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Transazione beni comuni: serve l’unanimità?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10419/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia condominiale. Una transazione che dispone di beni comuni, come la cessione dell’uso esclusivo di una parte del tetto, è invalida se non approvata all’unanimità da tutti i condòmini. Anche se l’avvocato del condominio possiede una procura per transigere, questa non è sufficiente a superare la necessità del consenso unanime richiesto per gli atti dispositivi su parti comuni. Il caso riguardava un condomino che aveva trasformato parte del tetto in terrazza privata e un successivo accordo stragiudiziale ritenuto nullo dalla Suprema Corte per mancanza del requisito dell’unanimità.

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Transazione Beni Comuni: L’Unanimità in Condominio è Indispensabile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale per la gestione dei condomini: qualsiasi transazione beni comuni che abbia effetti dispositivi, come la cessione in uso esclusivo di una parte del tetto, richiede inderogabilmente il consenso unanime di tutti i condòmini. La decisione chiarisce che neanche una procura generale a transigere conferita all’avvocato del condominio può superare questo requisito fondamentale, delineando confini precisi tra i poteri del legale e i diritti dei singoli proprietari.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dall’iniziativa di un condomino che decide di modificare il tetto condominiale, una parte comune dell’edificio, per realizzare una terrazza a uso esclusivo del proprio appartamento all’ultimo piano. Il Condominio, di conseguenza, avvia un’azione legale per ottenere il ripristino dello stato originario del tetto e il risarcimento dei danni.

Durante un incontro di mediazione, il difensore del Condominio accetta una proposta di accordo: il Condominio rinuncia a richiedere il ripristino, consentendo al singolo condomino di mantenere la terrazza. In cambio, quest’ultimo rinuncia al rimborso delle spese di manutenzione e si accetta una modifica delle tabelle millesimali per riflettere la nuova situazione. Nasce così una transazione stragiudiziale che sembra chiudere la disputa.

La Decisione della Corte d’Appello

Il Condominio, tuttavia, contesta la validità di tale accordo davanti alla Corte d’Appello, sostenendo che esso disponeva di un diritto reale su un bene comune (il tetto) e, pertanto, avrebbe richiesto il consenso unanime di tutti i proprietari, consenso che non era mai stato ottenuto. La Corte d’Appello di Venezia, però, respinge questa tesi, dichiarando il giudizio estinto per intervenuta transazione. Secondo i giudici di secondo grado, l’accordo era valido poiché concluso dall’avvocato del Condominio, al quale era stata conferita una procura con la facoltà di transigere.

Validità della transazione beni comuni e poteri dell’avvocato

La questione centrale si sposta quindi sulla portata dei poteri dell’avvocato e sulla natura dell’atto compiuto. Sebbene il legale avesse il potere di chiudere la lite, il nodo da sciogliere era se questo potere si estendesse fino a poter disporre di diritti reali appartenenti ai singoli condòmini. Il Condominio decide di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del Condominio, ribaltando la decisione d’appello. La motivazione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme che regolano la comunione e il condominio. I giudici supremi richiamano l’articolo 1108, terzo comma, del codice civile, applicabile al condominio in virtù del rinvio operato dall’articolo 1139 c.c. Tale norma stabilisce che per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune è necessario il consenso di tutti i partecipanti.

La Corte chiarisce che una transazione, quando comporta reciproche concessioni che incidono su diritti reali, rientra a pieno titolo tra i negozi a carattere dispositivo. Nel caso specifico, l’accordo non si limitava a regolare questioni di spesa, ma consentiva a un condomino di acquisire l’uso esclusivo di una porzione del tetto comune, trasformandola in pertinenza della sua proprietà. Questo atto, che modifica la destinazione e la titolarità di un bene comune, non può che essere qualificato come dispositivo.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha commesso un errore di diritto nel non verificare se la transazione avesse ottenuto il consenso unanime di tutti i condòmini. La procura a transigere conferita al legale, per quanto ampia, non può sostituire la manifestazione di volontà unanime richiesta dalla legge per disporre dei beni comuni.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce con fermezza un punto essenziale: la tutela dei beni comuni in un condominio prevale sulla facoltà di un rappresentante legale di chiudere una lite. Per qualsiasi accordo che vada oltre la mera gestione e conservazione, e che si configuri come un atto dispositivo su una parte comune, è imprescindibile ottenere il consenso di ogni singolo proprietario. Questa decisione serve da monito per amministratori e avvocati: la gestione delle liti condominiali deve sempre avvenire nel pieno rispetto dei limiti imposti dalla natura dei diritti coinvolti, specialmente quando si tratta del patrimonio comune.

È valido un accordo transattivo stipulato dall’avvocato del condominio che dispone di una parte comune come il tetto?
No, un simile accordo non è valido se non è supportato dal consenso unanime di tutti i condòmini. La procura a transigere conferita all’avvocato non è sufficiente a superare questo requisito fondamentale.

Perché il consenso unanime di tutti i condòmini è necessario per una transazione su beni comuni?
Perché una transazione che comporta l’alienazione o la costituzione di diritti reali su beni comuni (come la concessione di un uso esclusivo) è considerata un atto dispositivo. Secondo l’art. 1108 c.c., tali atti richiedono il consenso di tutti i partecipanti alla comunione.

L’amministratore di condominio può agire in giudizio per tutelare le parti comuni senza una previa delibera assembleare?
Sì, l’amministratore è legittimato a compiere atti conservativi a tutela dei diritti sulle parti comuni, come avviare una causa contro trasformazioni non autorizzate, senza necessità di una specifica autorizzazione dell’assemblea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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