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Trasferimento dirigente sindacale: no nulla osta

La Corte di Cassazione ha stabilito che la revoca di un distacco e il conseguente rientro di un dirigente sindacale nella sua sede originaria non costituisce un “trasferimento” in senso tecnico. Pertanto, tale provvedimento non necessita del preventivo nulla osta dell’organizzazione sindacale. Tuttavia, resta possibile per il sindacato agire in giudizio per condotta antisindacale, ma a condizione di dimostrare l’intento discriminatorio o il concreto pregiudizio all’attività sindacale. Nel caso di specie, la Corte ha rigettato il ricorso del sindacato, non ritenendo provata l’antisindacalità del provvedimento datoriale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Trasferimento Dirigente Sindacale: Quando il Nulla Osta Non È Necessario

Il tema del trasferimento del dirigente sindacale rappresenta un punto cruciale nel diritto del lavoro, bilanciando le esigenze organizzative del datore di lavoro con la tutela dell’attività sindacale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6890/2024, ha fornito importanti chiarimenti sulla distinzione tra un ‘trasferimento’ vero e proprio e la ‘revoca di un distacco’, con significative implicazioni sulla necessità del preventivo nulla osta sindacale.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un dirigente sindacale della polizia penitenziaria, che era stato distaccato presso un ufficio centrale. Successivamente, l’Amministrazione ha revocato tale distacco, disponendo il suo rientro presso la casa circondariale di originaria assegnazione, situata nella stessa città. Il sindacato di appartenenza ha impugnato il provvedimento, sostenendo che si trattasse di un trasferimento mascherato, adottato senza il necessario nulla osta sindacale e motivato da intenti ritorsivi, configurando così una condotta antisindacale.

La questione sul trasferimento del dirigente sindacale

La Corte di Cassazione, esaminando il caso, ha posto una netta distinzione tra due istituti giuridici: il trasferimento e la revoca del distacco.

La Nozione di Trasferimento

Il trasferimento, sia nel settore privato (art. 22 L. 300/1970) che in quello pubblico (art. 40 D.P.R. n. 266/1987), implica un cambiamento definitivo della sede di lavoro e, per i dirigenti sindacali, richiede obbligatoriamente il consenso (‘nulla osta’) del sindacato di appartenenza. Questa è una garanzia fondamentale per evitare che il datore di lavoro possa allontanare rappresentanti ‘scomodi’ dal nucleo dei lavoratori che rappresentano.

La Revoca del Distacco

La revoca del distacco, invece, è un atto differente. Il distacco è una situazione temporanea. La sua cessazione non costituisce un nuovo spostamento, ma semplicemente il ripristino della situazione originaria, ovvero il ritorno del lavoratore alla sua sede di servizio stabile. Secondo la Corte, questo atto non rientra nella nozione giuridica di ‘trasferimento’ e, di conseguenza, non è soggetto alla procedura del nulla osta sindacale.

La Tutela contro l’Antisindacalità in Concreto

L’assenza dell’obbligo del nulla osta non lascia il dirigente sindacale privo di tutele. La Cassazione ha ribadito che, anche in caso di revoca del distacco, è possibile contestare il provvedimento se si configura come condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.

Tuttavia, in questo scenario, l’onere della prova cambia. Non basta più la mera assenza del nulla osta per invalidare l’atto. Il sindacato deve dimostrare in concreto che il provvedimento del datore di lavoro:

* È motivato da un intento discriminatorio o ritorsivo.
* È oggettivamente idoneo a ledere la libertà e l’attività sindacale, ad esempio causando un pregiudizio effettivo al legame tra il rappresentante e la base dei lavoratori.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Corte ha rigettato il ricorso del sindacato per diverse ragioni. In primo luogo, ha confermato la correttezza della distinzione giuridica tra trasferimento e revoca del distacco. In secondo luogo, ha ritenuto che il sindacato non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare l’antisindacalità ‘in concreto’ del provvedimento.

L’Amministrazione aveva giustificato il rientro del dirigente con la necessità di potenziare il personale di sorveglianza presso l’istituto penitenziario. La Corte ha considerato questa motivazione plausibile e non ha ravvisato elementi che provassero un intento punitivo. Inoltre, il fatto che entrambe le sedi (quella del distacco e quella di rientro) fossero ubicate nella stessa città ha indebolito la tesi di una rottura del legame con i lavoratori rappresentati. Di conseguenza, la richiesta di tutela è stata respinta.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: le garanzie previste per il trasferimento del dirigente sindacale sono strettamente legate alla natura giuridica del provvedimento datoriale. La revoca di un distacco, pur comportando uno spostamento fisico del lavoratore, non è un trasferimento e non richiede il nulla osta sindacale. La tutela contro possibili abusi del datore di lavoro è comunque garantita dalla possibilità di agire per condotta antisindacale, ma richiede una prova rigorosa dell’intento discriminatorio o del danno effettivo all’attività sindacale.

La revoca di un distacco di un dirigente sindacale è considerata un “trasferimento” che richiede il nulla osta del sindacato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la revoca del distacco non è un trasferimento in senso tecnico, ma il ripristino della sede di servizio originaria. Pertanto, non richiede il preventivo nulla osta sindacale previsto per i trasferimenti.

Un provvedimento che non è formalmente un trasferimento può comunque essere considerato condotta antisindacale?
Sì. Anche se un atto, come la revoca di un distacco, non richiede il nulla osta, può essere comunque impugnato come condotta antisindacale se si dimostra che sottende un intento discriminatorio o è oggettivamente idoneo a ledere la libertà e l’attività sindacale.

Cosa deve dimostrare un sindacato per provare che la revoca di un distacco è antisindacale in concreto?
Il sindacato deve fornire prove concrete che il provvedimento ha causato un effettivo pregiudizio all’azione del rappresentante sindacale o che è stato motivato da un intento punitivo o discriminatorio da parte del datore di lavoro, superando le giustificazioni organizzative addotte da quest’ultimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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