Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5425 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5425 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20556-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
V.E.RAGIONE_SOCIALEVENEZIANA RAGIONE_SOCIALE IDRICHE TERRITORIO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
Oggetto
Trasferimento rapporto privato
R.G.N.20556/2020
COGNOME
Rep.
Ud.14/01/2025
CC
NOME COGNOME
ricorrente principale – controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 688/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA depositata il 15/04/2020 R.G.N. 710/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 90/2014 il Tribunale di Venezia riconosceva a NOME COGNOME, dipendente della RAGIONE_SOCIALE con qualifica di operaio (CCNL Servizi RAGIONE_SOCIALE) il IV livello in funzione dell’attività svolta presso il Centro Raccolta di Mestre dall’1. 1.2013.
In esecuzione di tale pronuncia, con lettera del 25.3.2014, la società trasferiva il Manente dal Centro Raccolta di Mestre all’Ufficio Pesa di Mirano, quale addetto alla registrazione, smistamento e pesatura dei mezzi di trasporto e dei materiali trasportati.
Impugnato il provvedimento di trasferimento, il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 776/2015, dichiarava la illegittimità dello stesso e, per l’effetto, condannava la V.E.RAGIONE_SOCIALE a adibire il ricorrente e mansioni di IV livello nel Comune di Venezia, respingendo la domanda risarcitoria non ritenendo la sussistenza di un nesso causale tra le spese auto (danno) e la condotta datoriale, per la mancata dimostrazione della inesistenza di mezzi pubblici.
La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 688/2019, decidendo sui gravami hic et inde proposti, accertava, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, la legittimità del trasferimento disposto dalla società nei confronti del Manente e, per l’effetto, rigettava la domanda dell’originario ricorrente.
A fondamento della decisione i giudici di seconde cure rilevavano che: a) non era fondata l’eccezione di decadenza dall’impugnazione del provvedimento di trasferimento del 25.3.2014, comunicato l’1.4.2014, perché, in data 14.4.2014 la società aveva riscon trato alla organizzazione RAGIONE_SOCIALE una nota di quest’ultima, precisando di avere attuato, in relazione al trasferimento del Manente,
quanto stabilito da una sentenza del Tribunale di Venezia; da tale riscontro era possibile dedurre che il trasferimento era stato impugnato dal sindacato per conto del lavoratore: il tutto in un contesto in cui la società, benché giudizialmente invitata, non aveva prodotto la nota sindacale né aveva dimostrato che il suo contenuto fosse diverso da quello ritenuto dal primo giudice; b) una organizzazione sindacale, al pari di quanto avviene per il licenziamento, poteva impugnare il provvedimento di trasferimento per conto del lavoratore; c) non essendo stato provato che il trasferimento era stato adottato con una finalità ritorsiva e risultando invece che era stato disposto in esecuzione di una pronuncia giudiziale (sent. n. 90/2014), anche se riformata in sede di appello, e che era stato dimostrato che in Mestre l’organizzazione societaria non prevedeva personale di IV livello mentre in Mirano si era creata una posizione vuota, il trasferimento stesso doveva ritenersi conseguentemente legittimo e, non sussistendo alcuna condotta datoriale inadempiente, la originaria domanda del lavoratore doveva essere respinta.
Avverso la decisione di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a sei motivi. Resisteva con controricorso la V.E.R.RAGIONE_SOCIALEVenezia RAGIONE_SOCIALE) presentando, altresì, ricorso incidentale sulla base di due motivi cui resisteva, a sua volta, con controricorso il ricorrente principale.
Le parti depositavano memorie.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati. RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2103 cc e all’art. 431 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte
territoriale considerato che la pronuncia del Tribunale n. 90/2014 era provvisoriamente esecutiva per cui la sua riforma era giuridicamente ininfluente rispetto alle questioni oggetto del contendere e, quindi, unitamente all’altra sentenza n. 776/2015, and ava immediatamente eseguita: non corretta, pertanto, era la statuizione della Corte territoriale che ha ritenuto semplicisticamente di non potere mutuare le argomentazioni del Tribunale in tema di illegittimità del trasferimento.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, sotto ulteriori e diversi aspetti, dell’art. 2103 u.c. cc, in relazione all’art. 2698 cc e agli artt. 113, 115 e 116 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, perché la Corte territori ale, nel superare tutte le doglianze sulla illegittimità del trasferimento, ha di fatto violato il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2103 cod. civ. che vieta il trasferimento da una unità produttiva ad un’altra, sita in diverso Comune, senza che vi fosse prova che, nel Comune a quo, non vi fossero disponibilità lavorative e che esistevano ragioni tecniche, organizzative e produttive per imporre il trasferimento nel Centro del Comune di Mirano.
Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione di norme del contratto collettivo nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (art. 34 CCNL Federambienti, art. 2103 cc e art. 112 cpc) in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc, per non avere la Corte territoriale valutato ed essersi pronunciata sulla circostanza che il disposto trasferimento era stato attuato in violazione delle suddette disposizioni in quanto privo di motivazione e dell’obbligo di preavviso di almeno trenta giorni calendariali.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, sotto ulteriori aspetti, dell’art. 2103 c. 4 cc, in relazione agli artt. 113 e 115 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, perché la Corte di appello, con la gravata sentenza, ha in sostanza confermato la legittimità del disposto trasferimento in quanto sorretto da valide
ragioni organizzative perché presso il CR di Mestre non vi era posto per un quarto livello.
Con il quinto motivo il Manente si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2103 cc, artt. 113 e 115 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere considerato la Corte territoriale che esso ricorrente, fin dal 25.3.2014, aveva comunque acquisito il IV livello e, pertanto, la ritenuta legittimità del trasferimento, per il periodo fino alla riforma della sentenza di 1° grado che gli aveva riconosciuto il livello superiore, non era corretta.
