Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2036 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22249/2023 R.G. proposto da :
I.RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in CEFALU’ INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (GNLGPP64C19C421L) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 632/2023 depositata il 28/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La società RAGIONE_SOCIALE ha dato in appalto dei lavori alla società RAGIONE_SOCIALE del Geom. COGNOME RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi IB).
E’ sorta controversia sulla esecuzione del contratto, in quanto l’appaltatore non avrebbe rispettato i tempi di consegna dell’opera, e ciò ha portato le parti a sottoscrivere una transazione, con la quale la società RAGIONE_SOCIALE si è impegnata a corrispondere il corrispettivo dell’opera, fino a quel punto realizzata, secondo una certa dilazione.
Tuttavia, IB ha ritenuto NOME inadempiente agli obblighi assunti con la transazione e l’ha citata davanti al Tribunale di Termini Imerese, che ha rigettato la domanda, sul presupposto che la transazione fosse novativa e non consentisse dunque la risoluzione per inadempimento.
Stessa conclusione è stata assunta dalla Corte di Appello di Palermo, che ha fatto leva su una espressione contenuta nella transazione per dedurne la natura novativa.
2.- Questa sentenza è qui impugnata da IB con tre motivi di ricorso, cui ha fatto seguito il controricorso di Skania, illustrato da memoria, che però si limita ritenere condivisibile la proposta di definizione anticipata.
Il ricorso giunge, infatti, in camera di consiglio a seguito di opposizione a proposta di definizione anticipata.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si prospetta violazione degli articoli 1362 e ss. c.c.
La questione attiene alla interpretazione della scrittura privata di transazione, e di conseguenza, alla sua qualificazione come transazione novativa.
La corte d’appello ha ritenuto la natura novativa, ed il conseguente divieto di risoluzione per inadempimento, sulla scorta della interpretazione letterale del testo contrattuale, ed in particolare di una espressione verbale.
Il testo, riportato nel ricorso, e dunque nel rispetto del principio di autosufficienza, è il seguente: ‘Le parti dichiarano di null’altro avere ancora a pretendere l’una dall’altra in dipendenza del contratto di Appalto … salvo l’esatto adempimento di quanto convenuto con la presente scrittura transattiva’.
Secondo la corte d’appello l’espressione ‘salvo’ è da intendersi come ‘fuorché’ e questo basta a rendere la transazione come novativa, in quanto le parti avrebbero voluto intendere che era abbandonato il precedente contratto di appalto, e che la loro volontà era soltanto che si eseguisse la transazione. Dunque: si rinuncia alle obbligazioni previste in precedenza fuorché a quelle derivanti dalla transazione, il che comporta che la transazione è novativa.
La ricorrente contesta questa interpretazione lamentando la violazione di diversi canoni ermeneutici: quello letterale, o della comune intenzione, quello sistematico, ossia della interpretazione della clausola nel contesto dell’intero contratto, quello che impone la conservazione del contratto (1367 c.c.)
Il motivo è infondato e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.
Va innanzitutto precisato quale sia il sindacato di questa Corte sulla interpretazione e qualificazione dei contratti.
La regola è nota e tralatizia: ‘ a differenza dell’attività di interpretazione del contratto, che è diretta alla ricerca della
comune volontà dei contraenti e integra un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, l’attività di qualificazione giuridica è finalizzata a individuare la disciplina applicabile alla fattispecie e, affidandosi al metodo della sussunzione, è suscettibile di verifica in sede di legittimità non solo per ciò che attiene alla descrizione del modello tipico di riferimento, ma anche per quanto riguarda la rilevanza qualificante attribuita agli elementi di fatto accertati e le implicazioni effettuali conseguenti’ (Cass. 15603/ 2021; Cass. 9996/ 2019; Cass. 14355/ 2016).
Il che significa che, mentre l’interpretazione di ciò che le parti hanno voluto (ad esempio stabilire una obbligazione anziché un’altra, oppure stabilire il trasferimento del diritto anziché la prestazione di un’opera) è questione di fatto rimessa al giudice di merito, la qualificazione di quella volontà (a quale fattispecie la volontà, cosi accertata, corrisponde) è invece attività di interpretazione, che deve essere dunque guidata dai criteri previsti dagli articoli 1362 e ss., e che è ovviamente censurabile in sede di legittimità.
L’accertamento compiuto dalla corte di appello è in realtà un accertamento di fatto, poiché (che la transazione fosse novativa) è il frutto di una ricostruzione della volontà delle parti, ed è assunta sulla base di accertamenti documentali e fattuali, che non sono in questa sede di legittimità sindacabili, salvo che siano del tutto immotivati.
Orbene, la ricorrente si limita nel caso a censurare proprio tale accertamento della volontà delle parti contrattuali operata dalla corte di merito limitandosi a prospettare come preferibile l’adozione, inammissibilmente in termini di mera contrapposizione, della propria tesi difensiva, anziché dedurre e idoneamente censurare i criteri legali d’interpretazione ex art. 1362 ss. c.c. asseritamente violati, indicando come e in
quali termini la loro corretta interpretazione avrebbe condotto a un diverso risultato interpretativo.
1.Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 1976 c.c.
La censura si sostanzia nell’assunto che la natura novativa della transazione vada ricavata dal testo della medesima, non potendo dedursi dal relativo inadempimento.
Il motivo è inammissibile, non risultando dalla ricorrente colta la ratio della decisione impugnata, la natura novativa della transazione essendo stata dalla corte di merito desunta non già dalla circostanza dell’essere rimasta inadempiuta bensì in ragione del relativo tenore, dalla sua stessa conclusione.
2.Il terzo motivo, con il quale la ricorrente denuncia violazione dell’articolo 91 c.p.c., è parimenti infondato, atteso che erroneamente essa si duole dell’illegittimità della condanna al pagamento delle spese di lite pur a fronte della sua oggettiva soccombenza.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della società controricorrente in considerazione ana circostanza che il rigetto è fondato su ragioni diverse da quelle indicate nella PDA (Cass. 21668/ 2024), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della società controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 18/12/2024