Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9525 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9525 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
Oggetto:
Pubblico
impiego
–
trattamento perequativo
ex
art.
31 D.P.R. n. 761/1979
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15628/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME con domicilio RAGIONE_SOCIALE come da pec Registri di Giustizia;
– ricorrente successivo/controricorrente -nonchè contro
PALEGO LIONELLA, COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME con domicilio RAGIONE_SOCIALE come da pec Registri di Giustizia;
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 330/2023 depositata il 24/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze, in riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME e NOME COGNOME, dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE in servizio presso strutture RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, al trattamento perequativo di cui all’art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979 secondo la tabella D allegata al Decreto Interministeriale 9/11/1982 nella misura dovuta al personale sanitario appartenente rispettivamente (per la COGNOME) all’ ex X livello, ora ruolo unico dirigenziale e (per la COGNOME) all’ ex IX livello, ora ruolo unico dirigenziale, per entrambe a decorrere dalla relativa assunzione e condannava l’RAGIONE_SOCIALE in solido con l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEe relative differenze non prescritte, maturate dal 1° marzo 2014.
La Corte territoriale aderiva all’orientamento di legittimità, consolidato da Cass., Sez. Un., n. 9279/2016, secondo cui l’indennità di perequazione (c.d. ‘indennità COGNOME‘) deve essere corrisposta al personale universitario non docente impiegato in attività di assistenza presso strutture sanitarie sulla base dei parametri di equiparazione di cui alla tabella all. D al D.P .R. 9/11/1982 fino all’entrata in vigore del C.C.N.L. del 2005 (fatta salva, per i dipendenti RAGIONE_SOCIALEe qualifiche apicali, la corresponsione RAGIONE_SOCIALEa retribuzione di posizione solo in caso di effettivo affidamento di incarichi dirigenziali).
Riteneva assolto dalle appellanti l’onere probatorio relativo allo svolgimento, quali dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘università, di attività di assistenza RAGIONE_SOCIALE e ciò, quanto ad NOME COGNOME, prima del 2006 (e cioè fin dalla assunzione presso l’RAGIONE_SOCIALE ed assegnazione al RAGIONE_SOCIALE) e, quanto a NOME COGNOME, anche dopo il 2012 (contrastando, sul punto, quanto affermato dal Tribunale in ordine al fatto che la COGNOME dal 2012 in poi aveva svolto solo attività di ricerca e non anche di assistenza).
Riteneva, in conseguenza applicabile la clausola di salvaguardia di cui all’art. 28, comma 6, del C.C.N.L. per la quale era sufficiente che il dipendente potesse rivendicare, sulla base RAGIONE_SOCIALEe tabelle previgenti, un trattamento perequativo di miglior favore, rispetto a quello poi concordato dalle parti collettive.
Escludeva che le appellanti avessero rinunciato al beneficio come già previsto, ritenendo che l’accordo del 2006 non potesse avere alcun effetto novativo o anche solo la rinuncia al trattamento perequativo (che avrebbe dovuto essere esplicita ed inequivoca).
Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
L’RAGIONE_SOCIALE e le controricorrenti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
PROFILI PRELIMINARI
1. Va, preliminarmente, ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il principio RAGIONE_SOCIALE‘unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione RAGIONE_SOCIALEa prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale (Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2017, n. 24876; Cass. 1° giugno 2020, n. 10412; Cass. 17 febbraio 2004, n. 3004; Cass. 13 dicembre 2011, n. 26723; Cass. 4 dicembre 2014, n. 25662).
Nella specie deve, pertanto, essere considerato principale il ricorso RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE perché risulta notificato e depositato prima del ricorso RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. Quest’ultimo ricorso deve essere, pertanto, considerato incidentale.
RICORSO PRINCIPALE DELL’RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 cod. civ. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver affermato che la RAGIONE_SOCIALE e la COGNOME avevano svolto attività assistenziale anche anteriormente all’accordo del 2006 quando vi era stata, sul punto, puntuale contestazione e non erano state acquisite prove sufficienti.
Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 31 D.P.R. n. 761/1979 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 28, comma 6, C.C.N.L. università 2002-2005.
