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Trasferimento personale: il consenso non è richiesto

Un dipendente pubblico, il cui servizio idrico è stato esternalizzato, ha rifiutato un’offerta di assunzione dal nuovo gestore privato, convinto di poter rimanere con l’ente di provenienza. Rimasto senza lavoro, ha avviato una causa. La Corte di Cassazione ha stabilito che in questi casi di trasferimento personale, il passaggio avviene automaticamente per legge (ope legis) a tutela del posto di lavoro. Il consenso del lavoratore non è quindi necessario e il rapporto di lavoro prosegue con il nuovo gestore.

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Trasferimento Personale da Pubblico a Privato: Passaggio Automatico senza Consenso

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: il trasferimento personale in seguito all’esternalizzazione di un servizio pubblico. La Corte di Cassazione chiarisce che, in questi casi, il passaggio dei dipendenti al nuovo gestore privato avviene automaticamente per legge, con l’obiettivo primario di salvaguardare l’occupazione. Il consenso del lavoratore, pertanto, diventa irrilevante.

I Fatti del Caso

Un operatore idraulico, dipendente di un Comune dal 1994, si è trovato al centro di una complessa vicenda legale a seguito della cessione del servizio idrico integrato a una società privata. Inizialmente, il lavoratore era stato posto in comando presso la nuova società e inserito nell’elenco del personale comunale destinato al trasferimento.

La situazione si complica quando, nel 2013, la società gli notifica un’offerta formale di assunzione, che il lavoratore rifiuta, convinto di poter esercitare un diritto di opzione per rimanere alle dipendenze del Comune, come suggerito da una precedente comunicazione dell’ente stesso. A seguito del rifiuto, la società dispone la cessazione del comando e, successivamente, il Comune delibera il trasferimento definitivo del personale escludendo il lavoratore, che di fatto rimane senza impiego.

Il lavoratore ha quindi agito in giudizio chiedendo, in via principale, la riammissione in servizio presso il Comune e, in subordine, il riconoscimento del suo diritto al transito presso la società privata, con risarcimento del danno. La Corte di Appello aveva accolto le ragioni del lavoratore, condannando la società al risarcimento. La questione è infine giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Il Trasferimento Personale è Automatico?

Il nodo centrale della controversia riguarda la natura del trasferimento personale nel contesto della cessione di servizi pubblici. La società ricorrente sosteneva che il passaggio fosse subordinato al consenso del dipendente e che il rifiuto dell’offerta di assunzione escludesse ogni sua responsabilità. Il lavoratore, d’altro canto, lamentava la violazione del suo presunto diritto di opzione a rimanere nell’ente pubblico di provenienza.

La Disciplina del Passaggio Ope Legis

La Suprema Corte ha respinto la tesi della società, fondando la sua decisione sulla normativa nazionale (in particolare l’art. 173 del d.lgs. n. 152/2006) che regola il settore. Questa legislazione configura una fattispecie legale tipica di passaggio di personale da un ente pubblico a un gestore privato, per la quale è sancito ope legis (cioè per diretta previsione di legge) un travaso diretto e immediato del personale.

L’obiettivo di tale meccanismo è duplice:
1. Assicurare una riorganizzazione complessiva ed efficiente del servizio.
2. Garantire una “clausola sociale” per la salvaguardia dei rapporti di lavoro esistenti.

Il passaggio è quindi “necessitato”, e il nuovo gestore è vincolato al rispetto della continuità occupazionale, applicando la disciplina del trasferimento di ramo d’azienda (art. 2112 c.c.).

L’irrilevanza del Consenso del Lavoratore

Coerentemente con questa impostazione, la Corte ha stabilito che l’eventuale assenso o rifiuto del dipendente al passaggio è privo di rilievo giuridico, poiché la vicenda traslativa trova la sua fonte esclusiva nella legge. L’offerta di assunzione fatta dalla società, essendo avvenuta prima della data in cui il trasferimento doveva legalmente perfezionarsi, è stata considerata un “fatto assolutamente privo di rilievo giuridico”.

Il Diritto di Opzione e la Prova Mancata

Per quanto riguarda il ricorso del lavoratore, che insisteva sul suo diritto a rimanere alle dipendenze del Comune, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici di legittimità hanno evidenziato come il lavoratore non avesse fornito la prova necessaria dell’esistenza di un accordo di contrattazione decentrata, presupposto indispensabile per poter esercitare un’eventuale opzione prevista da una legge regionale. La sua richiesta è stata quindi interpretata come un tentativo di rivalutare nel merito le risultanze istruttorie, attività preclusa in sede di Cassazione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso principale della società, ha enunciato un principio di diritto fondamentale: nel pubblico impiego contrattualizzato, la normativa sul trasferimento dei servizi idrici (art. 173 d.lgs. n. 152/2006) ha previsto una fattispecie legale tipica di passaggio di attività da ente pubblico a gestore privato. In questo contesto, è sancito ope legis un trasferimento personale diretto e immediato. Data la natura necessitata di tale trasferimento, non assume alcun rilievo il consenso o meno del lavoratore. L’ente gestore è unicamente vincolato a garantire la continuità occupazionale del personale trasferito. Le doglianze della società, basate sul rifiuto del lavoratore a un’offerta formulata prima del trasferimento legale, sono state quindi ritenute infondate. Anche il ricorso incidentale del lavoratore è stato dichiarato inammissibile, poiché non ha provato i presupposti fattuali (un accordo di contrattazione decentrata) per l’esercizio del presunto diritto di opzione a rimanere presso l’ente pubblico.

le conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la tutela dei lavoratori coinvolti in processi di esternalizzazione di servizi pubblici. Viene affermato con chiarezza che la continuità del rapporto di lavoro è garantita direttamente dalla legge, prevalendo sulla volontà individuale del singolo dipendente e sugli atti formali delle aziende. Questa decisione offre una solida garanzia ai lavoratori, stabilendo che il loro rapporto di lavoro prosegue senza soluzione di continuità con il nuovo gestore, preservando i diritti acquisiti. Per le aziende che subentrano nella gestione di servizi pubblici, ciò implica l’obbligo di accogliere il personale trasferito, senza poter subordinare l’assunzione a nuove manifestazioni di volontà.

Nel trasferimento di personale da un ente pubblico a un gestore privato di un servizio, è necessario il consenso del lavoratore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il trasferimento avviene ope legis, ovvero per effetto diretto della legge. Il passaggio è necessitato e finalizzato a garantire la continuità occupazionale, pertanto il consenso o il dissenso del lavoratore è giuridicamente irrilevante.

Se un lavoratore rifiuta un’offerta di assunzione dal nuovo gestore prima che il trasferimento sia legalmente efficace, questo rifiuto ha valore?
No. Come chiarito dalla Corte, un’offerta di assunzione e il relativo rifiuto, se avvenuti prima del momento in cui il trasferimento produce i suoi effetti per legge, sono da considerarsi privi di rilievo giuridico. Il rapporto di lavoro si trasferisce comunque automaticamente.

Il lavoratore può scegliere di rimanere dipendente dell’ente pubblico originario invocando una legge regionale che prevede un diritto di opzione?
In linea di principio, una legge regionale può prevedere tale possibilità, ma il lavoratore ha l’onere di dimostrare l’esistenza di tutti i presupposti per esercitarla. Nel caso specifico, il lavoratore non è riuscito a provare l’esistenza di un accordo di contrattazione decentrata, che era una condizione necessaria prevista dalla legge per poter validamente optare per la permanenza nell’ente locale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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