Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 641 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 641 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25118/2021 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (-)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1493/2021 depositata il 25/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che
1.-NOME COGNOME aveva una serie di controversie giudiziarie con gli eredi COGNOME per la vendita di un immobile ed il pagamento del prezzo, fino a che le parti sono giunte ad una transazione con la quale i COGNOME si sono obbligati a corrispondere una certa somma, a seguito della quale la COGNOME avrebbe rilasciato loro l’immobile: la transazione è stata sottoscritta solo dai difensori e non dalle parti personalmente.
2.Poiché non v’è stato adempimento, ossia pagamento della somma da parte dei Carniel, la COGNOME ha ottenuto decreto ingiuntivo sulla base della suddetta transazione, a cui è seguita l’opposizione proposta dai COGNOME e basata sul rilievo che la transazione doveva dirsi nulla in quanto non sottoscritta dalle parti ma dai procuratori sprovvisti di apposita procura e sul rilievo che era la COGNOME a doversi ritenere inadempiente.
3.-Il Tribunale di Latina ha deciso che la transazione era validamente conclusa, avendo i difensori il potere di sottoscriverla, come risultante dalla procura loro rilasciata, e che ad essere inadempienti erano i COGNOME.
Questa decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma, che viene impugnata con ricorso per cassazione affidato a tre motivi di ricorso dalla sig. NOME COGNOME cui resiste con controricorso la COGNOME.
4.-Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Con la propria memoria la COGNOME rappresenta che, oltre al decreto ingiuntivo che ha portato alla presente causa, ne è stato emesso un altro, sempre sulla base della medesima transazione, oggetto di opposizione da parte degli altri eredi COGNOME, e che ha portato ad identica decisione del Tribunale di Latina, salvo quanto alla questione della solidarietà dal lato attivo della COGNOME con i suoi figli: in sostanza è stata confermata la validità della transazione, è stato ribadito l’inadempimento delle relative obbligazioni da parte NOMECOGNOME e si è però precisato che la COGNOME può agire per la propria parte e non per conto dei figli.
Considerato che
Per quanto ancora rileva, la Corte di Appello ha ritenuto che la questione se la transazione fosse una mera bozza, come tale non perfezionatasi e non efficace, o viceversa, un contratto definitivo e perfetto, non era stata posta in modo specifico dall’appellante, e dunque non poteva essere presa in considerazione: restava pertanto fermo quanto accertato dal giudice di primo grado, ossia che si trattava di transazione definitiva. Allo stesso modo doveva dirsi per la legittimazione a sottoscriverla da parte dei difensori.
Inoltre, secondo la Corte di Appello, l’immobile risultava consegnato dalla COGNOME al custode giudiziario, e poiché di tale consegna era stato dato atto, essa doveva ritenersi satisfattiva per le parti, con la conseguenza che nessuna delle due, e segnatamente la ricorrente, poteva dolersi della mancata consegna a sé anziché al custode.
6.- Con il primo motivo di ricorso questa ratio è dalla ricorrente impugnata quanto alla questione del perfezionamento della transazione, rispetto a cui si prospetta violazione degli articoli 112 e 116 c.p.c.
La ricorrente lamenta di aver posto espressamente la questione del mancato perfezionamento della transazione, ossia del fatto che si trattava di semplice bozza da definire in seguito, e che la Corte di
Appello non ha pronunciato su tale espresso. motivo di impugnazione.
Lamenta altresì che, al di là della espressa formulazione di un motivo di appello, la questione posta comporta nullità della transazione, con conseguente relativa rilevabilità d’ufficio.
7.- Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione degli articoli 1418 e 1325 c.c.
Osserva la ricorrente che la transazione, anche ove da intendersi definitiva, era stata sottoscritta dai soli difensori, che non avevano procura per farlo, ed è dunque da considerarsi inefficace, ed è regola per cui l’inefficacia del contratto stipulato da falsus procurator è rilevabile d’ufficio senza bisogno di eccezione di parte.
Inoltre, ove si ritenga la questione non prospettata in appello, l’errore del giudice per non aver rilevato d’ufficio la nullità è comunque censurabile per cassazione.
8.- I motivi, che possono scrutinarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
Con essi la ricorrente invero non censura ( quantomeno idoneamente ) la ratio decidendi dell’impugnata pronunzia.
