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Trattenuta sulla retribuzione: procedura e limiti

La Cassazione conferma l’illegittimità di una trattenuta sulla retribuzione per un danno causato da un lavoratore, se effettuata prima della conclusione del procedimento disciplinare. La sentenza chiarisce che il rispetto delle procedure previste dal CCNL è inderogabile, anche se la responsabilità del dipendente per il danno è accertata.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Trattenuta sulla retribuzione: la procedura è tutto

La trattenuta sulla retribuzione per un danno causato dal dipendente è una questione delicata, che interseca il potere datoriale e i diritti del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che, anche quando la responsabilità del lavoratore è evidente, il datore di lavoro non può agire in modo arbitrario. È fondamentale seguire scrupolosamente la procedura disciplinare prevista dal contratto collettivo, pena l’illegittimità della trattenuta stessa. Vediamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Caso: Danno al Muletto e Doppia Trattenuta

Un magazziniere, assunto con contratto a termine presso un’azienda di logistica, danneggiava un muletto durante le operazioni di carico e scarico. L’azienda, per recuperare i costi di riparazione pari a circa 2.850 euro, decideva di applicare due trattenute sulla busta paga del lavoratore: una prima da 1.352 euro e una seconda da 1.498 euro.
Il lavoratore impugnava la sanzione e le trattenute, ritenendole illegittime. Mentre il Tribunale di primo grado dava ragione all’azienda, la Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza, dichiarando illegittima la prima trattenuta di 1.352 euro. La Corte d’Appello riteneva che tale trattenuta fosse stata operata prima della comunicazione formale della sanzione disciplinare (un rimprovero scritto), violando così la normativa collettiva applicabile. L’azienda, non soddisfatta, ricorreva in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: la trattenuta sulla retribuzione segue la sanzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito un principio fondamentale: la procedura disciplinare non è una mera formalità. La responsabilità del lavoratore per il danno, che in questo caso non era più in discussione, non autorizza il datore di lavoro a procedere direttamente con il risarcimento tramite trattenuta, bypassando le garanzie procedurali.

Il Rispetto della Procedura Disciplinare è Fondamentale

Il punto centrale della decisione è l’interpretazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del settore Autotrasporti e Logistica. Secondo la Corte, il CCNL prevede una sequenza precisa:
1. Contestazione dell’addebito.
2. Difesa del lavoratore.
3. Eventuale irrogazione della sanzione disciplinare.
4. Solo a seguito della sanzione, il datore può agire per il risarcimento del danno, anche tramite trattenuta.

L’azienda, invece, aveva effettuato la prima trattenuta ancor prima di comunicare la sanzione del rimprovero scritto. Questo comportamento, secondo la Corte, viola la funzione di garanzia del procedimento disciplinare. Un provvedimento disciplinare, per produrre effetti, deve essere comunicato all’interessato, che ha così modo di accettarlo o impugnarlo. L’aver “incamerato” una somma a titolo risarcitorio prima ancora di aver formalmente “adottato” la sanzione rende la trattenuta illegittima.

La Domanda Riconvenzionale e le Questioni Processuali

L’azienda ha lamentato anche l’omessa pronuncia sulla sua domanda riconvenzionale di risarcimento, ma la Corte ha respinto anche questo motivo. La Cassazione ha specificato che la questione non era la responsabilità del lavoratore (ormai accertata), ma la lettura della norma contrattuale collettiva in relazione ai principi del procedimento disciplinare. Avendo l’azienda agito in modo proceduralmente scorretto, la sua pretesa risarcitoria in quella forma era preclusa.

le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione del rapporto tra potere disciplinare e obbligazione risarcitoria nel contesto del lavoro subordinato. La sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato che l’irrogazione di una sanzione disciplinare si sostanzia in una “manifestazione unilaterale della determinazione datoriale” che, per essere efficace, deve essere esternata e comunicata al lavoratore. Non è possibile distinguere tra una “adozione” interna della sanzione e la sua “comunicazione” esterna. Fino alla comunicazione, il provvedimento disciplinare, di fatto, non esiste sul piano giuridico.
Di conseguenza, poiché il CCNL applicabile legava la possibilità di richiedere il risarcimento del danno (e quindi di operare la trattenuta) alla preventiva irrogazione di una sanzione disciplinare, l’aver agito prima di tale momento costituisce una violazione procedurale insanabile. La Corte ha sottolineato che la volontà delle parti sociali, espressa nel contratto collettivo, era quella di porre la procedura disciplinare come garanzia per il lavoratore, subordinando ad essa ogni successiva pretesa economica. L’azione del datore di lavoro ha eluso questa garanzia, rendendo la sua condotta illegittima.

le conclusioni
La decisione della Corte di Cassazione offre un importante monito per i datori di lavoro. Anche di fronte a un danno palese e a una responsabilità accertata del dipendente, non è possibile ricorrere a “scorciatoie” per ottenere il risarcimento. Le procedure disciplinari, così come definite dalla legge e dai contratti collettivi, devono essere rispettate in ogni loro fase. Qualsiasi azione, come una trattenuta sulla retribuzione, che anticipi o scavalchi queste procedure, rischia di essere dichiarata illegittima. Questo principio rafforza la tutela del lavoratore e riafferma la centralità delle garanzie procedurali nel diritto del lavoro, garantendo che ogni provvedimento che incide sulla sfera giuridica ed economica del dipendente sia adottato nel rispetto del contraddittorio e delle regole stabilite.

Un datore di lavoro può effettuare una trattenuta sulla retribuzione per un danno causato dal dipendente?
Sì, ma solo rispettando le procedure previste dalla legge e dal contratto collettivo applicabile. La trattenuta è generalmente una conseguenza di una sanzione disciplinare formalmente irrogata e comunicata al lavoratore.

Perché nel caso esaminato la prima trattenuta è stata considerata illegittima e la seconda no?
La prima trattenuta è stata ritenuta illegittima perché l’azienda l’ha applicata prima di comunicare al lavoratore la sanzione disciplinare del rimprovero scritto. La Corte d’Appello ha ritenuto legittima la seconda trattenuta, e questo punto non è stato oggetto del ricorso in Cassazione, che si è concentrato solo sulla legittimità della prima.

Cosa stabilisce la Corte di Cassazione riguardo la procedura per la trattenuta sulla retribuzione?
La Corte stabilisce che se il contratto collettivo prevede che il risarcimento del danno sia conseguenza di una sanzione disciplinare, il datore di lavoro deve prima completare l’intero iter disciplinare (contestazione, difesa, comunicazione della sanzione) e solo dopo può procedere con la trattenuta. Agire diversamente rende la trattenuta illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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