Assume che l’equiparazione retributiva prevista dalla normativa indicata presuppone l’identità di mansioni (assistenziali) che, nello specifico, non era stata provata.
Con il terzo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1230 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per avere escluso valore novativo all’accordo del 2006 con il quale le originarie ricorrenti avevano accettato l’inclusione tra il personale universitario impiegato in assistenza ed aver ritenuto che tale accordo afferisse solo all’inquadramento ex art. 28 C.C.N.L. e non implicasse anche rinuncia all’indennità perequativa nella misura in precedenza spettante.
RICORSO INCIDENTALE DELL’RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE lamenta un vizio di violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2697 cod. civ., 1 l. n. 200/1974, 31 D.P.R. n. 761/1979, 28 C.C.N.L. RAGIONE_SOCIALE del 2005, 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e/o vizio di nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per omessa valutazione RAGIONE_SOCIALEa specificità
RAGIONE_SOCIALEa contestazione dei fatti costitutivi da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto provato (e non specificamente contestato) lo svolgimento di attività assistenza da parte RAGIONE_SOCIALEa dottNOME COGNOME nel periodo (gennaio 2005 -ottobre 2006) anteriore all’inserimento formale nell’organico RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE giusta accordo del 2006.
Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE lamenta un vizio di violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2697 cod. civ., 1 L. n. 200/1974, 31 DPR n. 761/1979, 28 C.C.N.L. RAGIONE_SOCIALE del 2005, 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e/o vizio di nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per omessa valutazione RAGIONE_SOCIALEa specificità RAGIONE_SOCIALEa contestazione dei fatti costitutivi da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e per omessa pronuncia sulla impugnazione incidentale proposta dall’RAGIONE_SOCIALE in appello, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., contestando la sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto provato lo svolgimento di attività assistenziale da parte RAGIONE_SOCIALEa dottNOME COGNOME nel periodo successivo al 2012 e nella parte in cui non si è pronunciata sull’appello incidentale promosso dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE lamenta un vizio di violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 28 del CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2005 e 1230, 1321, 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. , contestando la sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto giuridicamente irrilevanti nella controversia gli accordi novativi che sono stati sottoscritti nel 2006 dalle dott.sse COGNOME COGNOME con l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
Sono inammissibili i primi due motivi del ricorso principale ed i primi due motivi del ricorso incidentale.
Nella sostanza i motivi ruotano intorno ad un’unica contestazione, e cioè che le ricorrenti non svolgessero attività connessa all’assistenza RAGIONE_SOCIALE prima RAGIONE_SOCIALE‘ottobre 2006, e cioè prima del loro inserimento negli elenchi del personale universitario convenzionato predisposto a seguito RAGIONE_SOCIALEa nascita RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e che fatto comprovante ciò è il non aver mai percepito fino al mese di novembre 2006 alcuna indennità integrativa ex art. 31 D.P.R. 761/1979 (quanto alla posizione di NOME COGNOME) e averla percepita ante 2006 e fino al gennaio 2019 (quanto alla posizione di NOME COGNOME).
In particolare, secondo le ricorrenti, la Corte d’appello di Firenze avrebbe errato nel ritenere che NOME COGNOME, assunta il 3 gennaio 2005 dall’RAGIONE_SOCIALE (e cioè poco più di 20 giorni prima RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore del CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2005) con assegnazione presso il RAGIONE_SOCIALE e pacificamente inserita nell’organico per attività di supporto RAGIONE_SOCIALE‘assistenza presso l’RAGIONE_SOCIALE dal 1° novembre 2006, avesse svolto attività di assistenza (e cioè una prestazione di
servizio ‘ presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le Regioni e le Unità sanitarie locali ‘ ex art. 1 L. n. 320/1974 e 31 D.P.R. n. 761/1979) anche prima RAGIONE_SOCIALEa specifica accettazione RAGIONE_SOCIALE‘accordo del 24/10/2006 ed altresì errato nel ritenere che NOME COGNOME, assegnata al RAGIONE_SOCIALE, prima di Psichiatria poi di RAGIONE_SOCIALE Clinica presso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avesse svolto tale attività di assistenza dopo il 2012.
