Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28055 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11462/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI CASOLE D’ELSA, rappresentato e difeso dal NOME COGNOME;
l’avvocato
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di SIENA n. 690/2020 pubblicata il 19/10/2020; 8/10/2025
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso avverso la sentenza del Giudice di Pace di RAGIONE_SOCIALE di rigetto dell ‘ opposizione alle ordinanze ingiunzioni nn. 66, 67 e 68 dell’11.7.2013 con le quali il Comune di Casole d’Elsa aveva, con riferimento a violazioni rilevate dal RAGIONE_SOCIALE, ingiunto rispettivamente a: 1) NOME COGNOME il pagamento della somma di € 12 .600,00 quale trasgressore nel verbale di accertamento del 18.5.2012 e di € 6 .800,00 quale obbligato in solido nel verbale di accertamento de ll’ 8.5.2012; 2) NOME COGNOME il pagamento dell’importo di € 12 .600,00 quale trasgressore nel verbale di accertamento del 18.5.2012 e di € 14.800,00 quale obbligato in solido nei verbali di accertamento del 18.5.2012; 3) COGNOME il pagamento della somma di € 8.600,00 quale trasgressore nei verbali di accertamento dell ‘ 8.5.2012.
Si costituiva parte appellata eccependo la nullità della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza e, nel merito, la infondatezza dei motivi di impugnazione.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE riteneva manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 REGCE 22.12.2004 n. 1/2005 sollevata in relazione agli art. 3 e 4 Cost. sul presupposto che la norma denunciata prevedesse un’illegittima limitazione di chilometraggio per il trasporto di animali vivi in danno degli allevatori rispetto ai trasportatori professionisti.
Il suddetto giudice di appello rilevava che la ratio della normativa era improntata alla tutela della salute e del benessere degli animali durante il trasporto; pertanto, pur avendo il
legislatore comunitario riconosciuto anche agli allevatori la possibilità di trasporto degli animali, la limitazione chilometrica stabilita non era irragionevole, arbitraria e immotivata essendo, invece, fondata sulla prioritaria necessità di tutela della salute e del benessere degli animali, principi la cui salvaguardia prevaleva ed appariva compatibile con limitazioni chilometriche tenuto conto, altresì, dei mezzi di trasporto che non erano i medesimi di quelli usati per le lunghe percorrenze dai trasportatori professionisti.
Il Tribunale rigettava nel merito la tesi degli appellanti secondo cui solo gli artt. 3 e 27 Reg. CE 1/15 erano applicabili agli allevatori e che per questi ultimi – qualora trasportino i propri animali vivi la violazione delle norme comunitarie – non troverebbe alcuna risposta sanzionatoria. Una tale prospettazione era incompatibile tanto con la ratio della disciplina comunitaria quanto con il dato letterale della norma nazionale.
Lo spirito che aveva improntato la normativa sovranazionale era quello di tutelare la salute e il benessere degli animali, ragion per cui una interpretazione delle norme nel senso di ritenere priva di risposta sanzionatoria la violazione dei precetti sarebbe stata in palese contrasto con la predetta finalità di tutela. Inoltre, il primo comma dell’art. 3 d.lgs. n.151/07 sanziona “chiunque” abbia effettuato un trasporto senza essere munito della prescritta autorizzazione.
Nella fattispecie gli appellanti avevano violato la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, lett. b), del Regolamento che consentiva agli allevatori il trasporto dei propri animali se effettuato con i propri mezzi di trasporto per una distanza inferiore a 65 km dalla propria azienda. Era, infatti, incontestato che gli appellanti
avessero superato la predetta distanza, non rilevando in alcun modo l’entità chilometrica della violazione (di circa 10 km rispetto al limite), ma unicamente il dato oggettivo del superamento. Pertanto, avendo violato i limiti di cui all’art. 1, comma 2, lett. b), gli appellanti avrebbero dovuto essere in possesso, al pari degli altri trasportatori, della necessaria autorizzazione di cui all’art. 6, la cui mancanza aveva legittimamente comportato l’irrogazione delle sanzioni contemplate dall’art. 3 del d.lgs. n. 151/07.
Correttamente, peraltro, il Comune di Casole d’Elsa aveva applicato la previsione più favorevole del secondo comma di detta norma nel caso di coincidenza del trasportatore con il proprietario degli animali, applicando, invece, il primo comma solo nel caso in cui il trasportatore trasportava animali di terzi.
Proprio con riferimento a detto ultimo aspetto, il giudice del merito esaminava , ravvisandone l’infondatezza, l’ulteriore motivo di appello relativo alla prospetta inapplicabilità dell’art. 2139 c.c. secondo cui ” tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano d’opera o di servizi secondo gli usi “.
Lo scambio di mano d’opera o servizi, detto anche “rapporto di reciprocanza”, istituto tipico dei piccoli imprenditori agricoli, era ammesso secondo gli usi che regolavano il rapporto e richiedeva comunque, per beneficiare dell’istituto, la contiguità dei fondi o delle aziende e il carattere occasionale RAGIONE_SOCIALE scambio di mano d’opera o di servizi.
Secondo il Tribunale, nel caso di specie, non era stata fornita la prova che gli appellanti fossero piccoli imprenditori agricoli e, soprattutto, anche volendo riconoscere detta qualità, non poteva affermarsi l’occasionalità RAGIONE_SOCIALE scambio di mano d’opera o di servizi
in considerazione dell’elevato numero di verbali elevati ai trasgressori come risultanti dalle stesse ordinanze oggetto di impugnazione.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza di appello, affidandolo a due motivi.
Il Comune di Casole d’Elsa ha resistito con controricorso illustrato da memoria depositata in prossimità dell’udienza .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato:
Art. 360 n. 3 c.p.c.: falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1 par. 2 lett. b), 6 parr. 1 e 7 REGCE 22/12/2004 n. 1/2005, art. 1 d.lgs. 25/7/2007 n. 151 e art. 1 l.n. 689/1981.
Secondo i ricorrenti, in forza del disposto dell’art. 1 REGCE n. 1/2005, il campo di applicazione di tale regolamento in materia di “trasporti effettuati dagli allevatori, dei propri animali, con i propri mezzi di trasporto per una distanza inferiore a 50 km (oggi 65 km) dalla propria azienda (lett. b)” è ristretto alla disciplina dei soli artt. 3 e 27 della medesima fonte.
Ciò escluderebbe, dunque, che in nessuna sua parte l’art. 6 (REGCE citato) possa disporre in materia di trasporto svolto ad opera di allevatori in conto proprio di animali vivi.
L’art. 3 del regolamento sanziona “chiunque” effettui un trasporto di animali vivi senza essere munito della prescritta autorizzazione, ma l’art. 1 definisce come “autorizzazione” solo quella “rilasciata ai sensi degli articoli 10 e 11 del Regolamento”.
Si sostiene che, i n base all’ art. 1, comma 2, lett. b), del REGCE 1/2005, agli allevatori che trasportano animali vivi propri, si applica solo il disposto degli artt. 3 e 27, onde nulla ha a che fare con gli stessi il precetto degli artt. 10 ed 11.
Si aggiunge che sarebbe, dunque, evidente che i giudici di merito non hanno colto nel segno quando hanno ritenuto applicabile alle fattispecie in scrutinio la normativa sanzionatoria di cui all’art. 3 d.lgs. n.151/2007 e ciò per espressa disposizione del citato art. 1, RAGIONE_SOCIALE stesso provvedimento, che definisce il concetto di autorizzazione al trasporto, circoscrivendola a quella di cui agli artt. 10 e 11 REGCE 1/2005.
Alla violazione del precetto di cui all’ art. 2, lett. b), del regolamento citato non conseguirebbe alcuna sanzione.
1.1 Il motivo è infondato.
Il regolamento CE n. 1/2005 e il decreto legislativo n. 151/2007 escludono che gli allevatori che trasportano animali propri debbano avere l’autorizzazione prevista dagli artt. 10 e 11 del regolamento solo nel caso in cui il trasporto degli animali avvenga entro un raggio di 65 km tra il luogo di partenza e quello di arrivo. Negli altri casi, invece, è necessario dotarsi di autorizzazione e l’allevatore è considerato come un trasportatore.
In particolare, l’a rt. 6, paragrafo 1, del regolamento prevede che: 1. Nessuno può fungere da trasportatore a meno che non detenga un’autorizzazione rilasciata da un’autorità competente ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, o, per i lunghi viaggi, dell’articolo 11, paragrafo 1. Copia dell’autorizzazione è esibita all’autorità competente allorché si trasportano animali. 2. I trasportatori comunicano all’autorità competente tutti i cambiamenti in relazione
alle informazioni e ai documenti di cui all’articolo 10, paragrafo 1 o, per i lunghi viaggi, all’articolo 11, paragrafo 1 entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui si sono verificati.
Il successivo comma 7 del citato art. 6 e sclude l’applicazione dei paragrafi 1, 2, 4 e 5 alle persone che trasportano animali fino ad una distanza massima di 65 km calcolati dal luogo di partenza al luogo di destinazione.
Quindi, come evidenziato dal giudice del merito, il regolamento prevede che per i viaggi che superano la distanza di 65 km si debbano adottare le specifiche prescrizioni ivi previste a tutela degli animali trasportati.
