SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1205 2025 – N. R.G. 00001457 2023 DEPOSITO MINUTA 29 07 2025 PUBBLICAZIONE 29 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di appello di Bari / sezione 1 a civile, riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
definitiva nel procedimento iscritto nel Registro Generale degli affari civili contenziosi per l ‘ anno 2023 sotto il numero d ‘ ordine 1457, avente per oggetto appello avverso la sentenza n. 3743/2023, pubblicata in data 27/09/2023, del Tribunale di Bari in composizione monocratica,
TRA
, elettivamente domiciliato in Bari alla INDIRIZZO nonché all ‘ indirizzo di p.e.c. presso l ‘ avv. NOME COGNOME da cui è rappresentato e difeso in virtù di mandato allegato mediante strumenti informatici e apposto in calce all ‘ atto di citazione in appello ai sensi dell ‘ art. 83 comma 3° c.p.c.,
-appellante –
E
e
A
entrambi in persona dell ‘ amministratore pro tempore elettivamente domiciliati in Bari al INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME (p.e.c. massari. , fax NUMERO_TELEFONO, da cui sono rappresentati e difesi in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29/01/2024, E
-appellati –
Con provvedimento in data 04/02/2025, pronunciato all ‘ esito di udienza in pari
data sostituita dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell ‘ art. 127 ter c.p.c., la Corte, preso atto che le parti avevano precisato le conclusioni, come da note inviate telematicamente, si riservava per la decisione.
I. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I.A. LA SENTENZA IMPUGNATA.
Con sentenza n. 3743/2023, pubblicata in data 27/09/2023, il Tribunale di Bari in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, nei procedimenti riuniti nn. 2969/2018 e 2461/2021 R.G. (aventi per oggetto ‘ opposizione ex art. 615, co. I, c.p.c. avverso l ‘ atto di precetto per esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ex art. 612 c.p.c.; opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615, co.
II, c.p.c. ‘ ), sulla domanda proposta da
e da
A, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , con atto di citazione notificato in data 14/02/2018, nei confronti di , n onché con atto di citazione in riassunzione notificato da i n data 17/02/2021, nei confronti di e di . A , in persona dei
legali rappresentanti pro tempore , così provvedeva: a) accoglieva l ‘ opposizione a precetto notificato il 29/01/2018 (n. 2969/2018 R.G.) e, per l ‘ effetto, ne dichiarava la nullità ed inefficacia; b) accoglieva l ‘ opposizione all ‘ esecuzione per obblighi di fare n. 910/2018 R.G.E. intrapresa con ricorso depositato in data 14/10/2019 (giudizio di merito n. 2461/2021 R.G.) per inesistenza di idoneo titolo esecutivo; c) condannava alla rifusione, in favore degli opponenti
e
. A , delle spese dei giudizi riuniti, che
liquidava in complessivi € . 6.350,50 (di cui € . 1.090,00 per esborsi non imponibili), oltre a rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, C.A.P. ed I.V.A. come per legge.
A sostegno della decisione il Giudice di primo grado osservava (pagg. 2 e ss.): « I.- Nei limiti di quanto strettamente rileva in funzione della motivazione della decisione giusta il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti possono sinteticamente riepilogarsi come segue.
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I.1.- Il ed il
A.
hanno proposto opposizione ex art. 615, co. I, c.p.c. avverso l ‘ atto di precetto per esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, notificato in data 26-29.1.2018 (rinnovato in data 6-17.2.2018 per irregolarità formale), con il quale è stato loro intimato l ‘ adempimento di quanto accertato e statuito con le sentenze del Tribunale di Bari n. 1277 del 1998 e n. 2629 del 2003, quest ‘ ultima confermata anche dalla sentenza della Corte d ‘ Appello di Bari n. 651 del 2010, ovverosia ‘ la eliminazione delle strisce colorate in giallo ‘ all ‘ interno del cortile interno ai due plessi condominiali di proprietà dell ‘ odierno opposto, .
