Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4858 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22971/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
NOMECOGNOME CANDIDAROSARIA
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2384/2019 depositata il 03/05/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME Premesso che:
1 Definendo il giudizio di accertamento della comproprietà di un locale interrrato denominato ‘ grotta ‘, promosso da NOME COGNOME contro la sas NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n.2384 del 2019, per quanto ancora interessa, ha accertato che la sas NOME COGNOME e NOME COGNOME è proprietaria, per la quota di 2/12, della suddetta grotta, posta al di sotto dell’ edificio in INDIRIZZO a Sorrento ed ha così confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda riconvenzionale della società di essere riconosciuta proprietaria del locale per la quota di 11/12 o in forza di titolo derivativo o in forza di usucapione. In particolare, con riguardo all’acquisto a titolo derivativo, la Corte di Appello ha affermato che la società aveva assunto ‘di avere acquistato con atto del notaio Bellone del 29.8.1988 … il locale denominato grotta, trasferito con atto dal 15.4.1956 alla signora COGNOME NOME, dante causa … della stessa società in accomandita, dai signori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e che tuttavia, come evidenziato dal CTU del primo grado, NOME COGNOME non era mai stata proprietaria della grotta e i COGNOME avevano già alienato la loro quota della grotta, unitamente alla loro quota dell’appartamento del primo piano
dell’edificio, nel 1953, a Gargiulo Margherita e quindi non avevano potuto disporne di nuovo con l’atto del 1956. In riferimento all’usucapione , la Corte di Appello, ricordato che la RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto di aver usucapito una quota ideale della grotta, ha affermato che la domanda non poteva essere accolta non avendo la società specificato a chi appartenesse la quota asseritamente usucapita né fornito prova del possesso che, ha aggiunto, non avrebbe potuto ‘sicuramente essere riferito ad una quota’;
la società RAGIONE_SOCIALE (nata dalla trasformazione della società in accomandita) ricorre per la cassazione della sentenza suddetta con quattro motivi avversati da NOME COGNOME (riconosciuta dalla stessa sentenza proprietaria del locale per la quota di 1/3). Sono rimasti intimati gli altri comproprietari litisconsorti, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, che erano stati chiamati nel giudizio di merito;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 1100 e 1117 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello affermato che la grotta, nel momento in cui, in base al testamento del proprietario originario dell’intero edificio, i vari immobili erano divenuti proprietà di soggetti distinti ed aveva così preso vita un condominio, era caduta in proprietà condominiale laddove invece dall’atto testamentario risultava chiaramente che la grotta era stata attribuita in proprietà ai soli eredi beneficiati degli appartamenti del primo, del secondo e del terzo piano e non anche della erede beneficiata dei locali del piano terra, con la conseguenza che si trattava non già di bene assoggettato al regime condominiale di cui all’art. 1117 cc, ma di bene assoggettato alla comunione ordinaria. Secondo la società ricorrente l’ipotizzato errore avrebbe indotto la Corte di Appello a ritenere che la grotta aveva seguito la sorte degli appartamenti
laddove invece le ‘vicende traslative del bene in comunione sono regolate dai relativi titoli d’acquisto’;
il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello non ha affermato affatto che la grotta era di proprietà condominiale, ma ha affermato che era di proprietà comune ai tre soggetti a cui erano stati attribuiti i tre appartamenti del primo, secondo e terzo piano dell’edificio. Si legge infatti a pagina 5 della sentenza che nel testamento dell’originario unico proprietario era stato stabilito che gli appartamenti del primo, secondo e terzo piano erano lasciati ai tre figli maschi del testatore mentre alla figlia erano lasciati ‘i magazzini sottoposti con ingresso da INDIRIZZO ed uno di essi da INDIRIZZO e che la grotta era destinata a restare ‘in comunione tra i detti figli maschi esclusivamente’. La Corte di Appello, come si legge ancora a pagina 5 della sentenza, ha ribadito che appariva evidente che la volontà del testatore era quella di ‘dividere il fabbricato con attribuzione delle unità abitative ai figli maschi e con la precisa individuazione delle parti del fabbricato che per ragioni oggettive non potevano essere divise come destinate a rimanere in comunione tra i proprietari degli appartamenti e a soddisfare interessi comuni’.
