Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32143 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32143 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 12/12/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23612/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZOINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 62/2019 depositata il 06/02/2019, RG n. 1895/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 62 del 2019, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA), avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma.
Il lavoratore aveva proposto opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa dal CRA con cui gli era stato ingiunto di pagare la somma di euro 8.265,33, oltre interessi e spese di notifica, a titolo di emolumenti di fine rapporto corrisposti in eccesso.
La Corte d’Appello, dopo avere ritenuto esperibile la procedura di ingiunzione, ha ritenuto legittimo il provvedimento di rideterminazione della indennità di fine servizio effettuata dal CRA. Ha affermato la Corte territoriale che il trattamento di fine servizio era composto da due distinte quote: la quota corrispondente all’indennità di buonuscita ex art. 3 dPR n. 1032 del 1973, per il periodo precedente di servizio presso l’ Amministrazione statale; la quota corrispondente alla indennità di anzianità ex lege n. 70 del 1975 per i dipendenti degli enti pubblici, per il periodo di servizio presso il CRA.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore, prospettando sei motivi di ricorso.
Il CRA è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art.1 del RD n. 639 del 1910, in relazione all’art. 360, n. 3, c od. proc. civ., per avere la sentenza di appello affermato che la procedura di ingiunzione può
essere utilizzata da qualsiasi Pubblica Amministrazione, ivi compresi gli Enti pubblici.
Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del R.D. n. 639 del 1910, e dell’art. 474 , cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ., per avere il giudice di secondo grado affermato la sussistenza di un valido titolo esecutivo, e violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., (nullità della sentenza), per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e per illogicità manifesta della motivazione.
Terzo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, e dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ., per avere la decisione di appello affermato la legittimità del potere di accertamento del CRA.
3.1. I primi tre motivi del ricorso devono essere esaminati congiuntamente. Gli stessi non sono fondati.
Questa Corte ha più volte delineato l’ambito di operatività del procedimento di ingiunzione (v. Cass., n. 30 del 2020, che richiama Cass., n. 13139 del 2006) affermando che ‘ l’azione di ripetizione d’indebito oggettivo può essere esercitata dalla Pubblica Amministrazione con il procedimento d ‘ ingiunzione di cui all’art. 2 del R.D. 14 aprile 1910 n. 639, applicabile non solo alle entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio ‘.
Va inoltre osservato che l ‘ingiunzione amministrativa (o fiscale) integra l’atto preliminare e propedeutico a tutta la procedura esecutiva: ai sensi dell’art. 2, comma 1, del R.D. n. 639 del 1910, infatti: ‘Il procedimento di coazione comincia con l’ingiunzione, la quale consiste nell’ordine, emesso dal competente ufficio dell’ente
creditore, di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta ‘ .
L’ingiunzione, così come il precetto del processo civile ordinario al quale è equipollente, consiste nella formale intimazione ad adempiere l’obbligo in essa risultante quale titolo esecutivo, entro un termine non minore di trenta giorni, con l’avvertiment o che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. L’ingiunzione amministrativa rappresenta, quindi, un particolare tipo di atto esecutivo, di formazione amministrativa e stragiudiziale, che, come da consolidata giurisprudenza, cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto.
La procedura di riscossione coattiva di cui al citato R.D. trova il suo fondamento in un potere di auto accertamento della Pubblica Amministrazione, cui non si accompagna alcuna discrezionalità e tanto meno un affievolimento dei contrapposti diritti dei destinatari dell’ingiunzione, giacché la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità debbono derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, onde resta sempre ferma la facoltà per l ‘ ingiunto di richiedere al giudice la verifica in concreto dell’esistenza dei suindicati presupposti (v., Cass., S.U., n. 3043 del 2013, v. S.U. n. 11992 del 2009, Cass., n. 16855 del 2004).
Tanto premesso si osserva che la Corte territoriale non si è discostata dai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità nella materia lavoristica e con riferimento alla ripetizione di indebito, sopra richiamati, di cui ha fatto applicazione con motivazione che non è né illogica, né apparente.
