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Trattamento perequativo: sì anche senza accordo

La Cassazione conferma il diritto al trattamento perequativo per dipendenti universitari che svolgono attività assistenziale in ospedale, anche per il periodo precedente a un accordo formale del 2006. Decisiva la mancata contestazione specifica delle mansioni svolte da parte dell’Università e dell’Azienda Ospedaliera.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Trattamento perequativo: la sostanza delle mansioni prevale sulla forma

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: il diritto al trattamento perequativo per il personale universitario che svolge attività assistenziale in strutture sanitarie non dipende da accordi formali, ma dallo svolgimento effettivo delle mansioni. Questa decisione chiarisce che la sostanza del lavoro prevale sulla forma, consolidando la tutela dei diritti economici dei lavoratori.

I Fatti del Caso

La vicenda vedeva contrapposte alcune dipendenti di una prestigiosa Università, impiegate come biologhe presso un’Azienda Ospedaliera Universitaria, e le stesse amministrazioni. Le lavoratrici chiedevano il riconoscimento del cosiddetto trattamento perequativo (noto anche come “indennità De Maria”) sin dalla loro assunzione, sostenendo di aver sempre svolto attività di assistenza sanitaria.

L’Università e l’Azienda Ospedaliera si opponevano, argomentando che tale diritto poteva sorgere solo dopo un accordo specifico stipulato nel 2006, che aveva formalizzato l’inclusione di tale personale nelle attività assistenziali. Prima di quella data, secondo le amministrazioni, non vi era alcun diritto all’indennità. La Corte d’Appello aveva dato ragione alle lavoratrici, spingendo gli enti a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati sia dall’Università (ricorrente principale) sia dall’Azienda Ospedaliera (ricorrente incidentale), confermando integralmente la decisione dei giudici di secondo grado. Di conseguenza, è stato definitivamente accertato il diritto delle lavoratrici a ricevere le differenze retributive per il trattamento perequativo per tutto il periodo contestato, anche antecedente all’accordo del 2006.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni giuridiche solide e di grande rilevanza pratica.

Onere della prova e il valore della contestazione specifica

Il punto cruciale della motivazione riguarda l’onere della prova e il dovere di contestazione specifica nel rito del lavoro. Le lavoratrici avevano dettagliatamente descritto le loro mansioni assistenziali fin dal primo ricorso. L’Università e l’Azienda Ospedaliera, invece, si erano limitate a negare il diritto basandosi sulla mancanza di una formalizzazione prima del 2006, senza contestare puntualmente e specificamente le attività concretamente svolte.

La Corte ha ricordato che, ai sensi dell’art. 416 del codice di procedura civile, il convenuto in una causa di lavoro ha l’onere di prendere posizione in maniera precisa sui fatti affermati dall’attore. Una negazione generica non è sufficiente. In assenza di una contestazione specifica, i fatti allegati dal lavoratore si considerano provati. L’accertamento di tali fatti, compiuto dal giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità.

L’accordo del 2006 e l’assenza di un effetto novativo

Un altro argomento respinto dalla Corte è quello secondo cui l’accordo del 2006 avrebbe avuto un effetto novativo, estinguendo ogni pretesa precedente. I giudici hanno chiarito che la novazione richiede una volontà chiara e inequivocabile di sostituire un’obbligazione con una nuova. L’accordo del 2006 si limitava a formalizzare una situazione di fatto già esistente, senza contenere alcuna rinuncia esplicita da parte delle lavoratrici ai diritti maturati in precedenza. Pertanto, l’accettazione dell’inclusione negli elenchi del personale convenzionato non poteva essere interpretata come una rinuncia al trattamento perequativo già spettante.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, riafferma che nel diritto del lavoro, e in particolare nel pubblico impiego, il diritto a determinate indennità sorge dall’effettivo svolgimento delle mansioni previste dalla legge, non dalla mera formalizzazione in un accordo. La realtà fattuale prevale sugli inquadramenti formali.

In secondo luogo, la decisione serve da monito per i datori di lavoro: in un contenzioso, è essenziale contestare in modo analitico e specifico ogni singolo fatto allegato dal lavoratore. Una difesa basata su negazioni generiche o su argomenti puramente formali è destinata a soccombere. Infine, la sentenza tutela i diritti acquisiti dei lavoratori, stabilendo che una rinuncia a un diritto economico non può mai essere presunta ma deve risultare da un atto esplicito e inequivocabile.

Il diritto al trattamento perequativo per il personale universitario in sanità dipende da un accordo formale?
No, secondo la Corte il diritto sorge dallo svolgimento effettivo di attività di assistenza sanitaria, a prescindere da una formalizzazione in specifici accordi. La prestazione di fatto è l’elemento costitutivo del diritto.

Cosa succede se il datore di lavoro contesta in modo generico le affermazioni del lavoratore in una causa di lavoro?
Se la contestazione non è specifica e dettagliata, i fatti affermati dal lavoratore si considerano provati. Il convenuto ha l’onere di contestare puntualmente ogni circostanza di fatto dedotta dalla controparte, come previsto dal rito del lavoro.

Un accordo successivo che regola un rapporto di lavoro può cancellare diritti economici maturati in precedenza?
No, a meno che non contenga una chiara ed esplicita rinuncia da parte del lavoratore o configuri una novazione del rapporto. In assenza di tali elementi, l’accordo regola il rapporto per il futuro ma non estingue i diritti già maturati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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