Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25063 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25063 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23367/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo domicilia in via elettronica
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo domiciliano in via elettronica
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1477/2023 depositata il 17/10/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2025 dal Presidente NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME il 15 novembre 2009 davanti a una discoteca di Pratola Peligna subiva lesioni personali, per cui il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona agiva nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui agli articoli 582, 585 e 61 n.1 c.p. Il COGNOME si costituiva parte civile. Nell’istruttoria dibattimentale due testimoni, NOME COGNOME e NOME COGNOME venivano escussi per la ricostruzione dei fatti, secondo NOME COGNOME conformemente a quanto da lui testimoniato, cioè narrando la partecipazione all’aggressione di NOME COGNOME.
Il Tribunale di Sulmona, con sentenza n. 131/2015, condannava soltanto NOME COGNOME applicando per NOME COGNOME l’articolo 530, secondo comma, c.p.p.
NOME COGNOME proponeva appello; la Corte d’appello penale di L’Aquila, con sentenza n. 1994/2016, in riforma della sentenza di primo grado, condannava NOME COGNOME a risarcire, in solido con il COGNOME l’appellante per i danni subiti, da liquidarsi in separata sede.
NOME COGNOME ricorreva per cassazione. Con pronuncia n. 2690/2019 il giudice di legittimità penale annullava la sentenza del secondo giudice riconoscendo che per riformare la sentenza di assoluzione occorre rinnovare l’istruttoria, qui ricorrendo prove decisive, in quanto “integranti il nucleo essenziale delle prove testimoniali a carico”, e su ciò invocando S.U. pen. 27620/2016.
NOME COGNOME riassumeva davanti alla Corte d’appello civile di L’Aquila; NOME COGNOME si costituiva resistendo.
La Corte d’appello, con sentenza n. 1477/2023, rigettava la domanda di NOME COGNOME
Quest’ultimo ha presentato ricorso, articolato in cinque motivi -illustrati anche con memoria – da cui NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 126 disp. att. c.p.c.; il secondo denuncia violazione degli articoli 202 e 209 c.p.c. nonché 603, comma 3 bis, c.p.p.; il terzo denuncia violazione degli articoli 2697 c.c. e 188 c.p.c.; il quarto denuncia violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.; il quinto denuncia violazione dell’articolo 394 c.p.c.
2.1 Anzitutto, mediante la prima censura si adduce che la Corte d’appello non avrebbe potuto decidere senza il fascicolo dei gradi precedenti “che si erano svolti davanti al giudice penale”, fascicolo infatti che sarebbe rilevante in quanto contenente “(anche) le dichiarazioni rese dalla teste COGNOME, che la Corte di Cassazione aveva ritenuto essenziali”. Il ricorrente, pur non essendo questo un suo onere, avrebbe fatto istanza, “in chiusura dell’atto di riassunzione in appello”, che la cancelleria provvedesse “agli adempimenti” di cui all’articolo 126 disp. att. c.p.c.; invece “il fascicolo risultante dall’ultimo grado di merito (quindi, comprendente quello della Corte d’Appello penale e del Tribunale penale) non è stato … acquisito”. Pertanto la corte territoriale avrebbe “ritenuto di decidere pur non disponendo del fascicolo degli altri gradi di merito”, dove si rinverrebbe la testimonianza resa all’udienza del 7 maggio 2012 davanti al Tribunale della Maggi dichiarante che il Di COGNOME sarebbe stato picchiato da COGNOME e COGNOME.
2.2 La Corte d’appello, in effetti, nelle pagine 4-5 della sua pronuncia nega la sussistenza dei “presupposti per l’acquisizione d’ufficio del fascicolo del procedimento penale n. 152/2010
R.G.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona così come richiesto dall’attore, in quanto il <> … è la Corte di Cassazione e non il Tribunale di Sulmona sicché ben avrebbe potuto l’attore farsi carico di acquisire e produrre gli atti del fascicolo penale che riteneva rilevanti”.
Questa prima ratio decidendi è palesemente infondata, se non altro perché l’attuale ricorrente aveva chiesto -pur trattandosi, appunto, di un obbligo del cancelliere espressamente previsto dalla legge – che la cancelleria procedesse “agli adempimenti” di cui all’articolo 126 disp. att. c.p.c., cioè chiedesse, come recita la norma, ” il fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice che ha precedentemente conosciuto della causa “.
Quindi non era stato chiesto il fascicolo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona, bensì quello – che avrebbe dovuto comunque essere acquisito d’ufficio dalla cancelleria della corte territoriale – dell’ultimo giudicante anteriore alla fase di giudizio in atti. Non si vede, poi, in base a che avrebbe dovuto invece “l’attore farsi carico di acquisire”; la sentenza utilizza il verbo “potuto”, ma il senso della frase in cui viene inserito è, sine dubio , che, se il cancelliere nulla fa, si deve attivare la parte interessata: singolare asserto di cui non vi è traccia normativa.
