Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10419 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10419 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30421/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME NOME
-ricorrente- contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2753/2019 depositata il 02/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel corso del grado di appello del giudizio iniziato dal Condominio INDIRIZZO, Verona, per ottenere, in primo luogo, la condanna del condòmino NOME COGNOME alla rimessione in pristino del tetto condominiale sul quale questi aveva realizzato aperture ed una terrazza ad uso esclusivo del suo appartamento all’ultimo piano, e, in secondo luogo, la condanna del convenuto al risarcimento del danno, il condòmino COGNOME che in via riconvenzionale aveva chiesto la condanna del Condominio al rimborso della spese per la manutenzione del tetto, accettava la proposta avanzata del difensore del Condominio durante un incontro davanti ad un organismo di mediazione e in base alla quale, per quanto in particolare interessa, il Condominio rinunciava al ripristino del tetto permettendo al Depaoli di conservare la terrazza, mentre questi rinunciava al rimborso delle spese di manutenzione e venivano mutate le tabelle per tener conto della nuova condizione del tetto. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza 2753 del 2019, dichiarava quindi ‘ il sopravvenuto difetto di interesse delle parti alla decisione del giudizio per intervenuta transazione stragiudiziale ‘. Respingeva l’eccezione del Condominio secondo cui l’accordo non era valido in quanto comportava effetti dispositivi dei diritti dei condòmini sul tetto dell’edificio ed era stato concluso senza l’assenso di tutti i condòmini, sul rilievo che l’accordo era stato concluso dall’avvocato del Condominio, al quale era stata rilasciata, con la procura, la facoltà di transigere.
Per la cassazione della predetta sentenza di appello, il Condominio Re Teodorico ha proposto ricorso affidato a due motivi, mentre NOME COGNOME resiste con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno esaminate le due eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente. Con la prima si sostiene che il ricorso sia inammissibile perché proposto in
assenza di valida delibera assembleare ed anzi contro la volontà della maggioranza dei condòmini.
Con la seconda si sostiene che il ricorso sia inammissibile perché proposto da un amministratore ‘ già dimissionario e in prorogatio ‘.
Entrambe le eccezioni sono infondate alla luce della documentazione depositata dal ricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c. con memoria del 21 settembre 2021. La legittimità del deposito della documentazione è indiscutibile (v. Cass. civ., S.U.,4 marzo 2016, n. 4248: il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi dell’art. 372 c.p.c.).
L’amministratore del condominio ha dato originariamente mandato all’avvocato COGNOME di difendere il condominio in una causa diretta alla tutela della proprietà condominiale contro atti di trasformazione posti in essere dal condòmino. Per simile azione conservativa non era necessaria la previa delibera assembleare (si veda tra le varie Cass. n.24391/2008: ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio, nei confronti dei singoli condòmini e dei terzi, per compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio, ivi compresa la richiesta delle necessarie misure cautelari; si veda altresì, Cass.n.10865/2016: l’amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell’ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall’amministratore medesimo).
Comunque, nella delibera del 18 settembre 2019, prodotta dal Condominio, si legge che quattro condòmini per 506 millesimi hanno deliberato a favore della prosecuzione della causa in Cassazione, quattro condòmini, per 369,255 millesimi, hanno deliberato contro e il COGNOME, titolare di 124,745 millesimi, si è astenuto.
La seconda eccezione è parimenti infondata.
Nel verbale di assemblea del 18 settembre 2019 si legge che l’amministratore rassegna le dimissioni, che l’assemblea, a maggioranza, le accetta e che ‘ tuttavia si richiede la prorogatio ‘ dell’amministratore al fine di individuare il nuovo amministratore. L’assemblea aveva quindi deliberato , unanimemente, il mantenimento dei poteri in capo all’amministratore uscente e poi, in ogni caso, non si vede come possa negarsi natura di atto urgente da compiersi senz’altro anche in regime di prorogatio, ad una iniziativa giudiziaria (come appunto il ricorso per cassazione) volta ad impedire il passaggio in giudicato di una sentenza sfavorevole al Condominio per decorso dei termini di impugnazione.
Passando adesso all’esame dei motivi di ricorso, c on il primo di essi si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione (artt. 1362-1371 c.c.), perfezionamento, efficacia ed esistenza di un contratto di transazione (artt. 1965 e 1966 c.c.), nonché in materia di comunione condominiale (artt. 1139-1108, co. 3, e 1120 c.c., artt. 1104-1118 c.c.), e delle norme sulla forma scritta (artt. 1104 e 1350 n. 3 c.c.), per avere la Corte d’Appello ritenuto essere intervenuta una transazione stragiudiziale ad opera del legale del Condominio, malgrado la carenza di ogni potere dispositivo di quest’ultimo in ordine al diritto e al bene oggetto di causa. Il Condominio deduce che la transazione, avendo effetti dispositivi riguardo al tetto, bene comune, avrebbe richiesto
la manifestazione di una volontà unanime di tutti i contitolari del diritto e sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il legale del Condominio, pur munito di procura alle liti con annesso potere generale di transigere, non avrebbe potuto disporre di diritti e situazioni di titolarità dei singoli condòmini.
C on il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, c.p.c., ‘la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, co.2, 113 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost e i relativi principi di difesa e parità delle armi in materia di giusto processo’, per avere la Corte d’appello, d’ufficio e senza preventiva instaurazione del contraddittorio, definito la causa per intervenuta transazione della lite in relazione all’istanza del condòmino avente ad oggetto la dichiarazione di estinzione del giudizio in virtù non di una transazione ma dell’accordo raggiunto in sede di mediazione.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Ai sensi dell’art. 1108 c.c., terzo comma, (applicabile al condominio in virtù del rinvio operato dall’art. 1139 c.c.), è richiesto il consenso di tutti i comunisti -e, quindi, della totalità dei condòmini -per gli atti di alienazione del fondo comune o di costituzione su di esso di diritti reali o per le locazioni ultranovennali, con la conseguenza che tale consenso è necessario anche per la transazione che abbia ad oggetto i beni comuni, potendo essa annoverarsi, in forza dei suoi elementi costitutivi (e, in particolare, delle reciproche concessioni), fra i negozi a carattere dispositivo (v. tra le tante, Cass. n. 514/2022; 7201/2016; 821/2014; 4258/2006).
Nel caso in esame la Corte d’Appello, discostandosi da tali principi, ha omesso di verificare se la transazione -che certo non riguardava spese – avesse comportato effetti dispositivi riguardo al tetto dell’edificio (bene comune) attraverso la previsione che parte di esso, trasformato in terrazza a tasca, sarebbe divenuto bene esclusivo del condomino con corrispondente modifica delle tabelle
millesimali. L’errore di diritto è evidente e comporta la cassazione per nuovo esame, con logico assorbimento del secondo motivo. Il giudice di rinvio (Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione) regolerà anche le spese di questo giudizio;
PQM
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione. Roma 10 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME