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Trasferimento azienda: la tutela del lavoratore escluso

La Corte di Cassazione conferma il diritto all’assunzione di un lavoratore escluso da un accordo sindacale in un’operazione di trasferimento azienda. Poiché l’attività d’impresa proseguiva e non era cessata, la Corte ha ritenuto inapplicabile la deroga che permette il mancato assorbimento di parte del personale, riaffermando la tutela prevista dall’art. 2112 c.c. anche per le aziende in amministrazione straordinaria.

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Trasferimento azienda: la continuità aziendale salva il posto di lavoro

Il trasferimento azienda è un’operazione complessa, specialmente quando l’impresa cedente si trova in uno stato di crisi. La normativa cerca di bilanciare la continuità produttiva con la tutela dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: se l’attività aziendale prosegue, anche parzialmente, un accordo sindacale non può escludere legittimamente alcuni dipendenti dal passaggio alla nuova società. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: La Cessione con Esclusione di Personale

La vicenda trae origine dalla cessione di un’azienda operante nel settore dei trasporti e soggetta ad amministrazione straordinaria. L’operazione prevedeva il passaggio del complesso aziendale a una nuova società. Un accordo sindacale, stipulato nell’ambito del trasferimento, stabiliva l’assorbimento di un numero definito di dipendenti (340), escludendone però un’altra parte consistente (160).

Un lavoratore, rimasto escluso dall’operazione, ha agito in giudizio chiedendo il riconoscimento del suo diritto a proseguire il rapporto di lavoro con la società acquirente. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, condannando l’azienda alla sua assunzione, ritenendo che la normativa a tutela dei lavoratori (art. 2112 c.c.) non potesse essere derogata in quel caso specifico.

Il Trasferimento Azienda secondo i Giudici di Merito

I giudici dei primi due gradi di giudizio hanno basato la loro decisione su un presupposto fattuale decisivo: l’attività dell’azienda ceduta non era cessata, ma stava proseguendo. Questa circostanza impediva l’applicazione della norma (art. 47, comma 5, L. 428/90) che consente, in caso di cessazione dell’attività, di escludere i lavoratori eccedentari dal trasferimento.

Secondo la Corte d’Appello, la fattispecie rientrava invece nell’ambito dell’art. 47, comma 4-bis, che si applica alle aziende in crisi la cui attività prosegue. Questa norma permette agli accordi sindacali di modificare le condizioni di lavoro dei dipendenti trasferiti, ma non di escluderli dal trasferimento stesso. Pertanto, il diritto del lavoratore a mantenere il proprio posto di lavoro con la società acquirente doveva essere garantito.

Il Ricorso in Cassazione dell’Azienda

La società acquirente ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo principalmente due motivi:
1. Errata applicazione della legge: L’azienda sosteneva che la Corte d’Appello avesse sbagliato a non riconoscere la validità dell’accordo sindacale, il quale, secondo la sua tesi, doveva essere inquadrato nella disciplina eccezionale che permette il trasferimento solo parziale dei lavoratori.
2. Critica ai criteri di selezione: La società lamentava che i giudici avessero criticato la genericità dei criteri di selezione dei lavoratori da trasferire, invadendo un campo che spetta all’autonomia delle parti collettive.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito in modo definitivo i principi che governano il trasferimento azienda in contesti di crisi.

Il punto centrale della motivazione risiede nella distinzione netta tra le ipotesi di continuazione e di cessazione dell’attività. La Corte ha ribadito che la possibilità di escludere lavoratori dal trasferimento è una deroga eccezionale, applicabile solo quando l’attività dell’impresa cedente è definitivamente cessata. Nel caso in esame, i giudici di merito avevano accertato, con una valutazione non sindacabile in sede di legittimità, che l’attività produttiva stava proseguendo. Lo stesso accordo sindacale del 2015 menzionava espressamente come obiettivo “la prosecuzione dell’attività produttiva ed il significativo assorbimento degli attuali organici che possano garantire la continuità aziendale”.

Di conseguenza, la fattispecie doveva essere disciplinata dall’art. 47, comma 4-bis della L. 428/90. Questa norma, in linea con il diritto europeo, consente agli accordi sindacali di modificare le condizioni di lavoro per salvaguardare l’occupazione, ma non autorizza a disporre dell’occupazione stessa, escludendo una parte dei lavoratori dal diritto a passare alle dipendenze del cessionario.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo ai criteri di selezione, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. Avendo stabilito che la norma applicabile non permetteva l’esclusione di personale, qualsiasi discussione sulla correttezza dei criteri usati per tale esclusione diventava superflua. Le considerazioni della Corte d’Appello su questo punto sono state qualificate come obiter dicta, ovvero argomentazioni non decisive per la sentenza e, come tali, non contestabili in Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio di fondamentale importanza nel diritto del lavoro: la tutela dei lavoratori nel trasferimento azienda è la regola, anche quando l’impresa è in crisi. La deroga che consente il mancato assorbimento di una parte della forza lavoro è strettamente limitata ai casi in cui l’attività produttiva cessa completamente. Se, al contrario, l’obiettivo dell’operazione è garantire la continuità aziendale, tutti i rapporti di lavoro devono essere trasferiti alla nuova società, come previsto dalla regola generale dell’articolo 2112 del codice civile. Gli accordi sindacali possono intervenire per adattare le condizioni contrattuali alla nuova realtà, ma non possono sacrificare il posto di lavoro stesso.

In un trasferimento d’azienda da un’impresa in amministrazione straordinaria, un accordo sindacale può escludere alcuni lavoratori dal passaggio alla nuova società?
No, non può farlo se l’attività aziendale prosegue. La Corte ha stabilito che gli accordi sindacali non possono derogare al principio generale del trasferimento di tutti i rapporti di lavoro (art. 2112 c.c.) a meno che non si versi in un’ipotesi di cessazione totale dell’attività, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

Qual è la differenza tra l’applicazione dell’art. 47, comma 4-bis e il comma 5 della legge 428/90?
Il comma 4-bis si applica quando l’attività dell’azienda in crisi prosegue e permette deroghe solo alle condizioni di lavoro, non al trasferimento del rapporto stesso. Il comma 5, che consente l’esclusione dei lavoratori in esubero, si applica esclusivamente quando l’attività dell’azienda è cessata in vista della liquidazione dei beni.

Perché la Corte di Cassazione non ha esaminato i criteri di selezione dei lavoratori utilizzati nell’accordo sindacale?
Perché, una volta stabilito che la legge applicabile al caso non permetteva l’esclusione di alcun lavoratore, qualsiasi discussione sulla validità dei criteri di selezione è diventata irrilevante. La Corte ha considerato le argomentazioni della Corte d’Appello su questo punto come un obiter dictum, cioè un commento non essenziale per la decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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