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Traduzione provvedimento espulsione: onere della prova

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Giudice di Pace, stabilendo che un provvedimento di espulsione è nullo se non tradotto nella lingua madre dello straniero. Spetta alla Pubblica Amministrazione dimostrare che il destinatario conosca la lingua veicolare utilizzata o l’impossibilità di traduzione. Il caso riguarda la non corretta traduzione del provvedimento di espulsione, che non è stato reso nella lingua madre (bangla) del cittadino straniero, ma in inglese.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Traduzione Provvedimento Espulsione: La Cassazione Fissa i Paletti

La garanzia del diritto di difesa è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento, specialmente quando un atto amministrativo incide sulla libertà personale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di una corretta comunicazione in questi contesti, focalizzandosi sulla cruciale questione della traduzione del provvedimento di espulsione per i cittadini stranieri. La sentenza chiarisce che la semplice traduzione in una ‘lingua veicolare’ non è sufficiente se non vengono rispettate precise condizioni, ponendo un chiaro onere probatorio a carico della Pubblica Amministrazione.

I Fatti di Causa

Un cittadino del Bangladesh riceveva un provvedimento di espulsione immediata emesso dalla Prefettura. L’atto, tuttavia, non era tradotto nella sua lingua madre (bangla), bensì in inglese. Il cittadino impugnava il provvedimento davanti al Giudice di Pace, lamentando proprio la mancata traduzione e, di conseguenza, la violazione del suo diritto a comprendere pienamente le ragioni del provvedimento.

Il Giudice di Pace, però, respingeva il ricorso. Secondo il giudice di primo grado, era stato lo stesso ricorrente a indicare l’inglese come ‘lingua veicolare’ conosciuta. Insoddisfatto della decisione, il cittadino proponeva ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte e la non corretta traduzione del provvedimento di espulsione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando l’ordinanza del Giudice di Pace e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui, in tema di espulsione amministrativa, grava sulla Pubblica Amministrazione l’onere di provare l’effettiva conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario. Questa prova è un elemento costitutivo della facoltà di notificare l’atto in una di queste lingue alternative alla madrelingua.

La Corte ha ritenuto la motivazione del Giudice di Pace del tutto insufficiente, in quanto si era limitato a prendere atto dell’uso dell’inglese senza fornire alcuna spiegazione sulla base di quali elementi avesse desunto la piena comprensione da parte del ricorrente.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle sue motivazioni, la Cassazione ha chiarito diversi punti fondamentali, basandosi su suoi precedenti orientamenti.

In primo luogo, il provvedimento di espulsione tradotto in una lingua veicolare è nullo se l’amministrazione non dimostra l’impossibilità di predisporre una traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero. Tale impossibilità non può basarsi su una generica affermazione di ‘rarità’ della lingua, ma deve essere concretamente provata.

Nel caso specifico, il Giudice di Pace non aveva svolto alcun accertamento in merito. Si era limitato ad affermare che il ricorrente ‘aveva indicato’ l’inglese, senza però specificare dove e come tale indicazione fosse avvenuta, né se il cittadino conoscesse effettivamente la lingua a un livello tale da comprendere un atto giuridico complesso. Inoltre, non era stato verificato se fosse davvero impossibile tradurre il provvedimento in lingua bangla.

La Corte ha sottolineato che il giudice di merito deve valutare tutti gli elementi probatori, incluse le dichiarazioni rese dall’interessato nel cosiddetto ‘foglio-notizie’, ma deve farlo con un approccio critico e non limitandosi a formule di stile adottate dall’amministrazione.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza in modo significativo le tutele procedurali per i cittadini stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione. Le implicazioni pratiche sono rilevanti: la Pubblica Amministrazione non può più limitarsi a utilizzare una traduzione ‘standard’ in una lingua veicolare come l’inglese, ma deve attivarsi per garantire l’effettiva comprensione dell’atto. Deve quindi dimostrare, con prove concrete, o che lo straniero comprende quella lingua, o che la traduzione nella lingua madre era oggettivamente impossibile. Per i giudici di merito, questo significa un obbligo di motivazione più stringente, che non può accontentarsi di affermazioni generiche ma deve fondarsi su un’analisi approfondita degli atti processuali. In definitiva, il diritto di difesa dello straniero viene posto al centro, assicurando che una misura così grave come l’espulsione sia comunicata in modo chiaro e inequivocabile.

A chi spetta l’onere di provare che lo straniero comprende la lingua in cui è tradotto il provvedimento di espulsione?
L’onere di provare l’eventuale conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario del provvedimento grava sulla Pubblica Amministrazione.

Un provvedimento di espulsione tradotto in una lingua veicolare come l’inglese è sempre valido?
No, è nullo se l’amministrazione non dimostra che lo straniero conosce effettivamente quella lingua veicolare, oppure se non prova l’impossibilità di effettuare una traduzione nella lingua madre del destinatario per ragioni concrete e non per una generica ‘rarità’ della lingua.

Cosa deve fare il giudice quando valuta un ricorso contro un’espulsione per motivi linguistici?
Il giudice deve accertare in concreto se la persona conosca la lingua in cui l’atto è stato tradotto e se fosse effettivamente impossibile tradurlo nella lingua madre. Non può limitarsi a prendere atto dell’uso di una lingua veicolare, ma deve verificare se l’amministrazione ha fornito prove sufficienti a sostegno della sua scelta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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