Tuttavia, nello specifico, la Corte fiorentina, sulla base di un accertamento in fatto non rivedibile in questa sede di legittimità, dopo aver ricostruito la posizione RAGIONE_SOCIALEe indicate lavoratrici (entrambe inserite tra i dipendenti universitari impiegati in attività di assistenza sulla base di apposito accordo RAGIONE_SOCIALE‘ottobre 2006 con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) ha affermato che l’attività di assistenza era stata svolta anche nei periodi oggetto di contestazione (e cioè per la COGNOME anche prima RAGIONE_SOCIALE‘ottobre 2006 e per la COGNOME anche dopo il 2012).
Ha, al riguardo, quanto alla COGNOME, tratto elementi di convincimento dalla documentazione versata in atti dalla ricorrente (sia con produzioni originarie sia con altre effettuate nel corso del giudizio, ma in momenti successivi alla prima udienza), e tenendo conto non solo RAGIONE_SOCIALEe eccezioni e repliche RAGIONE_SOCIALEe amministrazioni convenute, ma anche del contenuto del verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 3 maggio del 2001 (con il quale si riconosceva che la predetta, presso il RAGIONE_SOCIALE di Psichiatria, come dipendente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, aveva di fatto svolto e svolgeva attività di supporto all’assistenza) e RAGIONE_SOCIALEa istruttoria orale svolta (da cui era emerso che la RAGIONE_SOCIALE aveva svolto anche dopo il 2012 attività – ricerca in laboratorio su campioni biologici di pazienti, non anonimi ma nominativi, i cui esiti si traducevano in referti -funzionale all’assistenza).
Quanto alla COGNOME, ha ritenuto che la posizione RAGIONE_SOCIALEe amministrazioni non fosse intesa a contestare in punto di fatto le mansioni di assistenza in concreto svolte dalla predetta prima del 2006 ma incentrate sulla mancanza, in riferimento a tale periodo, di una formalizzazione RAGIONE_SOCIALE‘inserimento tra il personale addetto all’attività di assistenza ai fini RAGIONE_SOCIALEa percezione RAGIONE_SOCIALEa relativa indennità.
A tali affermazioni le ricorrenti, sia pure con differenti argomentazioni, quanto alla posizione RAGIONE_SOCIALEa COGNOME, oppongono sostanzialmente una diversa lettura RAGIONE_SOCIALEe risultanze di causa. Ciò, però, è inammissibile in questa sede di legittimità.
Peraltro, come da questa Corte evidenziato, a partire da Cass., Sez. Un., n. 8053 del 2014, non rileva l’omesso esame di documenti o di risultanze probatorie ove il ‘fatto storico’ sia stato comunque apprezzato e valutato dal giudice del merito (cfr. fra le tante Cass. n. 21005 del 18 luglio 2023 e Cass. n. 32553 del 4 novembre 2022).
Quanto alla posizione RAGIONE_SOCIALEa COGNOME, le ricorrenti ripropongono la linea difensiva coltivata nel giudizio di merito ed afferente alla configurabilità RAGIONE_SOCIALE‘accordo del 2006 quale
discrimine formale per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘attività di assistenza ai fini del trattamento perequativo, tesi che si infrange con il prospettato (e non contestato) svolgimento di tale attività di assistenza, con le medesime modalità, anche prima del suddetto accordo e con il dato testuale relativo alla effettiva prestazione RAGIONE_SOCIALE‘attività di assistenza ricavabile dall’art. 31 del D.P.R. 761/1979 (‘ Al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unità sanitarie locali, anche se gestiti RAGIONE_SOCIALEmente dalle università, è corrisposta una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale RAGIONE_SOCIALEe unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità …’).
