Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7592 Anno 2019
Civile Ord. Sez. L Num. 7592 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 18/03/2019
ORDINANZA
sul ricorso 25296-2014 proposto da:
NOMECOGNOME domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dati Avvocato NOME COGNOME la
– ricorrente-
contro
MINISTERO COGNOMEUNIVERSITA’ GLYPH F. ISTRUZIONE GLYPH RICERCA GLYPH C. 80185250568, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; 2018 4456 tempore, presso
avverso la sentenza n. 3709/2013 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 23/10/2014 R.G.N. 9282/2009; avverso l’ordinanza n. 11/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/04/2014 R.G.N. 134/2014. di
RITENUTO
1. Che la Corte di Appello di Palermo, con ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 348 c. 1 cod. proc. civ., ha dichiarato l’inammissibilità bis dell’appello proposto da NOMECOGNOME nei confronti del Ministero GLYPH dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), avverso la sentenza del Tribunale Palermo che aveva GLYPH a domanda volta al respinto l riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio maturata alle dipendenze dell’Ente locale al momento del passaggio nei ruoli dello Stato, GLYPH e la conseguente condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonchè dell’ Istituto Scolastico di Palermo al pagamento delle differenze retributive derivanti dal diverso inquadramento rivendicato.
2. La Corte territoriale, adita dal lavoratore, ha ritenuto che l’appello non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto.
3. Essa ha richiamato le precedenti decisioni assunte in fattispecie sovrapponibili a quella dedotta in giudizio e, riassunti i termini della vicend relativa al trasferimento nei ruoli dello Stato del personale ATA degli Enti locali, ha, in sintesi, osservato che la Corte di Giustizia con la sentenza del settembre 2011 in causa C – 108/10, nel ritenere applicabile alla fattispecie la direttiva 77/187/CEE, ha escluso che il cessionario possa non tener conto dell’anzianità pregressa dei lavoratori ceduti ma solo nei limiti necessari al mantenimento del livello retributivo in precedenza goduto, atteso che la direttiva ha lo scopo di impedire che il lavoratore possa subire per effetto del trasferimento un peggioramento retributivo.
4. Avverso la sentenza pronunciata in grado di pello NOME COGNOME ap NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
5. Il MIUR ha depositato mero atto di costituzione, istendo al GLYPH res ricorso senza svolgere argomentate difese.
CONSIDERATO
1. Che con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della direttiv 77/187/CEE, art. 3 c. 1, come interpretato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 108/10 in relazione all’art. 8 c. 2 della legge n. 124 del 1999 e all’art. 1 c. 218 della legge n. 266 del 2005. Addebita alla sentenza impugnata di non avere fatto corretta applicazione della direttiva 77/187/CEE e dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza
richiamata nella rubrica del motivo in esame. Assume che l’accertamento relativo al peggioramento retributivo avrebbe dovuto essere effettuato tenendo conto dell’anzianità maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della determinazione della posizione retributiva di partenza presso quest’ultimo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 6 par della CEDU, dell’ad 1 del protocollo n.1 della CEDU nella interpretazione datane dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con le sentenza del 7.6.2011 COGNOME ed altri contro Italia, dell’11.12.2012 COGNOME contro Italia, del 14.1.2014 Montalto contro Italia , in relazione all’art. 8 c. 2 della leg 124 del 1999 e all’art. 1 c. 218 della legge n. 266 del 2005 e violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Il ricorrente addebita al Tribunale non avere disapplicato la disposizione contenuta nell’ art. 1 c. 218 della legge n. 266 del 2005, che aveva modificato la norma contenuta nell’art. 8 della legge n. 124 del 1999, in violazione dei principi della CEDU nella lettura data dalla Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo nella sentenza Agrati.
