Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27950/2020 R.G. proposto da
NOME , domicilio digitale presso gli indirizzi PEC oppure rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Rettore pro tempore , domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Lettori lingua straniera – Giudicato Conversione rapporto -Disciplina applicabile
R.G.N. 27950/2020
Ud. 07/03/2024 CC
INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che
la rappresenta e difende
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello Napoli n. 893/2020 depositata il 11/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 07/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 893/2020, depositata in data 11 marzo 2020, la Corte d’Appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha respinto il gravame proposto da NOME avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 8964/2016 depositata in data 1° dicembre 2016.
NOME aveva adito il Tribunale di Napoli al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto a percepire sia il trattamento di ricercatore confermato a tempo definito – con la progressione economica in scatti biennali e triennali senza alcuna limitazione temporale – sia le differenze retributive per le ore di lavoro prestate negli anni accademici dal 1° gennaio 2007 al 30 novembre 2013.
Aveva riferito la ricorrente
-di avere precedentemente agito sempre innanzi al Tribunale di Napoli, il quale, con sentenza n. 31774/2008, aveva accertato il diritto della stessa ricorrente a percepire il trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito in relazione al periodo dal 1° dicembre 1987 al 31 dicembre 2006;
-che detta sentenza era stata riformata dalla Corte d’appello di Napoli con decisione n. 5184/2013 ma con esclusivo riferimento alla individuazione del termine di prescrizione ed al profilo del cumulo di interessi e rivalutazione;
-che l’RAGIONE_SOCIALE, a seguito della precedente decisione, aveva provveduto al pagamento delle somme quantificate sino al 31 dicembre 2006, mentre per il periodo successivo aveva corrisposto una retribuzione inferiore, nonostante la ricorrente avesse continuato a svolgere la propria prestazione lavorativa con le medesime condizioni di fatto accertate nella precedente sentenza del Tribunale di Napoli n. 31774/2008.
Respinta la domanda da parte del Tribunale di Napoli e proposto appello, la Corte d’appello ha disatteso il gravame, osservando che:
-la domanda della ricorrente si basava sulla precedente statuizione del Tribunale di Napoli n. 31774/2008 e della Corte d’appello di Napoli n. 5184/2013, decisioni che tuttavia avevano limitato la propria cognizione alle prestazioni svolte sino al 31 dicembre 2006, senza in alcun modo statuire in relazione al periodo successivo;
-risultava infondata la tesi dell’appellante secondo la quale nel caso di specie non risultava applicabile la disciplina di cui alla Legge istitutiva della figura dei collaboratori esperti linguistici (‘CEL’) in quanto, alla luce dell ‘ evoluzione normativa e giurisprudenziale formatasi in materia, detta disciplina era da ritenersi comunque applicabile anche alla ricorrente, senza potersi affermare un effetto di ultrattività del precedente giudicato;
-ulteriormente, si doveva rilevare che la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5184/2013 concernente la precedente domanda della ricorrente con riferimento al periodo dal 1° dicembre 1987 al 31 dicembre 2006 -era stata cassata da questa Corte con ordinanza n. 18826/2019 anche in relazione alla non corretta applicazione dell’art. 1, D.L. n. 2/2004, come oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’art. 26, Legge n. 240/2010.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora NOME.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il procedimento è stato inizialmente assegnato alla Sezione Sesta, con proposta ex art. 380bis c.p.c., cui ha fatto seguito il deposito di memoria da parte della ricorrente
Con ordinanza interlocutoria n. 34301 del 2022, tuttavia, questa Corte ha ritenuto insussistenti i presupposti per la decisione della causa in sede camerale, rimettendone la trattazione in sede ordinaria
La trattazione del ricorso è stata quindi fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
In data 16 febbraio 2024 la ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
In data 26 febbraio 2024 la controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha dato atto di avere provveduto alla liquidazione in favore della ricorrente di differenze retributive pari ad € 42.321,52 per il periodo dal 1° gennaio 2007 al termine del rapporto, prestando ossequio ai principi di diritto dettati dall’ordinanza di questa Corte n. 18826/2019.
Ha quindi chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, D.L. n. 2/2004; 26 Legge n. 240/2010; 4, comma 3, D.L. n. 120/1995.
La ricorrente, dopo aver rammentato: di essere stata assunta in qualità di lettrice di madre lingua ex art. 28, d.P.R. n. 382/1980; di aver ottenuto accertamento giudiziale della titolarità di un rapporto a tempo indeterminato; di non aver sottoscritto con la convenuta contratto di collaboratore ed esperto linguistico, censura la decisione della Corte partenopea, nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto inapplicabile la disciplina di cui all’art. 1, D.L. n. 2/2004 ai soggetti che non abbiano sottoscritto un ‘contratto CEL’, richiamando in senso contrario i principi affermati da questa Corte.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.
Deduce la ricorrente che la decisione impugnata avrebbe violato il giudicato formatosi a seguito della precedente sentenza della stessa Corte d’appello di Napoli n. 5184/2013 in ordine all’applicabilità al rapporto di lavoro della ricorrente dell’art. 1, D .L. n. 2/2004, come oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’art. 26, Legge n. 240/2010, nonostante anche la successiva ordinanza di questa Corte n. 18826/2019 abbia ribadito tale conclusione.
Con memoria depositata in occasione della formulazione di proposta ex art. 380bis c.p.c., la ricorrente ha invocato l’applicazione
dello ius superveniens costituito dall’art. 11, Legge n. 167/2017, come modificato dall’art. 1, comma 305, Legge n. 234/2021.
Rileva infatti la ricorrente che l’RAGIONE_SOCIALE appartiene al novero delle università RAGIONE_SOCIALE che non hanno proceduto alla stipula dei contratti integrativi di Ateneo, in applicazione dell’art. 11, Legge n. 167/2017 e del D.M. 16 agosto 2019, in tal modo precludendo l’adeguamento della retribuzione all’anzianità di servizio.
Argomenta che la decisione impugnata si porrebbe quindi in contrasto con le citate previsioni, in quanto adotta un’interpretazione che comporta il blocco delle classi e degli scatti del trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito nonostante lo ius superveniens , sollecitando, in subordine, rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia U.E., prospettandosi un contrasto con l’art. 45 TFUE.
Con successiva memoria del 16 febbraio 2024, la ricorrente evidenzia ulteriormente:
-è pendente innanzi alla CGUE ricorso per procedura di infrazione nel quale la Commissione UE con ricorso del 10 agosto 2023 contro la Repubblica Italiana ha denunciato la violazione dell’art. 45 del TFUE in quanto la normativa volta alla valorizzazione del l’anzianità di servizio dei lettori, come applicata dagli Atenei (congelamento di classi e scatti, di cui al trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito, art. 26 Legge n. 240/2010), violerebbe l’art. 45 del TFUE;
-nelle more, la Commissione CE ha comunque avviato procedura di infrazione in relazione all’assenza di meccanismi di valorizzazione dell’anzianità di servizio;
-a seguito dell’avvio di detta procedura comunitaria, il Governo italiano ha emanato il D.L. n. 48/2023 (conv. con Legge n.
85/2023) che all’art.38 ha apportato ulteriori modifiche all’art. 11. Legge n. 167/2017 già modificato con l’art. 1, comma 305, Legge n. 234/2021, prevedendo l’emanazione di un decreto interministeriale finalizzato a definire i criteri di ripartizione fra le Università RAGIONE_SOCIALE delle somme destinate ai lettori di madre lingua (art. 11, Legge n. 167/2017) per valorizzare la loro anzianità di servizio in ossequio alla sentenza comunitaria relativa alla causa C-119/04;
-successivamente è stato emanato il Decreto interministeriale n. 688/2023 che contempla un nuovo schema-tipo di contratto integrativo il cui art. 4 contempla il riconoscimento di classi e scatti senza limitazione temporale;
-in riferimento al precedente periodo di servizio è pendente innanzi a Codesta Corte separato giudizio con la camera di consiglio fissata per il giorno 20 marzo 2024 (ricorso n.15674/2023, Cons. relatore COGNOME).
Conseguentemente, chiede che previa riunione dei due giudizi, sia disposto rinvio ‘al fine di acquisire la imminente decisione della Corte di Giustizia al fine di fissare il principio regolatore della materia in ordine alla corretta ricostruzione della carriera dei lettori assunti ai sensi dell’art.28 DPR 382/1980’ .
Prima di procedere all’esame nel merito delle censure è necessario chiarire che le conclusioni formulate nella memoria depositata per conto d ell’ RAGIONE_SOCIALE non possono trovare accoglimento.
Pacifica l’assenza di un vero e proprio accordo tra le parti in ordine alla definizione del giudizio, deve necessariamente trovare applicazione il principio per cui la declaratoria di cessazione della materia del contendere postula che risulti acquisito agli atti del giudizio il fatto -di
cui le parti si diano reciprocamente atto (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 25625 del 12/11/2020; Cass. Sez. L, Sentenza n. 2063 del 30/01/2014) – che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che, conseguentemente, non vi sia più la necessità di affermare la volontà della legge (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 19845 del 23/07/2019; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5188 del 16/03/2015).
Per contro, l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere comporterà la necessità che il giudice valuti l’idoneità medesima e, qualora non la reputi sussistente, pronunci su tutte le domande e le eccezioni delle parti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 2063 del 30/01/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16150 del 08/07/2010).
Nel caso in esame, il mero spontaneo adeguamento alla precedente decisione di questa Corte -affermata dalla controricorrente ma non confermata dalla ricorrente -determina una situazione di ambiguità che preclude la possibilità di affermare l’intervenuta cessazione della materia del contendere, fermo restando, tuttavia, che la dichiarazione resa nell’atto depositato per conto della RAGIONE_SOCIALE si traduce in una rinuncia al controricorso, con le conseguenze che verranno specificate in seguito.
Sempre in via preliminare deve essere disattesa l ‘ istanza con cui la ricorrente chiede disporsi il rinvio del presente procedimento in attesa degli esiti della decisione della CGUE sul ricorso presentato dalla Commissione UE il 10 agosto 2023, risultando il gravame pienamente definibile senza necessità di attendere gli esiti di detta decisione.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorso, invero, muove all’indirizzo della decisione impugnata una censura che non risulta ravvisabile nella sentenza medesima.
Se, infatti, la ricorrente attribuisce alla decisione della Corte partenopea l’affermazione della inapplicabilità nella specie dell’art. 1, D. L. n. 2/2004 e dell’art. 26, Legge n. 240/2010, si deve per contro rilevare che la decisione impugnata, ben lungi dal contenere l’asserzione che il motivo di ricorso le attribuisce, ha operato una ricostruzione completa della vicenda normativa e giurisprudenziale della materia, allineandosi ai precedenti di questa Corte e senza in alcun modo escludere l’applicabilità nella specie dell’art. 1, D. L. n. 2/2004 e dell’art. 26, Legge n. 240/2010 , richiamando anzi l’ordinanza di questa Corte n. 18826/2019 – riferita ad altro periodo del rapporto tra le parti – che aveva espressamente dettato i criteri per la corretta applicazione delle previsioni testé citate.
Né il dedotto vizio può essere desunto dalla circostanza che la Corte d’appello abbia confermato la decisione di primo grado n. 8964/16, la quale -secondo la ricorrente -avrebbe escluso l’applicazione dell’art. 1, D. L. n. 2/2004 al c.d . ‘ex lettore’ tuttavia non divenuto collaboratore esperto linguistico.
Ciò in quanto il contenuto della decisione di primo grado non è stato minimamente riprodotto in ricorso -in ossequio al canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. e non risulta desumibile neppure dalla decisione impugnata, risultando, quindi, detta costruzione del tutto congetturale.
Il secondo motivo di ricorso è, parimenti, inammissibile.
Lo stesso, infatti, viene a basarsi su un presupposto -il giudicato che sarebbe sceso sulla sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5184/2013 -che risulta in parte erroneo in parte indimostrato.
Da un lato, infatti, costituisce circostanza pacifica -e di essa dà atto la decisione impugnata – il fatto che la precedente sentenza della Corte d’appello di Napoli è stata cassata con la già citata ordinanza di
questa Corte n. 18826/2019, dovendosi quindi escludersi ogni giudicato, in particolare in ordine al profilo che è stato specifico oggetto di questa statuizione, e cioè l’applicazione dell’art. 1, D.L. n. 2/2004, come oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’art. 26, Legge n. 240/2010.
Dall’altro lato, le deduzioni della ricorrente in ordine al formarsi di un giudicato parziale risultano del tutto sprovviste del necessario supporto che sarebbe derivato dalla riproduzione dei passaggi essenziali non solo della sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5184/2013 -meramente allegata al ricorso – ma anche della sentenza del Tribunale Napoli n. 31774/2008 -che dalla prima decisione risulterebbe confermata sul punto dedotto dalla ricorrente – dovendosi invece constatare ancora una volta il mancato rispetto del canone di specificità di cui a ll’art. 366 c.p.c.
8. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
A causa dell ‘intervenuta rinuncia al controricorso per le ragioni già illustrate in precedenza -non vi è luogo a statuizione alcuna sulle spese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 7 marzo 2024.