Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10771 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10771 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
1.Il Tribunale di Enna con sentenza n. 198 /2017, disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’ATO Idrico n. 5, ha rigettato le domande di NOME COGNOME nei confronti del Comune di Nicosia ed ha accertato il suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con Acquaenna scpa senza soluzione di continuità dal 1° gennaio 2014 con conservazione dei diritti acquisiti e mantenimento dello status giuridico ed economico maturato presso l’ente di provenienza ed ha negato il diritto al risarcimento del danno.
NOME COGNOME, dipendente del Comune di Nicosia dal 1° luglio 1994 con inquadramento nella categoria A, posizione economica A4 e profilo professionale di operatore idraulico del CCNL Comparto Regioni-Autonomie Locali, aveva dedotto che:
in forza dell’art. 2 della Convenzione sottoscritta in data 16.5.2006 tra il Comune di Nicosia e la società RAGIONE_SOCIALE (gestore del servizio idrico integrato nell’ambito territoriale della Provincia di Enna) era stato posto in comando presso tale socie tà ed incluso nell’elenco del personale comunale soggetto a trasferimento;
il Comune di Nicosia già con nota del 15.3.2004 gli aveva chiesto di manifestare la sua volontà al transito presso i nuovi enti destinatari della
gestione esternalizzata dei servizi in questione ed aveva ricevuto risposta negativa;
il comando, in origine fissato al 30 giugno 2006, era stato prorogato al 31 dicembre 2014;
il 24 luglio 2013 NOME scpa gli aveva notificato un’offerta formale di assunzione, alla quale aveva risposto negativamente;
COGNOME scpa, dato atto del rifiuto, aveva disposto la cessazione del comando alla data del 31.12.2013;
il Comune di Nicosia in data 6.6.2014 aveva deliberato di disporre ex art. 31 d.lgs. n. 165 del 2001 il trasferimento definitivo del personale indicato (nel quale non era ricompreso il ricorrente) dal 1° gennaio 2014, dando atto che si trattava di tras ferimento ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.;
a seguito di tale delibera, era rimasto senza lavoro.
Aveva pertanto chiesto in via principale, previa declaratoria di illegittimità della deliberazione del 6.6.2014, che fosse dichiarato che era dipendente del Comune di Nicosia per effetto dell ‘ opzione da lui esercitata ai sensi dell’art. 36, comma 3, della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003, con condanna dello stesso Comune a riammetterlo in servizio nel posto di lavoro in precedenza occupato con mansioni compatibili con il suo inquadramento, al risarcimento del danno e al riconoscimento dell’anzianità di servizio senza soluzioni di continuità, con consequenziale regolarizzazione della sua posizione assicurativa e previdenziale; in via subordinata aveva chiesto dichiararsi il suo diritto al transito diretto dal Comune di Nicosia ad Acquaenna scpa con effetto ex tunc o con la decorrenza ritenuta di giustizia, con ordine ad Acquaenna scpa di immediata immissione in servizio alle sue dipendenze e mantenimento di tutti i diritti maturati in precedenza e salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive ed individuali, in godimento presso il Comune di Nicosia, in ogni caso aveva chiesto affermarsi il suo diritto al risarcimento del danno.
La Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza n. 301/2019 ha accolto l’appello principale proposto avverso tale sentenza da NOME COGNOME ed ha condannato COGNOME scpa al risarcimento del danno nei confronti del medesimo ed ha rigettato l’appello incidentale proposto da COGNOME scpa.
COGNOME scpa ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
NOME COGNOME ha proposto ricorso successivo, sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Nicosia e il Consorzio ATO si sono difesi con controricorso.
COGNOME scpa, oltre a resistere con controricorso, ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.
Il Comune di Nicosia ha depositato memoria.
DIRITTO
1.Preliminarmente si osserva che il ricorso di NOME COGNOME notificato lo stesso giorno di quello della società RAGIONE_SOCIALE (8 febbraio 2020) è stato depositato a mezzo posta in data 25.2.2020 e giunto all’ufficio deposito in data 2.3.2020, e dunque successivamente rispetto a quello di RAGIONE_SOCIALE, depositato in data 25.2.2020.
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che l’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti di impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorso sia stato già notificato ad iniziativa della controparte, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale, sempreché siano stati rispettati i relativi termini.
Peraltro, ai fini dell’applicazione del suddetto principio, nel caso in cui i due ricorsi siano stati notificati nella stessa data, l’individuazione, tra essi, del ricorso principale e di quello incidentale, risultando impossibile in base al criterio della data della notifica, deve effettuarsi con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, considerandosi principale il ricorso depositato per primo e, di conseguenza, incidentale quello depositato successivamente (Cass. n. 4088/1983).
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. il ricorso di NOME COGNOME va qualificato come incidentale, mentre quello della società RAGIONE_SOCIALE va qualificato come ricorso principale.
