Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7324 Anno 2024
sul ricorso 38630/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE quale subentrante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente p.t., domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui è difesa per legge;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– intimati –
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
nonchè contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 789/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 07/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2023 da COGNOME NOME;
Ritenuto che
1.- NOME COGNOME in qualità di presidente di un ente pubblico partecipato dalla Regione Sardegna, ossia la RAGIONE_SOCIALE, ha consentito che fondi di tale ente venissero utilizzati da NOME COGNOME, promotrice finanziaria di RAGIONE_SOCIALE perché ne facesse investimento speculativo.
A causa dell’ affidamento del denaro pubblico ad un investitore finanziario, COGNOME è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire il danno causato all’ente di cui era presidente, insieme alla Banca RAGIONE_SOCIALE, conseguente al fallimento di quell’investimento finanziario.
La Regione, cui l’ente, come si è detto era riferibile, ha fatto emettere dall’agente della riscossione (allora RAGIONE_SOCIALE) una cartella esattoriale per circa 11 milioni di euro (il debito era inizialmente di 8).
Ma, nel frattempo, il COGNOME ha donato la proprietà di un suo immobile ai figli. 2.- Di conseguenza, l’Agente della RAGIONE_SOCIALE ha agito per la revocatoria dell’atto di donazione, ma, sempre nel frattempo, il COGNOME, da un lato, ha approfittato di una transazione che la Banca RAGIONE_SOCIALE ha concluso con l’ente pubblico, per altro verso, ha risolto la donazione oggetto di revocatoria, riprendendosi il bene.
3.- Il Tribunale di Cagliari ha dunque ritenuto che, in primo luogo, quanto alla revocatoria, dovesse dichiararsi la cessazione della materia del contendere per essere stato l’atto di donazione risolto; per altro verso, che il credito posto a base dell’azione era venuto meno, avendo il debitore approfittato di una transazione del creditore con altro debitore solidale.
4.- Questa decisione, impugnata da RAGIONE_SOCIALE, è stata confermata dalla Corte di Appello di Cagliari.
5.- RAGIONE_SOCIALE ricorre con sei motivi, mentre sia NOME COGNOME che i donatari di quest’ultimo, NOME COGNOME, ed NOME COGNOME, chiedono il rigetto del ricorso.
Considerato che
1.- Il primo motivo di ricorso prospetta violazione degli articoli 1304 e 2043 c.c.
La tesi della ricorrente è la seguente.
Il credito per cui si procede è stato ritenuto estinto per effetto di una transazione intercorsa tra l’Ente creditore e la banca RAGIONE_SOCIALE, che era debitrice in solido, transazione della quale il COGNOME ha dichiarato di voler profittare.
Secondo la ricorrente, invece, la transazione non può estendersi al terzo, ossia a COGNOME, ancorché costui abbia dichiarato di volerne profittare, poiché una tale efficacia verso terzi presuppone una medesima causa di obbligazione, che qui difetterebbe. Infatti, mentre il COGNOME è obbligato a titolo di danno erariale, invece la Banca RAGIONE_SOCIALE lo è a titolo di illecito extracontrattuale, quindi l’una è responsabilità contabile, l’altra civile.
Il motivo è infondato.
La transazione conclusa da uno degli obbligati in solido può estendersi ad altro coobbligato (che sia terzo rispetto al contratto), qualora abbia ad oggetto lo stesso debito del terzo, e quando non riguardi invece solo la quota o la parte di obbligazione di chi ha stipulato (Cass. 13877 /2020; Cass. 7094/ 2022).
Il titolo diverso non esclude la comunanza della obbligazione: essa è solidale anche se il danno è causato da azioni od omissioni diverse, purché abbiano concorso causalmente a determinare il danno (Cass. 24045/ 2021).
Può anche darsi che il contributo di ciascuno dei coobbligati sia qualificabile sotto diverse fattispecie (l’una di responsabilità contabile e l’altra civile), ma ciò che conta è che sia unico il contributo causale.
Ciò che esclude invero la efficacia della transazione verso il terzo è solamente il fatto che essa sia stipulata solo per la parte di obbligazione di uno dei debitori.
6.- Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo 1304 c.c., sotto quest’ultimo profilo.
La ricorrente assume, infatti, che la transazione è stata per l’appunto parziale, ossia ha riguardato la sola parte del coobbligato che l’ha stipulata, come si ricaverebbe dall’articolo 10 del contratto, in cui si legge ‘ salva la possibilità di proporre ulteriori azioni giudiziarie o di proseguire le azioni giudiziarie già in corso nei confronti elle altre parti ‘: da cui si dedurrebbe che la transazione è stata esclusa verso il COGNOME.
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, l’interpretazione dell’atto, nei termini della volontà RAGIONE_SOCIALE parti, ossia se esse abbiano o meno voluto escludere sin dall’inizio il terzo, è questione di fatto rimessa al giudice di merito. In secondo luogo, comunque sia, l’interpretazione da costui resa è corretta. Infatti, se la clausola, normalmente contenuta in una transazione fatta con un solo dei coobbligati, di lasciare impregiudicato il diritto verso gli altri, che non hanno partecipato alla stipula, avesse valore dirimente, non sarebbe mai possibile che il terzo dichiari di profittare della transazione. La dichiarazione del terzo è ovviamente successiva alla transazione ed è essa che rende quella clausola priva di valore: se il terzo non approfitta, la clausola sta a significare che egli è escluso dall’accordo; ma se approfitta è proprio l’effetto di questa sua dichiarazione e rendere quella clausola priva di effetti. In sostanza, si tratta di clausole che hanno efficacia salvo che il terzo non approfitti della transazione: esse non indicano l’oggetto dell’accordo, ossia non indicano che la transazione si è conclusa solo per la parte di obbligazione di chi l’ha sottoscritta.