Il motivo, al di là della rubrica, prospetta non già un vizio di violazione di legge (vizio che -come è noto – consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa: v. tra le varie, Cass. Sez. 1 – , ordinanza n.3340 del 05/02/2019 Rv. 652549), bensì una ricognizione della fattispecie concreta investendo l’interpretazione della volontà del testatore sulla sorte della grotta. In particolare il motivo si riduce alla prospettazione di una interpretazione di tale volontà, diversa da quella della Corte di Appello, senza tener conto del
principio per cui ‘L’interpretazione della volontà del testatore espressa nella scheda testamentaria, risolvendosi in un accertamento di fatto demandato al giudice di merito, è compito esclusivo di questo, nel senso che a lui è riservata la scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire la predetta volontà, potendo egli avvalersi in tale attività interpretativa, ovviamente con opportuni adattamenti per la particolare natura dell’atto, delle stesse regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 cod. civ.; con la conseguenza che, se siffatta operazione è compiuta nel rispetto del predette regole e se le conclusioni che vengono tratte sono aderenti alle risultanze processuali e sorrette da logica e convincente motivazione, il giudizio formulato in quella sede non è sindacabile in sede di legittimità’ ( tra le varie, Sez. 2, Sentenza n.7422 del 11/04/2005); 3.con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe erroneamente supposto l’esistenza di due soggetti a nome NOME COGNOME indicati nei due atti notarili del 1953 e del 1956 trattandosi, in realtà, dello stesso soggetto come sarebbe stato evidente se la Corte avesse esaminato il contenuto dell’atto del 1953. La ricorrente deduce che a causa di questo errore la Corte di Appello ha ritenuto che la vendita del 1956 da NOME COGNOME a NOME COGNOME dante causa della ricorrente, non poteva includere la grotta in quanto questa era stata già trasferita a (una evidentemente diversa) NOME COGNOME nel 1953.
Il motivo è fondato.
4.1. La ricorrente ha dato conto delle risultanze dell’atto del 1953 tra NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME quali venditori e NOME COGNOME quale acquirente. Anche la controricorrente riconosce che vi era una sola NOME COGNOME, figlia di uno dei figli dell’originario proprietario unico del
fabbricato. La Corte di Appello ha affermato che, avendo alcuni soggetti, tra cui NOME COGNOME, con l’atto del 1953, trasferito i loro diritti sulla grotta a NOME COGNOME, detti soggetti, compresa NOME COGNOME, non potevano aver nuovamente disposto dei loro diritti sulla grotta, in favore di COGNOME NOME, dante causa della ricorrente, nel 1956. La ricorrente evidenzia che per dare un senso all’affermazione occorre ipotizzare che la Corte di Appello abbia assunto, in contrasto con le risultanze dell’atto del 1953, che vi fossero due soggetti di nome NOME COGNOME. Si tratta in sostanza di un’ipotesi di travisamento della prova. Le Sezioni Unite della Corte hanno statuito, con sentenza n.5792 del 05/03/2024 che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale. Il travisamento dell’atto traslativo del 1953, per cui NOME COGNOME era acquirente e non anche venditrice dei diritti sulla grotta, ha portato la Corte di Appello a concludere che i diritti non potevano essere stati trasferiti da NOME COGNOME alla dante causa della ricorrente. Dacché la decisività del travisamento.
4.2. Né la doglianza formulata con il motivo in esame può essere superata, come vorrebbe la controricorrente (v., in particolare pagina 11 del controricorso) sostenendosi che la menzione di NOME COGNOME (figlia di NOME) tra i venditori del 1953 (di
cui a pag. 6 della sentenza) sia stato un mero errore materiale, posto che anche così resterebbe il fatto che la Corte di merito, nel focalizzare la sua decisione sulla assenza del bene in capo ai venditori del 1956, non avrebbe però considerato che tra costoro figurava anche NOME (che era proprio l’acquirente pro quota della grotta secondo l’atto del 1953) e di conseguenza, avrebbe omesso di accertare, previa adeguata interpretazione degli atti del 1956 (da condurre sulla scorta della puntuale individuazione delle caratteristiche dei cespiti), se NOME avesse trasferito la grotta a NOME COGNOME dante causa dei COGNOME, a loro volta, danti causa della odierna ricorrente NOME RAGIONE_SOCIALE originaria convenuta;
5. il secondo motivo deve essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, restando logicamente assorbiti il terzo e il quarto motivo. Con questi motivi si lamenta la violazione degli artt. 1158 e 1159 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto indimostrato il possesso utile ad usucapionem della grotta da parte della ricorrente e, rispettivamente,, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c., l’omesso esame delle risultanze del giudizio possessorio a suo tempo intentato da due dei comproprietari dell’edificio contro la odierna ricorrente e delle tabelle millesimali dell’edificio da cui sarebbe dato evincere il possesso della grotta da parte della ricorrente e dei suoi danti causa fino dal 1966 o, almeno, dal 1987. I due motivi restano, come si diceva, assorbiti perché un eventuale accertamento, in sede di rinvio, della comproprietà della grotta in base al titolo derivativo renderebbe superfluo l’esame di ogni questione sul possesso utile per l’acquisto della grotta per usucapione;
6. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese del presente giudizio.
PQM
la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo, dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.
Roma 15 gennaio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME