Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11263 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20080-2019 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 573/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/05/2019 R.G.N. 1526/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI
R.G.N. 20080/2019
Ud. 12/02/2025 CC
Rilevato che:
NOME COGNOME già appartenente ai ruoli dell’Ente della Forestazione e poi inquadrato nei ruoli della Giunta Regionale della Regione Calabria, otteneva a seguito di vertenza giudiziaria il riconoscimento di differenze retributive. Di seguito, unitamente ad alcuni colleghi, con ricorso al giudice del lavoro chiedeva alla Regione Calabria il versamento dei contributi previdenziali arretrati sulle differenze retributive riconosciute. Il Tribunale di Catanzaro rigettava la domanda, affermando che le differenze in questione non confluivano nella retribuzione contributiva sicché sul relativo importo non erano dovuti a carico del datore di lavoro contributi previdenziali; avverso la pronuncia il ricorrente non proponeva impugnazione.
Tuttavia, verificata la trattenuta da parte della Regione Calabria della somma di euro 2.597,72 sulle competenze del mese di maggio 2020, a titolo di quota contributiva a carico del lavoratore, proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Catanzaro per ottenere il rimborso di quanto riteneva indebitamente trattenuto. La Regione Calabria rimaneva contumace. Il Tribunale di Catanzaro accoglieva il ricorso e condannava la Regione alla restituzione della somma.
Con la sentenza n. 573/2019 depositata il 10/05/2019 la Corte di Appello di Catanzaro -sezione lavoro accoglieva l’appello proposto dalla Regione Calabria e per l’effetto rigettava il ricorso del lavoratore.
La corte territoriale nello storico di lite esponeva che oggetto di domanda era la restituzione di € 2.597,72 in quanto ritenute previdenziali erroneamente operate sui suoi emolumenti. Nel merito, affermava: che- in ragione della autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello retributivosoltanto l’ente previdenziale era creditore dei
contributi e avrebbe potuto agire per il loro pagamento; che l’inadempimento dell’obbligo contributivo non sussisteva giacché perché per i dipendenti pubblici i contributi previdenziali erano commisurati alla sola retribuzione contributiva, che non includeva le differenze di retribuzione riconosciute.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con un unico motivo articolato su due profili. La Regione Calabria si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 12/02/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente deduce «nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.» sotto due profili e cioè «per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonché per violazione dell’art. 132 comma 2 n.4 c.p.c. per motivazione solo apparente».
1.1. Sotto il primo profilo, deduce il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe del tutto estranea alla domanda proposta, così da determinare error in procedendo e nullità della sentenza e tanto perché la domanda riguardava la restituzione di somme trattenute dalla Regione Calabria a fini contributivi benché la contribuzione non fosse dovuta mentre il giudice si era pronunciato su una diversa domanda, riguardante l’obbligazione di versare i contributi .
1.2. Sotto il secondo profilo, si contesta la apparenza della motivazione.
Il ricorso è fondato.
2.1. Va premesso, in proposito, che: in materia di ricorso per cassazione, l’individuazione e l’interpretazione del contenuto della domanda, attività riservate al giudice di merito, sono comunque sindacabili, come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini un vizio attinente all’individuazione del petitum , sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. 06/11/2023, n. 30770). Ed ancora: la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, sia quando sostituisca d’ufficio un’azione ad un’altra, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda (Cass. 06/07/2023, n. 19214).
2.2. Orbene nella fattispecie è incontestato tra le parti che il ricorrente abbia subito la trattenuta della somma di euro 2.597,72 a titolo di contributi previdenziali a carico del lavoratore, operata dalla Regione Calabria sulla mensilità speciale (del maggio 2020) con la quale venivano corrisposte le differenze retributive dovute al lavoratore a seguito di pronuncia giudiziale. Su questo presupposto il COGNOME, come risulta dallo storico di lite della sentenza impugnata, ha chiesto nel presente giudizio la corresponsione della stessa somma, assumendo che la stessa fosse indebitamente trattenuta, atteso che le differenze retributive, non rientrando nella retribuzione contributiva, non sarebbero sottoposte all’onere contributivo.
2.3. La sentenza impugnata, premessa la indiscutibile autonomia del titolo contributivo rispetto a quello retributivo del rapporto di lavoro, ha negato la fondatezza della domanda assumendo che «il soggetto creditore dei contributi è l’ente
previdenziale e non già il lavoratore. Questi, pertanto, non può rivendicare per sé il credito che al solo ente previdenziale compete». Ha inoltre aggiunto che sulle differenze retributive non erano dovuti contributi. Per questa via la sentenza ha irrimediabilmente frainteso la domanda spiegata, che non tendeva ad ottenere il versamento al lavoratore di contributi dovuti all’ente previdenziale né a far valere l’inadempimento della Regione all’obbligo di versare i contributi , ma ad ottenere il pagamento di somme che non dovevano essere trattenute per contributi, essendo già stato accertato giudizialmente tra le parti che sulle differenze retributive riconosciute non era dovuta contribuzione.
2.4. La sentenza ha, dunque, pronunciato su una domanda non proposta dal lavoratore e sussiste la denunciata nullità.
2.5. Si consideri, poi, che la pronuncia collide con l’orientamento costante di questa Corte secondo il quale «in tema di obbligazione contributiva nelle assicurazioni obbligatorie, il datore di lavoro – che, ai sensi dell’art. 19 L. n. 218 del 1952, è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico dei lavoratori che egli trattiene sulla retribuzione corrisposta ai medesimi – è direttamente obbligato verso l’ente previdenziale anche per la parte a carico dei lavoratori dei quali non è rappresentante ex lege . Ne consegue che, in ipotesi di indebito contributivo, il datore di lavoro è l’unico legittimato all’azione di ripetizione nei confronti dell’ente anche con riguardo alla quota predetta, mentre il lavoratore che abbia subito l’indebita trattenuta può agire nei confronti del datore di lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa. In merito a tale ultima eventualità, il credito azionato dal lavoratore ha natura retributiva sicché (..) esso può essere fatto valere indipendentemente
dall’avvenuto rimborso in favore del datore di lavoro dei contributi indebitamente versati» (Cass. 16/06/2001, n. 8175; Cass. 25/10/2022, n. 31508). Assume rilievo anche il principio secondo il quale «il rapporto retributivo si instaura solo tra datore e prestatore di lavoro, ed all’interno di esso hanno natura retributiva anche le somme trattenute dal datore di lavoro e relative alla quota di contributi a carico del lavoratore; ne consegue che legittimato passivo nell’azione di adempimento proposta dal lavoratore al quale siano state indebitamente trattenute sulla retribuzione è solo il datore di lavoro, al quale il lavoratore può richiedere direttamente il pagamento della percentuale di retribuzione non corrisposta perché indebitamente trattenuta, in quanto il diritto alla integrità della retribuzione non è decurtabile se non nei rigorosi limiti della reale sussistenza della obbligazione contributiva adempiuta» (Cass. 25/09/2002, n. 13936).
La sentenza va, allora, cassata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, sezione lavoro, cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della