Né il tenore letterale indica esclusione del diritto del terzo di approfittare della transazione, ma solo generica riserva di agire verso altri.
La dichiarazione del terzo di voler profittare della transazione a suo favore, come ogni dichiarazione di volontà, mira a produrre un effetto giuridico, che è quello di rendere efficace la transazione anche nei confronti del dichiarante, e questo effetto è incompatibile con la clausola con cui ci si riserva di agire verso il terzo; clausola che, per l’appunto, ha efficacia fino a che il terzo, con la sua dichiarazione, non gliela tolga, salvo il caso che le parti espressamente escludano che il terzo possa profittare, con ciò intendendo manifestare la volontà che la transazione riguardi solo la parte di obbligazione del coobbligato che l’ha sottoscritta.
Questa circostanza, quale sia cioè l’oggetto della transazione, deve desumersi dal contenuto dell’atto.
7.- Il terzo motivo prospetta ancora violazione dell’articolo 1304 c.c.
La tesi della ricorrente è: la transazione non è efficace o comunque è invalida in quanto essa presuppone una res dubia , quando invece è stata stipulata su un titolo definitivo, ossia una volta che il credito era già riconosciuto: per cui avrebbe dovuto concludersi semmai in sede esecutiva con la Regione Sardegna.
Il motivo è infondato.
La transazione non presuppone una res dubia , ma semmai una res litigiosa .
E dunque essa può concludersi anche rispetto ad un credito che è definitivamente accertato, e su cui residuano contestazioni di qualsiasi genere.
Altro è il negozio di accertamento, altra la transazione, che non necessita di accertamento di una res dubia , ma della esistenza di reciproche pretese RAGIONE_SOCIALE parti e della volontà di comporle.
Ciò senza tacere del fatto che la questione della validità, efficacia o altro, della transazione non può essere fatta valere qui, ma semmai andava posta impugnando l’atto a tempo debito.
8.- Il quarto motivo prospetta violazione dell’articolo 2901 c.c. Secondo la ricorrente l’azione revocatoria è stata fatta su credito accertato, ossia su una cartella esattoriale che, seppure in sede cautelare, era stata confermata in altro giudizio; quando anche si volesse dire che su quella cartella pendeva comunque una lite, resta il fatto che l’azione revocatoria può essere esperita anche se il credito è, per l’appunto, litigioso.
Il giudice della revocatoria, nel ritenere invero il credito inesistente, ha sovrapposto il suo giudizio a quello del giudice del credito stesso, e ciò in modo inammissibile, in quanto invece doveva prendere atto della conferma del credito fatta da altro giudice.
Il motivo è inammissibile.
La ratio della decisione impugnata è altra: il credito c’era inizialmente, ma la transazione lo ha estinto, lo ha fatto venire meno, e dunque il giudizio del giudice della revocatoria, ove anche si ritenesse che non può sovrapporsi a quello del giudice del credito presupposto, non si è, per l’appunto, a quello sovrapposto: il giudice della revocatoria ha preso atto di un successivo evento, la transazione, che ha modificato il credito originario.
9.- Il quinto motivo prospetta violazione dell’articolo 112 c.p.c.
La ricorrente lamenta che il giudice non si è pronunciato su una questione a lui posta: che la donazione fatta dal debitore ai suoi congiunti di un bene immobile,
sebbene non abbia del tutto azzerato la garanzia patrimoniale, l’ha comunque ridotta, con ciò rendendo più difficile la soddisfazione del credito: ciò basta da presupposto alla revocatoria. Non solo, ma è altresì indicativo della consapevolezza del donante di arrecare danno al creditore.
Il motivo è infondato. Il giudice ha tenuto in conto la questione del pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione, e dunque non vi è omessa pronuncia, ma ha osservato che la donazione, prima stipulata, è stata poi risolta, ed il bene è ritornato nel patrimonio del debitore, con la conseguenza che l’oggetto della revocazione (l’atto di donazione) è venuto meno, e così il connesso effetto pregiudizievole verso il creditore.
10.- Il sesto motivo prospetta omesso esame di un fatto decisivo. La ricorrente ricorda di avere posto al giudice di merito la seguente questione: che sulla efficacia della transazione pendeva un diverso giudizio, nel quale si era eccepito che, trattandosi di danno erariale, i diritti che ne derivavano erano indisponibili e non potevano fare oggetto di accordo tra le parti. Questa tesi è stata accolta dal giudice della opposizione alla esecuzione , che ha evidenziato l’indisponibilità RAGIONE_SOCIALE situazioni giuridiche involte dalla vicenda.
Il giudice di appello, la cui decisione è qui impugnata, avrebbe dovuto prendere atto o comunque decidere su tale questione e non lo ha fatto.
Il motivo è infondato.
Il giudice di merito ha tenuto in conto la circostanza prospettata, ed ha negato che sussistessero gli estremi per una sospensione del giudizio in attesa della decisione della opposizione alla esecuzione, oltre ad aver ribadito il suo potere di decidere autonomamente sulla esistenza del credito a prescindere dalla circostanza che su quel credito vi siano pendenti altri accertamenti.
Il ricorso va pertanto rigettato e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di euro 10.000,00, oltre a euro 200,00 per esborsi, e oltre a spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Roma 7.12.2023
Il Presidente