Con il primo motivo il ricorso principale lamenta la violazione dell’art. 12 della legge n. 36 del 1994, degli artt. 36 e 37 della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003 e dell’art. 173 della legge n. 152 del 2006, in quanto NOME COGNOME si sar ebbe avvalso del diritto di opzione a lui riconosciuto dall’art. 36 della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003 al fine di rimanere in servizio presso il Comune di Nicosia su richiesta del medesimo Comune, il quale, con delibera n. 25 del 28 gennaio 2013, avrebbe inserito nella propria pianta organica gli operatori fontanieri, qualifica a cui apparteneva il lavoratore.
In particolare la Corte territoriale, ordinando il passaggio presso il nuovo gestore senza soluzione di continuità, avrebbe privato di valore la manifestazione di volontà resa dal dipendente.
In pratica, ad avviso di parte ricorrente principale, il lavoratore avrebbe avuto diritto al trasferimento, ma avrebbe dovuto comunque manifestare un consenso, che invece sarebbe mancato.
La doglianza è infondata, in conformità a precedente di questa Corte, reso in fattispecie analoga (Cass. n. 32773/2024).
L’art. 12, comma 3, della legge n. 36 del 1994 prescrive che ‘Le regioni e, compatibilmente con le attribuzioni previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano forme e modalità per il trasferimento ai soggetti gestori del servizio idrico integrato del personale appartenente alle amministrazioni comunali, dei consorzi, delle aziende speciali e di altri enti pubblici già adibito ai servizi di cui all’articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge, alla data del 31 dicembre 1992. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono con legge al trasferimento del personale ai nuovi gestori del servizio idrico integrato; tale trasferimento avviene nella posizione giuridica rivestita dal personale stesso presso l’ente di provenienza. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di aziende municipalizzate o consortili a società private che esercitano le medesime
funzioni, si applica, ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, la disciplina del trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile’.
Questa disposizione è stata abrogata dall’art. 173 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, però, ne ha confermato l’impostazione di fondo, stabilendo che ‘Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile’.
Questa Corte ha osservato che tale disciplina configura una fattispecie legale tipica di passaggio, da ente pubblico a gestore privato, di attività, per il quale è sancito ope legis un travaso diretto e immediato del personale.
La norma è finalizzata, infatti, ad una riorganizzazione complessiva della gestione del servizio, con esternalizzazione della funzione affidata originariamente ai singoli Comuni, e clausola sociale rivolta alla salvaguardia dei rapporti di lavoro in essere presso i corrispondenti servizi degli enti pubblici di provenienza.
Il passaggio è, quindi, necessitato e l’ente gestore è unicamente vincolato al rispetto della garanzia di continuità di occupazione del personale trasferito, con applicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, della disciplina del trasferi mento del ramo d’azienda di cui all’art. 2112 c.c., al quale la prima fa espresso richiamo (per considerazioni similari, con riferimento al passaggio di personale al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani ex art. 202,
comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, la regolamentazione del quale è, peraltro, sostanzialmente simile in parte qua, Cass., Sez. L, n. 16941 del 27 giugno 2018).
Si è in proposito chiarito che in quest’ottica, l’utilizzo, nel testo del citato art. 31, dei due termini ‘trasferimento’ o ‘conferimento di attività’, esprime, attraverso la loro ampia valenza semantica, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro applicativo della disposizione ogni vicenda traslativa riguardante ‘un’attività svolta’ dal soggetto pubblico, per cui non è richiesta o presupposta alcuna cessione d’azienda formale, bastando il più semplice trasferimento di ‘un’attività svolta’ fino a quel determinato momento da un soggetto pubblico, indipendentemente dal tipo di strumento tecnico adoperato nella vicenda amministrativa di trasferimento o conferimento, il tutto nell’ottica di una tutela giuslavoristica dei dipendenti pubblici add etti all’attività trasferita che conduce a prescindere da ogni accertamento sull’assimilabilità della vicenda traslativa ad una cessione di azienda in senso proprio.
L ‘eventuale assenso o rifiuto del dipendente al passaggio è stato dunque ritenuto privo di rilievo, trovando la vicenda fonte esclusiva nella legge.
Questa Corte ha dunque enunciato il seguente principio di diritto: ‘Nel pubblico impiego contrattualizzato, l’art. 173 del d.lgs. n. 152 del 2006, stabilendo che il personale il quale, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidame nto del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici, è soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto, ha previsto una fattispecie legale tipica di passaggio, da ente pubblico a gestore privato, di attività, per il quale è sancito ope legis un trasferimento diretto e immediato del personale, con riferimento a cui, stante il suo carattere necessitato, non assume rilievo il consenso o meno del lavoratore, mentre l’ente gestore è vincolato al rispetto della garanzia di continuità di occupazione del personale trasferito, con applicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, della disciplina del trasferimento del ramo d’azienda ex art. 2112 c.c.’.
4. Con il secondo motivo la società ricorrente principale lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 1217, 1218, 1220, 1227 e 1454 c.c. in quanto il rifiuto del lavoratore di fornire la propria prestazione lavorativa avrebbe fatto venire meno ogni sua responsabilità, costituendo eventualmente in mora debendi il Comune di Nicosia, al quale il dipendente avrebbe offerto, senza successo, le sue energie lavorative.
