Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27475 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27475 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 29571/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in RAGIONE_SOCIALE, al Centro Direzionale, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore dottAVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso Corrias Lucente.
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio d ell’AVV_NOTAIO.
– controricorrente –
e
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO
COGNOME, con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– controricorrenti –
e
NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME NOME, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studi o dell’AVV_NOTAIO.
– controricorrente –
e
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1366/2021 della CORTE DI APPELLO DI RAGIONE_SOCIALE, pubblicata il giorno 14/04/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1. Con atto ritualmente notificato, la RAGIONE_SOCIALE citò NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, Sezione specializzata in materia d’impresa, dichiarando di riassumere il giudizio di responsabilità per danno erariale in precedenza promosso dalla Procura regionale della Corte dei Conti nei confronti dei medesimi, dopo che la sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, n. 723 del 13 luglio 2015, aveva osservato, in recepimento della pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione sul regolamento preventivo di giurisdizione promosso da NOME COGNOME, che la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE dovesse reputarsi società in house del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solo a partire dal 2 novembre 2009 ed aveva concluso che, per quanto concerneva « l’asserita responsabilità del COGNOME per le retribuzioni illegittimamente corrisposte (né assorbite in occasione dei successivi aumenti contrattuali) in favore del personale della società », « l’assunzione illegittima di personale dipendente, nonché (…) l’assunzione dello stesso direttore generale con la qualifica di dirigente a tempo indeterminato », sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di « condotte da lui tenute in epoca anteriore al 2 novembre 2009 » ed « essendo tali eventi verificatisi negli anni 2007 e 2008 quando ancora non sarebbe stato possibile qualificare la società come in house providing». La società attrice espose che il Procuratore regionale della Corte dei conti aveva appreso da fonti giornalistiche di talune condotte, probabili cause di danno erariale nei confronti della società medesima, partecipata interamente dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a partire dal 16 febbraio 2004, ed aveva svolto, quindi, articolate indagini, all’esito delle quali aveva dato impulso al giudizio di responsabilità contabile nei confronti dei convenuti, ognuno nei limiti e in ragione della funzione svolta, e dunque: per il COGNOME, quale direttore generale di RAGIONE_SOCIALE; nei confronti di NOME COGNOME, quale assessore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; contro il COGNOME, l’COGNOME, il COGNOME ed il COGNOME, quali membri del consiglio di amministrazione; verso il COGNOME, il COGNOME ed il COGNOME, quali componenti del collegio sindacale, ed infine nei riguardi di NOME COGNOME in qualità di sindaco del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La società dedusse che il Procuratore regionale, in particolare, aveva accertato, anche attraverso le indagini svolte per suo conto dalla Guardia di Finanza, e contestato che RAGIONE_SOCIALE: a ) aveva attribuito a taluni dipendenti, appartenenti alla categoria ‘ quadri ‘, il cd. superminimo in violazione di quanto previsto dall’art. 18 del vigente CCNL, erogando incrementi ad personam fino al 2011 per l’importo complessivo di € 696.614,80, senza alcuna plausibile giustificazione e senza che gli incrementi fossero riassorbiti in occasione dei successivi aumenti contrattuali effetto delle nuove contrattazioni collettive, che quindi si erano cumulati ai pregressi; b ) aveva proceduto all’assunzione, quali dipendenti a tempo indeterminato,