Assume che la sentenza impugnata è in contrasto con i principi affermati dalla CEDU nelle sentenze richiamate nella rubrica del motivo in esame e sostiene che la fattispecie dedotta in giudizio deve ritenersi disciplinata dalla disposizione contenuta nell’art. 30 del d.lgs. n. 165 de 2001, che garantisce la continuità giuridica del rapporto di lavoro ed il mantenimento del trattamento economico in caso di passaggio da una Pubblica Amministrazione ad altra Pubblica Amministrazione.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del Costituzione e del principio di non discriminazione di cui alla direttiv 1999/70/CEE, clausola 4.4 dell’Accordo Quadro allegato, in relazione all’art. 8 c. 2 della legge 124 del 199 e all’art. 1 c. 218 della legge n. 266 del 2005. Assume che il Tribunale avrebbe dovuto interpretare, in maniera costituzionalmente e comunitariamente orientata, l’art. 8 della legge n. 124 del 1999 e dichiarare il diritto al riconoscimento dell’anzianità maturata nell’Ente di provenienza ai tini dell’inquadramento stipendiale ed economico
nella nuova classificazione del personale dell’Amministrazione statale secondo il CCNL ivi vigente.
Sostiene, inoltre, che la disciplina contenuta nella legge n. 266 del 2005 contrasta con l’art. 3 della Costituzione, in quanto viola il diri acquisito da esso ricorrente alla conservazione dell’anzianità maturata nella successione dei rapporti giuridici svoltisi senza alcuna soluzione dì continuità e formula istanza di rimessione alla Corte Costituzionale anche ai sensi dell’art. 117, c. 1 della Costituzione in riferimento all’art. 6 convenzio EDU.
4. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Gli stessi non sono fondati (cfr., Cass., n. 29935 del 2018, che ha deciso analoga fattispecie).
5. In materia di trattamento giuridico ed economico del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola trasferito dagli enti locali al Ministero in base all’art. 8 della legge n. 124 del 1999, quest Corte (Cass. nn. 7980/2018, 7698/2018, 7566/2018 7310/2018), ha osservato che:
il decreto del Ministro della pubblica istruzione 5 aprile 2001 recepì l’accordo stipulato tra l’ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in data 20 luglio 2000 in ordine ai criteri applicativi della legge 124 del 1999, art. 8, e che il legislatore con la legge n. 266 del 2005, art 1, comma 218, ha elevato a rango di legge la previsione dell’autonomia collettiva;
l’incostituzionalità della disposizione innanzi richiamata (cui è stata riconosciuta efficacia retroattiva, Cass. S.U. n. 17076/2011 , Corte Costituzionale n. 234/2007) è stata esclusa dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 234 e n. 400 del 2007; n. 212 del 2008; n. 311 del 2009);
la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Grande sezione) con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C- 108/10, Scattolon), emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale in merito all’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, nel rispondere alle quattro questioni poste dal Tribunale di Venezia, ha ritenuto che: la riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra pubblica autorità, addetto alla fornitura,
presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti custodia e assistenza amministrativa, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/18//CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di impres di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto personale è costitui da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori forza dell’ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro; quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187/CEE porta all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente press cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratt sono collegate segnatamente all’anzianità lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest’ultimo; è compito del giudice del rinvio esaminare se, all’atto del trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo;
6. in motivazione la Corte di giustizia ha rilevato che, una volta inquadrato nel concetto di trasferimento d’azienda e quindi assoggettato alla direttiva 77/187/CEE, al trasferimento degli ATA si applica non solo il n. 1 dell’art. 3 della direttiva, ma anche il n. 2, disposizione che riguar segnatamente l’ipotesi in cui l’applicazione del contratto in vigore presso i cedente venga abbandonata a favore di quello in vigore presso il cessionario (come nel caso in esame) ed ha ritenuto che il cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni di lavoro previste da contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti l retribuzione (punto n. 74 della sentenza); i
7. la Corte di Giustizia ha precisato anche che gli stati dell’Unione, pur con un margine di elasticità, devono attenersi allo “scopo della direttiva”, consistente “nell’impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento sian collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento” (n. 75, il concetto è ribadito al n. 77 in cui si precisa che
direttiva non può “essere validamente invocata per ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative in occasione di un trasferimento di impresa … questa direttiva non osta a che sussistano talune disparità di trattamento retributivo tra i lavoratori trasferiti e quelli che, all’a trasferimento, erano già al servizio del cessionario detta direttiva, pe quanto la concerne, ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente”).
9. Va osservato che la Corte di Giustizia, dando atto della pronunzia emessa il 7 giugno 2011 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza COGNOME), ha statuito che “vista la risposta data alla seconda ed alla ter questione, non c’è più bisogno di esaminare se la normativa nazionale in oggetto, quale applicata alla ricorrente nella causa principale, violi i princ di cui alle norme su indicate”.
8. Questa Corte nelle decisioni innanzi richiamate ha, inoltre, osservato, che la Corte di Giustizia ha evidenziato che nella definizione delle singole controversie, il giudice nazionale deve osservare i seguenti criteri: a quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (cfr. nn. 75, 77, 82 e 83) e, al contrario, non rilev eventuali disparità con i lavoratori che all’atto del trasferimento erano g in servizio presso il cessionario (n. 77); b. quanto alle modalità, si de trattare di “peggioramento retributivo sostanziale” (così il dispositivo) e comparazione tra le condizioni deve essere “globale” (n. 76: “condizioni globalmente meno favorevoli”; n. 82: “posizione globalmente sfavorevole”), quindi non limitato allo specifico istituto; c. quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto “all’atto del trasferimento (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: “all’atto della determinazione del loro posizione retributiva di partenza”). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
10. In sintesi, la Corte di giustizia ha ritenuto che: si verte nell’ambi del diritto dell’Unione europea; di conseguenza, la normativa nazionale in esame deve essere interpretata alla luce del diritto dell’Unione europea; l’interpretazione orientata alla luce del diritto europeo comporta che i
passaggio alle dipendenze dello Stato non può determinare per il lavoratore condizioni meno favorevoli; la relativa verifica spetta al giudice nazionale.
11. Ulteriore conseguenza di questa impostazione è l’assorbimento del problema della conformità della norma in questione all’art. 6 del TUE in combinato disposto con le norme della CEDU e della Carta di Nizza, come recepite nel Trattato di Lisbona, problema esaminato dalla sentenza Agrati della CEDU, precedente alla sentenza della Corte di giustizia e da quest’ultima considerata.
12. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea incide sul presente giudizio in quanto in base all’art. 11 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, il giudice nazionale e, prima ancora, l’amministrazione, hanno il poteredovere di dare immediata applicazione alle norme della Unione europea provviste di effetto diretto, con i soli limiti derivanti dai p fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato ovvero dei dirit inalienabili della persona, nel cui ambito resta ferma la possibilità d controllo di costituzionalità (per tutte, Corte Cost. sentenze n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984;ordinanza n. 536 d 1995 nonchè, da ultimo, sentenze n. 284 del 2007, n. 227 del 2010, n. 288 del 2010, n. 80 del 2011).
13. L’obbligo di applicazione è stato riconosciuto anche nei confronti delle sentenze interpretative della Corte di giustizia (emanate in via pregiudiziale o a seguito di procedura di infrazione) ove riguardino norme europee direttamente applicabili (cfr. Corte cost. sentenze n. 113 del 1985, n. 389 del 1989 e n. 168 del 1991, nonchè, sull’onere di interpretazione conforme al diritto dell’Unione, sentenze n. 28 del 2010 e n. 190 del 2000) .
14. La decisione della presente controversia deve avvenire, in conclusione, sulla base della suindicata interpretazione della normativa nazionale orientata dal diritto europeo (in tal senso le già richiamat decisioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE questa Corte RAGIONE_SOCIALE 2018, RAGIONE_SOCIALE nn. 7980/ 7698/2018, 7566/2018 7310/2018, 7311/2018, 7249/2018, 7053/2018, 6780/2018, 6604/2018, 6326/2018, 5965/2018; 7715/2016, 1725/2012, 25113/2011)
15. L’esegesi della norma che regola la materia in senso conforme al diritto europeo esclude la possibilità di disapplicarla o di sottopor nuovamente al giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea, che si è espressa, su tutti i profili della sua compatibilità con il diritto euro compreso quello, posto con il quarto quesito dal Tribunale di Venezia,
valutato dalla CGUE considerando espressamente anche il giudizio e gli argomenti formulati dalla Corte EDU nella sentenza Agrati.
16. Va osservato che la pronuncia della CGUE si colloca in ambiente normativo già caratterizzato dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e è stata seguita dalla sentenza 24 aprile 2012, nella causa C-571.10, RAGIONE_SOCIALE c. Istituto per l’edilizia sociale della provincia autonoma d Bolzano e altri, che si è espressa sul rapporto tra norme nazionali e convenzione europea affermando: “il rinvio operato dall’art. 6, par. 3, TUE alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale i contrasto con essa”.
17. Analogamente, la Corte costituzionale italiana ha escluso che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona abbia comportato un mutamento della collocazione delle disposizioni della CEDU nel sistema delle fonti (Corte Cost. n. 80 del 2011, Cass. SSUU n. 9595 del 2012), sicché il giudice comune non ha il potere di disapplicare direttamente norme interne ritenendole contrastanti con la convenzione.
18. Come evidenziato, la Corte costituzionale italiana, su sollecitazione di questa Corte, si è già espressa sulla specifica questione con la decisione n. 311 del 2009, che, sebbene antecedente alla sentenza Agrati, considera i medesimi problemi, prendendo posizione non solo sulla sussistenza nel caso in esame dei “motivi imperativi di interesse generale”, ma anche, più in generale, sulla competenza a valutarli.
19. Sulla base delle considerazioni che precedono si deve escludere la fondatezza dei motivi di ricorso perchè la domanda proposta dal ricorrente può trovare accoglimento nei soli limiti indicati dalla Corte di Giustizia, os garantendo ai lavoratori coinvolti nel trasferimento la conservazione del medesimo trattamento economico in precedenza goduto mentre è da escludere che il ricorrente, facendo leva sull’anzianità di servizio maturat ed applicata ai diversi istituti contrattuali previsti dal CCNL del comparto destinazione, possa pretendere un aumento della retribuzione.
20. Ebbene, il giudice di appello nella definizione della controversia ha fatto corretta applicazione dei principi innanzi affermati in quanto, fondamento della statuizione di inammissibilità, ha dapprima escluso la
rilevanza di elementi accessori della retribuzione percepita presso l’ente a quo in ragione di specifiche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, e poi rilevato, con accertamento in fatto che non è stato oggetto di alcuna censura, che l’odierno ricorrente per effetto del trasferimento ne ruoli del personale ATA del Ministero, non aveva subito all’atto del passaggio nei ruoli statali alcun decremento economico ulteriore rispetto a quello accertato dal Consulente tecnico di ufficio e nei limiti di t accertamento ha contenuto la statuizione di condanna nei confronti del Ministero.
23. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità in quanto il Ministero non ha svolto attività difensiva.
21. Quanto alla GLYPH (terzo motivo del ricorso) questione di costituzionalità della legge n. 266/2005, va osservato questa Corte ha già ritenuto manifestamente infondata tale questione (Cass. n. 4049/2013 e fra le più recenti Cass. n.6780, 7053, 7698 del 2018), pur apprezzando le pronunce della Corte E.D.U. successive alla sentenza della Corte Costituzionale n. 311/2009, in quanto il Giudice delle leggi, nell’escludere l violazione dell’art. 117 Cost. per contrasto dell’art. 1, comma 218, della legge n.266/2005 con l’art. 6 CEDU, ha ritenuto sussistenti i «motivi imperativi d’interesse generale», valorizzati anche dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ed ha evidenziato che la decisione al riguardo implica una valutazione sistematica di profili costituzionali, politici, economi amministrativi e sociali che la Convenzione europea lascia alla competenza degli Stati contraenti, e, quindi, un bilanciamento di interessi che pu essere compiuto solo dalla Corte Costituzionale (principio poi ribadito da Corte Cost. n. 264/2012 e da Corte Cost. n. 166/2017). 22. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va respinto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
24. Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a qu dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente
R. G. n. 25296 del 2014
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
il ricorso, a norma del comma 1 dello stesso art. 13. bis
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 20 dicembre 2018.