Né può dirsi violato l’art. 2697 cod. civ. non essendosi posto l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova a carico di un soggetto diverso da quello onerato ma essendosi fatta corretta applicazione del principio secondo cui, n el rito del lavoro, il convenuto ha l’onere di contestare in termini specifici, e non limitati a una generica negazione, le circostanze di fatto dedotte a fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 416, comma 3, cod. proc. civ. (v. Cass. n. 20768 del 5 settembre 2017; Cass. n. 2832 del 12 febbraio 2016). In proposito, è stato chiarito che il compito di contribuire alla fissazione del ‘ thema decidendum ‘ opera identicamente rispetto all’una e all’altra RAGIONE_SOCIALEe parti in causa, sicché l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e vale a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con chiarezza gli elementi in contestazione e quelli per i quali sussiste una ‘ relevatio ‘ RAGIONE_SOCIALE‘avversario dall’onere probatorio (v. Cass. n. 21075 del 19 ottobre 2016; Cass. n. 11252 del 10 maggio 2018; Cass. n. 20525 del 29 settembre 2020).
Nello specifico, risulta dalla sentenza appellata, e non è idoneamente contrastato in punto di fatto dalle odierne ricorrenti, che la COGNOME (biologa, fin dalla data di assunzione assegnata al RAGIONE_SOCIALE, addetta sin dal 3/1/2005 al laboratorio di genetica forense nel quale, come da dichiarazione del direttore del RAGIONE_SOCIALE, svolgeva attività nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe indagini di paternità controversa nonché attività attinenti alle indagini di discendenza e di identificazione di reperti biologici mediante tipizzazione dei poliformismi genetici del DNA e cioè attività rientrante tra quelle assistenziali e di supporto sanitario fornite agli utenti dall’RAGIONE_SOCIALE, attività proseguita presso il RAGIONE_SOCIALE) aveva fondato la domanda su dati precisi e circostanziati concernenti lo svolgimento di mansioni di natura assistenziale nell’intero periodo, e dunque anche in quello controverso, dati non contrastati dalle amministrazioni intimate che, come detto, si erano limitate a sostenere che, trattandosi di attività svolta prima RAGIONE_SOCIALE‘accordo del 2006, per la stessa non fosse riconoscibile l’indennità perequativa.
È di conseguenza inammissibile l’ulteriore vizio lamentato, in riferimento alla posizione sia RAGIONE_SOCIALEa COGNOME sia RAGIONE_SOCIALEa COGNOME, in quanto la non applicazione RAGIONE_SOCIALEa clausola di
salvaguardia di cui al comma 6 RAGIONE_SOCIALE‘art. 28 C.C.N.L. è conseguenziale all’assunto del mancato svolgimento di attività assistenziale rispettivamente nel periodo gennaio 2005 -ottobre 2006 e dopo il 2012.
Si aggiunga che correttamente la Corte territoriale ha richiamato anche l’art. 53 del C.C.N.L. 1996 secondo il quale pone sullo stesso piano, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 31 del D.P.R. n. 761/1979, il personale che ‘ presta servizio ‘ e quello ‘ incluso nominativamente nelle convenzioni ‘ (‘ Fino alla ridefinizione RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento come previsto dall’art. 50, al personale che presta servizio presso le RAGIONE_SOCIALE, i Policlinici RAGIONE_SOCIALE, le cliniche e gli istituti Universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le Unità Sanitarie Locali, ovvero al personale incluso nominativamente nelle convenzioni tra le Universita’ e le Regioni per le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, i Policlinici e cliniche convenzionate e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, continua ad applicarsi l’art. 31 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ‘).
9.. Va, poi, ritenuta inammissibile la doglianza formulata dall’RAGIONE_SOCIALE nel corpo del secondo motivo, concernente il mancato esame da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE‘appello incidentale.
Si rileva dal ricorso che nel giudizio di primo grado effettivamente era stata formulata dall’RAGIONE_SOCIALE domanda riconvenzionale di risarcimento del danno dall’inadempimento RAGIONE_SOCIALEe prestazioni lavorative dedotte in contratto (‘ per il mancato svolgimento, nel periodo dall’1/1/2010 ad oggi da parte RAGIONE_SOCIALEa dottoressa NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE‘attività a supporto RAGIONE_SOCIALE‘assistenza presso l’RAGIONE_SOCIALE ‘) e di arricchimento indebito (‘ previo accertamento che la dottoressa NOME COGNOME dall’1/1/2010 ad oggi non ha svolto l’attività a supporto RAGIONE_SOCIALE‘assistenza presso l’RAGIONE_SOCIALE ‘) e successivamente proposto appello incidentale avverso la decisione del Tribunale che tale domanda aveva ritenuto infondata.
