Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34774 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16675/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., EDO COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, pec: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, pec:
EMAIL;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 1262/2021 depositata il 22/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME quale rappresentante dell’omonima impresa individuale, conveniva innanzi al Tribunale di Massa la società RAGIONE_SOCIALE, gestore del servizio idrico integrato nel comune di Montignoso (MS), con cui aveva sottoscritto un contratto di fornitura idrica per ciascuno dei suoi stabilimenti produttivi di gelati e ghiaccioli siti nel comune di Montignoso, esponendo:
di avere stipulato con la convenuta in data 21 aprile 2015 una transazione, allo scopo di ottenere la riattivazione della fornitura idrica che, a suo dire, era stata illegittimamente sospesa, dopo che a seguito della infruttuosa contestazione dei consumi che gli erano stati addebitati e della errata applicazione delle tariffe, aveva deciso di sospendere i pagamenti;
di avere acconsentito a versare immediatamente a RAGIONE_SOCIALE parte delle somme dalla medesima pretese e di essersi impegnato a pagare il resto mediante un piano di rateizzo, riconoscendo solo una parte del credito indicato nelle fatture emesse a proprio carico ed elencate nell’atto transattivo, riservandosi la facoltà di contestazione giudiziale del credito, limitatamente alla somma di euro 100.000,00.
Chiedeva, pertanto, l’accertamento negativo del credito di RAGIONE_SOCIALE oggetto dell’atto transattivo e l’accertamento del proprio conseguente diritto alla ripetizione delle somme che nel frattempo sarebbe stata costretta a pagare in forza del piano di rateizzo convenuto con la società fornitrice; la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito a causa dell’interruzione della fornitura operata tra il 9 ed il 21 aprile 2005; l’accertamento del carattere indebito anche delle somme pagate a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la quota fognatura e depurazione, sulla base di fatture diverse da quelle oggetto di transazione, in quanto antecedenti o successive alla stessa.
Con comparsa del 24.11.2015 si costituiva in giudizio la convenuta RAGIONE_SOCIALE eccependo in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza della domanda, in quanto sarebbe mancata l’indicazione e l’ elencazione delle fatture contestate, e confutando, nel merito, la fondatezza delle pretese attoree di cui chiedeva l’integrale rigetto. In particolare, parte convenuta, dopo aver a sua volta ricordato che le parti in data 21.4.2015 avevano stipulato una scrittura privata con cui avevano transatto numerosi contenziosi giudiziari e definito le modalità di pagamento da parte della impresa COGNOME di un elevato numero di fatture emesse per la fornitura del servizio idrico relativo ai due stabilimenti siti nel comune di Montignoso e che detta scrittura era stata poi parzialmente integrata con il successivo atto stipulato il 20.5.2015, deduceva: l’inammissibilità della domanda di accertamento negativo del credito e/o ripetizione dell’indebito nei limiti di euro 100.000,00 in relazione allo stabilimento di INDIRIZZO per intervenuta transazione; l’inammissibilità della domanda di accertamento negativo del debito e/o ripetizione di indebito per intervenuta transazione, atteso che con l’atto di transazione le parti avevano chiaramente inteso definire tutte le pendenze esistenti fino alla data della sottoscrizione della transazione, con la conseguenza che non era ammissibile né conforme alla interpretazione sistematica del contratto rimettere in discussione, con la domanda introduttiva del giudizio, pendenze antecedenti a quelle oggetto della transazione.
Con sentenza n. 426/2019, il Tribunale di Massa respingeva le domande proposte da parte attrice.
La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 1262/2021 depositata il 22/12/2021, ha rigettato l’appello promosso dal Giuntoli ed ha confermato la sentenza del tribunale.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per la cassazione della suddetta pronuncia della corte d’appello formulando due motivi, illustrati con memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, corredato di memoria.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1965, 1362, 1363 e 1364 cod.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La sua tesi è che la corte d’appello abbia erroneamente interpretato l’atto transattivo, pervenendo alla conclusione che le parti avessero definito il rapporto controverso con riferimento all’obbligo di pagamento della somma di euro 147.998,00: tombalmente, quanto all’utenza dello stabilimento di INDIRIZZO «la cui morosità le parti hanno qualificato come parte del credito non contestato», parzialmente, con riferimento alle fatture emesse per l’utenza di INDIRIZZO, essendosi la ricorrente riservata di agire giudizialmente con riferimento alla somma residuale di euro 100.000,00 per la determinazione di quanto eventualmente dovuto.
