Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27147 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24673/2024 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP. PT,
-intimato- avverso DECRETO di GIUDICE DI PACE ROMA n. 66999/2024 depositata il 20/11/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con atto del 20.11.2024 il Giudice di pace di Roma convalidava la richiesta di trattenimento a carico di NOME COGNOME, cittadino georgiano, avanzata dal AVV_NOTAIO di Roma.
Rilevava sussistenti i presupposti di cui agli articoli 13 e 14 D. L GS. 286/98 nonché le condizioni indicate nella richiesta del AVV_NOTAIO e la sua non manifesta infondatezza alla luce del rigetto della protezione internazionale da parte della Commissione Territoriale del 11 agosto 2023 e del provvedimento di improcedibilità del ricorso del Tribunale di Potenzasez. immigrazione, del 31.8.2023 nonché della richiesta del nulla osta all’espulsione,
Rilevava altresì che fosse necessario effettuare accertamenti supplementari in ordine alla identità e/o nazionalità, dello straniero ovvero acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilità di un mezzo di trasporto nonché l’esistenza di numerosi precedenti penali e la mancanza da parte dello stesso di una fissa dimora e di un reddito proveniente da fonte lecita e che, sulla base della certificazione medica in atti, lo straniero era idoneo alla vita ristretta di comunità.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui non ha resistito il Ministero degli Interni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 comma 1. n. 3 in relazione all’ art. 111 comma 1 e 2 della Costituzione ed alla violazione del D. Lgs. n. 149/2022 che prevede il processo telematico per i procedimenti incardinati al Giudice di Pace per avere il primo giudice fondato la decisione su documenti non risultanti nel fascicolo telematico (domanda di protezione internazionale, la decisione del Tribunale di Salerno, il casellario e la certificazione medica).
Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art 360 comma 1 n. 3 in relazione all’art. 15 paragrafo 1 della direttiva rimpatri 2008/115/ce e all’art. 8 direttiva 2013/32/ue per non aver applicato misure meno coercitive e quindi alternative alla misura di detenzione, pena afflittiva (quest’ultima) che l’odierno ricorrente aveva già scongiurato in sede penale quando il Tribunale di Roma sez. VI penale aveva disposto di fatto una misura meno restrittiva della libertà, ovvero l’obbligo di firma due volte a settimana.
Con un terzo motivo si censura la decisione sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 in relazione agli artt. 13, 24, 113 della Costituzione per avere omesso il gdp ogni motivazione in ordine alla censura difensiva relativa alla pregiudizialità vincolante dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, emessa dall’Autorità Giudiziaria Procedente, e della relativa pendenza del procedimento penale incardinato dinnanzi al Tribunale Monocratico di Roma.
Si sostiene che la convalida del trattenimento fondata sui rilievi dattiloscopici a carico di COGNOME e i precedenti penali a carico di NOME COGNOME, si sovrappongono alla prognosi di pericolosità sociale, già vagliata dal Tribunale Monocratico
determinando l’effetto di disapplicazione di una misura coercitiva gradata.
Il primo motivo è infondato.
Va preliminarmente osservato che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, i documenti di cui si lamenta l’omesso esame risultano invece inseriti nel fascicolo telematico come già rilevato dal gdp in sede di valutazione dell’istanza di sospensione del 11.12.2024.
In ogni caso va rilevato che la produzione e acquisizione di documentazione in forma diversa da quella telematica non determina l’irricevibilità o l’inammissibilità delle produzioni non essendovi alcuna previsione normativa che lo stabilisca.
Va poi altresì considerato che i fatti contenuti nei documenti ed in particolare il nulla osta non sono contestati e non è stata dedotta alcuna lesione del diritto di difesa in relazione al fondamento della decisione sui predetti documenti.
Il secondo motivo è inammissibile il ricorrente non spiega le ragioni per le quali avrebbe dovuto essere adottata una misura meno coercitiva e neppure quale lesione sarebbe derivata alla mancanza del foglio notizie e scheda info.
Il terzo motivo è infondato.
In primo luogo, il Giudice di Pace, in ossequio all’orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 7823/2019; Cass. n. 5750/2017), ha valutato incidentalmente la non manifesta illegittimità del decreto di espulsione, osservando che il ricorrente era privo di un titolo legittimante la sua presenza nel territorio dello Stato (circostanza neppure contestata nel ricorso) .
Inoltre, ha valutato la sussistenza del nulla osta ed ha rilevato l’assenza di ostacoli all’espulsione rigettando implicitamente ogni contestazione sollevata al riguardo.
Ciò posto va ricordato che la previsione di misure alternative non esclude la potestà amministrativa di espellere e allontanare coattivamente.
Questa Corte ha chiarito,( con sentenza 35686 del 21/12/2023) che in tema di espulsione dello straniero già raggiunto da condanna penale, deve essere affermata la piena autonomia applicativa dell’espulsione prefettizia rispetto al procedimento per la concessione delle misure alternative alla detenzione, in presenza di un ordine di sospensione della pena ex art. 656 c.p.p., in quanto quest’ultima norma lascia intatto il potere prefettizio, con la conseguente applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, la cui operatività non viene meno perché lo straniero non si trova in stato di detenzione, dovendo piuttosto il coordinamento passare attraverso la richiesta di nulla osta all’autorità giudiziaria, la cui mancanza non è tuttavia motivo per contestare la legittimità dell’espulsione amministrativa, in quanto lo stesso è previsto a salvaguardia delle esigenze della giurisdizione penale.
Va poi osservato che il Giudice di pace ha giustificato il provvedimento di convalida per la necessità di disporre accertamenti supplementari in ordine alla sua identità risultando lo straniero persona sedicente.
Fondamentale rilievo assume dunque la circostanza che il cittadino straniero non risulti essere in possesso di documenti identificativi.
Questa Corte ha, già chiarito che il possesso del passaporto o di altro documento valido per l’espatrio costituisce un prerequisito
indispensabile per l’adozione delle misure alternative al trattenimento, invocate dal ricorrente e previste dall’art. 14, comma 1 bis, D.Lgs. n. 286 del 1998 (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 20108 del 07/10/2016), precisando anche che tale requisito è altresì necessario, a monte, per la concessione di un termine per la partenza volontaria in luogo dell’accompagnamento coattivo alla frontiera, giacché lo straniero “può chiedere al prefetto, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria” soltanto “qualora non ricorrano le condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera di cui al comma 4” (art. 13, comma 5, D.Lgs. cit.), ovvero qualora, tra l’altro, non sussista il rischio di fuga, che – in virtù del combinato disposto dei commi 4 e 4 bis dell’art. 13 D.Lgs. cit. – si configura anche in caso di “mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso di validità” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28155 del 24/11/2017).
Com’è noto, l’art. 15 della Direttiva Rimpatri ((direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/12/2008) stabilisce che “1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento. …” E la Corte di Giustizia UE ha affermato che, ai fini della proroga del già disposto trattenimento, il giudice nazionale, al fine di stabilire se persista ancora il rischio di fuga che ha giustificato il trattenimento, può prendere in considerazione,
anche la mancanza di documenti d’identità (Corte Giustizia, 05/06/2014, C- 146/14, NOME COGNOME).
In tale ottica, questa Corte ha evidenziato la necessità di un giudizio di proporzionalità della misura adottabile, che la Corte di giustizia demanda ai giudici nazionali, i quali possono tenere conto a tal fine, come stabilito nella decisione appena ricordata, anche del rischio di fuga e della mancanza di documenti di identità dello straniero.
In conformità a tali principi ha, pertanto, ribadito che la mancanza del passaporto o di altro documento valido per l’espatrio, al quale non è equiparabile un permesso di soggiorno privo di validità documento peraltro di per sé privo dell’accertamento dell’identità e della nazionalità del titolare – impedisce l’adozione delle misure alternative al trattenimento presso un centro d’identificazione ed espulsione nonché la concessione di un termine per la partenza volontaria in luogo dell’accompagnamento coattivo alla frontiera (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7829 del 20/03/2019).
Nel caso di specie tale valutazione risulta effettuata, perché il giudice di merito ha espressamente considerato, ai fini della convalida del trattenimento, la necessità di disporre accertamenti supplementari in ordine alla identità del cittadino straniero i precedenti penali , la mancanza di dimora e di reddito da fonte lecita e quindi la conseguente non praticabilità di misure alternative meno afflittive.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione del Ministero che è rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma 25.09.2025
La Presidente
(NOME COGNOME)