In particolare, gli opponenti hanno sollevato i seguenti motivi di opposizione:
sopravvenuta prescrizione del diritto ad agire in executivis in forza della sentenza del Tribunale di Bari n. 1277 del 20.1.1998, per effetto del decorso del termine ventennale dalla pronuncia del titolo esecutivo giudiziale, in assenza di idonei atti interruttivi antecedenti rispetto all ‘ apposizione della formula esecutiva risalente al 17/1/2018;
assenza nell ‘ ulteriore titolo esecutivo costituito dalla sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003, confermata dalla sentenza della Corte d ‘ Appello di Bari n. 651/2010, di qualsivoglia specificazione dell ‘ obbligo a carico dei Condomini opponenti di provvedere alla ‘ eliminazione delle strisce colorate in giallo ‘ ; trattandosi di decisione che si limiterebbe al mero annullamento delle deliberazioni assembleari del 4.6.1988 e del 27.5.1989, con le quali si approvava rispettivamente l ‘ installazione di una transenna all ‘ ingresso del cortile di proprietà privata e la destinazione di quest ‘ ultimo a parcheggio comune.
Gli opponenti hanno, altresì, aggiunto la mancata esatta individuazione nell ‘ azionata sentenza dell ‘ area di proprietà esclusiva del e l ‘ assenza di transenne, linee di colore giallo e altri segni di parcheggio da rimuovere coattivamente come intimato dall ‘ odierno opposto; concludendo per l ‘ accertamento della nullità/inefficacia dell ‘ opposto atto di precetto, con accoglimento dell ‘ opposizione e condanna del convenuto alla refusione delle spese del presente giudizio (atto di citazione in opposizione notificato il 14.2.2018).
I.2.- Costituendosi in giudizio, ha, in primo luogo, eccepito la nullità e/o l ‘ inammissibilità dell ‘ avverso atto di opposizione, in quanto non rientrerebbe tra le domande giudiziali proponibili dall ‘ amministratore di condominio in rappresentanza dell ‘ assemblea ai sensi dell ‘ art. 1131, co. I, c.c.; in secondo luogo, ha rilevato l ‘ imprescrittibilità del diritto di non parcheggiare ( actio negatoria servitutis ) accertato dalla sentenza n. 1277/1998, in conformità alla giurisprudenza della Cass. n. 12810/1997 e Cass. n. 5134/2008; in terzo luogo, ha obiettato che dall ‘ annullamento delle delibere condominiali, mediante la sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003, confermata dalla sentenza della Corte d ‘ Appello di Bari n. 651/2010, conseguirebbe l ‘ obbligo di rimozione delle strisce gialle dal cortile di proprietà dell ‘ opposto; infine, ha affermato la corretta identificazione del cortile di sua proprietà e la provata esistenza delle strisce gialle, transenne e parcheggi, ammessa peraltro dagli stessi Condomini (all. n. 7 fasc. opposto) e comprovata dai rilievi fotografici in atti (comparsa di risposta depositata in data 6.3.2018).
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I.3.- A seguito dell ‘ avvio dell ‘ azione esecuzione per l ‘ attuazione degli obblighi di fare da parte del in data 6.3.2018, gli opponenti hanno proposto opposizione ex art. 615, co. II, c.p.c. con ricorso depositato il 25.10.2019, a fronte della quale, l ‘ esecuzione è stata sospesa con ordinanza collegiale resa in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. del 16/2/2021.
