoria.
Nello specifico, la critica si appunta contro l’affermazione della sentenza secondo cui i tre assegni circolari per complessivi euro 15.000 furono consegnati dal sig. COGNOME il quale, ad avviso del
giudice d’appello, avrebbe speso il nome della RAGIONE_SOCIALE quando, in realtà, egli spese il nome della società compratrice RAGIONE_SOCIALE
Si addebita poi alla sentenza di avere affermato che RAGIONE_SOCIALE avrebbe rilasciato un assegno di euro 20.000, quando, in realtà, risulta dagli atti che l’assegno bancario di euro 20.000 era stato consegnato alla RAGIONE_SOCIALE ed era stato emesso da RAGIONE_SOCIALE E tale decisiva circostanza dimostrerebbe, nell’ottica della ricorrente, l’inadempimento di controparte che, consegnando il bene alla società con sede in Romania, in effetti lo aveva venduto due volte;
il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio -denuncia che la sentenza avrebbe erroneamente affermato che, nella proposta contrattuale, era prevista la consegna della macchina in Romania, laddove invece nulla era stato pattuito con riferimento al luogo di consegna e la menzione, nel contratto, dell’officina posta in Romania riguardava esclusivamente le modalità del tagliando e della messa in funzione della macchina;
i due motivi, suscettibili di esame congiunto perché riguardano entrambi il tema della prova, sono inammissibili;
3.1. a proposito delle censure di cui agli artt. 115, 116, cod. proc. civ., è utile ricordare l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867, che menziona: Cass. Sez. U., 05/08/2016, n. 16598; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34474, con richiami pure a Cass. 19/06/2014, n. 13960, e a Cass. 20/12/2007, n. 26965), secondo cui «n tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in
assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione», e, ancora «n tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.» (in senso conforme, ex multis , Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass. 11/10/2016, n. 20382; Cass. 28/02/2018, n. 4699; Cass. 03/11/2020, n. 24395; Cass. 26/10/2021, n. 30173);
3.2. la Corte (cfr. Cass. n. 37382/2022; in termini, Cass. 12578/2023) di recente si è occupata della portata applicativa dell’art. 115, cod. proc. civ., nell’ottica dell’illegittima decisione sulla base di prove inesistenti (c.d. travisamento della prova, al quale allude la parte nel primo motivo), e ha enunciato il principio di diritto secondo cui «n tema di scrutinio del ragionamento probatorio
seguìto dal giudice di merito, l’errore di valutazione nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa del mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, mentre deve ritenersi censurabile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, l’errore di percezione che sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti»;
3.3. nel caso di specie, le censure sottese ai motivi in esame si risolvono, in sostanza, in una critica alla valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla Corte di merito, la quale, in estrema sintesi, con una motivazione chiara e priva di vizi logici e, quindi, insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto non provato l’inadempimento della venditrice, facendo leva non già su prove inesistenti (come suppone la ricorrente), ma sul materiale probatorio regolarmente acquisito, ed attribuendo rilevanza anche alla mancata risposta del legale rappresentante della compratrice all’interrogatorio formale, quale elemento di prova che la parte non ha sottoposto a specifica censura.
Non è ravvisabile, dunque, alcun errore percettivo sul contenuto oggettivo della prova (c.d. travisamento della prova) in ragione del fatto che la decisione non si fonda su una prova inesistente, ma sulla valutazione del materiale probatorio;
3.4. con riferimento al secondo motivo, la ricorrente, al fine di far valere la violazione dei canoni di interpretazione contrattuale (art. 1362 e seguenti, cod. civ.), doveva indicare le regole legali di interpretazione, mediante puntuale menzione delle norme asseritamente violate e doveva precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si fosse discostato dai canoni legali
assunti come violati o se lo stesso li avesse applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
Sempre sul secondo motivo, si aggiunga che opera la previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’ e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme).
La ricorrente, discostandosi dalla prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., non indica sotto quale profilo siano tra loro diverse le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello ( ex multis , Cass. n. 5947 del 2023);
in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.100,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge, con distrazione a favore dei difensori della controricorrente, dichiaratisi antistatari.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 20 dicembre 2023.