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Trattamento economico dipendenti pubblici: la Cassazione

Una dipendente, trasferita da un ente pubblico soppresso a un Ministero, ha richiesto il mantenimento del suo precedente trattamento economico. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1878/2024, ha stabilito che la norma speciale (D.L. 78/2010) prevale su quella generale, garantendo la conservazione delle sole voci retributive fisse e continuative. Di conseguenza, ha accolto il ricorso del Ministero, limitando la composizione dell’assegno personale e il riconoscimento dell’anzianità di servizio, e ha dichiarato inammissibile il ricorso della lavoratrice.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Il Trattamento Economico nel Trasferimento di Dipendenti Pubblici

Il passaggio di personale tra diverse amministrazioni pubbliche, specialmente a seguito della soppressione di un ente, solleva complesse questioni sulla conservazione del trattamento economico precedentemente goduto. Con l’ordinanza n. 1878 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza sui limiti della cosiddetta “irriducibilità della retribuzione”, definendo quali voci salariali debbano confluire nell’assegno ad personam e quale valore attribuire all’anzianità di servizio pregressa.

I Fatti del Caso: Dalla Soppressione di un Ente al Passaggio al Ministero

Il caso ha origine dalla domanda di una lavoratrice, precedentemente impiegata presso un Istituto per la Promozione Industriale (I.P.I.), ente che è stato soppresso. A seguito della soppressione, la dipendente è transitata nei ruoli di un Ministero. La controversia è sorta riguardo al riconoscimento, da parte della nuova amministrazione, di tutte le componenti retributive e dell’anzianità di servizio maturate presso l’ente di provenienza.

In particolare, la lavoratrice chiedeva l’inclusione nell’assegno personale riassorbibile di diverse voci, tra cui una quota del premio di produttività, i versamenti a un fondo di previdenza complementare, un premio assicurativo annuale e il controvalore di polizze infortuni e caso morte.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Roma aveva parzialmente accolto le richieste della lavoratrice. Da un lato, aveva riconosciuto il suo diritto a vedersi computata l’intera anzianità di servizio maturata. Dall’altro, aveva escluso dal calcolo dell’assegno ad personam i contributi previdenziali e le polizze assicurative, ritenendoli estranei al trattamento accessorio. Tuttavia, aveva incluso nell’assegno una quota del 50% del premio di produttività, basandosi sulla sua corresponsione fissa e continuativa, come risultava dalle buste paga.

L’Analisi della Cassazione e il Trattamento Economico Garantito

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del Ministero. Il punto centrale della decisione risiede nell’individuazione della norma applicabile. Secondo i giudici, al fenomeno successorio in questione non si applica la disciplina generale sul trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.) richiamata dall’art. 31 del D.Lgs. 165/2001, bensì la norma speciale contenuta nell’art. 7, comma 20, del D.L. n. 78/2010.

Questa norma speciale garantisce esclusivamente la conservazione del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio caratterizzato da fissità e continuità. La Cassazione ha chiarito che questa distinzione è tipica del pubblico impiego: il trattamento fondamentale remunera la prestazione base, mentre quello accessorio è legato alla performance o a particolari condizioni di lavoro. La Corte territoriale ha errato nel considerare la semplice presenza costante di una voce in busta paga come prova sufficiente della sua natura fissa e continuativa, senza analizzarne la funzione incentivante e la disciplina legale e contrattuale.

La Sorte del Ricorso Incidentale della Lavoratrice

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale presentato dalla lavoratrice. I motivi sono stati ritenuti troppo generici: la dipendente si era limitata a elencare una serie di norme di legge che riteneva violate, senza argomentare specificamente in che modo la sentenza d’appello le avesse mal applicate. Inoltre, la Cassazione ha ricordato che la denuncia di violazione di un contratto collettivo aziendale in sede di legittimità è possibile solo per vizi di motivazione o per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, aspetti non correttamente sollevati nel ricorso.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su alcuni principi cardine. Innanzitutto, la prevalenza della legge speciale su quella generale (lex specialis derogat legi generali). La normativa del 2010, creata appositamente per gestire il transito del personale dell’ente soppresso, limita la garanzia retributiva alle sole voci stabili, escludendo quelle di natura variabile o incentivante.

In secondo luogo, l’anzianità di servizio non è un diritto patrimoniale acquisito che si trasferisce in automatico. La sua conservazione è garantita solo nella misura in cui il suo mancato riconoscimento comporterebbe una perdita economica per il lavoratore. Non può, invece, essere utilizzata per rivendicare progressioni di carriera basate sulla disciplina del nuovo datore di lavoro.

Infine, l’inclusione del premio di produzione è stata ritenuta errata perché la Corte d’Appello non ha valutato la sua natura, legata alla presenza effettiva in servizio e quindi a una funzione incentivante, che lo qualifica come trattamento accessorio e non come parte del trattamento fondamentale garantito.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio importante per il personale del pubblico impiego coinvolto in processi di mobilità o trasferimento a seguito di soppressione di enti. La tutela del trattamento economico non è assoluta ma è limitata alle componenti fisse e continuative della retribuzione, come definito da norme speciali che possono derogare alla disciplina generale. I lavoratori non possono aspettarsi di mantenere automaticamente benefici legati alla performance o a contratti aziendali specifici dell’ente di provenienza. La decisione sottolinea la necessità di un’analisi rigorosa della natura di ogni singola voce retributiva, al di là della sua mera ricorrenza in busta paga.

In caso di trasferimento di personale da un ente pubblico soppresso a un Ministero, quale norma regola la conservazione del trattamento economico?
Secondo la Corte di Cassazione, si applica la norma speciale (in questo caso l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010) che prevale sulla disciplina generale (art. 31 del d.lgs. n. 165/2001). Tale norma speciale garantisce unicamente la conservazione delle voci del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio caratterizzate da fissità e continuità.

L’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza deve essere sempre riconosciuta integralmente dal nuovo datore di lavoro pubblico?
No, l’anzianità di servizio non costituisce un diritto che il lavoratore può far valere in modo assoluto. Deve essere salvaguardata solo se il suo mancato riconoscimento comporta un peggioramento del trattamento retributivo goduto in precedenza. Non può essere utilizzata per rivendicare ricostruzioni di carriera basate sulla diversa disciplina applicabile presso il nuovo datore di lavoro.

Un premio di produttività, anche se corrisposto con continuità, rientra automaticamente nel trattamento economico da conservare?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che non è sufficiente la mera presenza costante della voce in busta paga. È necessario analizzare la sua natura giuridica e contrattuale. Se il premio ha una funzione incentivante, legata alla performance o alla presenza effettiva, mantiene la sua natura di trattamento accessorio e può essere escluso dalla conservazione garantita per le sole voci fisse e continuative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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