Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 149 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 149 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/01/2025
La Corte di Appello di Catanzaro ha accolto l’appello principale proposto dalla Azienda Sanitaria Provinciale (di seguito ASP) di Catanzaro ed ha rigettato le domande proposte dagli originari ricorrenti, medici di continuità assistenziale, volte ad ottenere il pagamento delle differenze derivanti dall’applicazione del trattamento economico previsto dall’allegato N al D.P.R. n. 484/1996 per la prestazione lavorativa svolta nel periodo dal 7.6.1999 al 31.10.2007 presso varie unità operative rientranti nella medicina dei servizi in regime di completamento orario.
La Corte territoriale ha osservato che il trattamento economico dei medici a rapporto convenzionale è disciplinato da apposite convenzioni, mentre gli originari ricorrenti avevano invocato il trattamento retributivo previsto dall’ACN per i rapporti con i medici di medicina generale, ai sensi dell’art. 4, comma 9, della legge n. 412/1991 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.lgs. n. 517/1993.
Il giudice di appello ha inoltre evidenziato che il DPR n. 484/1996, di cui l’allegato N fa parte, ha recepito l’accordo stipulato ai sensi dell’art. 8, comma 1, d.lgs. n. 502/1992; ha escluso che ai medici di continuità assistenziale sia applicabile il trattamento economico previsto nel suddetto allegato N, in quanto ai sensi dell’art. 8, comma 1 bis , d.lgs. n.
502/1992, per i medici addetti alle attività di guardia medica e di medicina dei servizi utilizzati ad esaurimento nell’ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/1979.
Considerata l’assenza del fondamento contrattuale dell’obbligazione dedotta in giudizio, ha ritenuto superflua la disamina delle ulteriori questioni poste dagli appellanti principali ed ha ritenuto assorbito l’appello incidentale.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME e gli altri medici di continuità assistenziale hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
La ASP di Catanzaro ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342 e 359 cod. proc. civ.; nullità della sentenza per extrapetizione e/o ultrapetizione, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Evidenzia che l’Azienda nei gradi di merito aveva eccepito che l’applicazione dell’Allegato N al DPR n. 484/1996 era dovuta solo nei confronti dei medici che fossero stati incaricati a tempo indeterminato nella medicina dei servizi, mentre la sentenza di appello aveva accolto il gravame sul presupposto che, per espressa previsione normativa, il trattamento economico dei medici rientranti nella previsione di cui al comma 1 bis dell’art. 8 d.lgs. n. 502/1992 è regolato dalle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 48 legge n. 833/78, e dunque per una ragione completamente diversa da quella che la ASP aveva posto a fondamento della propria eccezione.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia, ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art.
8 d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 1, comma 2, allegato N al DPR 484/1996, violazione dell’ACN recepito con il DPR n. 484/1996, dell’art. 48, comma 1 legge n. 833/1978 e dell’Accordo regionale per l’attività dei medici di medicina generale del 30.12.1997, approvato con delibera della Giunta Regionale della Calabria n. 38 del 19.1.1998, nonché della contrattazione aziendale approvata con deliberazione del Direttore Generale della ASL n. 6 di Lamezia Terme (oggi ASP di Catanzaro) n. 1912 del 7.12.1998 attuata con le lettere di incarico destinate ad ogni singolo ricorrente.
Deduce che l’Allegato N costituisce il corpo del DPR n. 484/1996 recante ‘Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei medici di medicina generale’, atto normativo che proprio ai sensi dell’art. 48 comma 1 legge n. 833/1978 (norma richiamata dall’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992) recepisce l’accordo collettivo nazionale in materia ed è del tutto coerente con l’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992.
Lamenta che la sentenza impugnata contrasta con l’Accordo regionale per l’attività dei medici di medicina generale del 30.12.1997, con la delibera del Direttore Generale AS n. 6 di Lamezia Terme del 30.12.1997, con il verbale di contrattazione aziendale e con la lettera di incarico del 7.6.1999.
Evidenzia che l’Azienda Sanitaria si era impegnata a retribuire i medici ricorrenti secondo quanto previsto dall’Allegato N al DPR n. 484/1996.
Aggiunge che in assenza di atti di revoca, di annullamento o di modificazione del rapporto, l’Azienda era obbligata a dare attuazione di quanto disposto.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 502/1992 e, dell’art.1, comma 2, dell’Allegato N al DPR n. 484/1996 dell’art. 48, comma 1 legge n. 833/1978, in relazione all’art. 36 Cost.
