Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1389 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1389 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 4050/2020 R.G. proposto da:
COMUNE di PACHINO , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1677/2019, depositata il 9/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Il Pubblico Ministero, il sostituto procuratore generale NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali chiede alla Corte di rigettare il ricorso.
PREMESSO CHE
RAGIONE_SOCIALE, asserendo di essere proprietaria di un immobile sito in Pachino in virtù dei decreti della Regione Siciliana n. 168 del 2011 e n. 34 del 2001, ha promosso davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE un’azione nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE Pachino, chiedendo la condanna del Comune al rilascio del bene per detenzione sine titulo e al risarcimento dei danni. Il Comune RAGIONE_SOCIALE Pachino è rimasto contumace.
Con sentenza n. 802/2017 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, qualificata l’azione come azione di rivendicazione ai sensi dell’art. 948 c.c., ha rigettato le domande dell’attrice, ritenendo che essa non avesse ‘assolto all’onere probatorio ex art. 948 c.c.’.
La sentenza è stata appellata dall’RAGIONE_SOCIALE. Nel giudizio di appello si è costituito il Comune di Pachino, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo regionale e chiedendo nel merito il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di primo grado; ha sostenuto l’infondatezza dei presupposti della pretesa fatta valere, in quanto nessun trasferimento di proprietà immobiliare sarebbe mai avvenuto né si sarebbe potuto verificare in mancanza dei presupposti di legge di cui all’art. 5 del d.lgs. 502/1992 (‘vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali’), la mancanza della prova dell’asserita proprietà dell’immobile comunale, in quanto i decreti della Regione 168/2011 e 34/2001, richiamati dalla controparte a riprova dell’asserito diritto di proprietà dell’immobile, non costituiscono un titolo di proprietà, avendo carattere meramente dichiarativo e non traslativo e sarebbe stato in ogni
caso necessario un atto pubblico di trasferimento che non è mai stato posto in essere.
Con la sentenza n. 1677/2019, la Corte d’appello di Catania ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, vertendo la causa su un diritto reale (la sussistenza o meno della proprietà dell’immobile in capo all’RAGIONE_SOCIALE), e, in parziale accoglimento del gravame, ha condannato il Comune di Pachino al rilascio in favore dell’RAGIONE_SOCIALE dell’immobile suddetto in quanto detenuto senza titolo.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione il Comune RAGIONE_SOCIALE Pachino. Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE. La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Il primo motivo contesta il difetto di giurisdizione del giudice ordinario: la legge non prevede un trasferimento automatico e presuppone l’accertamento dell’esistenza del titolo dal quale scaturirebbe un diritto reale di proprietà in capo all’RAGIONE_SOCIALE, così che è da escludersi la configurabilità di una posizione di diritto soggettivo (v. il precedente delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 339/2003); il Comune di Pachino è rimasto contumace in primo grado e la questione di giurisdizione non è stata oggetto di una valutazione.
Il secondo motivo lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 5 d.lgs. 502/1992 in relazione all’art. 828 c.p.c.: va ribadito che lo stabile oggetto di contesa non ha mai avuto alcun vincolo di destinazione in favore delle dismesse unità sanitarie locali e anzi la gran parte dell’edificio è stata sede di uffici giudiziari.
Il terzo motivo denuncia ‘violazione ed errata applicazione degli artt. 948, 823, 828 e 830 c.c., inesistenza del titolo di proprietà e di prova dell’avvenuto trasferimento al patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE del bene immobiliare appartenente al Comune di Pachino, erronea qualificazione dei provvedimenti amministrativi regionali ritenuti atti traslativi nonostante abbiano natura meramente dichiarativa; violazione dell’art. 112 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo eccepito dal Comune di Pachino in appello, ossia che l’immobile oggetto di causa non ha, né ha mai avuto alcun vincolo di destinazione in favore delle dismesse unità sanitarie locali, ma è stato nel tempo utilizzato per diverse finalità pubbliche nonché quale sede degli uffici giudiziari’: la sentenza impugnata non esamina il fatto che l’immobile è stato utilizzato prevalentemente per fini diversi da quelli legati al servizio sanitario per cui, anche a prescindere dalla circostanza che l’immobile manca di un vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, mancano i presupposti di fatto per affermare che tale immobile possa rientrare tra quelli che possono essere trasferiti ex lege all’azienda; in sentenza non vi è accenno alla circostanza relativa al fatto che manca un titolo di proprietà in favore dell’azienda e che i decreti regionali di ricognizione dei beni da trasferire al patrimonio immobiliare del servizio sanitario non sono atti traslativi, ma semplicemente dichiarativi per cui necessitavano di un successivo atto di traslazione, ossia di un atto pubblico di trasferimento che non è mai stato posto in essere.
Il quarto motivo contesta violazione dell’art. 92 c.p.c.: la Corte d’appello, pur dando atto che il Comune di Pachino è rimasto contumace nel giudizio di primo grado, lo ha condannato alle spese di entrambi i giudizi
Il Collegio ritiene che i primi tre motivi di ricorso pongano questioni di diritto di particolare importanza e che sia pertanto opportuno rinviare la causa alla pubblica udienza della sezione.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza della seconda sezione civile.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione