Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16180 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12555-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3799/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/11/2023 R.G.N. 2147/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Trasferimento azienda lavoro
R.G.N. 12555/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 18/03/2025
CC
Con la sentenza n. 3799 del 2023 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la quale la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) era stata condannata all’assunzione di NOME COGNOME a far data dal trasferimento di azienda, avvenuto tra RAGIONE_SOCIALE (di cui il COGNOME era dipendente dal 5.3.84) e RAGIONE_SOCIALE poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, regolato dal verbale di accordo del 3.7.2015 che prevedeva l’ assorbimento soltanto di n. 340 dipendenti con esclusione di altri n. 160.
I giudici di seconde cure, dopo avere richiamato la normativa di riferimento, hanno rilevato, sul presupposto che il trasferimento aveva ad oggetto il complesso aziendale della RAGIONE_SOCIALE soggetta ad Amministrazione straordinaria ai sensi del D.lgs. n. 270/99, che nel caso in esame non sussisteva l’elemento della cessazione dell’attività con conseguente applicazione dell’art. 47 comma 4 bis della legge n. 428/90 e, quindi, dell’art. 2112 cc; hanno, poi, sottolineato, anche se la questione non aveva rilievo, che i criteri di selezione dei n. 340 dipendenti trasferiti erano generici, che la preferenza non era stata preceduta da alcuna fase relativa a colloqui conoscitivi e senza alcuna trasparenza nella adozione della scelta, non essendo a tale scopo sufficiente la mera formula di stile delle esigenze tecnicoproduttive in relazione al portafoglio delle commesse, senza altro elemento di specificità.
Avverso la decisione di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME
La società ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va dichiarata la tardività del controricorso di NOME COGNOME
Invero, il ricorso per cassazione è stato notificato il 16.5.2024 mentre il controricorso è stato depositato il 6.8.2024, oltre il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 370 co. 1 cpc, come risultante dalla nuova formulazione della norma, ratione temporis applicabile, che non prevede più la notifica dello stesso.
Ciò premesso, i motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, con riferimento all’interpretazione e valutazione della validità degli Accordi Sindacali datati 3.7.2015 e 16.5.2016: nello specifico dell’ar t. 47 co. 5 della legge n. 428/90 in relazione all’art. 5 della Direttiva U.E. n. 2001/23 nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 63 co. 4 e 56 co. 3 bis D.lgs. n. 270/99 in relazione all’art. 47 della legge n. 428/1990. Si deduce che la Corte distrettuale, in modo del tutto inopinato, aveva escluso la riconducibilità dell’Accordo sindacale dalla previsione di cui all’art. 47 co. 5 legge n. 428/90 pur sapendo che le Società cedente e cessionaria nonché le OO.SS., con successivo verbale sottoscritto in data 16.5.2016 presso il MISE, avevano dato espressamente atto dell’errore materiale contenuto nell’Accordo in data 3.7.2015 e del fatto che la loro reale intenzione era da ricondurre la cessione nell’alveo dell’art. 47 co. 5 citato, concordando p eraltro un trasferimento solo parziale dei lavoratori: il tutto in un
contesto in cui a RAGIONE_SOCIALE non residuava alcuna attività produttiva che ne consentisse la prosecuzione.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, con riferimento alla interpretazione e valutazione della validità dell’Accordo sindacale datato 3.7.2015: nello specifico, dell’art. 47 com mi 4 bis e 5 della legge n. 428/90 e dell’art. 30 co. 1 della legge n. 183/2010. Si sostiene che la Corte territoriale, nel non avere considerato l’assenza di vincoli normativi in ordine al contenuto dell’accordo ex art. 47 co. 4 bis e 5 legge n. 428/90, dalla quale conseguiva la rimessione di tale aspetto alla autonomia negoziale delle parti collettive, aveva censurato i criteri di scelta individuati nell’Accordo che comunque presentavano, a differenza di quanto ritenuto, un adeguato grado di specificità tale da consentire la valutazione comparativa delle professionalità dei lavoratori coinvolti dalla selezione.
Ritiene il Collegio, in primo luogo, di dovere evidenziare l’irrilevanza del precedente di questa Corte (Cass. n. 19723/24), richiamato dalla società a fondamento della istanza di fissazione dell’udienza da essa presentata, in quanto con tale decisione, di accoglimento di altro ricorso presentato dalla RAGIONE_SOCIALE era stata proprio delegata al giudice di rinvio la verifica di quale fattispecie normativa (art. 47 co. 4 bis o art. 47 co. 5 legge n. 428/90) disciplinasse la cessione di azienda de qua: tale accertamento, nel caso concreto, risulta invece effettuato.
Orbene, venendo allo scrutinio del primo motivo, deve rilevarsi la sua infondatezza.
In punto di diritto la gravata sentenza è conforme ai principi di legittimità statuiti da questa Corte che ha precisato che, in
caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, lett. c), della l. n. 675 del 1977, ovvero per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività, ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999, l’accordo sindacale di cui all’art. 47, comma 4-bis, della l. n. 428 del 1990, inserito dal d.l. n. 135 del 2009, conv. in l. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c. concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario, in quanto la locuzione – contenuta del predetto comma 4-bis “Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo”, va letta in conformità al diritto dell’Unione europea ed alla interpretazione che dello stesso ha fornito la Corte di giustizia, 11 giugno 2009, in causa C-561/07 (all’esito della procedura di infrazione avviata nei confronti della Repubblica italiana per violazione della direttiva 2001/23/CE), nel senso che gli accordi sindacali, nell’ambito di procedure di insolvenza aperte nei confronti del cedente sebbene non “in vista della liquidazione dei beni” , non possono disporre dell’occupazione preesistente al trasferimento di impresa (Cass. n. 10414/2020).
In punto di fatto, invece, con un accertamento di merito argomentato con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, entrambi i giudici di merito, in una situazione di cd. doppia conform e’, hanno appurato che, nella vicenda
traslativa oggetto del presente processo, non era desumibile la sussistenza dell’elemento della cessazione dell’attività, così come richiesto dall’art. 47 co. 5 della legge n. 428/90 (che avrebbe giustificato l’esclusione dei lavoratori eccedentari dal passaggio presso il cessionario): ciò perché l’attività era proseguita, come risultava documentato e dall’esame degli atti prodotti. La Corte territoriale ha anche precisato che la società non aveva fornito alcuna prova circa una eventuale prosecuzione dell’a ttività al solo fine di eliminare il rischio grave di un complessivo deterioramento del valore dell’impresa ceduta e delle condizioni di vita e di lavoro della mano d’opera ed anzi, dal verbale dell’Accordo stipulato in data 3.7.2015, emergeva l’elemento d ella continuità aziendale in quanto in esso si leggeva testualmente che «Le parti, come sopra costituite, dandosi atto che i principali obiettivi sono la prosecuzione dell’attività produttiva ed il significativo assorbimento degli attuali organici che poss ano garantire la continuità aziendale…» .
E’ opportuno precisare che, in tema di interpretazione dell’atto di autonomia privata (qual è un Accordo Sindacale) il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. n. 2465/2015) e che la verifica della riconducibilità dell’Accordo, all’una o all’altra fattispecie legale, riguardando la qualificazione giuridica della
fattispecie, non è vincolata al nomen iuris indicato dalle parti ma al procedimento di sussunzione spettante al giudice.
Il secondo motivo è, invece, inammissibile perché, accertato l’inquadramento della fattispecie concreta in quella di cui all’art. 47 co. 4 bis legge n. 428/90, l’esame dei criteri di selezione del personale rappresentava un argomento ad abundantiam dell’impianto decisorio (come del resto evidenziato dalla stessa Corte territoriale) e, in sede di legittimità, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte “ad abundantiam” o costituenti “obiter dicta” sono inammissibili per difetto di interesse, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione (Cass. n. 1770/2025).
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio attesa la rilevata tardività del controricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 marzo 2025