di quattro persone (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) in violazione del codice di disciplina delle procedure di ricerca, selezione ed inserimento del personale approvato con la delibera della Giunta Municipale n. 2419 del 06.07.2007; le assunzioni intuitu personae erano avvenute in assenza non solo di ogni pubblica selezione, ma anche di ogni preventiva programmazione e rilevazione dell’effettivo e concreto fabbisogno di personale; trattandosi, dunque, di assunzioni inutili, il danno che ne era conseguito non poteva dirsi ridotto dal vantaggio che l’azienda aveva ricevuto dalle prestazioni di lavoro rese nel frattempo, ed era quindi pari all’intera retribuzione erogata, per complessivi € 433.222,55; in via subordinata, la soc ietà prospettava che, ove non fosse risultata l’inutilità delle assunzioni, la totale assenza di preventiva pubblica selezione aveva comportato quantomeno un danno alla concorrenza, concretizzantesi nella perdita per la società procedente della possibilità di effettuare un’oculata scelta tra più candidati, e questo danno veniva quantificato in via equitativa in € 44.000,00, pari al 10% del totale delle retribuzioni corrisposte; c ) aveva subìto anche l’illegittima assunzione, in qualità di dirigente a tempo indeterminato, di NOME COGNOME, avvenuta allorché egli ne era amministratore delegato e direttore generale e disposta da parte del socio unico RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’assessore NOME COGNOME; si era trattato di assunzione illecita sotto plu rimi profili, attinenti sia alla violazione dell’art. 3, comma 44, della legge n. 244/07, sia al mancato rispetto dei criteri direttivi di cui alla delibera GM n. 2419/07; era stato violato, altresì, il punto 4 di questa delibera, laddove vietava l’assunzione o l’incarico di parenti di primo grado dei soggetti che ricoprissero responsabilità di controllo o funzione di amministratore/dirigente/quadro, proprio al fine di evitare indebite pressioni o pericolose commistioni di ruoli, il che era per l’appunto ac caduto in quanto ad essere stata assunta era proprio la persona che rivestiva un ruolo apicale perché già amministratore delegato e direttore generale; infine, il COGNOME aveva sì rinunciato al compenso, pari ad € 110.000,00 annui, spettantegli come amministratore delegato, ma aveva maturato il diritto a percepire la retribuzione di dirigente a tempo indeterminato, pari ad € 145.000,00 annui.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poi: i ) ricordò che la Procura regionale della Corte dei conti aveva ascritto la responsabilità di tutte le condotte a NOME COGNOME, mentre aveva contestato ai consiglieri di amministrazione (che avevano votato a favore della sua assunzione), ai componenti del collegio sindacale (che non avevano rilevato la macroscopica illegittimità della delibera), all’assessore COGNOME (che aveva sollecitato l’assunzione) ed al sindaco del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (per non aver vigilato e verificato il corretto esercizio dei poteri delegati) le conseguenze dell’illegittima assunzione del COGNOME; ii ) dedusse che, « in seguito alla sentenza della Corte dei Conti, la condotta dei convenuti va dunque sussunta sotto le norme del codice civile che disciplinano la responsabilità degli amministratori (art. 2392 c.c.) e dei sindaci (art. 2407 c.c.) nei con fronti della società per depauperamento del patrimonio sociale », e « che gli esborsi conseguenti alla corresponsione del superminimo e all’illegittima assun zione di personale vanno dunque qualificati come danno alla società invece che come danno erariale »; iii ) riassunse il giudizio dinanzi al giudice ordinario, quantificando i danni maturati in relazione al periodo compreso tra il mese di gennaio 2008 ed il mese di febbraio 2009 e concludendo con le richieste di: « a) accertare e dichiarare che la corresponsione del cd. superminimo ai dipendenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME contrasta con l’art. 18 del CCNL comparto imprese di pulizia e servizi integrati multi servizi; b) per l’effetto condannare l’autore della decisione, l’arch . NOME COGNOME, di riconoscere ai predetti dipendenti il cd. superminimo a risarcire RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 157.278,97; c) accertare e dichiarare che l’assunzione dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME è contrastante con la delibera del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 2419 del 2007; d) accertare e dichiarare che di tale assunzione ne sono responsabili in via principale il sig. NOME COGNOME e lo stesso AVV_NOTAIO COGNOME e che concorrono nella responsabilità di quest’ultimi gli altri componenti del consiglio di amministrazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e che hanno altresì concorso per
aver omesso la doverosa attività di vigilanza e componenti del collegio sindacale, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché il sindaco del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME; e) condannare tutti i predetti soggetti in solido tra loro a risarcire RAGIONE_SOCIALE del la somma di 170.000,00 €; f) accertare e dichiarare che l’assunzione con qualifica di quadri dei sig.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME è avvenuta in violazione della delibera di G.M 2419 del 6 luglio 2007; g) accertare e dichiarare che autore delle assunzioni in parola è stato l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO nella qualità di direttore generale della società; h) per l’effetto condannare quest’ultimo a risarcire RAGIONE_SOCIALE della somma di € 433,222,55 ».
