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Trasferimento lavoratore: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del trasferimento di un lavoratore a un’altra sede, avvenuto su richiesta dell’azienda appaltante a seguito di una condotta irregolare. Il provvedimento non è stato considerato disciplinare, ma una conseguenza di una ‘clausola di gradimento’ e una scelta ragionevole per evitare il licenziamento, validando così il trasferimento lavoratore.

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Trasferimento Lavoratore: Quando è Legittimo se Richiesto dal Cliente?

Il trasferimento lavoratore è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, bilanciando le esigenze organizzative dell’azienda e i diritti del dipendente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su un caso complesso: un lavoratore, impiegato presso un’azienda appaltatrice, è stato trasferito in un’altra città dopo che l’azienda committente ne ha richiesto l’allontanamento a causa di una condotta irregolare. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione, distinguendo tra trasferimento disciplinare e per incompatibilità ambientale.

I Fatti del Caso: Dalla Condotta Irregolare al Trasferimento

Un lavoratore addetto alle pulizie nelle stazioni della metropolitana per conto di una società di servizi è stato trasferito ad un’altra sede lavorativa. La decisione è scaturita da un episodio specifico: il dipendente aveva utilizzato un’idropulitrice senza autorizzazione e senza indossare i dispositivi di protezione individuale previsti, come le scarpe antinfortunistiche e il gilet ad alta visibilità.

L’azienda committente, venuta a conoscenza dell’accaduto, ha esercitato una “clausola di gradimento” presente nel contratto di appalto, chiedendo alla società datrice di lavoro di allontanare il dipendente dalle sue strutture. Di conseguenza, per evitare il licenziamento, la società datrice di lavoro ha disposto il suo trasferimento. Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, ritenendolo illegittimo e di natura ritorsiva.

L’Analisi della Corte: Distinzione tra Trasferimento Disciplinare e per Incompatibilità

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le richieste del lavoratore. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni precedenti, ha rigettato il ricorso del dipendente, basando la sua analisi su alcuni punti chiave.

In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che la questione della natura disciplinare del trasferimento era stata sollevata per la prima volta in appello e, pertanto, era inammissibile. La Corte ha invece inquadrato la vicenda come un trasferimento per incompatibilità ambientale. Questo tipo di provvedimento non ha finalità punitive, ma mira a risolvere una situazione conflittuale che impedisce il normale svolgimento dell’attività lavorativa, in questo caso tra il lavoratore e l’azienda committente.

Il Ruolo della Clausola di Gradimento e il Legittimo Trasferimento Lavoratore

Un elemento centrale della decisione è la cosiddetta “clausola di gradimento”. Si tratta di una disposizione contrattuale comune negli appalti di servizi, che consente al committente di rifiutare la presenza nei propri locali di personale dell’appaltatore ritenuto non idoneo. La richiesta dell’azienda committente di allontanare il lavoratore era, quindi, un’applicazione legittima di tale clausola.

A fronte di questa richiesta, la società datrice di lavoro si è trovata di fronte a una scelta: licenziare il dipendente o trasferirlo. La Cassazione ha ritenuto che la decisione di optare per il trasferimento fosse una “scelta ragionevole”, orientata a salvaguardare il posto di lavoro. Il controllo del giudice, in questi casi, non può estendersi al merito delle scelte imprenditoriali, purché queste non violino i principi di buona fede e correttezza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto anche le censure procedurali del lavoratore, come quelle relative alla presunta tardività nella produzione di un video che riprendeva l’accaduto. Secondo i giudici, il diritto di difesa non era stato leso, poiché i fatti documentati dal video (l’uso dell’idropulitrice e la mancanza di DPI) non erano mai stati contestati dal lavoratore stesso. La Corte ha chiarito che il trasferimento non era sproporzionato, in quanto non era una sanzione, ma una misura gestionale necessaria per dare seguito alla richiesta del committente e preservare il rapporto di lavoro. La condotta della società datrice di lavoro è stata quindi giudicata conforme ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio importante: il trasferimento di un lavoratore, anche se scaturito da una sua condotta non conforme, non è automaticamente una misura disciplinare. Se la decisione è presa per risolvere un’incompatibilità ambientale con un cliente terzo (in virtù di una clausola di gradimento) e rappresenta una scelta ragionevole per evitare il licenziamento, essa è da considerarsi legittima. La sentenza offre quindi una guida preziosa per distinguere le scelte gestionali e organizzative dalle sanzioni disciplinari, soprattutto nel complesso contesto dei contratti di appalto.

Un datore di lavoro può trasferire un dipendente su richiesta dell’azienda cliente?
Sì, la Corte ha ritenuto legittimo il trasferimento disposto dal datore di lavoro a seguito della richiesta dell’azienda committente, basata su una ‘clausola di gradimento’ prevista nel contratto di appalto. La decisione è stata considerata una scelta ragionevole per preservare il posto di lavoro.

Il trasferimento di un lavoratore a seguito di una sua condotta irregolare è sempre una sanzione disciplinare?
No. Secondo la sentenza, se il trasferimento è finalizzato a risolvere una situazione di ‘incompatibilità ambientale’ con il committente e non ha uno scopo punitivo, non è da considerarsi una misura disciplinare. In questo caso, era una misura gestionale per evitare il licenziamento.

La produzione di prove in ritardo, come un video, rende automaticamente illegittimo il processo?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che la produzione del video, sebbene successiva alla costituzione in giudizio, era legittima perché il suo contenuto era già stato descritto negli atti difensivi, i fatti ripresi non erano stati contestati dal lavoratore e, di conseguenza, non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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