La tesi dei ricorrenti, pertanto, si rivela del tutto infondata sia nella parte ricostruttiva e interpretativa della disciplina in oggetto sia quanto alla fattispecie concreta, essendo stato provato in giudizio che la distanza percorsa dagli animali trasportati era superiore ai 65 km e che, dunque, era necessario essere in possesso della prescritta autorizzazione.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato:
Art. 360 n. 3 c.p.c.: falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 3, commi 1 e 2, d.lgs. 25/7/2007 n. 151 ed all’art. 2139 c.c. .
Secondo i ricorrenti , anche seguendo l’interpretazione del Tribunale, ove si tratti di trasporto in conto proprio di animali vivi da parte di allevatore oltre il limite chilometrico stabilito, la sanzione applicabile sarebbe quella di cui al n. 2 dell’art. 3 d.lgs. n.151/2007 tenuto conto della normativa posta dal l’ art. 2139 c.c., in forza della quale ognuno dei conducenti, che si alternavano alla
guida del mezzo secondo le comuni esigenze, avrebbe agito in regime di reciprocanza.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata la qualità di piccoli imprenditori dei ricorrenti risulterebbe certificata per tabulas dalle visure della RAGIONE_SOCIALE prodotte in giudizio sin dalla presentazione dei ricorsi. Sarebbe, perciò, del tutto erronea e fuorviante l ‘affermazione secondo la quale non vi sarebbe prova della qualifica dei sigg.ri COGNOME e COGNOME quali piccoli imprenditori.
Né varrebbe ad impedire la sussistenza della reciprocanza la ripetitività dei viaggi ritenuti non occasionali. Infatti, i trasporti oggetto dei verbali impugnati si sono articolati in un arco di tempo che va per NOME COGNOME dal 25.8.2008 al 12.12.2011; per NOME COGNOME dal l’ 8.10.2008 al 20.12.2011 e per NOME COGNOME dal 25.8.2008 al 20.12.2011. Il concetto di occasionalità distingue la prestazione che avviene eventualmente (in base alle esigenze) da quella contraddistinta da continuità.
Sarebbe evidente che i tre ricorrenti, non svolgendo attività di autotrasporto, organizzavano i viaggi secondo le proprie rispettive esigenze, talché l’occasionalità era funzione sia dei cicli produttivi, sia della capacità del mezzo.
2.1. Questo motivo è inammissibile.
I ricorrenti, con la censura in esame, richiedono una rivalutazione di elementi di fatto.
Il giudice dell’appello ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova che gli appellanti avessero la qualità di piccoli imprenditori agricoli e, soprattutto, anche volendo riconoscere detta qualità, che non si potesse affermare l’occasionalità RAGIONE_SOCIALE scambio di mano
d’opera o di servizi in considerazione dell’elevato numero di verbali elevati ai trasgressori come risultanti dalle stesse ordinanze oggetto di impugnazione.
Tale giudizio di fatto non è sindacabile in sede di legittimità.
In definitiva, le complessive censure proposte dal ricorrente, anche là dove denunciano il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, si risolvono nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto emerse nel giudizio di merito. Come si è più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile, ciò che nel caso di specie è dato riscontrare.
Peraltro, anche sotto il profilo interpretativo, la tesi dei ricorrenti non coglie nel segno.
Infatti, u na volta accertato che l’allevatore è equiparato al trasportatore nei viaggi che prevedono un percorso superiore a 65 km, diviene irrilevante che il trasporto avvenga per conto proprio e che il proprietario dell’animale sia anc he il conducente. Invero, quella prevista per il conducente sprovvisto di autorizzazione è una sanzione diversa rispetto a quella prevista per il trasportatore, il quale risponde in solido anche per tale autonoma e concorrente
condotta. La sanzione prevista per il conducente, infatti, riguarda la diversa autorizzazione rilasciata a chi deve guidare i veicoli, che deve possedere una specifica abilitazione (“patente sul benessere degli animali”) per essere autorizzato a condurre il veicolo destinato al trasporto animali vivi. Dunque, il trasportatore ha la responsabilità del servizio, mentre il conducente ha l’obbligo di seguire le normative a tutela del benessere animale e di possedere la corretta qualifica.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano -anche con riferimento allo svolgimento del procedimento, adeguatamente documentato, instaurato dai ricorrenti ai sensi dell’art. 373 c.p.c. , il cui ricorso è stato respinto (cfr. Cass. n. 3341/2009 e Cass. n. 6792/2024) come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore del controricorrente, che si liquidano in complessivi euro 4.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 8 ottobre 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME
Ric. 2021 n. 11462 sez. S2 – ud. 08/10/2025