2.3 In secondo luogo, la corte territoriale afferma che, considerato l’articolo 622 c.p.p., “il giudizio di rinvio … non può in alcun modo configurarsi alla stregua di una ‘prosecuzione’ del processo penale … bensì alla stregua di giudizio autonomo” (viene citata Cass. 16916/2019). Perciò, avendo la corte territoriale assegnato alle parti il termine di 30 giorni per produrre “tutta la documentazione” e “per la definitiva articolazione dei mezzi istruttori”, oltre ad altri 15 giorni per chiedere eventuale prova contraria, “l’attore in riassunzione poteva usufruire di tali termini onde offrire al giudicante la documentazione che reputava utile”.
2.4 A prescindere dal fatto che gli atti processuali non sono documenti, qui non si tratta di produzioni e di istanze probatorie, bensì di denuncia di mancata applicazione dell’articolo 126 disp. att. c.p.c. E poiché la fase del giudizio civile affiancata a quello penale per l’esercizio originario dell’azione di chi si prospetta danneggiato non viene nullificata quando il giudizio penale si conclude, bensì è trasferibile, come qui compiuto appunto dal preteso danneggiato, davanti al giudice civile identificato dall’articolo 622 c.p.p. – trasferimento che non equivale affatto ad una soppressione di quel che si è svolto in sede congiunta penale/civile (cfr., da ultimo, Cass. sez. 3, ord. 23 febbraio 2025 n. 4743: ” In tema di annullamento pronunciato dalla Cassazione penale ai soli effetti civili, il rinvio ex art. 622 c.p.p., operando solo una translatio iudicii , non nullifica la precedente fase del giudizio civile, svoltasi congiuntamente con il giudizio penale perché la parte offesa si è costituita quale parte civile… “; sulla stessa linea si pone Cass. sez. 3, ord. 6 settembre 2024 n. 24047, non massimata, laddove afferma che “il giudizio dinanzi al giudice civile previsto dall’art. 622 c.p.p. è un giudizio d’appello, e nel giudizio d’appello non è consentito modificare le domande o richieste istruttorie formulate in primo grado”) -, l’articolo 126 disp. att. c.p.c. è inequivocamente applicabile, essendosi dinanzi, infatti, ad una piena prosecuzione per quanto concerne appunto il giudizio civile.
D’altronde, il ricorrente ha prospettato il proprio interesse a lamentare la mancata applicazione dell’articolo 126 citato soggiungendo che il rilievo delle testimonianze sarebbe stato riconosciuto proprio dalla Corte di cassazione penale.
2.5 Non è inferente, inoltre, l’asserto della corte territoriale espresso a pagina 5 della sentenza qui impugnata – sugli esiti dell’istruttoria che ha svolto essa stessa. Dichiara infatti il giudice di rinvio, dopo aver rilevato la mancata comparizione del testimone
COGNOME – e ciò nonostante fosse stato disposto l’accompagnamento coattivo: dato, questo, si nota per inciso, incomprensibile laddove la corte territoriale lo descrive soltanto come “ordine disatteso senza che la teste abbia offerto alcuna … giustificazione” (sentenza, pagina 5) -, che, anche se la COGNOME avesse “confermato le circostanze addotte da COGNOME“, la sua “divergenza con le conformi dichiarazioni degli altri testi” l’avrebbe resa “poco credibile”, e quindi non avrebbe portato ad una decisione diversa. Si tratta evidentemente di un asserto apodittico e comunque erroneo, poiché in caso di contrasto fra testimonianze la prevalenza di una versione non deriva automaticamente dal numero dei testi che l’hanno fornita.
3. In conclusione, il primo motivo merita accoglimento, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto fruire, in punto di rito, del fascicolo ai sensi dell’articolo 126 disp. att. c.p.c., spettando poi al giudice davanti al quale il giudizio era stato proseguito vagliarne, con esito positivo o negativo, l’incidenza concreta, alla luce comunque del principio per cui la translatio in esame significa appunto una prosecuzione, e non una ripartenza ab initio previa cancellazione di tutto quanto già svolto. Una diversa lettura della sequenza ex art.622 c.p.p. condurrebbe, tra l’altro, a strutturarla, per così dire, in modalità aleatoria, rendendone tamquam non esset la parte affiancata all’azione penale pure allorquando non sia stata condotta con alcun vizio attribuibile all’attore.
Assorbiti pertanto gli altri motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di L’Aquila.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025.