Va anzitutto osservato che non vi è omessa pronuncia sulla questione se la transazione fosse definitiva o meno, così come sulla questione della legittimazione dei difensori a sottoscriverla.
Nell’impugnata decisione la corte di merito ha invero non specifici i motivi di appello, con conseguente declaratoria d’inammissibilità del gravame.
A tale stregua emerge evidente come essa abbia invero pronunziato al riguardo (p.8).
L’odierna ricorrente lamenta di avere proposto una censura ammissibile, al contrario di quanto assunto dai giudici di appello, e ne riporta il contenuto alle pagine 10-11 del ricorso.
Tuttavia, non v’è chi non veda che si tratta della mera asserzione del vizio della transazione, cioè della mera asserzione del fatto che
si tratta di una bozza e non già di un atto definitivo, senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali tale atto debba deve interpretarsi come tale.
I giudici di appello hanno ravvisato la non specificità del motivo di appello, non già che esso mancasse del tutto: hanno ritenuto che gli appellanti non avessero ‘comprensibilmente riproposto’ la questione sia del perfezionamento dell’atto che della legittimazione a sottoscriverlo da parte dei difensori.
Né può sottacersi che le questioni sono state riproposte in appello senza argomenti di censura della decisione di primo grado, ossia senza addurre ragioni per ritenere che si trattasse di una transazione nulla o inefficace: l’ allora appellante ed odierna ricorrente si è infatti limitata a dedurre trattarsi di bozza, ma non ha spiegato le ragioni per cui non potesse a suo avviso considerarsi quale scrittura definitiva.
Né può assumersi che, a prescindere da tale rilievo, la nullità dovesse essere rilevata d’ufficio.
Va anzitutto osservato che il mancato perfezionamento dell’accordo , ossia la circostanza che si tratti di un accordo non definitivo, non depone per la nullità ma semmai per la relativa irrilevanza: un accordo non concluso non è nullo, piuttosto non produce effetti.
In secondo luogo, anche ad ammetterne la nullità ovvero a ritenere che l’inefficacia (non per difetto di perfezionamento, ma) per difetto di potere rappresentativo da parte di chi ha sottoscritto la scrittura de qua sia rilevabile d’ufficio, è necessario che la nullità risulti dagli atti, laddove la ricorrente non indica né riporta nel ricorso in ossequio al requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. quali atti la manifesterebbero, non potendo essere invocate le circostanze di fatto indicate a pagina 12 del ricorso, non emergendo se le stesse siano state addotte in
appello in modo che da esse risultasse la pretesa nullità, al di là del l’interpretazione degli stessi dalla medesima adombrata.
Non può infine sottacersi che la pronuncia è stata -come dettonel senso della insufficienza del motivo di appello a riproporre la questione già esaminata in primo grado, sicché non può validamente dedursi censura di omessa pronunzia.
7.- Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione degli articoli 132, 113, 116 c.p.c. e 1362 c.c.
Censura due aspetti della ratio decidendi .
Lamenta che erroneamente i giudici di appello hanno ritenuto essere stato l’immobile già rilasciato al momento della transazione.
Il secondo è che l’avvenuto rilascio a favore del custode giudiziario, anziché della controparte, avrebbe dovuto considerarsi comunque soddisfacente e costituire dunque esatto adempimento dell’obbligo assunto con la transazione.
Si duole dell’erronea interpretazione dell’accordo e della volontà delle parti.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che risulta dall’odierna ricorrente censurato l’accertamento di un fatto , in particolare della avvenuta consegna dell’immobile.
Orbene, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità <<in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima -consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda concernente l'inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondenterisolvendosi nell'applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di
legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (Cass. 29111 2017; Cass. 3115/ 2021).
Orbene, nella specie la ricorrente inammissibilmente richiede a questa Corte una nuova valutazione delle emergenze processuali e probatorie operati dai giudici di merito nell'esplicazione dei propri poteri, prospettanti accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità.
All'inammissibilità dei motivi consegue l'inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente con distrazione in favore del suo difensore dichiaratosene antistatario, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di 4.000,00 euro, oltre a 200,00 euro per esborsi, nonché oltre a spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore della controricorrente con distrazione in favore del suo difensore dichiaratosene antistatario.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 26/10/2023.