I.4.- Introdotto il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. (r.g. n. 2461/20221 r.g.), ad iniziativa dell ‘ opposto, con atto di citazione del 17.2.2021, sono state reiterate le seguenti doglianze in merito alla legittimità della decisione cautelare:
omessa declaratoria di nullità del ricorso in opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 co. 2 c.p.c per l ‘ inesistenza del mandato ai difensori, essendo stato conferito il relativo potere rappresentativo dall ‘ amministratore di condominio p.t. non più in carica e per la mancata allegazione della procura speciale;
inammissibilità dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione per identità di titolo e causa petendi rispetto al giudizio di opposizione a precetto separatamente iscritto al n. 2969/2018 r.g. e, comunque, necessità di disporre la riunione dei giudizi;
nullità dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione (così come di quella a precetto) per inesistenza della preventiva delibera assembleare ex art. 1131 co. 1 c.c.;
infondatezza del motivo di prescrizione del diritto discendente dalla sentenza n. 1277/98;
infondatezza dell ‘ eccezione di inidoneità delle sentenze del Tribunale n. 1277/1998 e n. 2629/2003 a costituire valido titolo esecutivo;
erroneità dell ‘ ordinanza collegiale di accoglimento del reclamo del 16.2.2021.
Il creditore procedente ha, pertanto, insistito per il rigetto della opposizione all ‘ esecuzione e per l ‘ accertamento della legittimità della propria pretesa creditoria ad agire esecutivamente per l ‘ eliminazione delle strisce gialle eseguite in virtù delle annullate delibere assembleari, con vittoria di spese (atto di citazione in riassunzione notificato il 17/2/2021).
I.4.- Con ordinanza del 22/12/2021, il giudizio iscritto al n. 2461/2021 r.g. è stato riunito al giudizio di opposizione ex art. 615, co. I, c.p.c. iscritto al n. 2969/2018 r.g., in ragione della identità delle cause, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo (cfr. Cass. sez. un. n. 20596/2007 e Cass. n. 18564/2015).
I.5.- La causa, istruita essenzialmente sulla scorta della produzione documentale di parte, è pervenuta all ‘ odierna udienza in cui, sulle conclusioni come in epigrafe precisate, è stata discussa oralmente ai sensi dell ‘ art. 281 sexies c.p.c. e decisa con contestuale lettura del dispositivo e di una sintetica motivazione in fatto ed in diritto delle ragioni della decisione.
II.- L ‘ opposizione, principalmente da qualificarsi come opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 c.p.c. nella misura in cui si contesta la sussistenza di un valido titolo esecutivo legittimante l ‘ atto di precetto e la successiva esecuzione, è fondata e merita, pertanto, accoglimento.
Ciò premesso, si ritiene di poter decidere la causa sulla base del principio della ragione più liquida, considerando come assorbiti gli ulteriori motivi di opposizione.
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Preliminarmente, l ‘ eccezione di difetto di jus postulandi in capo ai difensori Avv.ti NOME e NOME COGNOME sollevata dal non può apprezzarsi nella sua fondatezza.
Non è contestato dal creditore procedente che gli opponenti abbiano proposto il ricorso in opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615, co. II, c.p.c., avvalendosi del mandato difensivo conferito in data 14/2/2018, al momento della proposizione dell ‘ opposizione a precetto ex art. 615, co. I, c.p.c. da cui è scaturito il giudizio n. 2969/2018 r.g., riunito alla successiva fase di merito di opposizione all ‘ esecuzione per obblighi di fare.
Neppure contestato è che tale mandato difensivo sia stato dai Condomini opponenti prodotto nel fascicolo della fase sommaria di opposizione all ‘ esecuzione.
Orbene, tale mandato si connota per l ‘ estensione dei poteri rappresentativi all ‘ intera fase esecutiva (cfr. doc. procura ge, sub all. alla comparsa di risposta nel fascicolo riunito n. 2461/2021 r.g.), non limitandosi al mero giudizio di opposizione a precetto.
