Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18004 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18004 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25711/2021 R.G. proposto da:
OSTERIA RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE., in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO NOME COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
–
avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di FIRENZE n. 496/2021, depositata il 01/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Confermando integralmente la sentenza n. 44/014 del Tribunale di Arezzo, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 496/2021 depositata il 01/03/2021, ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, volto a far accertare che il decreto n. 336/2009 con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di euro 4.726,27, oltre gli interessi moratori, onorari e spese, per merci fornite e non pagate, in favore della RAGIONE_SOCIALE doveva essere revocato in quanto, oltre all’importo pagato banco judicis pari ad euro 998,60, l’opponente era creditrice dell’intimante per importi indebitamente pagati nel tempo, assommanti ad euro 3.727,67, per errori di addizione, moltiplicazione nelle fatture e alterazione delle stesse.
La Corte d’appello ha motivato il rigetto dell’appello, stabilendo che gli importi delle varie fatture in possesso della fornitrice diversi da quelli risultanti dalle fatture esibite dall’opponente e dalla prima tutte formalmente disconosciute – prodotte in giudizio in copia e in originale erano corretti e che quindi l’eccezione di compensazione non era fondata, non essendo stati corrisposti importi non dovuti alla fornitrice, e che l’alterazione delle fatture in possesso dell’opponente circa gli importi dei prezzi unitari, i prezzi imponibili e le merci effettivamente consegnate non le era imputabile.
Né era imputabile al suo rappresentante commerciale, NOME COGNOME il quale non aveva il potere di accordare sconti ed aveva dichiarato che le fatture erano state inviate direttamente dalla società, circostanza che aveva trovato conferma in altre deposizioni testimoniali.
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, basandosi su due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1. cod. proc. civ.
Entrambe le parti, in vista dell’odierna camera di consiglio, depositano memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere il giudice a quo omesso di considerare il seguente fatto decisivo, già oggetto di discussione tra le parti: in allegato alla memoria istruttoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c. era stata offerta in comunicazione una delle fatture alterate, la n. 1021 del 28/2/2006, che risultava spedita via fax dalla RAGIONE_SOCIALE; da ciò la corte d’appello avrebbe dovuto desumere che l’alterazione era avvenuta presso la sede della stessa.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, non colgono nel segno i tentativi contenuti nella memoria illustrativa depositata in vista dell’odierna camera di consiglio di dimostrare che nel caso di specie non debba operare la preclusione processuale di cui all’art. 348 ter cod.proc.civ. per la presenza di una doppia conforme di merito.
La ricorrente sottolinea che la sentenza del tribunale aveva così motivato: «dalla documentazione depositata e dai testimoni sentiti si è formato il pacifico convincimento di questo Giudice che le
fatture poste a base della opposizione sui cui si asserisce la loro non correttezza siano state senza dubbio falsificate da terzi. Infatti dal documento di trasporto e dalle dichiarazioni testimoniali è emerso che gli importi delle fatture non erano quelle modificate e portate in giudizio dalla opponente e che le fatture originali erano di colore giallo o altro colore diverso da quello della documentazione sottoposta ai testimoni» e che quella della corte d’appello «è più articolata e fa riferimento non a non meglio identificati terzi falsificatori, ma a una precisa, ancorché incomprensibile, responsabilità dell’attuale ricorrente ». Ne conclude che «il vizio di motivazione denunciato si fonda sul travisamento di una prova, la cui risultanza utilizzata per la decisione è smentita da uno specifico atto processuale, perché in tal caso si è al di fuori dell’ambito della conforme valutazione dei fatti. Qui l’informazione probatoria su un punto decisivo, acquisita e non valutata, mette in crisi irreversibile la struttura del percorso argomentativo del giudice di merito e fa escludere l’ipotesi contenuta nella censura; infatti il travisamento della prova implica, non una valutazione dei fatti, ma un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza è contraddetta da uno specifico atto processuale».
A tal proposito non può essere sottaciuto che le Sezioni unite (con la sentenza del 4 marzo 2024, n. 5792), dopo aver delineato storicamente la distinzione travisamento del fattotravisamento della prova e del fatto, hanno ribadito che se il travisamento è «frutto di errore di percezione, soccorre la revocazione», se il travisamento della prova attiene all’individuazione delle informazioni probatorie desunte per inferenza logica è un «affare del giudice di merito» per questo sottratto al giudizio di legittimità, non essendovi il rischio che si verifichi «un’inemendabile forma di patente illegittimità della decisione», giacché, una volta che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione
nella sua oggettività, pena la rettifica dell’errore a mezzo della revocazione, ed abbia adottato la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell’esigenza costituzionale di motivazione, si è dinanzi ad una statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile. Diversamente opinando, se si ammettesse la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, il giudizio di legittimità si trasformerebbe in «un terzo grado» nel quale la Corte avrebbe «il potere di rifare daccapo il giudizio di merito».
Va ulteriormente rilevato che la ricorrente non ha soddisfatto gli oneri di allegazione che gravano su chi invochi il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. La censura risulta formulata in maniera generica e senza soddisfare l’onere di indicare il dato extratestuale dal quale evincere la esistenza del fatto omesso nonché il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione tra le parti; ciò non consente di attribuire al fatto asseritamente omesso i caratteri del tassello mancante alla plausibilità cui è giunta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario.
2) Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 215 cod. proc. civ., giacché la RAGIONE_SOCIALE, successivamente alla produzione della fattura alterata n. 1021 del 28/2/2006, non aveva disconosciuto il documento di sua provenienza né nel corso della prima udienza, né in quella successiva alla produzione, né in qualsivoglia atto successivo, cosicché la stessa doveva considerarsi riconosciuta a tutti gli effetti e dovevano ritenersi credibili le dichiarazioni rese dai testimoni indicati dalla stessa ricorrente, i quali avevano riferito che le fatture prodotte in giudizio erano quelle consegnate direttamente al rappresentante di commercio della RAGIONE_SOCIALE e che lo
stesso aveva concordato i prezzi unitari che apparivano sulle medesime fatture.
Il motivo è dedotto senza alcun confronto con la sentenza impugnata, che ha rilevato, a pag. 5 della motivazione, che le fatture prodotte dall’odierna ricorrente a sostegno dell’opposizione a decreto ingiuntivo risultavano difformi da quelle in possesso della RAGIONE_SOCIALE la quale, oltre ad averle formalmente disconosciute, aveva anche prodotto, sin dal primo grado di giudizio, sia le copie che gli originali delle fatture oggetto di contestazione; peraltro, il motivo si rivela inammissibile là dove si riferisce a dichiarazioni rese dai testi della stessa RAGIONE_SOCIALE sia perché si omette, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di ritrascriverne, quanto meno nelle parti rilevanti, il contenuto in ricorso (Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469), sia perché investe questioni meramente fattuali, esclusivamente rimesse alla valutazione del giudice di merito e sottratte al sindacato di questa Corte di legittimità (Cass., sez. 5, 22/11/2023, n. 32505; Cass., sez. 2, 23/04/2024, n. 10927).
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte
della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso nella Camera di Consiglio del 9 giugno 2025 dalla