Rimasta contumace la sola NOME COGNOME, si costituirono tutti i convenuti, resistendo alle domande della società, eccependone l’inammissibilità per novità rispetto a quelle proposte dalla Procura regionale della Corte dei Conti, taluni eccependo, inoltre, la prescrizione dei diritti derivanti dal rapporto sociale, l’estinzione del processo riassunto, l’infondatezza degli addebiti.
L’adito tribunale, con sentenza del 12 aprile 2019, n. 3968, respinse la domanda nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, reputando fondata l’eccezione di prescrizione che e ssi avevano sollevato.
Osservò che la questione preliminare da risolversi era se il giudizio potesse considerarsi prosecuzione di quello originariamente iniziato dal Procuratore regionale presso la Corte dei Conti ovvero se la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE dovesse reputarsi nuova rispetto ad essa. Dopo aver evidenziato che la menzionata società aveva dichiarato di proporre al giudice ordinario le domande ex artt. 2393 e 2407 cod. civ., che le azioni proposte nel giudizio contabile ed in quello di responsabilità differivano sotto il profilo soggettivo attivo e che anche in relazione all’elemento psicologico esse non erano sovrapponibili, quel giudice affermò che trattavasi di domande tra loro diverse, escluse che la società attrice potesse giovarsi della salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda iniziale contemplata
dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009 e concluse che, risalendo i fatti oggetto degli addebiti al 2009 ed essendosi prodotti i relativi effetti fino al novembre del 2009, la domanda proposta ex novo dalla RAGIONE_SOCIALE, con notificazione effettuata in data 1 dicembre 2015, era stata esercitata oltre il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2949 cod. civ., che, dunque, era maturata nei confronti di tutti i convenuti che l’avevano eccepita, salvo che per NOME COGNOME ed NOME COGNOME (amministratori nei cui confronti aveva operato la sospensione ex art. 2941, n. 7, cod. civ.), mentre nessuna eccezione era stata sollevata da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4. Il gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE avverso questa decisione fu respinto dalla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 14 aprile 2021, n. 1906, pronunciata nel contraddittorio con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Quella corte considerò infondato l’unico formulato motivo di impugnazione, rubricato «error in judicando: v iolazione del principio dell’unità della giurisdizione violazione dell’art. 59 comma 1 della legge n. 69/2009 violazione dell’art. 23 della l. n. 87/1953 violazione dell’art. 163 c.p.c. violazione degli artt. 2 e 5 della l. n. 19/1994 ». Ritenne, infatti, che: i ) « L’azione di responsabilità per danno erariale e quella con la quale le amministrazioni interessate possono promuovere le ordinarie azioni civilistiche di responsabilità sono reciprocamente indipendenti, e ciò anche quando riguardino i medesimi fatti materiali (così, tra le tante, Cass. n. 24859 del 2019). La ragione è che, mentre la prima è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse pubbliche ed ha funzione prevalentemente sanzionatoria, la seconda è finalizzata, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice. La Suprema corte ha precisato che l’eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità
(nonché di eventuale osservanza del principio del ne bis in idem), senza dar luogo a questione di giurisdizione (così Cass., Sez. U., 21 ottobre 2005, n. 20343; Cass., Sez. U., 24 marzo 2006, n. 6581; Cass., Sez. U., 4 gennaio 2012, n. 11; Cass., Sez. U., 28 novembre 2013, n. 26582; Cass., Sez. U., 18 dicembre 2014, n. 26659) »; ii ) « D’altro canto, che tra l’azione proposta dal procuratore regionale e quella ‘riproposta’ da RAGIONE_SOCIALE ricorrano tratti differenziali è confermato dall’aspetto, peral tro non indagato dalle parti, delle notevoli difficoltà qualificatorie (sulle quali l’appellante ha glissato e delle quali, quindi, non ha offerto una propria proposta di superamento) della domanda svolta innanzi al giudice ordinario contro NOME COGNOME e NOME COGNOME, che, siccome amministratori del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE -ente pubblico nel cui patrimonio, per effetto del carattere di sua società in house providing della RAGIONE_SOCIALE, i danni predicati si producono immediatamente -sono stati correttamente ritenuti passivamente legittimati nel giudizio di responsabilità contabile, laddove essi nel presente giudizio, siccome amministratori non della RAGIONE_SOCIALE ma dell’unico suo socio, non potrebbero essere ritenuti responsabili in base alle norme evocate (artt. 2392 e segg. e 2407 e segg. c.c.), in quanto né amministratori né membri del collegio sindacale società appellante, né essendone stata peraltro prospettata la partecipazione ai fatti illeciti quali amministri di fatto »; iii ) « La società appellante, nel predicare che l’azione ‘riproposta’ innanzi al giudice ordinario si gioverebbe della salvezza degli effetti della precedente azione di responsabilità contabile o che essa costituisca riassunzione della medesima, muove da una lett ura parziale dell’art. 59 l. n. 69 del 2009, che non a caso prevede che ‘il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione’. È, in altri termini, affatto corretto il rilievo che ‘l’inciso, se esistente, contenuto nel primo comma dell’art. 59 cit., lascia intendere che non sempre e non necessariamente, in caso di difetto di giurisdizione, esiste altro giudice innanzi al quale riassumere la domanda giudiziale’, il che sarebbe confermato proprio dal caso dell’azione di responsabilità erariale, che per le sue
caratteristiche strutturali non è riassumibile innanzi al giudice civile. D’altro canto, le Sezioni Unite della Suprema Corte, nel pronunciare sul regolamento preventivo di giurisdizione proposto proprio dal COGNOME (cfr. ord. n. 3677 del 2015), si sono limitate a negare la giurisdizione contabile per i fatti antecedenti il 2.11.2009 sul rilievo che prima di quel momento RAGIONE_SOCIALE non era qualificabile come società in house, ma non hanno affermato che rispetto a quei fatti sussistesse la giurisdizione del giudice ordinario ‘ »; iv ) « Risulta corretta la qualificazione da parte del Tribunale della domanda di RAGIONE_SOCIALE, riproposta o riassunta che sia, come domanda radicalmente nuova, priva -nonostante la medesimezza dei fatti materiali e della parte destinataria dei suoi effetti -di carattere di continuità con quella del procuratore regionale della Corte dei conti ».
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a tre motivi. Hanno resistito, con separati controricorsi, NOME COGNOME; NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME.
In prossimità dell’odierna adunanza camerale, sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:
I) Ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., « Violazione dell’art. 59, commi 1 e 2, della l. n. 69/2009, nonché dell’art. 23 della l. n. 87/1953 e degli artt. 2 e 5 del d.l. n. 453/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 19/1994 -violazione dell’art. 12 delle preleggi ». Si censura la sentenza della corte partenopea « perché, anche fosse corretto (e di seguito lo si contesterà) il suo assunto circa la differenza tra le azioni in questione, ciò non potrebbe in ogni caso essere d’ostacolo all’applicazione della disposizione in epigrafe al caso in esame. Depongono in tal senso le ragioni per le quali è stata introdotta nel nostro ordinamento, ovvero dare soluzione ai problemi evidenziati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2007. Cioè non si può interpretare correttamente la disposizione in epigrafe se non si guarda alla sua ratio , che, in linea con quanto statuito dalla predetta
sentenza della Consulta, è quella di fornire una più efficace risposta alla domanda di giustizia »;
II) Ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., « Violazione dell’art. 59, commi 1 e 2, della l. n. 69/2009, nonché violazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 39, 81 e 163 c.p.c. ». Si deduce l’erroneità dell’affermazione corte distrettuale secondo cui azione civile e azione di danno erariale non possono ritenersi coincidenti stante la diversità dei loro elementi identificativi: soggetto che agisce, causa petendi e petitum ;
III) « Illegittimità costituzionale dell’art. 59 della l. n. 69/2009. Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., nonché dell’art. 117 Cost. per incompatibilità con l’art. 6 CEDU ». Si assume che « Se codesta Suprema Corte dovesse concludere -in accordo con la decisione di appello -che l’art. 59, l. 69/2009, non consente la translatio iudicii nelle ipotesi in cui sia da trasferire al giudice ordinario (civile) la domanda di responsabilità erariale originariamente proposta dinanzi al giudice contabile, allora dovrà sollevare la questione di costituzionalità alla Corte costituzionale. , l’istituto della translatio iudicii è sottratto al dominio del legislatore, trattandosi di principio costituzionalmente necessario per assicurare l’effettività della tutela dei diritti e degli interessi legittimi (art. 24 Cost.), oltre che un equo processo secondo i principi di economia processuale e ragionevole durata (art. 111 Cost.). I parametri costituzionali violati sono dunque l’art. 24, 111 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ».
RITENUTO CHE
La questione di diritto complessivamente posta dai motivi di ricorso concerne, sostanzialmente, se l’istituto della translatio iudicii sia operativo anche nei rapporti tra giudizio di responsabilità amministrativa davanti alla Corte dei conti e giudizio ordinario. In altri termini, più specificamente, se, una volta trasmigrato il processo dalla giurisdizione contabile a quella civile, debbano farsi salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda inizialmente proposta dal Procuratore erariale.
Essa postula l’approfondimento e la soluzione del tema relativo all’identità, o meno, della corrispondente controversia (avente ad oggetto la invocata responsabilità di amministratori e sindaci di una società poi divenuta in house ) davanti al giudice contabile (che, nella specie, aveva declinato la propria giurisdizione, con sentenza passata in giudicato, limitatamente ai fatti anteriori al 2 novembre 2009, data dalla quale la RAGIONE_SOCIALE poteva qualificarsi, appunto, come società in house del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) ed a quello ordinario ai fini della qualificazione del secondo giudizio come riassunzione del primo. Invero, l’identità della controversia costituisce pur sempre il primo istituzionale presupposto della translatio iudicii in azioni, come quella in esame, ove sia stato adito un giudice non munito di giurisdizione.
Alcuni argomenti sono a favore dell’identità delle azioni e, pertanto, della stessa astratta ammissibilità di una translatio (tra cui: l’evidente favor verso quest’ultima manifestato dall’ordinamento fin da Corte cost. n. 77 del 2007; la lettera dell’art. 17 cod. giust. cont. , preliminare a tutte le tipologie di azioni dinanzi alla giurisdizione contabile; l’utilità della conservazione degli effetti della domanda iniziale, quand’anche malamente proposta a giudice non dotato di giurisdizione, ai fini dell’effettività della tutela giurisdizionale soprattutto nel caso in cui i danni da perseguire siano arrecati a patrimoni pubblici in senso lato e sono caratterizzati da termini prescrizionali brevi, su cui potrebbe non esplicarsi l’effetto sospensivo ex art. 2945, comma 3, cod. civ. in caso di definizione in rito della prima domanda senza translatio ; utile riproponibilità della domanda con l’adeguamento anche al rito ed alle peculiarità dei petita azionabili dinanzi ai differenti giudici via via aditi, secondo quanto ad esempio elaborato da Cass. 22/07/2016, n. 15223), altri, invece, contrari (ufficiosità e doverosità dell’azione solo dinanzi al giudice contabile; non perfetta identità di personae , ad iniziare dall’attore; potenziale non perfetta identità di causa petendi e struttura limitata e specifica del petitum dell’azione contabile rispetto a quella ordinaria; diversità di rito e di poteri in capo all’attore pubblico ed a quello privato;
sostanziale impraticabilità del breve termine di riassunzione, se non altro in caso di declinatoria verso il giudice contabile, per la complessità degli incombenti preliminari imposti al procuratore regionale prima del vero e proprio inizio dell’azione di responsabilità erariale, identificabile solo con la notifica dell’atto di citazione).
Ne consegue che, stante l’assenza , sul punto, di specifici precedenti di legittimità (posto che Cass., SU, n. 4314 del 2020 e Cass., SU, n. 20687 del 2018, pur dandone atto, non hanno pronunciato, poi, in proposito, perché, nelle rispettive controversie, la relativa questione non era rilevante ai fini della decisione) ed il chiaro e rilevante valore nomofilattico dell’odierna lite , perché la questione suddetta può ripresentarsi anche in altri analoghi giudizi, appare opportuna la rimessione della causa alla pubblica udienza. Né alla riportata conclusione osta l’originaria fissazione del ricorso in sede camerale ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ. ( cfr., ex aliis , Cass. nn. 18829, 11047 e 9201 del 2025; Cass. nn. 34858, 16124 e 7998 del 2024; Cass. nn. 20459 e 13517 del 2023; Cass. n. 11955 del 2022; Cass. nn. 24018 e 19164 del 2021).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendone la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME