Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4795 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4795 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17898/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 373/2017 depositata il 24/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Lecce sezione distaccata di Taranto -con ordinanza del 24.12.2020, ha liquidato ai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione all’acquisizione da parte del Comune di Grottaglie dell’area di mq 26.200, su cui è stato realizzato il compendio immobiliare comunale ‘RAGIONE_SOCIALE‘ – a titolo di indennità da occupazione acquisitiva ex art. 42 bis comma 1° TUE, la somma di € 344.687,20, a titolo di indennità da occupazione senza titolo ex art. 42 bis comma 3° TUE, la somma di € 77.822,90, a titolo di indennità da occupazione legittima ex art. 22 bis TUE, la somma di € 124.035,22, oltre accessori di legge.
La Corte di merito ha, preliminarmente, accertato che il fondo di cui è causa era posto in zona EDC del P.R.G. del Comune di Grottaglie , e non in zona DC2 , come ritenuto dal consulente tecnico d’ufficio. Ha, inoltre, evidenziato che, nell’applicare il c.d. metodo sintetico comparativo per la liquidazione dell’indennità ex art. 42 bis TUE, aveva utilizzato, quali criteri di comparazione, i valori catastali di immobili simili, e non i valori di mercato, e ciò in relazione al mancato reperimento di atti negoziali di vendita di immobili simili, circostanza avallata dalla circostanza che gli stessi ricorrenti si erano astenuti dall’indicare atti di vendita in zona simili, limitandosi ad allegare due perizie di parte in cui si faceva riferimento a non meglio precisate ‘indagini di mercato’ senza la
benché minima indicazione di quali fossero state dette indagini e degli atti di vendita esaminati dai due tecnici.
Quanto alla liquidazione delle due indennità di occupazione legittima e di occupazione senza titolo, il giudice d’appello ha ritenuto che l’area degli odierni ricorrenti era stata occupata dal Comune in via d’urgenza il 15.10.2007, sulla base dell’approvazione del progetto di variante al PRG deliberata dal Consiglio Comunale nella seduta del 9.7.2007, non avendo i ricorrenti fornito alcuna prova che l’immissione in possesso dell’Ente risalisse all’ottobre 2004.
Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandolo, a sei motivi.
Il Comune di Grottaglie ha resistito in giudizio con controricorso ed ha depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Espongono i ricorrenti che la Corte d’Appello ha erroneamente affermato che gli stessi avevano omesso di indicare e versare in atti di compravendita comparativi per dimostrare il reale valore venale dell’area espropriata.
Infatti, nelle controdeduzioni del 19.9.2020 del consulente di parte ing. COGNOME e delle note difensive autorizzate del 22.10.2020 erano stati indicati (e prodotti in copia) alcuni atti di compravendita rogati per immobili similari a quello di cui è causa ubicati nelle immediate vicinanze, riferibili a destinazioni commerciali, e segnatamente, l’atto di compravendita Notaio Calvi Vittoria del 16.7.2007 Rep. 121242/12538 e l’altro atto Notaio Calvi Vittoria del 30.12.2005.
La Corte d’Appello aveva pretermesso quanto dedotto e prodotto dagli odierni ricorrenti.
Con il secondo motivo è stata dedotta la nullità del procedimento ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost. e 115 e 116 c.p.c..
I ricorrenti hanno dedotto la mera apparenza della motivazione, nonché la totale illogicità ed incoerenza per il travisamento degli elaborati peritali del CTP COGNOME, e, segnatamente, delle controdeduzioni del 20.10.2020, e delle note autorizzate del 22.10.2020, oltre che degli allegati Z e Z-A, che smentiscono quanto dichiarato dalla Corte d’Appello in ordine al mancato reperimento di atti negoziali di vendita nella zona di immobili simili ed alla circostanza che gli stessi ricorrenti si sarebbero astenuti dall’indicare atti di vendita in zona di immobili simili.
In sostanza, ad avviso dei ricorrenti, la sentenza impugnata ha affermato circostanze diverse e contrastanti con quelle pacificamente rinvenibili dall’istruttoria probatoria del processo, che denotano un travisamento della prova, che è impugnabile in sede di legittimità, in quanto il travisamento in oggetto implica non una valutazione dei fatti, ma una mera constatazione o accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata, in sentenza, è contraddetta da uno specifico atto processuale.
Il primo ed il secondo motivo, da esaminare unitariamente, in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Va osservato che, erroneamente, i ricorrenti, nel primo motivo hanno invocato la fattispecie dell’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.. Infatti, la Corte d’Appello, nel liquidare l’indennità ex art. 42 bis TUE, non ha affatto omesso la valutazione della circostanza se nella zona del fondo di cui è causa fossero stati rogati o meno atti di compravendita per immobili similari, riferibili a destinazioni commerciali, essendosi
espressamente posta tale questione, giungendo espressamente alla soluzione negativa alla luce delle (supposte) allegazioni dei titolari dell’immobile di cui è causa e dei documenti dagli stessi (asseritamente) prodotti. Dunque, la Corte non ha omesso l’esame del fatto in oggetto, ma, nel prenderlo in considerazione, l’ha espressamente escluso, affermando che i ricorrenti si erano astenuti dall’indicare atti di vendita in zona di immobili simili, limitandosi ad allegare due perizie di parte in cui si faceva riferimento a non meglio precisate ‘indagini di mercato’ senza la benché minima indicazione di quali fossero state dette indagini e degli atti di vendita esaminati dai due tecnici.
Orbene, anche ove tale affermazione fosse documentalmente smentita da quanto dedotto dagli odierni ricorrenti nelle note autorizzate del 22.10.2020 (nonché dal loro CTP nelle controdeduzioni del 20.10.2020) e dalla documentazione che hanno prodotto in giudizio -sul punto, vi è contestazione del Comune, che allega che erano state prodotte solo delle note di trascrizione relative a immobili siti, peraltro, in diversa zona – tuttavia, assolutamente erroneo, per quanto sopra precisato, è il richiamo alla fattispecie dell’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
In realtà, la Corte d’Appello avrebbe comunque affermato o supposto l’inesistenza di un fatto (mancata indicazione e/o produzione di atti di compravendita, nella zona, di immobili simili per la destinazione commerciale) positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, incorrendo in un errore revocatorio che, come tale, avrebbe dovuto essere fatto valere a norma dell’art. 395 n. 4 c.p.c..
Né i ricorrenti possono invocare il c.d. travisamento della prova. Sul punto, va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 5792/2024, hanno così argomentato’….. Il travisamento della prova, nel suo «contenuto oggettivo», non
denunciabile per revocazione, che dovrebbe farsi valere nel giudizio di legittimità, non esiste: il travisamento della prova in senso proprio, è un travisamento ‘bifronte’, al quale possono ricondursi sia il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività, sia il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio, considerato nella sua oggettività, possono per inferenza logica desumersi.
Orbene, da un lato, il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività è per sua natura destinato ad essere controllato attraverso lo strumento della revocazione; dall’altro, il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi è riservato al giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, che il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale» …'(pag. 28).
Le Sezioni Unite hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto:
« Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale ».
Nel caso di specie, non emerge neppure dalle censure dei ricorrenti che il travisamento in cui è incorsa la Corte d’Appello riflettesse la lettura del fatto probatorio prospettata dal Comune di Grottaglie e,
in ogni caso, anche ove ciò fosse avvenuto, la motivazione del giudice di merito soddisfa comunque il requisito del ‘minimo costituzionale’ ed indica in modo chiaro l’iter logico seguito dal collegio giudicante.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2730, 2733 e 2735 c.c..
Espongono i ricorrenti che la Corte d’Appello avrebbe errato nel non attribuire valore confessorio a due precedenti note con cui il Comune aveva offerto somme superiori a titolo di indennità rispetto a quanto liquidato dallo stesso giudice d’appello.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e specificità.
Va osservato che i ricorrenti deducono di aver invocato nel corso del giudizio il valore ‘confessorio’ dei documenti in oggetto, senza aver avuto cura di indicare ‘dove’ e ‘come’ nei precedenti atti difensivi avrebbero sollevato tale questione di cui nell’ordinanza impugnata non vi è alcuna traccia.
E’ principio consolidato di questa Corte quello secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 22886/2022; Cass. n. 32804/2019; Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 13/06/2018, n. 15430; Cass. n. 28060/2018;.Cass., 09/07/2013, n. 17041). Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare
in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.
Nel caso di specie, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 12 della L. n. 3/2005 della Regione Puglia, 42 bis DPR n. 327/2001 e 12 preleggi.
Espongono i ricorrenti che il giudice di merito ha falsamente ritenuto che l’immobile sottoposto al procedimento ablatorio avesse una destinazione urbanistica EDC, senza avvedersi che il Comune di Grottaglie, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 2007, aveva accertato che l’area in questione ricadeva in zona DC2.
Con il quinto motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. per avere la Corte di merito completamente omesso l’esame della delibera del Consiglio Comunale del 9 luglio, che aveva disposto la variazione urbanistica del fondo dei sigg.ri COGNOME individuata nel medesimo atto in DC2.
Il quarto e il quinto motivo, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni strettamente connesse, sono inammissibili.
Non vi è dubbio che i ricorrenti con l’apparente doglianza della violazione di legge (quarto motivo), intendono, in realtà, svolgere censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello, come tale non consentita nel giudizio di legittimità se non nei circoscritti limiti di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014.
I ricorrenti neppure deducono che nel giudizio sottoposto all’esame della Corte d’Appello fosse controversa l’interpretazione degli artt. 12 della L. n. 3/2005 della Regione Puglia, 42 bis DPR n. 327/2001 e 12 preleggi. Si limitano, inammissibilmente, a dedurre una circostanza del tutto diversa -estranea alla violazione di legge ovvero che la Corte d’Appello ave va erroneamente ritenuto che il fondo di cui è causa ricadesse nella zona EDC ,non avvedendosi che lo stesso Comune di Grottaglie, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 2007, aveva accertato che l’area in questione ricadeva in zona DC2.
Tale censura, oltre ad essere inammissibile, per quanto sopra illustrato, non ha considerato che la Corte d’Appello era pienamente consapevole che il Comune avesse dato alla zona una diversa destinazione urbanistica rispetto a quella dalla stessa accertata come si evince dall’espressione a pag. 1 dell’ordinanza impugnata ‘… pur avendo attestato il responsabile dello sportello Unico del Comune di Grottaglie …che il fondo si troverebbe in zona DC2…’ – circostanza da cui si evince che la questione è stata oggetto di una ponderata valutazione da parte della Corte d’Appello.
Con il sesto motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost e 115 c.p.c..
Lamentano i ricorrenti che la motivazione del giudice d’appello è incomprensibile e perplessa, e deriva dal travisamento del contenuto della deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 2007.
Il sesto motivo è inammissibile, non essendo, da un lato, la motivazione perplessa o incomprensibile, essendo, dall’altro, le censure contenute nel motivo finalizzate solo a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quello operata dalla Corte d’Appello in ordine alla destinazione urbanistica del fondo di cui è causa.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 31.1.2025