Va, al riguardo, precisato che, nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e RAGIONE_SOCIALEa ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata RAGIONE_SOCIALE‘attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 21968 del 28 ottobre 2015; Cass. n. 17416 del 16 giugno 2023).
Orbene, quanto al risarcimento del danno, nell’ambito del rapporto sinallagmatico, il danno derivato al datore di lavoro alle prestazioni dedotte in contratto non coincide con il pagamento senza causa RAGIONE_SOCIALEa retribuzione ed in tal causo l’azione esercitabile sarebbe stata, al più, quella RAGIONE_SOCIALEa ripetizione di indebito; quanto alla domanda di arricchimento indebito (art. 2033 cod. civ.), egualmente deve rilevarsi che, avendo avuto l’RAGIONE_SOCIALE a disposizione l’azione di arricchimento indebito, la stessa non è ammissibile per il principio
di sussidiarietà che la caratterizza sancito dall’art. 2042 cod. civ. in termini generali (v. Cass., Sez. Un., n. 28042 del 25 novembre 2008; Cass. n. 4620 del 22 marzo 2012).
Senza dire che l’accertamento in punto di fatto RAGIONE_SOCIALEo svolgimento di attività funzionale all’assistenza (pacificamente fino al 2012 ma anche dopo tale data, v. pag. 11 e 12 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata già sopra richiamate) era in sè assorbente rispetto ad ogni altra questione.
Le suddette considerazioni escludono la decisività del rilievo afferente ad una domanda destinata ad una delibazione di inammissibilità.
Né miglior sorte hanno le censure di cui al terzo motivo del ricorso principale e del terzo motivo del ricorso incidentale.
Secondo l’accertamento svolto dalla Corte territoriale sulla base del contenuto RAGIONE_SOCIALE accordi del 2006, non vi è stata alcuna novazione del rapporto di lavoro ovvero alcuna rinuncia, né espressa né tacita, ad un diritto nascente dall’essenza stessa RAGIONE_SOCIALEe mansioni e funzioni demandate al personale tecnico-biologo universitario che presta servizio all’interno di strutture ospedaliere.
La Corte d’appello è pervenuta a tale conclusione interpretando l’accordo del 2006 ed evidenziando che in esso non vi era alcun elemento testuale dal quale desumere che nella prevista accettazione RAGIONE_SOCIALE‘inclusione nel personale universitario impiegato in assistenza fosse compresa anche quella del minor importo RAGIONE_SOCIALE‘indennità di perequazione come sino ad allora stabilita ex art. 31 D.P.R. n. 761/1979 in base alle tabelle di cui all’allegato D del D.M. 9.11.1982 (a fronte, peraltro, RAGIONE_SOCIALEa disposizione di cui al comma 6 RAGIONE_SOCIALE‘art. 28 che faceva salva la misura di detta indennità come in godimento).
A fronte di detta disamina RAGIONE_SOCIALE‘accordo, le ricorrenti, senza neppure indicare i canoni interpretativi eventualmente violati, prospettano una diversa lettura RAGIONE_SOCIALEe clausole contrattuali ma tale operazione è inammissibile in sede di legittimità (cfr. ex multis Cass. n. 18375 del 23 agosto 2006; Cass. n. 15890 del 17 luglio 2007; Cass. n. 15471 del 22 giugno 2017) .
A tanto consegue che il ricorso principale e quello incidentale vanno dichiarati inammissibili.
La soccombenza impone di condannare le amministrazioni ricorrenti, in solido, al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, come liquidate in dispositivo, in favore dei lavoratori controricorrenti (art. 97, comma primo, secondo cpv. cod. proc. civ.).
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., n. 4315 del 2020, RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALEe condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale; condanna le amministrazioni ricorrenti al pagamento, in solido, il favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALEe
spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto rispettivamente per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1 -bis , RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 gennaio 2024.