D ‘ altronde, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che ‘ la procura conferita dalla parte al difensore nel processo di cognizione è intesa non solo al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte medesima del bene oggetto della controversia, ma anche all ‘ attuazione concreta del comando giudiziale, cioè al conseguimento di quel bene attraverso l ‘ esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte. Ne consegue che detta procura, in difetto di espressa limitazione (e particolarmente quando sia specificato che i poteri del difensore si estendono ad ogni stato e grado del procedimento) attribuisce lo ius postulandi anche in relazione al processo di esecuzione e negli eventuali giudizi di opposizione che possono frapporsi tra l ‘ esercizio della pretesa esecutiva e la soddisfazione del credito ‘ (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26296 del 14/12/2007, Rv. 601091 – 021).
Pertanto, si reputa che non sia configurabile, nella fattispecie, un vizio di inesistenza del mandato o di mancanza in atti, non sanabile ai sensi dell ‘ art. 182, co. II, c.p.c. (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 37434 del 21/12/2022).
Di conseguenza, il nuovo mandato rilasciato in data 23/3/2021, al momento della costituzione nel giudizio di merito n. 2461/2021 r.g., che costituisce parte integrante della fase sommaria di opposizione all ‘ esecuzione, è idoneo a sanare eventuali vizi di legittimità del precedente mandato.
Conforta la soluzione appena indicata anche l ‘ indirizzo interpretativo, in materia di ultrattività del mandato difensivo in favore del , della giurisprudenza di legittimità alla cui stregua: ‘ qualora il si sia costituito in giudizio in virtù di mandato conferito anche per il giudizio di appello, il mutamento in corso di causa della persona dell ‘ amministratore che aveva rilasciato la procura alle liti non incide sul rapporto processuale, che è in ogni caso riferito, sia dal lato passivo sia da quello attivo, al , quale ente di gestione che opera in rappresentanza e nell ‘ interesse dei condomini ‘ (si veda
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9282 del 20/04/2006, Rv. 588989 – 01).
Immeritevole di positiva delibazione risulta essere anche l ‘ ulteriore eccezione di inammissibilità dell ‘ apposizione esecutiva perché non rientrerebbe tra le domande giudiziali proponibili
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dall ‘ amministratore di condominio in rappresentanza dell ‘ assemblea ai sensi dell ‘ art. 1131, co. I, c.c.
Giova osservare che, nella fattispecie in esame, gli opponenti on hanno, in alcun modo, inteso avanzare alcuna pretesa creditoria sostanziale attiva, limitandosi a reagire al fine di paralizzare quella altrui; sicché impropriamente viene invocato quale limite alla legittimazione processuale dei relativi amministratori l ‘ art. 1131, co. II, cc., che, di contro, stabilisce che l ‘ amministratore ‘ può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell ‘ edificio… ‘ , come di fatto accade nel caso di specie.
D ” altronde, anche la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è concorde nel senso di ritenere che ‘ in tema di condominio, in forza del disposto dell ‘ art. 1131 c.c., l ‘ amministratore del condominio, per conferire procura al difensore, al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell ‘ ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall ‘ amministratore medesimo ‘ (cfr. Cass. civ. sez. II, 21/09/2017, n. 21965).
Passando ad esaminare il merito, ai sensi dell ‘ art. 612, co. 1, c.p.c. ‘ chi intende ottenere l ‘ esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell ‘ esecuzione che siano determinate le modalità dell ‘ esecuzione ‘ .
Dall ‘ interpretazione di tale disposizione si ricava come la sentenza di condanna, contenente la specificazione dell ‘ obbligo di fare o di non fare, sia un presupposto necessario per avviare l ‘ esecuzione, come ampiamente osservato dall ‘ ordinanza collegiale del Tribunale di Bari, resa in sede di reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c. del 16/2/2021 (r.g. n. 15101/2021).
