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Trasferimento d’azienda: stipendio e nuovi contratti

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di trasferimento d’azienda, il datore di lavoro subentrante può legittimamente applicare il proprio contratto collettivo, anche se meno favorevole, dopo la scadenza di quello applicato dal cedente. La tutela per i lavoratori è volta a impedire un peggioramento retributivo immediato e dovuto al solo fatto del trasferimento, ma non rende i trattamenti economici intangibili rispetto alle successive dinamiche della contrattazione collettiva. La Corte ha rigettato il ricorso di alcune lavoratrici che si erano viste revocare un ‘superminimo non assorbibile’ a seguito della disdetta di un accordo aziendale, confermando la legittimità dell’operato aziendale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Trasferimento d’azienda: stipendio e nuovi contratti

Il trasferimento d’azienda è un momento delicato che genera spesso preoccupazione tra i dipendenti, soprattutto riguardo alla stabilità del proprio stipendio e delle condizioni di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su fino a che punto si estende la tutela della retribuzione dei lavoratori in seguito a una cessione. La Corte ha esaminato il caso di alcune lavoratrici che, a distanza di anni dal trasferimento, si sono viste revocare un elemento retributivo a seguito della disdetta di un accordo collettivo. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Un gruppo di lavoratrici aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro il proprio datore di lavoro per il mancato pagamento di un emolumento denominato “superminimo non assorbibile”. Tale voce retributiva era stata interrotta a seguito della disdetta di un accordo collettivo di salvaguardia del 1997 e di un contratto integrativo aziendale del 2010. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’azienda, revocando i decreti ingiuntivi. Le lavoratrici, ritenendo violato il principio di irriducibilità della retribuzione nel contesto di un trasferimento d’azienda, hanno proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso delle lavoratrici, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato, affermando che la tutela prevista dall’art. 2112 del Codice Civile non “congela” in eterno le condizioni retributive dei lavoratori trasferiti, ma le protegge da peggioramenti che derivino come conseguenza diretta e immediata del solo trasferimento.

Le Motivazioni: Trasferimento d’Azienda e Trattamento Retributivo

Le motivazioni della Corte si basano su un’attenta interpretazione della normativa nazionale ed europea in materia.

Il Principio di Irriducibilità della Retribuzione

La tutela garantita ai lavoratori in caso di trasferimento d’azienda mira a impedire che essi siano collocati in una posizione meno favorevole “per il solo fatto del trasferimento”. Ciò significa che, al momento della cessione, il lavoratore non può subire un peggioramento retributivo. Tuttavia, questa protezione non rende la retribuzione intangibile per sempre. Le condizioni economiche possono legittimamente mutare in futuro a seguito delle normali dinamiche contrattuali, come la scadenza o la modifica di un contratto collettivo.

L’Applicazione del Contratto Collettivo del Cessionario

La Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 2112, comma 3, c.c., l’azienda acquirente (cessionaria) ha il diritto di applicare ai dipendenti trasferiti il contratto collettivo in vigore presso la propria organizzazione, anche se questo risulta meno favorevole. Le condizioni del contratto collettivo del cedente continuano ad applicarsi solo fino alla sua scadenza. Dopo tale data, prevale la disciplina collettiva del cessionario. Nel caso di specie, il superminimo derivava da un accordo collettivo e non da un patto individuale volto a remunerare specifiche qualità professionali; pertanto, la sua sorte era legata a quella dell’accordo stesso.

Il Rigetto dell’Istanza di Rinvio alla Corte di Giustizia UE

Le ricorrenti avevano chiesto di sollevare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Cassazione ha respinto l’istanza, ritenendola non necessaria. I giudici hanno osservato che la normativa europea è già stata ampiamente interpretata dalla stessa Corte di Giustizia e che, nel caso concreto, non sussisteva alcun dubbio interpretativo. Inoltre, la questione era irrilevante, poiché il peggioramento retributivo era avvenuto a vent’anni di distanza dalla cessione d’azienda e a causa della cessazione di un accordo collettivo, non a causa del trasferimento in sé.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la tutela nel trasferimento d’azienda è robusta ma ha dei limiti temporali e funzionali. Per i lavoratori, significa che la garanzia di mantenimento del trattamento economico e normativo è forte al momento del passaggio, ma non li rende immuni alle future vicende della contrattazione collettiva applicata dal nuovo datore di lavoro. Per le aziende acquirenti, la sentenza ribadisce la possibilità di armonizzare le condizioni contrattuali di tutti i dipendenti, inclusi quelli trasferiti, applicando la propria disciplina collettiva, una volta scaduta quella precedente.

Dopo un trasferimento d’azienda, il nuovo datore di lavoro può applicare un contratto collettivo diverso e meno favorevole?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che il datore di lavoro subentrante può applicare il proprio contratto collettivo. Le condizioni previste dal contratto del precedente datore di lavoro restano in vigore solo fino alla sua naturale scadenza o fino all’applicazione del nuovo contratto.

Un “superminimo non assorbibile” previsto da un contratto collettivo è un diritto acquisito che non può mai essere tolto?
No. Se tale elemento retributivo ha fonte in un accordo collettivo e non in un patto individuale legato a specifiche qualità professionali del lavoratore, la sua esistenza è legata alla vigenza di quell’accordo. Con la scadenza o la disdetta dell’accordo collettivo, anche il superminimo può cessare di essere erogato.

La normativa europea impedisce qualsiasi peggioramento dello stipendio dopo un trasferimento d’azienda?
No. La normativa europea e quella nazionale mirano a evitare che il lavoratore subisca un peggioramento delle condizioni lavorative per il solo fatto del trasferimento. Non impedisce, tuttavia, che la retribuzione possa essere successivamente influenzata dalle dinamiche della contrattazione collettiva applicabile presso la nuova azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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