Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7177 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7177 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1859-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei Curatori pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronologico 433/2019 del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE, depositato il 27/11/2019 R.G.N. 1020/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Il tribunale ordinario di RAGIONE_SOCIALE, con il decreto in atti, definitivamente pronunciando sull’opposizione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proposta da COGNOME NOME, respingeva il ricorso e
Rep.
Ud. 31/01/2024
CC
condannava la ricorrente al rimborso delle spese di lite nella misura liquidata nel provvedimento.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME con sette motivi ai quali ha resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo ex art. 360 n. 4, c.p.c. si deducono vizi formali sulla formazione del giudice e sulla formazione dell’atto (art. 99 L.F. e 136, c.p.c.): nullità ex art 158 c.p.c. del provvedimento decisorio oggi gravato per cassazione, per omessa emanazione e comunicazione del decreto di nomina del giudice relatore e, successivamente, del collegio giudicante; essenzialità dei vizi relativi alla costituzione del giudice, insanabilità e sua rilevabilità ex officio.
2.- Col secondo motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c. ha denunciato la violazione di legge (artt. 24 e 99, L.F.; arrt. 9 e 50- bis, c.p.c.; art. 6, comma1, CEDU, nella visione costituzionalmente orientata ai sensi degli artt. 24 e 111 COST.), infrazione della disciplina in tema di competenza funzionale inderogabile della sezione fallimentare del tribunale e violazione art 25 Cost.
I due motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione e sono infondati.
2.1. Si deve premettere che non danno luogo a nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice le violazioni delle disposizioni relative alla destinazione del giudice alle sezioni e quelle relative alla formazione dei collegi, ma soltanto, per violazione dell’art. 25 Cost., quando la sentenza sia stata posta in essere da persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata (Cass. 10.2.00, n. 1643; Cass.
30.4.21, n. 11536, in motivaz. sub 3: ‘L’art. 25 Cost., infatti, nel disporre che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, considera la competenza dell’organo giudiziario nel suo complesso, ma non esclude che nell’ambito di questo possano verificarsi variazioni nella concreta composizione dell’organo giudicante, che possono essere determinate sia dall’avvicendarsi dei magistrati assegnati all’ufficio giudiziario competente in virtù di legge preesistente, sia dalle sostituzioni che, consentite dalle norme processuali, possano essere determinate da necessità organizzative del medesimo ufficio. Ne consegue che non danno luogo a nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice le violazioni delle disposizioni relative alla destinazione del giudice alle sezioni e quelle relative alla formazione dei collegi’).
2.2. Va dato altresì atto dell’inesistenza di vizi di composizione del collegio decidente con il decreto impugnato, dovendo rilevarsi l’inidoneità della mera registrazione telematica delle date ed orari di designazione del collegio giudicante e di firma digitale del decreto da parte del giudice relatore a dimostrare la mancata costituzione del giudice collegiale al momento di emissione del decreto, dovendo risultare invece la certezza degli atti dalle forme di comunicazione di cancelleria prescritte dall’art. 136 c.p.c., come integrato dall’art. 16 legge n. 221/2012.
2.3. Inoltre, l’esposizione delle doglianze è accompagnata da una serie di documenti riprodotti nel ricorso ed identificati come screenshot tratti asseritamente dal Sicid. Trattasi di un modus operandi inammissibile perché i medesimi documenti non sono stati mai prodotti e non sono neppure indicati in ricorso, ma solo riprodotti all’interno del ricorso, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006, che richiede invece l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a
fondamento del ricorso, oltre alla loro materiale e distinta produzione in uno con il ricorso. (Cass. 29221 del 20/10/2023 n. 24942 del 15/09/2021, n. 27475 del 20/11/2017 n. 33353 del 30/11/2023 )
2.4. In ogni caso, vanno dichiarati irrilevanti i diversi profili di censura anteriori all’emissione del decreto, per l’insorgenza della nullità del provvedimento solo a tale momento (Cass. s.u. 25.11. 08, n. 28040, con specifico riferimento all’inosservan za delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale).
2.5. La stessa decisione della causa da parte del tribunale ordinario di RAGIONE_SOCIALE prima sezione civile non configura neppure alcuna violazione alle regole di competenza e pone semmai una questione di rito.; essendo consolidato l’orientamento secondo cui le questioni concernenti l’autorità giudiziaria dinanzi alla quale va introdotta una pretesa creditoria nei confronti di un debitore dichiarato fallito costituiscono questioni attinenti al rito, che non implicano questioni di competenza, quando il tribunale fallimentare coincida con il tribunale ordinario (Cass. Sentenza nn. 9198 del 10/04/2017, 2090 del 24/01/2023)
Col terzo motivo ex art. 360, n. 4, c.p.c. il ricorrente ha sostenuto l’apparenza della motivazione (art. 112 c.p.c., 132 c.p.c. comma 2 n. 4 e 118 disp. Att. c.p.c.) -vizio di forma e contenuto della decisione; si sostiene che dalla lettura del decreto impugnato non sia possibile desumere il petitum del ricorso.
Il motivo è infondato, posto che al contrario risulta chiaramente dalle premesse di fatto della decisione, (pg. 1, con ripresa al 4° cpv. di pg. 2 decreto) che la ricorrente avesse presentato domanda di ammissione al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per crediti di lavoro per complessivi euro 24.668,30 di cui euro 22.967,04 a titolo di indennità di preavviso ed euro 1701,26
a titolo di quota di TFR su indennità di preavviso; e che abbia proposto ad esso opposizione a seguito dell’esclusione dei crediti insinuati, in assenza di alcun licenziamento, considerato il trasferimento dell’intera forza lavoro alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE senza soluzione di continuità unitamente al ramo di RAGIONE_SOCIALE.
Non esiste pertanto alcuna apparenza di motivazione atteso che il decreto impugnato spiega compiutamente ed in modo logico le ragioni della domanda, dell’impugnazione e del suo rigetto in conformità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui la motivazione è apparente quando, benché graficamente esistente, essa non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. s.u. 3.11.16, n. 22232; Cass. 23.5.19, n. 13977; Cass. 1.3.22, n. 6758), sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo di violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, sesto comma Cost., individuabile nelle ipotesi (come, tra le altre, quella di motivazione apparente) che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., dando luogo a nullità della sentenza (Cass. s.u. 7.4.14, n. 8053; Cass. 12.10.17, n. 23940).
4. Col quarto motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c. il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto (violazione art. 47, comma 5, L. n. 428/1990, nel prisma della previsione di tutela di cui all’art. 5, Direttiva 2001/23/CE e falsa applicazione art. 2112 c.c.) per avere il Tribunale, pur dato atto del trasferimento del ramo d’RAGIONE_SOCIALE alle condizioni previste dall’accordo sindacale 29.12.17, ex art. 47, co. 5 l. 428/90 (e quindi in deroga all’art. 2112 c.c.), poi apoditticamente affermato la continuità del rapporto di lavoro
della ricorrente con la cessionaria, in assenza di licenziamento o dimissioni, non potendo essere ritenuta la continuità ex lege del rapporto di lavoro per la disapplicazione dell’art. 2112 c.c., nell’ipotesi di trasferimento da impresa cedente fallita, co me nel caso di specie, traendosi infine argomenti interpretativi dal riformato testo dell’art. 47, co. 5 l. 428/90 ad opera dell’art. 368, co. 4, lett. c), d) d.lgs. 14/19 (CCII), in riferimento all’immediata esigibilità nei confronti del cedente l’RAGIONE_SOCIALE del T.f.r., tenendo ‘la data del trasferimento … luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro , anche ai fini dell’individuazione dei crediti di lavoro diversi dal t.f.r.’
Col quinto motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c. ha ipotizzato la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1362 ss. c.c. e 2118 c.c.) Violazione nell’interpretazione dei contratti (CCNL FISE ASSORAGIONE_SOCIALE ART. 75; atto di cessione del ramo d’RAGIONE_SOCIALE del 30.12.2017; accordo sindacale del 29.12.2017 ad esso allegato e violazione art. 2118 c.c. per non avere il Tribunale ritenuto cessato il rapporto di lavoro con la cedente, in difetto di alcun subentro automatico della cessionaria e così erroneamente escluso il diritto della ricorrente all’indennità di preavviso, come maturata sulla base della normativa contrattuale denunciata.
5.1. I due motivi sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati.
E invero, come correttamente affermato dai giudici di merito, la cessione di RAGIONE_SOCIALE è stata comprensiva dei rapporti di lavoro con il personale dipendente in essere alla data del trasferimento; sia l’atto di cessione di RAGIONE_SOCIALE, sia il verbale di accordo sindacale prevedono che i dipendenti siano trasferiti all’RAGIONE_SOCIALE cessionaria senza soluzione di continuità ed evidenziando la prosecuzione del rapporto di lavoro subordinatamente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione in sede sindacale.
5.2. Ne deriva quindi che il passaggio dei dipendenti alla cessionaria non è avvenuto mediante costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, posto che tale società è subentrata nel rapporto in corso; tanto risulta confermato anche dalla comunicazione inviata dall’RAGIONE_SOCIALE ai curatori fallimentari 11/7/2018 ( la quale dà atto che ‘nel caso della RAGIONE_SOCIALE per effetto della cessione del ramo di RAGIONE_SOCIALE formalizzata con atto notarile, i lavoratori subordinati, in forza ai servizi di igiene urbana sono transitati, ai sensi dell’art. 2112 c.c. in capo alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE con formale continuità dei relativi contratti di lavoro subordinato’).
Ed infatti, nonostante in materia di trasferimento di imprese assoggettate a procedura concorsuale o di rami di esse, l’art. 47, comma 5 l. 428/90 abbia previsto ampia facoltà, per l’impresa subentrante, di concordare condizioni contrattuali per l’assunzione ex novo dei lavoratori, in deroga a quanto dettato dall’art. 2112 c.c. nonché la possibilità di escludere parte del personale eccedentario dal passaggio, in quanto tale derogabilità, laddove prevista dall’accordo sindacale, anche se peggiorativa del trattamento dei lavoratori, si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali (Cass. 19.1.2018, n. 1383; Cass. 22.2.19, n. 5370; Cass. 14.9.21, n. 24691), nel caso di specie la continuità del rapporto è stata prevista in via convenzionale propr io dall’accordo sindacale, alle condizioni ivi previste (nelle parti trascritte a pgg. 21 e 22 del ricorso). E ciò per essere ‘l’intera forza lavoro … tuttora alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE (primi 2 alinea di pg. 2 del decreto) e la lavoratrice ininterrottamente al lavoro nel ramo d’RAGIONE_SOCIALE oggetto di trasferimento (salva l’assiomaticamente ritenuta soluzione del rapporto: sub p.to b) di pg. 2 del controricorso), come esattamente ritenuto dal Tribunale (dal penultimo capoverso di pg. 2 al primo di pg. 3 del decreto).
Neppure in via interpretativa possono poi essere utilizzate norme, peraltro inconferenti, del CCII, in caso di mancata continuità della disciplina, come nel caso di specie per la sua radicale modificazione: essendo il cd. codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al d.lgs. n. 14 del 2019, in generale non applicabile alle procedure aperte anteriormente alla sua entrata in vigore, potendosi, peraltro, rinvenire nello stesso delle norme idonee a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare solo ove ricorra, nello specifico segmento considerato, un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro (Cass. SU 25.3.21, n. 8504).
5.3. Non si configura, infine, il vizio di error in iudicando sotto il profilo dell’interpretazione dell’atto di trasferimento RAGIONE_SOCIALEle, in difetto di un’appropriata, né pertinente denuncia dei canoni interpretativi violati.
Col sesto motivo ex art. 360, n. 4, c.p.c., la ricorrente ha prospettato la valutazione delle risultanze probatorie sulla scorta di valori diversi (art. 2700 c.c. e art. 116 c.p.c. – vincolo legale al libero convincimento del Giudice), nonché ex art. 360, n. 5, c.p.c. per omesso esame di un fatto storico decisivo ai fini del giudizio oggetto di discussione, perché ingiustamente il tribunale avrebbe dato rilevanza probatoria alla comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE ed omesso di esaminare il contenuto del bilancio di RAGIONE_SOCIALE al 31/ 122017.
Il motivo è inammissibile posto che sconfina in un indeferibile sindacato di merito in tema di selezione e valutazione delle prove, atteso che rientra nella discrezionalità del giudice valutare sia la comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE, sia non dare rilevanza al contenuto del bilancio di ABC ai fini della fondatezza della domanda in materia di licenziamento senza preavviso. Inoltre, la denuncia del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ non avendo la ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base,
rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
7.- Con il settimo motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c. la ricorrente denuncia violazione di legge (art. 92, c.p.c., nel prisma dell’art. 24 Cost.), illegittimo regime delle spese legali di soccombenza, per la condanna alla rifusione delle spese di lite poste a suo carico, ritenendo che sussistessero nel caso di specie gravi ragioni anche ai sensi della sentenza della Corte Cost. n. 77/2018 per operare l’integrale compensazione alle spese della lite.
Il motivo è infondato, atteso che in materia di compensazione delle spese processuali il sindacato di legittimità è limitato ad evitare la violazione del principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, essendo del tutto discrezionale la valutazione in materia di compensazione, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare. Inoltre nel caso di specie, non possono ritenersi sussistenti i presupposti della compensazione invocata per la mancanza sia della novità delle questioni, sia di altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni riconducibili alla stessa ratio giustificativa, avendo i giudici di merito deciso la controversia conformemente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito. I giudici hanno quindi fatto corretta applicazione del regime soccombenza, individuato dal criterio rivelatore di aver dato causa al processo (Cass. 29.5.18, n. 13498; Cass. 27.2.23, n. 5813).
Per quanto riguarda poi il quantum delle spese, salvo il rispetto dei parametri minimi e massimi, la determinazione in concreto del compenso per le prestazioni professionali di AVV_NOTAIO è rimessa esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito e pertanto su di esso non
si può estendere il sindacato di questa Corte (Cass. n. 4782/2020), oltre tutto a fronte di una contestazione del tutto vaga dell’entità liquidazione, senza specifica contestazione tariffaria (Cass. 30716/17; Cass. 18584/21).
8.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della parte controricorrente; segue altresì il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 4500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un importo ulteriore pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 31.1. 2024