A dire della ricorrente, non vi era nella transazione alcuna clausola che permettesse di distinguere fatture contestate e fatture il cui debito veniva riconosciuto, perché invece vi era stato da parte sua il riconoscimento di un debito pari ad euro 147.998,00 che per ragioni contabili era stato imputato in primis alle fatture dello stabilimento di INDIRIZZO trattandosi di fornitura destinata a cessare. In sostanza, il punto 5 della transazione -debitamente trascritto (v. p. 29 del ricorso) -descriveva una imputazione di pagamento e non un riconoscimento del debito oggetto di alcune fatture; di conseguenza, la transazione non conteneva una rinuncia
a contestare alcune fatture, ma solo la rinuncia a far valere le proprie contestazioni in relazione alla somma riconosciuta come dovuta di euro 147.998,00.
Né la transazione avrebbe dovuto essere definita novativa, facendo difetto la volontà delle parti di disciplinare ex novo il rapporto negoziale, estinguendo quello precedente e sostituendo ad esso un nuovo rapporto diverso per l’oggetto o per il titolo.
A riprova che la transazione aveva carattere conservativo e non già novativo la ricorrente adduce il fatto che la corte d’appello abbia ritenuto che fosse suo preciso onere – di allegazione e prova – quello di individuare tra quelle elencate in atto di transazione e limitatamente a quelle relative allo stabilimento di INDIRIZZO le fatture oggetto di contestazione all’interno della cornice pattuita dei 100.000,00 euro: «con ciò implicitamente riconoscendo che la transazione non conteneva, in effetti, la disciplina di nuove obbligazioni tra le parti, ma lasciava intatte le originarie obbligazioni, statuendo un parziale riconoscimento di debito».
Il motivo è infondato.
Ciò che la ricorrente contesta, sia pure deducendo la violazione degli artt. 1362 e 1363 cod.civ., è l’esito dell’attività interpretativa del contratto di transazione cui è pervenuto il giudice a quo .
La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato e perché la differente interpretazione condurrebbe a diverso risultato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili
interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 09/04/2021, n. 9461), senza farsi carico di allegare (con relativa dimostrazione) l’inesistenza o l’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta; la censura non può, invece, sostanziarsi nella mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (Cass. 03/07/2024, n. 18214).
Né sussiste la violazione dell’art. 1965 cod.civ.
Premesso che questa Corte ha già avuto modo di affermare che quando il giudice di merito, dopo avere ricostruito la quaestio facti secondo le allegazioni e le prove offerte dalle parti individua i termini della c.d. fattispecie concreta e, quindi, riconduce quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realtà riconducibile oppure si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe riconducibile o a qualunque fattispecie giuridica astratta, mentre ve ne sarebbe una cui potrebbe essere ricondotta, la valutazione così effettuata e la relativa motivazione, non inerendo più all’attività di ricostruzione e, dunque, di apprezzamento dei fatti storici, bensì all’attività di qualificazione in iure di essi e, dunque, ad un giudizio normativo, è controllabile e deve essere controllata ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3,cod.proc.civ. (Cass. 12/01/2021, n. 261 e già in termini analoghi Cass. 31/05/2018, n. 13747; Cass. 29/08/2019, n. 21772), deve escludersi che il contratto intercorso tra le parti non fosse qualificabile come transazione novativa.
Il giudice a quo , infatti, ha correttamente ritenuto che l’accordo raggiunto dalle parti disciplinasse per intero il nuovo rapporto negoziale, sostituendo quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche: il credito di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE era stato interessato sin dal 2011 da numerosi contenziosi tra le parti – tre procedimenti ex art. 700 cod.proc.civ ed altrettanti reclami, due di questi ultimi non ancora definiti -prima di addivenire alla stipulazione dell’atto transattivo il 21 aprile 2015. Il contenzioso aveva riguardato l’anomalia e l’eccessività dei consumi rilevati da RAGIONE_SOCIALE, l’applicazione delle voci tariffarie, la sussistenza di una perdita occulta, la fatturazione in acconto sulla base di stime effettuate in base ad un consumo storico inesistente; ciò aveva portato alla sospensione dell’erogazione idrica, alla denuncia alla ASL n. 1 di Massa Carrara.
Pertanto, la transazione aveva consentito all’odierna ricorrente la riattivazione della fornitura e la ripresa della produzione a fronte del riconoscimento parziale del debito, il pagamento immediato di euro 47.998,00, la pattuizione di un piano di rateizzazione per il pagamento di euro 100.000,00, integrato con patto successivo del 20 maggio 2015. Dal contenuto complessivo di detta transazione, ad avviso di entrambi i giudici del merito, era dato evincere la natura novativa alla transazione nella parte in cui la odierna ricorrente aveva riconosciuto il debito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 147.998,00. Il precedente rapporto in sostanza era rimasto fermo solo relativamente al pagamento dell’importo di euro 100.000,00, su cui la odierna ricorrente si era riservata il diritto di agire giudizialmente, onde far accertare negativamente il credito di RAGIONE_SOCIALE entro sei mesi, decorso il quale anche detto importo sarebbe stato considerato come dovuto e non contestato e sarebbe stato corrisposto ratealmente, come pattuito.