La condotta del ricorrente incidentale, comunque, avrebbe determinato o concorso ad aggravare il danno, avendo egli non accettato una proposta di impiego remunerativa.
Sarebbe stato violato pure l’art. 36, comma 3, della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003 perché il Comune di Nicosia, offrendo al lavoratore di restare al suo servizio, avrebbe rinunciato alla prerogativa legislativa posta a sua tutela di accettare o meno la disponibilità del dipendente.
La prova di ciò sarebbe stata ricavabile dalla missiva del Comune di Nicosia del 15 marzo 2004.
La doglianza è inammissibile, non avendo la parte compreso la ratio della decisione.
Infatti, la C orte territoriale ha accolto l’appello del lavoratore valorizzando la circostanza che l’offerta lavorativa della società ricorrente era avvenuta prima del trasferimento del primo alle dipendenze della seconda. Sulla base di questo presupposto, ossia l’iniz io per legge del rapporto con Acquaenna scpa dal 1° gennaio 2014, il giudice ha reputato ‘fatto assolutamente privo di rilievo giuridico’ l’offerta formale per intimazione del 24 luglio 2013, il che è assolutamente logico, atteso che il detto lavoratore era divenuto dipendente della menzionata Acquaenna scpa successivamente.
Sul punto, la contestazione di parte ricorrente principale è assolutamente generica, consistendo nella mera rappresentazione della decisività del rifiuto del dipendente, nella specie assolutamente da escludere.
Questa considerazione rende non significativa la giurisprudenza di legittimità citata nel ricorso principale (Cass., Sez. L, n. 11835, 11989 e 11990 del 2018), atteso che questa ha riguardato ipotesi nelle quali l’offerta lavorativa rifiutata era giunta dopo che avrebbe dovuto instaurarsi, per legge, il rapporto di lavoro.
Quanto alla circostanza che la condotta del lavoratore avrebbe determinato o concorso ad aggravare il danno, avendo egli non accettato una proposta di impiego remunerativa, si è inoltre chiarito che il dipendente non aveva alcun obbligo in questo senso e che, in ogni caso, la Corte territoriale ha accertato, con una valutazione di merito qui non più censurabile, che detto rifiuto era stato causato dall’improvvida condotta degli enti coinvolti, ‘che ingenerarono nel Quattrocchi l’erroneo convincimento di potere davvero legittimamente optare per il mantenimento del posto di lavoro presso l’ente locale di provenienza…’.
Va esclusa, infine, l’ipotizzata violazione dell’art. 36, comma 3, della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003, in parte perché la censura, pur richiamando la delibera n. 25 del 28.1.2013, non indica gli atti dei gradi di merito in cui sarebbe stata prospettata la questione della rinuncia, ad opera del Comune di Nicosia, alla prerogativa legislativa posta a sua tutela, di accettare o meno la disponibilità del dipendente, in parte a fronte dell’efficacia per legge del passaggio, dell’accertamento di merito dell’assenza di una volontà dell’ente locale di tenere con sé il lavoratore e della mancata allegazione del presupposto di esercizio di siffatta volontà, ossia un’apposita contrattazione decentrata.
6. Con il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale, che possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione, NOME COGNOME lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., atteso che la prova del consenso dell’ente locale a man tenere al suo servizio la controparte era stata raggiunta con la dimostrazione della richiesta dell’ente medesimo al lavoratore di esprimere o meno il proprio consenso a restare, come convenuto con le OO.SS. provinciali e aziendali.
La Corte territoriale avrebbe pure male interpretato l’art. 36, comma 3, della legge Regione Sicilia n. 20 del 2003 e omesso di esaminare il fatto che il Comune di Nicosia nulla aveva mai obiettato alla sua volontà di permanenza.
Le doglianze sono inammissibili, in quanto si sostanziano in una richiesta a questo Collegio di rivalutare le risultanze istruttorie e la condotta delle parti, e non si confrontano con la considerazione della Corte di appello di Caltanissetta per cui l’ori ginario ricorrente non solo non avrebbe provato, ma neppure dedotto
l’esistenza dell’accordo de quo e, soprattutto, dell’accordo di contrattazione decentrata che ne era presupposto necessario.
Non vi è luogo a statuire sul ricorso incidentale della società RAGIONE_SOCIALE, atteso che la rituale proposizione del ricorso per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che non è possibile presentare motivi aggiunti, oltre a quelli già formulati, né è consentito ripetere con un successivo ricorso incidentale le stesse censure già avanzate con l’originario ricorso (Cass. n. 9993/2016; Cass. S.U. n. 2568/2012; Cass. S.U. n. 5207/2005; Cass. n. 15407/2000).
Il ricorso principale va dunque rigettato ed il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME va dichiarato inammissibile.
Le spese di lite fra tutte le parti del presente giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza per NOME scpa e NOME COGNOME ed in ragione della novità e della complessità della questione per le altre parti.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME compensa tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di NOME COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile 2025.
La Presidente NOME COGNOME