Nel caso di specie, l ‘ odierno opposto ha posto a fondamento dell ‘ azione esecutiva la sentenza del Tribunale di Bari n. 1277/1998 e la sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003, quest ‘ ultima confermata con la sentenza della Corte d ‘ Appello di Bari n. 651/2010. Con la prima, emessa tra gli odierni opponenti e i danti causa dell ‘ opposto, il Tribunale di Bari ha dichiarato ‘ l ‘ inesistenza in capo ai proprietari delle unità immobiliari site negli edifici condominiali ubicati alla INDIRIZZO INDIRIZZO/a e alla INDIRIZZO, rappresentati rispettivamente dagli amministratori pro-tempore e , del diritto reale (servitù) di parcheggiare i propri autoveicoli nel cortile interno esistente fra gli stabili, del quale sono esclusivi proprietari i coniugi attori .
L ‘ esame complessivo del dispositivo, anche tenuto conto dell ‘ impianto argomentativo motivazionale, consente di ribadire come la statuizione giurisdizionale si sia limitata ad accertare l ‘ inesistenza del diritto di servitù di parcheggio nell ” area del cortile interno di proprietà del senza statuire a loro carico alcuno specifico obbligo di fare, in particolare teso all ‘ eliminazione di strisce gialle ivi esistenti; sicché trattandosi di sentenza di mero accertamento, in specie negativo, non è idonea, pertanto, a legittimare l ‘ avvio della procedura esecutiva prevista dall ‘ art. 615 c.p.c.
Allo stesso modo, anche l ‘ ulteriore sentenza n. 2629/2003, con la quale il Tribunale di Bari ‘ ha annullato
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le delibere assembleari del 04 giugno 1988 e del 27 maggio 1989 nella parte in cui statuiscono, la prima, l ‘ installazione di una transenna all ‘ ingresso di un cortile di proprietà privata, e la seconda, la destinazione di quest ‘ ultimo al parcheggio ‘ , ha contenuto dichiarativo da cui non consegue alcuno specifico ed attuale obbligo di fare a di non fare a carico degli opponenti; in particolare, di alcuna specifica obbligazione della specie di quella intimata nell ‘ atto di precetto opposto.
Ne consegue, che l ‘ opposizione a precetto e l ‘ opposizione all ‘ esecuzione risultano ambedue fondate e meritano, pertanto, accoglimento.
III.- Le spese di lite seguono la soccombenza dell ‘ opposto ai sensi dell ‘ art. 91 c.p.c. nei confronti degli odierni opponenti.
Alla liquidazione dei compensi si provvede secondo i parametri medi di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 147/2022, che ha modificato il D.M. 55/2014, applicabile alle prestazioni professionali esauritesi all ‘ indomani del 23/10/2022.
Nel prospetto seguente sono riportate le voci di compenso spettanti e i relativi importi, secondo i tassi medi, in ragione del valore indeterminabile della lite (dunque, con riguardo allo scaglione compreso tra €. 26.000,01 ed €. 52.000,00), con riduzione in misura del 50% della voce relativa alla fase istruttoria (di natura prevalentemente documentale), nonché in misura del 50% di quella relativa alla fase decisoria, in ragione della non particolare complessità delle questioni giuridiche controverse e l ‘ adozione del metodo decisionale semplificato, avendo riguardo ad una liquidazione unitaria per i giudizi riuniti, trattandosi della medesima lite sostanziale:
TABLE
IV.- Questa sentenza, pronunciata nell ‘ udienza odierna, si ha per pubblicata con la sottoscrizione, seguita dall ‘ immediato deposito telematico.
Il Cancelliere provvederà agli adempimenti di cui all ‘ art. 35 disp. att. c.p.c. ».
I.B. I L P R OCESSO DI APPELLO .
I.B.1. Con atto di citazione notificato in data 20/11/2023, proponeva appello, nei confronti di
avverso la predetta sentenza, chiedendo a questa Corte di voler, in riforma della decisione impugnata, così provvedere: ‘ 1. Dichiarare inammissibili, per esorbitanza delle attribuzioni dell ‘ Amministratore, le due opposizioni da cui sono scaturiti i giudizi riuniti e decisi con la sentenza impugnata, nonché il reclamo proposto contro il provvedimento del G.E. in data 16/19.11.2020; 2. Rigettare le opposizioni anzidette, emettendo ogni consequenziale pronuncia in ordine al proseguo del processo esecutivo; 3. Con vittoria di spese dell ‘ intero giudizio del doppio grado, comprese quelle relative alla fase cautelare, e con espressa revoca dell ‘ ordinanza collegiale del 16.2.2021. ‘ .