Stante l’oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall’accordo transattivo, le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti risultavano oggettivamente diverse quantitativamente e qualitativamente diverse da quelle preesistenti (v. Cass. 6/10/2020, n. 21371; Cass. 27/05/2024, n. 14772, quanto agli indici rivelatori di una transazione novativa), almeno quanto al riconoscimento del debito di euro 147.998,00, e deve escludersi che siano stati offerti elementi che inducano a ritenere che la corte d’appello abbia erroneamente qualificato come (parzialmente) novativa la transazione per cui è causa.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 163 e 164 cod.proc.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 4 e/o n. 5 cod.proc.civ.
Il giudice d’appello come già quello di primo grado avrebbero dichiarato nullo l’atto di citazione per indeterminatezza della domanda, sulla base di argomentazioni attinenti al merito della controversia.
L’atto di citazione (riprodotto alle pp. 40 e ss. del ricorso, al fine di soddisfare le prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ.) e la memoria ex art. 183, 6° comma, n. 1 cod.proc.civ. (v. pp. 36-38 del ricorso) erano chiari -secondo la prospettazione di parte ricorrente -quanto alla richiesta di accertamento negativo del credito di RAGIONE_SOCIALE con riferimento al pagamento degli importi oggetto di tutte le fatture relative alla fornitura negli stabilimenti di INDIRIZZO e di INDIRIZZO COGNOME; in essi si esplicitava che le fatture erano state emesse senza tener conto, ai fini del calcolo del dovuto, della perdita occulta riparata solo nel 2012 e si contestavano tanto la debenza della quota fognatura e depurazione quanto i criteri di calcolo delle tariffe. A nulla rilevando, una volta contestata la causale dei pagamenti richiesti, l ‘ omessa quantificazione della somma richiesta, per la quale era stata chiesta una C.T.U.
La ricorrente aggiunge di aver domandato, con la memoria istruttoria ex art. 183, 6° comma, n. 1 cod.proc.civ., la concessione di un termine ex art. 164, 5° comma, cod.proc.civ., allo scopo di integrare la domanda, ove la stessa fosse risultata nell’oggetto non sufficientemente determinata, e che il tribunale aveva del tutto ignorato tale richiesta, incorrendo nella violazione dell’art. 164, 5° comma, cod.proc.civ.
Il motivo è inammissibile.
Va innanzitutto rilevato che parte ricorrente soddisfa le prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, cod.proc.civ. quanto alla richiesta formulata con la memoria istruttoria ex art. 183, 6° comma, n. 1 cod.proc.civ. con cui aveva chiesto al tribunale la concessione di un termine ai sensi dell’art. 164, 5° comma, cod.proc.civ. per integrare la domanda, ma non ha dedotto di aver formulato un motivo di appello con riferimento alla mancata concessione di un termine per eventualmente integrare la domanda. Solo in tal caso, cioè se avesse formulato un motivo di appello di tal contenuto, il giudice di appello avrebbe dovuto definire il processo con una pronuncia in rito accertativa del vizio del ricorso introduttivo (Cass. 17/01/2014, n. 896; Cass. 20/04/2018, n. 9798; Cass. 12/06/2023, n. 16517).
In secondo luogo, la ricorrente non ha colto la ratio decidendi con cui la corte territoriale ha ritenuto insussistente la violazione denunciata.
Non corrisponde al vero, infatti, che la corte d’appello abbia disatteso un’eccezione di rito con argomentazioni di merito, avendo preso le mosse -e non poteva essere altrimenti -dalla qualificazione della transazione. Una volta accertato che la pretesa di parte ricorrente (cioè l’accertamento negativo del credito) non poteva che riguardare la somma di euro 100.000,00, relativa alla fornitura dello stabilimento di INDIRIZZO, ha rilevato che non erano state indicate le fatture contestate relative alla fornitura a
favore di detto stabilimento. La ricorrente non formula al riguardo alcuna censura; insiste, infatti, sul fatto che la contestazione aveva riguardato tutte le fatture e che la transazione non aveva avuto ad oggetto il riconoscimento di alcune fatture e che solo una scelta contabile aveva fatto sì che la somma riconosciuta fosse imputata al pagamento delle fatture relative allo stabilimento di INDIRIZZO
All’in fondatezza e all’in ammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.000,00, di cui euro 5.800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 21 ottobre 2024 dalla