Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12283 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26727-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4943/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/02/2020 R.G.N. 2322/2016 + altri;
Oggetto
R.G.N. 26727/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 2912/2016 il Tribunale di Napoli, in accoglimento parziale della domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei 13 lavoratori indicati in epigrafe (oltre altri in relazione ai quali è stata dichiarata cessata la materia del contendere nei precedenti gradi) – con la quale la società chiedeva accertarsi e dichiararsi che la RAGIONE_SOCIALE non era tenuta al pagamento delle indennità risultanti dai verbali di accordo sindacale stipulati con i lavoratori dall’ASAM, in data antecedente al trasferimento ex art. 2112 c.c. e, per l’effetto condannarsi i resistenti alla restituzione delle somme nelle more incassate per le causali indicate in narrativa, con riserva di incardinare separato procedimento per la relativa quantificazione – ha dichiarato il diritto della società a recedere unilateralmente dagli accordi aziendali del 29.1.2004, 15.3.2006. 20.6.2007 e 13.11.2007 mentre ha rigettato la domanda volta alla restituzione di quanto spontaneamente corrisposto ai lavoratori sino a quel momento.
Con sentenza n. 4943/2019 dell’11 febbraio 2020 la Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello dei lavoratori e rigettato la domanda svolta dalla RAGIONE_SOCIALE La Corte, in primo luogo, ha ritenuto fondato il motivo di appello con il quale si censurava la sentenza di primo grado per vizio di ultra o extra petizione posto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai invocato il diritto a recedere dagli accordi, essendosi limitata a chiedere la restituzione delle somme percepite dai lavoratori dopo la cessione, sul diverso presupposto che fossero venute meno le condizioni di disagio
nell’espletamento delle prestazioni lavorative, e che si trattasse di voci retributive non fisse, e non ricadenti nel divieto di cui all’art. 2103 c.c.. Rigettava, poi, nel merito detta domanda ritenendola infondata, sia perché nella comunicazione del 13.5.2008 di assunzione dei lavoratori alle sue dipendenze per trasferimento ex art. 2112 cc. dalla ASAM – che fa luogo a contratto individuale di lavoro, accettato dal lavoratore – la GORI aveva recepito puramente e semplicemente le disposizioni degli accordi vigenti, rendendole parte integrante del contratto individuale di lavoro, sia in quanto non era stata raggiunta la prova, incombente sulla società, che fossero mutate le condizioni di espletamento della prestazione lavorativa, tenute in considerazione all’atto della stipula degli accordi e remunerate specificamente.
Avverso tale sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
I lavoratori Valanzano, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME hanno resistito con controricorso, nel quale si dà atto, quanto alla posizione di NOME COGNOME che questi ha rassegnato le dimissioni concludendo un accordo transattivo con Gori in data 23.11.2018 con rinuncia ad ogni pretesa (doc. 4) e si chiede che venga estromesso dal giudizio con ogni conseguenza di legge.
Le parti hanno depositato memorie illustrative nelle quali si dà atto della sottoscrizione di verbali di conciliazione sindacale per tutti i lavoratori fatta eccezione di NOME COGNOME e si chiede accertarsi la cessazione della materia del contendere nei confronti di tutte le parti, eccezion fatta per il suddetto controricorrente. Al termine della camera di consiglio, il Collegio
si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche con riferimento all’art. 2697 c.c., per avere il giudice del gravame posto a base della decisione prove ricavate al di fuori dei limiti processuali. Deduce che la Corte territoriale ha violato le norme indicate nella parte in cui, sulla base della premessa erronea ‘riqualificazione” della domanda da parte del giudice di merito, ha rigettato quella proposta – relativa alla restituzione delle somme non spettanti in conseguenza del mutamento delle condizioni in ragione delle quali gli accordi di secondo livello avevano previsto i trattamenti retributivi oggetto di contestazione – affermando la mancanza di prova sulle mutate condizioni di lavoro degli attuali resistenti, non avendo la COGNOME fornito, a dire del Giudice del gravame, adeguate allegazioni e/o formulato idonee richieste istruttorie, ciò nonostante i lavoratori non avessero mai contestato l’allegazione (rinvenibile fin nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) secondo la quale gli stessi, all’esito del passaggio alle dipendenze della Gori, sono stati posti in condizioni lavorative migliorative rispetto a quelle sussistenti alle dipendenze dell’ASAM. Lamenta che la Corte territoriale ha altresì violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., anche con riferimento all’art. 2697 c.c., avendo errato nel ritenere a carico della deducente la sussistenza dell’onere di provare il venir meno dei presupposti applicativi degli accordi di secondo livello oggetto di lite.
Con il secondo motivo la COGNOME deduce: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice del
gravame posto a base della decisione elementi di prova piena che avrebbero dovuto essere oggetto di valutazione; violazione e/o falsa applicazione degli art. 115 e 116 c.p.c. anche con riferimento agli artt. 1362 e 2103 c.c. per avere la Corte territoriale operato una ricostruzione della volontà contrattuale della deducente, ricavando dalla formulazione della lettera del 13.5.2008 e dal comportamento tenuto nei confronti del Sig. COGNOME elementi affermativi della volontà di dare piena ed incondizionata adesione agli accordi aziendali di cui è causa, senza tener conto di ulteriori rilevanti elementi che avrebbero dovuto determinare il convincimento contrario a quello conclusivamente assunto; violazione dell’art. 2103 c.c. per essere preclusa alla Gori la possibilità di rivedere i trattamenti retributivi dei propri dipendenti nei limiti consentiti dalla norma.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame della domanda concernente l’errata esclusione dalla decisione di primo grado dell’accordo del 10.10.2006, oggetto del motivo di appello incidentale, ritenuta dalla Corte d’appello assorbita.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce l’omessa disamina della domanda di condanna alla restituzione delle somme erogate per effetto degli accordi aziendali oggetto di causa.
Il ricorso deve essere respinto. Occorre, in via preliminare, rilevarsi che non può tenersi conto della nota depositata da parte ricorrente in data 27 marzo 2025, alle ore 17.03, accettata dalla Cancelleria e, dunque, resa visibile al Collegio, solo in data 28 marzo 2025, con la quale si allega essere intervenuta conciliazione anche con il Chieli, come da verbale di conciliazione sottoscritto nel pomeriggio del medesimo giorno 27 marzo 2025. La nota è, infatti, stata depositata dopo l’inizio
dell’adunanza camerale e della discussione del ricorso e risulta quindi tardiva.
5.1. In conseguenza, in forza dei verbali di conciliazione sindacale depositati con le memorie illustrative, essendo venuta meno ogni posizione di contrasto tra le parti, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere nei confronti di tutti i lavoratori indicati in epigrafe ad eccezione del Chieli, stante la tardività del deposito del verbale di conciliazione .
In relazione alla sola posizione del Chieli, dunque, vanno esaminati i motivi di ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
I primi due motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati. Innanzitutto, essi sono accomunati dalla mancata individuazione della ratio decidendi che ha portato la Corte d’appello a rigettare la domanda. Preliminarmente, varrà sottolineare come la ricorrente non abbia svolto alcuna specifica e puntuale censura in ordine alla qualificazione della originaria domanda quale operata, in riforma della sentenza di primo grado, dalla Corte d’appello.
7.1. La Corte territoriale, infatti, ha affermato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai proposto una domanda volta all’accertamento del suo diritto di recedere dagli accordi aziendali stipulati dall’ASAM in data antecedente al suo subentro nella gestione del servizio idrico, essendosi limitata a chiedere la restituzione delle somme percepite dai lavoratori dopo la cessione, sul diverso presupposto che fossero venute meno le condizioni di disagio nell’espletamento delle prestazioni lavorative per le quali gli emolumenti aggiuntivi erano stati riconosciuti negli accordi aziendali, e che si trattasse di voci retributive non fisse, e non ricadenti nel divieto di cui all’art. 2103 c.c.
7.2. Sulla base di tale qualificazione ha, dunque, esaminato la domanda ritenendola infondata sulla base di due rationes decidendi .
7.3. In primo luogo, ha ritenuto che gli emolumenti versati ai lavoratori, odierni ricorrenti, erano dovuti e, dunque, non ripetibili, a prescindere da qualsivoglia accordo aziendale, per essere stati ‘recepiti’ integralmente nel contratto individuale di lavoro, per tale dovendo intendersi la missiva del 13 maggio 2008 con la quale la RAGIONE_SOCIALE ha comunicato ai lavoratori la loro assunzione alle sue dipendenze per trasferimento ex art. 2112 c.c. dalla ASAM. La Corte, infatti, evidenzia che ‘ in detta missiva la società ha comunicato che il rapporto di lavoro proseguirà senza soluzione di continuità ai sensi dell’art. 2112 c.c. alle seguenti condizioni: le verrà applicato il CCNL unico del settore Gas Acqua 9 Marzo 2007; 2) le sarà mantenuto il livello di inquadramento attualmente in atto; 3) le sarà mantenuto il trattamento economico attualmente in atto; 4) è confermata la durata dell’orario di lavoro di 38 ore settimanali … ‘ e che ‘ nella predetta comunicazione – che fa luogo a contratto individuale di lavoro, accettato dal lavoratore – la COGNOME ha recepito puramente e semplicemente le disposizioni degli accordi vigenti rendendole parte integrante del contratto individuale di lavoro come da lei stipulato e considerando il trattamento retributivo globale. In tal senso depone con chiarezza il fatto che vi sia riferimento al trattamento retributivo attualmente in atto senza alcuna distinzione fra voci retributive o riserva alcuna ‘. La Corte territoriale ha, poi, sottolineato che tale conclusione, coerente con la svolgimento delle pregresse trattative, era corroborata anche dal contenuto della lettera di assunzione del COGNOME uno degli odierni controricorrenti, il quale, in quanto lavoratore
socialmente utile collaborante con l’ASAM all’atto della cessione a Gori, veniva da questa assunto ‘per la prima volta’ – nella quale la società ‘ ebbe a riconoscere ai nuovi assunti (oltre alle stesse condizioni contrattuali dei lavoratori ASAM quanto ad orario di lavoro e applicazione CCNL gas acqua del 2007) un trattamento economico comprendente le voci contrattuali minimo tabellare e contingenza ma anche un assegno ad personam, evidentemente parificandone il trattamento retributivo a quello dei dipendenti ASAM del medesimo livello di inquadramento ( cfr. buste paga in atti). Ciò a riprova del fatto che il trattamento retributivo di detti lavoratori era da intendersi globale e non variabile in relazione ad eventi mutevoli ‘.
7.4. In secondo luogo, e quale autonoma ragione del rigetto della domanda della COGNOME, la Corte territoriale ha evidenziato che, in ogni caso, il presupposto della invocata riduzione del trattamento retributivo riconosciuto ai lavoratori andava rinvenuto nella ‘ effettiva diversità delle condizioni di espletamento della prestazione lavorativa, con particolare riguardo a quelle tenute in considerazione all’atto della stipula degli accordi e remunerate specificamente ‘ e che la COGNOME non solo non aveva provato tale circostanza ma non la aveva nemmeno specificamente allegata in ricorso essendosi limitata a deduzioni generiche, inidonee a contrastare le puntuali deduzioni dei lavoratori circa ‘ la specifica professionalità dei lavoratori ASAM, la loro precipua conoscenza del territorio e le modalità con cui sullo stesso si opera, le difficoltà di detto territorio, tutti dati giustificanti la particolare remunerazione delle prestazioni rese, consolidate in un trattamento ad personam non a caso ‘.
7.5. Costante orientamento di questa Corte ha precisato, per un verso, che quando la sentenza di merito impugnata si fonda su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le rationes ; l’omessa impugnazione di una di essere rende, dunque, inammissibile, per difetto di interesse, le censure relative alle altre, le quali, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 18/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753), e, per altro verso, che è inammissibile il motivo che non si correla alla motivazione della sentenza impugnata, dato che il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere (Cass., 22/04/2020, n. 8036).
I motivi sono, inoltre, inammissibili per una pluralità di ulteriori ragioni.
8.1. In primo luogo, deve osservarsi che, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente, a prescindere dal contenuto della doglianza formulata, e dunque tanto nell’ipotesi in cui si lamenti che il giudice abbia ritenuto operante il principio in assenza dei suoi presupposti, quanto nel caso in cui ci si dolga, al contrario, dell’erronea esclusione della sua operatività (tal è, appunto, il caso che occupa) non solo di ‘indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese’, inserendo nel ricorso ‘la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi’ e ciò mercé ‘la riproduzione degli atti del giudizio nella misura necessaria’ a tale scopo (cfr da ultimo Cass. n. 15058/2024, Rv. 671191 – 01; Cass. n. 16655/2016, Rv. 641486-01; Cass. n. 24062/2017), ma anche ad ‘indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi’ (cfr. Cass. n. 12840/ 2017, Rv. 644383-01), in modo da consentire a questa Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115, comma 2, cod. proc. civ. Nella specie, tale onere non risulta essere stato adempiuto, donde l’inammissibilità del motivo, essendosi la ricorrente limitata ad affermare che in memoria di costituzione in primo grado i lavoratori non avrebbero contestato le migliori condizioni lavorative presso la Gori rispetto a quelle sostenute presso la cedente ASAM.
8.2. Quanto, poi, alla violazione dell’art. 115 c.p.c., va ricordato che, per dedurre ammissibilmente in sede di legittimità la violazione di tale norma, occorre denunciare che il giudice, in
contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre essendo detta attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016; cfr. Sez. Un., Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, in motivazione).
8.3. Inoltre, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunci violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuire un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. n. 20751/2022).
8.4. La doglianza proposta, inoltre, non è neppure astrattamente riconducibile alla violazione dell’art. 2697 cod. civ., che risulta censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni’ (così, da ultimo, ex plurimis, Cass. n. 6374/2023; Cass. Sez. Lav. n. 17313/2020, Rv. 658541-01; Cass. 13395/2018, Rv. 649038- 01; Cass. n. 18092/2020, Rv. 658840- 01), evenienza, quella appena indicata, che risulta lamentata in maniera del tutto apodittica nel caso di specie, non anche quando, a seguito di una asserita incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.
8.5. Quanto alla violazione dell’art. 1362 c.c. dedotta con il secondo motivo di ricorso occorre evidenziare che, l’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per erronea o insufficiente motivazione, ovvero per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, la quale deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia discostato dai suddetti canoni; altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti si traduce nella mera proposta di un’interpretazione diversa da quella censurata, come tale inammissibile in sede di legittimità (così Cass. n. 353/2025, Rv. 673743-01). Il ricorso in sede di
legittimità, laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, non può, dunque, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (Cass. Sez. Lav. n. 18214/2024, Rv. 671915 – 01).
8.6. Aggiungasi che, proprio in relazione al merito delle censure articolate in ordine alle lettere di assunzione, la declaratoria di inammissibilità attiene anche al mancato rispetto dell’onere di specificità sancito dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non avendo parte ricorrente allegato né riprodotto detti documenti, impedendo a questo collegio di svolgerne un controllo diretto. Costituisce, infatti, ius receptum di questa Corte quello secondo cui devono considerarsi inammissibili ‘le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità’ (così, da ultimo, ex multis Cass. n. 2817/2025; Cass. n. 1482/2025; Cass. Sez. lav. n. 33721/2024).
8.7. L’inammissibilità delle suddette censure determina l’inammissibilità anche della censura di violazione dell’art. 2103 c.c. lamentata quale conseguenza degli errores in iudicando sopra evidenziati.
I motivi terzo e quarto risultano assorbiti dalla pronuncia di inammissibilità dei primi due motivi, presupponendone l’accoglimento.
In conclusione va dichiarata cessata la materia del contendere, anche con riferimento alle spese di lite, in relazione alle posizioni di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME e va dichiarata l’inammissibilità del ricorso in relazione alla posizione di NOME COGNOME.
La ricorrente va condannata alla rifusione delle spese processuali in favore di NOME COGNOME liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
P.Q.M.
La Corte
Dichiara cessata la materia del contendere anche per le spese in relazione a Valanzano NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Francesco, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME Michele
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di COGNOME NOME
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di COGNOME Marco delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge da distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della