Sostiene che la mancata applicazione dei compensi di cui all’Allegato N ai ricorrenti, appartenenti alla categoria di titolari di guardia medica comporterebbe una lesione del diritto alla parità di trattamento, sia nei
confronti dei medici incaricati del completamento orario ma provenienti da un rapporto convenzionale attuato dalla stessa medicina dei servizi, sia nei confronti dei medici titolari nella medicina dei servizi che, nonostante siano chiamati a svolgere comunque le stesse funzioni e mansioni dei ricorrenti, verrebbero retribuiti secondo criteri del tutto differenti.
Lamenta che la sentenza impugnata, avendo previsto tale doppio e distinto trattamento, è contraria anche ai principi costituzionali vigenti.
Con il quarto motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo, in relazione agli artt. 333, 343, 91 e 92 cod. proc. civ., nonché agli artt. 4 e 5 del D.M. n. 55/2014 e s.i.m.
Deduce che l’auspicata riforma della sentenza impugnata impone di prendere in considerazione l’appello incidentale.
Il primo motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha infatti statuito sullo stesso bene della vita richiesto dagli originari ricorrenti (l’applicazione del trattamento economico previsto dall’allegato N al D.P.R. n. 484/1996 per le prestazioni lavorative svolte dai medesimi nel periodo dal 7.6.1999 al 31.10.2007 in regime di completamento orario nella medicina dei servizi), sulla base d ell’interpretazione dell’art. 1 dell’Allegato N e dell’art. 8, d.lgs. n. 502/1992 (le stesse norme di diritto invocate dalla ASP nel giudizio di primo grado).
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non coglie il decisum.
La Corte territoriale ha infatti escluso l’applicabilità agli originari ricorrenti della regolamentazione pattizia contenuta nell’Allegato N al DPR n. 484/1996, che disciplina i rapporti di lavoro autonomo instaurati tra il Servizio sanitario nazionale ed i medici per l’espletamento, in conformità con le indicazioni della programmazione regionale e territoriale, di attività sanitarie a rapporto orario, per le quali non sia richiesto il titolo di
specializzazione e che non risultino regolate da accordi collettivi stipulati ai sensi dell’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Inoltre la censura sollecita un giudizio di merito attraverso la rilettura dell’Accordo Regionale del 30.12.1997, della delibera n. 1912 del 17.12.1998 del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria n. 6 di Lamezia Terme, e del verbale di contrattazione aziendale allegato, nonché della lettera di incarico del 7.6.1999.
L’esegesi del contratto collettivo di ambito territoriale è infatti riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 56 e 85 del 2018, che richiamano Cass. n. 17716 del 2016; Cass. n. 7671 del 2016; Cass. n. 24865 del 2005; Cass. n. 33399 del 2019).
Inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
7. Anche il terzo motivo è inammissibile.
Nel ricostruire l’ambito applicativo delle fonti pattizie la Corte territoriale , in accoglimento dell’appello principale dell’Azienda, ha escluso l’applicabilità agli originari ricorrenti del Regolamento di cui all’ Allegato N al DPR n. 484/1996, espressamente applicabile a i soli medici incaricati a tempo indeterminato nella attività di medicina dei servizi.
La Corte territoriale ha in particolare ritenuto che la regolamentazione pattizia prevista dall’Allegato N al DPR n. 484/1996 abbia la sua fonte
normativa nel primo comma dell’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992 , e non sia dunque applicabile agli originari ricorrenti, il cui rapporto è disciplinato dal comma 1 bis dell’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992.
Il giudice di appello ha dunque assimilato tutti i medici a rapporto convenzionale, evidenziando che il loro trattamento economico è disciplinato da apposite convenzioni stipulate, per l’intero territorio nazionale, secondo le modalità e in base ai principi dettati dall’art. 48 legge n. 833/1978.
Considerato che l ‘art. 8, comma 1 bis , d.lgs. n. 502/1992 riguarda l’utilizzazione, ad esaurimento, nell’ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, dei medici addetti alla stessa data alle attività di guardia medica e di medicina dei servizi e stabilisce che per tali categorie valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/78, non è pertanto configurabile alcuna disparità di trattamento tra gli originari ricorrenti, addetti alle attività di guardia medica, e i medici incaricati del completamento orario provenienti da un rapporto convenzionale attuato dalla stessa medicina dei servizi.
Il quarto motivo è inammissibile , in quanto l’omesso esame dell’appello incidentale non rientra nel paradigma dell’art. 360 n. 5, cod. proc. civ.
Tale disposizione ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (v. Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
Inoltre il motivo non contiene una censura relativa alla statuizione sull’assorbimento dell’appello incidentale, ma si limita ad invocare un effetto indiretto della cassazione della sentenza per l’accoglimento degli altri motivi.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per i ricorrent i, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 6000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per i ricorrenti , ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro