Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9655 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9655 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25838/2020 R.G. proposto da :
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE PALERMO, in persona del legale rappresentante pro tempore , con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC degli avv.ti NOME COGNOME COGNOME che la rappresentano e difendono
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEcontroricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 610/2020 pubblicata il 29/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n. 610/2020 pubblicata il 29/07/2020 e notificata il 05/08/2020, ha in parte accolto il gravame proposto dalla Azienda sanitaria provinciale di Palermo nella controversia con NOME COGNOME In parziale riforma della sentenza appellata ha escluso dalla statuizione di condanna il cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria.
La controversia ha per oggetto la restituzione della IRAP trattenuta dalla ASP di Palermo per le attività libero professionali svolte intra moenia dal medico dipendente.
Il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda proposta dal dott. COGNOME e condannava la ASP a restituire le somme trattenute a titolo IRAP oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
La Corte territoriale ha escluso che gli artt. 54 e 57 del CCNL per la dirigenza medica 1998/2001 potessero costituire il titolo della pretesa dell’ASP di Palermo ed ha ritenuto che tale titolo non potesse rinvenirsi nemmeno nei regolamenti aziendali relativi alle modalità organizzate delle attività libero professionali intra moenia.
Per la cassazione della sentenza ricorre la ASP di Palermo con ricorso affidato ad un unico ed articolato motivo. Il dott. COGNOME resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico ed articolato motivo la ricorrente lamenta «art.360 n.3 c.p.c.- Violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo di lavoro: artt.54 co. 3 e 57 co. 2 lett. C) C.C.N.L. quadriennio 1998/2001 dell’area relativa alla Dirigenza Medica e Veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale; art.21 del
Regolamento Aziendale adottato con deliberazione n.2511 del 3.7.2003 e artt. 21 e 23 del Regolamento Aziendale adottato con deliberazione n. 208 del 29.06.2004 sulle modalità di determinazione delle tariffe dell’attività libero -professionale intramuraria Asp Palermo. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: punto n. 11 DARS 1730/2012 e DARS n.337/2014 (fonte secondaria) – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art.1362, 1363 e 1371 c.c. in relazione all’art.57 citato CCNL, all’art.21 del Regolamento Aziendale adottato con deliberazione n.2511 del 3.7.2003 e agli artt.21 e 23 del Regolamento Aziendale adottato con deliberazione n.208 del 26.09.2014».
2. In primo luogo deve dichiararsi la inammissibilità del motivo con riferimento alla prospettata violazione dei regolamenti aziendali della ASP di Palermo relativi alle modalità di determinazione delle tariffe dell’attività libero -professionale intramuraria, nonché dei DARS, in quanto non qualificabili quali «norme di diritto» ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
3. Per quanto concerne la asserita violazione e falsa applicazione degli artt.54 e 57 del CCNL 1998/2001, questa Corte ha già ritenuto che: «Cass. 21 giugno 2022, n. 20010, cui si fa rinvio anche per la completa ricostruzione del quadro normativo e contrattualcollettivo, ha desunto dal complessivo assetto che attraverso la previsione dell’attività libero professionale intramuraria il legislatore, da un lato, ha inteso incentivare il rapporto di lavoro esclusivo e potenziare le capacità del sanitario, nell’interesse degli utenti e della collettività (così in motivazione la citata Corte Cost. n. 54/2015) -introducendo una deroga, alle condizioni previste dalla legge, al principio di onnicomprensività del trattamento economico dirigenziale, fissato dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 -e dall’altro ha dettato una serie di prescrizioni volte principalmente ad impedire che l’intramoenia possa pregiudicare l’attività istituzionale e risolversi in un aggravio
di spesa per gli enti del servizio sanitario nazionale; si è poi in quella sede ribadito quanto già ripetutamente affermato da questa S.C. e qui da confermare, ovverosia che l’IRAP, che presuppone «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi» (art. 2 della legge n. 446/1997), grava sull’azienda sanitaria e non sul dipendente che rende la prestazione (Cass. n. 199/2016; Cass. 2333/2016; Cass. n. 155/2020), sicché l’ammontare di essa non può essere oggetto di «traslazione», nel senso -si cita espressamente da Cass. 20010/2022 -«che l’Azienda non può pretendere di porla ad esclusivo carico del dipendente, una volta determinate le quote rispettivamente spettanti, e detrarla dal compenso a quest’ultimo dovuto, perché in tal caso e, a maggior ragione nell’ipotesi in cui si chieda la restituzione di somme già corrisposte, si finirebbe per far gravare l’obbligo impositivo su un soggetto diverso da quello che esercita l’attività produttiva del servizio»; ciò non significa una totale irrilevanza dell’imposta, di cui anzi deve tenersi conto nell’ambito della contrattazione collettiva integrativa destinata -ai sensi dell’art. 15 -quinquies del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 28 della legge n. 488/1999 e del D.P.C.M. 27 marzo 2000 -a indicare i criteri cui l’Azienda deve attenersi nel fissare le tariffe per gli utenti, assicurando i compensi così parimenti individuati per i medici e la copertura dei costi e l’avanzo di una quota a beneficio dell’ente; anche l’importo dell’IRAP va dunque tenuto presente nelle determinazioni aziendali di cui sopra, senza che ciò comporti traslazione dell’imposta, ma solo la debita considerazione di uno tra i costi che derivano da quell’attività intramuraria; sempre Cass. 20010 cit. ha tuttavia precisato che «dal ruolo riservato alla contrattazione collettiva nella determinazione delle tariffe e dei compensi discende, innanzitutto, che gli atti adottati non possono essere modificati unilateralmente dal datore (cfr. Cass. n.
22692/2018 e Cass. n. 32333/2018) e ciò esclude che l’Azienda possa, senza previo intervento della contrattazione integrativa, ridurre l’ammontare dei compensi dovuti al dirigente per l’attività professionale già prestata» (Cass. 16/05/2023 n. 13339).
Secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dalla Corte territoriale la controversia non ha per oggetto la questione della determinazione della tariffa in misura tale da remunerare i costi sostenuti dall’azienda, compreso quello dell’IRAP, ma la diversa questione della traslazione del costo «sul compenso remunerativo del medico».
Alla luce del principio di diritto sopra richiamato, al quale si intende dare continuità, il costo sostenuto per l’IRAP non può essere traslato sul medico che svolge l’attività professionale intra moenia, per mezzo di una sostanziale riduzione del suo compenso; ma deve essere traslato sull’utenza, per mezzo di una tariffa adeguata.
La Corte territoriale ha interpretato le disposizioni della contrattazione collettiva, ed in particolare gli artt. 54 e 57 del CCNL dirigenza sanitaria 1998/2001, e poi le ha applicate al caso in esame in conformità del principio di diritto appena richiamato. Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/04/2025.