Con il sesto motivo si eccepisce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nonché la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 112, 113 e 115 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc, per avere la Co rte territoriale posto a carico di esso lavoratore l’onere di mostrare che il trasferimento era stato disposto a fini ritorsivi, pur non essendo state mai formulate conclusioni o chiesto l’accertamento di comportamenti di ritorsività.
RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 32 co. 4 lett. c) della legge n. 183/2010 e all’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, perché, nel rigettare la eccezione di decadenza dall’imp ugnazione del provvedimento di trasferimento, la Corte territoriale aveva valorizzato la risposta della società all’organizzazione sindacale RAGIONE_SOCIALE senza considerare che non emerso, in quanto ignota la nota, che: i) il sindacato avesse agito in nome e per conto del lavoratore; ii) nella lettera proveniente da Fiadel vi fosse effettivamente una volontà impugnatoria dell’organizzazione sindacale avverso la lettera del 25.3.2014 di mobilità inviata al Manente.
Con il secondo motivo si censura la violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 32 co. 4 lett. c) legge n. 183/2010, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte di merito considerato che non vi era agli atti l’iscrizio ne del
Manente a Fiadel, così rendendo irrilevante l’intervento della organizzazione sindacale.
Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica devono essere esaminati preliminarmente ed unitariamente, per la loro interferenza, i due motivi del ricorso incidentale.
Essi sono infondati.
Invero, la decisione della Corte territoriale è in linea con i precedenti di legittimità (per tutte, Cass. Sez. Un. n. 4572/1986; Cass. n. 6400/1987; Cass. n. 2095/1994) che si sono sempre espressi nel senso di una applicazione analogica delle disposizioni previste in tema di licenziamento anche ai provvedimenti di trasferimento.
Va, quindi, condiviso l’assunto secondo cui anche l’organizzazione sindacale può impugnare, per conto del lavoratore e senza che sia necessaria la prova di un mandato formale, il provvedimento di trasferimento, in quanto tale possibilità risponde ad un pri ncipio di ragionevolezza e alla finalità dell’istituto della decadenza di fare emergere tempestivamente un eventuale contenzioso e di superare la situazione di incertezza.
Quanto, invece, alle doglianze riguardanti la iscrizione del lavoratore al sindacato nonché se questi avesse agito in nome e per conto del lavoratore ovvero se vi fosse stata una volontà impugnatoria della organizzazione sindacale avverso la lettera del 25.3.2014 di mobilità rivolta al Manente, deve osservarsi che si verte in materia di inammissibile critica su accertamenti di merito, adeguatamente motivati dalla Corte territoriale che, attraverso una ricostruzione della vicenda ed una valutazione del comportamento della società, è giunta alla conclusione che l’organizzazione sindacale avesse contestato, in nome e per conto del lavoratore, il trasferimento (pag. 5 e 6, 1° cpv, della impugnata sentenza.
Venendo allo scrutinio del ricorso principale, il primo, il secondo, il quarto ed il quinto motivo, esaminabili anche essi congiuntamente perché interferenti tra loro (con gli stessi, infatti, si denuncia, sotto diversi aspetti, la violazione dell’art. 210 3 cod. civ. in tema di trasferimenti), sono infondati.
La Corte territoriale, infatti, nei limiti concessi al sindacato del giudice sulla legittimità del disposto trasferimento, ha rilevato, con un accertamento di fatto congruamente motivato, che il dipendente, adibito allo svolgimento di mansioni di IV livello, era stato trasferito da Mestre a Mirano perché qui si era creata una posizione vuota di IV livello mentre a Mestre, in ragione degli accordi collettivi in essere, non c’erano posizioni di tale livello, valorizzando poi anche i successivi trasferimenti avvenuti, sempre a Mirano, di posizioni di IV livello.
Vi è stato, pertanto, una valutazione puntuale delle ragioni organizzative, poste a base del trasferimento, che sono state ritenute valide in relazione al momento e allo stato di fatto e di diritto in cui fu disposto, proprio per dare esecuzione ad una pronuncia provvisoriamente esecutiva di primo grado: ragioni ritenute tali da escludere sia profili di ritorsività che di illegittimità.
Per quanto concerne, poi, le censure inerenti alla valutazione delle risultanze istruttorie così come compiuta dalla Corte distrettuale, le stesse non sono proponibili in sede di legittimità in quanto indebitamente dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali diversa da quella espressa dal giudice del merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della relativa decisione, che da questa risulti – come sicuramente emerge dalla sentenza impugnata -che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti considerati nel loro complesso, pur senza una esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati o non accolti, anche se allegati (Cass. n. 10484/2001, Cass. n. 12749/1993).
In tema di ricorso per cassazione, inoltre, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo
abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. Un. n. 20867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.
Il terzo motivo è inammissibile perché presenta una questione applicativa sull’art. 34 del CCNL di categoria, non affrontata dalla sentenza gravata, da ritenersi nuova in quanto, sia pure accennata genericamente in primo grado, non risulta essere stata coltivata e reiterata in grado di appello negli stessi termini poi prospettati in questa sede.
Il sesto motivo, infine, è anche esso non meritevole di accoglimento perché con esso, al limite, viene censurata una argomentazione superflua della impugnata pronuncia qualora, effettivamente, l’accertamento di comportamenti ritorsivi non era stato oggetto di richieste in giudizio, come appunto sostiene parte ricorrente.
Alla stregua di quanto esposto, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati.
Stante la soccombenza reciproca, le spese del presente giudizio vanno interamente compensate tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2025