Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1046 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1046 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5841/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione digitale in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – FEDERAZIONE ITALIANA DELLE INDUSTRIE DELLE ACQUE MINERALI NATURALI E DELLE ACQUE DI SORGENTE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliazione digitale in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di MILANO n. 2778/2022 depositata il 29/08/2022.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 18/11/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che
La Federazione Italiana delle RAGIONE_SOCIALE e delle RAGIONE_SOCIALE, in seguito Federazione RAGIONE_SOCIALE, ottenne dal Tribunale di Milano – Sezione imprese un ‘ ordinanza cautelare di inibitoria nei confronti della RAGIONE_SOCIALE dell ‘ uso di uno slogan del tenore « tutti i benefici dell ‘ acqua minerale direttamente dal rubinetto della vostra cucina »; e, stante la mancata esecuzione dell ‘ ordinanza cautelare, nella quale era prevista la condanna al pagamento della somma di mille euro per ogni giorno di mancata esecuzione dell ‘ ordine e quindi per ogni giorno di ritardo, spiccò precetto alla RAGIONE_SOCIALE per la complessiva la somma di oltre quattrocento sessanta tremila euro ( € 46 3.418,26, pari a 462 giorni di ritardo);
la RAGIONE_SOCIALE propose opposizione a precetto, ai sensi dell ‘ art. 615 c.p.c., deducendo che non vi era un ordine, ad essa rivolta, di rimozione dello slogan anche su siti internet di cui essa non rispondeva direttamente;
il Tribunale di Milano, nel contraddittorio delle parti, accoglieva l ‘ opposizione, con sentenza n. 6549 del 27/07/2021;
la RAGIONE_SOCIALE proponeva impugnazione e la Corte d ‘ appello di Milano, nel ricostituito contraddittorio delle parti, con sentenza n. 2778 del 29/08/2022, ha accolto l ‘ impugnazione e ha rigettato l ‘ opposizione a precetto;
avverso la detta sentenza della Corte d ‘ appello di Milano propone ricorso per cassazione, articolato su quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni;
entrambe le parti hanno depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 18/11/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione ed al cui esito il Collegio si è riservato il deposito nei sessanta giorni successivi.
Considerato che
RAGIONE_SOCIALE propone i seguenti motivi di ricorso:
primo motivo: ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c., dell ‘ art. 2909 c.c., nonché del titolo esecutivo (ordinanza Tribunale di Milano, Sezione imprese, in data 26 ottobre 2017) ed omesso esame circa un fatto decisivo della controversia (laddove la Corte di appello ha ritenuto che il giudice investito dell ‘ opposizione a precetto fosse privo del potere di accertare, sulla base del dispositivo e della motivazione dell ‘ ordinanza, il contenuto del titolo esecutivo e, comunque, ha censurato la portata del titolo esecutivo individuata dal giudice di primo grado arrivando anche ad interpretare l ‘ ordine inibitorio -il titolo -in via estensiva ed a ritenere comprese nell ‘ ordine inibitorio attività differenti ed autonome rispetto a quelle espressamente indicate nel titolo esecutivo);
secondo motivo: ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2909 c.c., della portata del titolo esecutivo (dichiarando obblighi non contemplati dal titolo stesso), dell ‘ art. 112 c.p.c. (per avere la Corte di appello esteso il perimetro dell ‘ ordinanza cautelare al di là delle domande formulate da RAGIONE_SOCIALE nel ricorso cautelare), dell ‘ art. 2043 c.c. (e delle norme in tema di responsabilità e buona fede per aver addossato a RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE una responsabilità da mera posizione) ed omesso esame circa un fatto decisivo della controversia (nella parte in cui la Corte territoriale ha completamente omesso di considerare le censure di RAGIONE_SOCIALE anche in ordine all ‘ assenza di qualsivoglia domanda della RAGIONE_SOCIALE diretta a costringere Grohe ad attivarsi verso soggetti terzi estranei alla propria sfera di controllo)
terzo motivo: ai sensi, dell ‘ art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione della portata del titolo esecutivo, degli artt. 101 e 111 Costituzione, dell ‘ art. 2729 c.c.,
dell ‘ art. 116 c.p.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per aver la Corte di appello erroneamente ritenuto che il video ‘RAGIONE_SOCIALE‘ contenesse lo slogan inibito ed aver ritenuto che la sua presenza in rete costituisse violazione dell ‘ ordine cautelare;
quarto motivo: ai sensi, dell ‘ art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione dell ‘ art. 2909 c.c. e dell ‘ art. 324 c.p.c. per non avere la Corte di appello dichiarato la formazione del giudicato su di un capo di sentenza non specificamente impugnato che costituiva autonoma ratio decidendi della sentenza di primo grado: ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.;