Quarto motivo. Violazione e falsa applicazione di legge. Erronea interpretazione dell’art. 30, comma 2 e comma 3, del dPR n.1032 del 1973, e dell’accordo sottoscritto nel 2008 tra INPDAP e CRA, in
relazione all’art. 360, n.3, per aver ritenuto inapplicabile il termine di decadenza dal potere di rettifica.
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto lo stesso si incentra su quanto previsto dal citato Accordo INPDAP e CRA, che tuttavia non è allegato e riprodotto nel ricorso, in violazione degli oneri di specificità che gravano sul ricorrente, di cui all’art. 366, n.6, cod. proc. civ.
Quinto motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 454 del 1999, dell’art. 6, comma 4, della legge n. 554 del 1998, e dell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ. , per aver escluso l’applicabilità dei criteri di calcolo dell’indennità di anzianità per tutto il periodo di attività lavorativa. Violazione e falsa applicazione della giurisprudenza di legittimità, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per aver escluso l’applicazione della legge in vigore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
5.1. Il motivo è fondato in ragione dei principi già affermati da questa Corte con l’ordinanza n. 9543 del 2024 , ai quali si intende dare continuità.
La vicenda di causa è disciplinata dal d.lgs. n. 454 del 1999, che, all’art. 1, ha istituito il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, Ente nazionale di ricerca e sperimentazione con personalità giuridica di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole, con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale.
Ai sensi dell’art. 9, comma 3, della stessa legge, a decorrere dalla data di approvazione dello statuto e dei regolamenti di organizzazione del CRA (previsti dal precedente art. 7), è stato soppresso il ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del Ministero delle politiche agricole e forestali (di cui al dPR n. 1318/1967, art. 51) ed il
personale è stato trasferito nel ruolo organico del CRA, ‘ mantenendo l’anzianità di servizio maturata e il profilo e livello acquisiti ‘ .
La disciplina legislativa è dunque chiara nel configurare la continuità del rapporto di lavoro ed il mantenimento della anzianità di servizio. Come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (citata Cass., n. 9543 del 2024, si v. anche Cass. n. 11132 del 2023, e n. 26935 del 2022) : ‘i l rapporto di lavoro del personale trasferito, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 454 del 1999, alle dipendenze del CRA (Consiglio di ricerca e sperimentazione agricoltura), a seguito della soppressione del ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è unico, avendo la disciplina legislativa configurato la continuità del rapporto di lavoro ed il mantenimento della anzianità di servizio; ne consegue che anche il trattamento di fine servizio va liquidato unitariamente, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, senza frazionare il periodo di lavoro svolto presso il Ministero, per il quale liquidare l’indennità di buonuscita, da quello successivo alle dipendenze del CRA, per il quale liquidare l’indennità di anzianità ‘.
La pretesa della amministrazione ricorrente di frazionare, ai fini del trattamento di fine servizio, il periodo di lavoro svolto presso il Ministero delle politiche agricole e forestali da quello successivo alle dipendenze del CRA (poi CREA) – liquidando per il primo l ‘ indennità di buonuscita e per il secondo l ‘ indennità di anzianità – è quindi in contrasto tanto con l ‘ unicità del rapporto di lavoro che con il riconoscimento presso l’ente di destinazione della pregressa anzianità maturata alle dipendenze del Ministero.
Sesto motivo. Violazione e falsa applicazione di legge. Erronea interpretazione dell’art. 2033 , cod. civ. , in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ., per aver ritenuto applicabile al caso di specie la disciplina dell’indebito.
In ragione dell’accoglimento del quinto motivo di ricorso, il sesto motivo di ricorso è assorbito.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta i primi tre motivi di ricorso, inammissibile il quarto, assorbito il sesto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso. Rigetta i primi tre motivi di ricorso, inammissibile il quarto motivo, assorbito il sesto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo di ricorso accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.