tutti e quattro i motivi, oltre a porre questioni in modo frammisto, in particolare il primo e il quarto, richiamando tutti i parametri di cui all ‘ art. 360, comma primo, codice di rito civile, diversi da quelli di cui ai nn. 1 e 2, concernenti la giurisdizione e la competenza, pongono censure di fatto più che di diritto e non indicano specifiche parti della sentenza colpite dall ‘ asserita nullità (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.);
la motivazione può, pertanto, essere congiuntamente effettuata per i detti motivi, unitariamente considerati, dovendosi comunque escludere una loro radicale inammissibilità per la rilevata giustapposizione di vizi marcatamente diversi, poiché i gruppi di censure possono essere individuati;
le censure mosse con riferimento all ‘ interpretazione del titolo esecutivo sono inammissibili, poiché nella specie il titolo esecutivo non era ancora definitivo, in quanto costituito da un ‘ ordinanza cautelare, emanata all ‘ esito di procedimento atipico, non assoggettata a reclamo e del cui esito nel successivo giudizio di merito non è dato conoscere in questa sede:
la detta ordinanza rileva, dunque, non in quanto comando di diritto, ma allo stato quale mero fatto, cosicché il richiamo a Sez. U n. 56333 del 21/02/2022 (Rv. 664034 -01: pronuncia che, in effetti, ha sensibilmente innovato in punto di estensione ed oggetto del sindacato di legittimità sul contenuto del giudicato) è del tutto
inconferente, poiché la detta pronuncia nomofilattica aveva ad oggetto una sentenza passata in giudicato azionata quale titolo esecutivo (viceversa, per la conducenza della richiamata giurisprudenza delle Sez. U si veda di recente Cass. n. 29003 del 11/11/2024 Rv. 672851 -01 in tema di sentenza di inibitoria dall ‘ uso di prodotti contraffatti e condanna al pagamento di una somma a titolo di penale ‘ per ogni violazione della presente sentenza o ritardo nella sua attuazione ‘ );
inoltre, le deduzioni mosse con riferimento alla violazione del giudicato sono inammissibili poiché l ‘ ordinanza cautelare, giusta quanto già scritto, non è titolo giudiziale definitivo, e, invero, anche qualora, come nella specie, non sia stata reclamata, non è neppure suscettibile di acquisire forza ed efficacia di giudicato in senso proprio (Cass. n. 15825 del 10/07/2014 Rv. 631846 -01; Cass. n. 8765 del 26/06/2001 Rv. 547773 – 01);
le censure per il resto non colgono nel segno, posto che esse si risolvono in una indebita, e pertanto inammissibile, richiesta di rivalutazione di fatti per come valutati dalle fasi di merito e da ultimo dalla Corte territoriale, dovendosi rimarcare che l ‘ interpretazione della Corte territoriale del contenuto dell ‘ ordinanza, sebbene distonica da quella della sentenza del giudice di primo grado non si appalesa implausibile e rientra, pertanto, nell ‘ ambito della cognizione del giudice dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione; in altri termini, siccome trattasi di valutazioni che rimangono fattuali e che non sono manifestamente implausibili, né affette dai soli cospicui vizi logici o giuridici soli a rilevare dopo la novella del n. 5 dell’art. 36 0 c.p.c., la conclusione della C orte territoriale sull’estensione del comando recato dal titolo giudiziale si sottrae alle critiche mosse;
le censure mosse avuto riguardo all ‘ art. 2729 c.p.c., ossia al ragionamento presuntivo, non sono adeguatamente poste in diritto, ossia con riferimento al vizio di sussunzione (Cass. n. 3541 del 13/02/2020 Rv. 657016 – 01), risolvendosi, anche esse, in una
richiesta di rivalutazione di fatti o di prove, il che, notoriamente, è escluso in fase di legittimità;
le censure dedotte assumendo a parametro il vizio di omesso esame di un fatto decisivo si risolvono, come tradisce la stessa esposizione iniziale di cui al n. 4, alla pag. 11 del ricorso, ove testualmente: «La sentenza impugnata è incorsa anche nel vizio di illogica e contraddittoria motivazione …», nella deduzione del vizio di contraddittorietà o illogicità della motivazione, in tal modo ponendosi al di fuori del parametro del vizio di omesso esame per come ridisegnato dalla giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U n. 8053 del 7/04/2014);
infine, le censure di cui segnatamente al quarto motivo di ricorso, riguardanti il passaggio in giudicato di un capo della sentenza di primo grado, sono infondate, posto che dalla piana lettura degli atti processuali di primo e secondo grado, per come riportati negli atti regolamentari e nelle memorie alla luce dell ‘ interpretazione degli artt. 34 e 348 codice di rito civile offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U n. 27199 del 16/11/2017 Rv. 645991 – 01) non consente di ritenere che vi sia stata mancata impugnazione, e pertanto formazione di giudicato, su capi specifici della sentenza del Tribunale di Milano;
il ricorso, in conclusione, è infondato;
il ricorso è, pertanto, rigettato;
le spese di lite di questa fase di legittimità possono compensarsi, stante l ‘ alternanza di esiti delle fasi di merito, dovendosi in tal modo applicare il disposto dell ‘ art. 92, comma secondo, c.p.c. come risultante dall ‘ intervento di Corte Costituzionale n. 77 del 7/3/2018;
deve, infine, attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell ‘ impugnazione) di cui all ‘ art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002.
la Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 200, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di