I.B.2.
e
407
A
entrambi in persona dell ‘ amministratore pro tempore con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29/01/2024, si costituivano nel giudizio di appello, in via preliminare eccependo l ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione per tardività e nel merito deducendo l ‘ infondatezza delle questioni preliminari prospettate dall ‘ appellante, l ‘ intervenuta prescrizione del titolo esecutivo (sentenza n. 1277/1998 del Tribunale di Bari) e l ‘ assenza di qualsivoglia obbligo di fare nei titoli esecutivi posti dal a base dell ‘ esecuzione. Pertanto, chiedevano a questa Corte di voler così provvedere: 1) dichiarare inammissibile e/o rigettare l ‘ interposto appello, confermando integralmente la sentenza impugnata; 2) condannare l ‘ appellante alla rifusione delle spese del giudizio di appello.
I.B.3. Con provvedimento in data 04/02/2025, pronunciato all ‘ esito di udienza in pari data sostituita dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell ‘ art. 127 ter c.p.c., la Corte, preso atto che le parti avevano precisato le conclusioni, come da note depositate telematicamente, si riservava per la decisione.
II. MOTIVI DELLA DECISIONE
II.A. L ‘ ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITÀ DELL ‘ APPELLO PER TARDIVITÀ.
II.A.1. Gli appellati hanno eccepito l ‘ inammissibilità dell ‘ appello per tardività, deducendo: che in data 28/09/2023 il difensore di essi appellati inviò al difensore dell ‘ appellante, a mezzo p.e.c., una comunicazione con la quale venivano
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richieste le competenze legali liquidate nella sentenza di primo grado; che la sentenza n. 3743/2023 del Tribunale di Bari era allegata alla predetta comunicazione, nella quale, inoltre, si dava espressamente atto dell ‘ allegazione della sentenza; che se era vero che la comunicazione non conteneva i requisiti formali della notificazione a mezzo p.e.c. di cui all ‘ art. 3 bis della L. n. 53/1994 (mancavano l ‘ indicazione nell ‘ oggetto del messaggio della dizione ‘ notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994 ‘ , l ‘ attestazione di conformità della copia informatica dell ‘ atto, l ‘ indicazione del codice fiscale della parte che aveva conferito la procura alle liti), era però altrettanto vero che l ‘ allegazione della sentenza ed il riferimento nel testo della p.e.c. a tale allegazione rendevano chiaro l ‘ intento della parte vittoriosa in primo grado di notificare la sentenza anche ai fini della decorrenza del termine breve, avendo la consegna della sentenza comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (la parte aveva ricevuto la notifica e compreso il contenuto dell ‘ atto); che l ‘ appello, pertanto, era tardivo, in quanto proposto con atto di citazione notificato in data 20/11/2023, ossia dopo la scadenza del c.d. termine ‘ breve ‘ di cui all ‘ art. 325 c.p.c. (decorrente, ex art. 326 c.p.c., dalla notificazione della sentenza).
II.A.2. L ‘ eccezione è infondata.
II.A.2.a. Il difensore degli odierni appellati, con la comunicazione a mezzo p.e.c. inviata al difensore dell ‘ odierno appellante in data 28/09/2023, invitò il a pagare le spese processuali liquidate in sentenza, onde evitare di procedere esecutivamente.
La Corte suprema (dal cui autorevole insegnamento, pienamente condivisibile, non vi è ragione alcuna di discostarsi), in una vicenda sostanzialmente identica a quella qui in esame (la Corte territoriale aveva ritenuto tardivo l ‘ appello facendo decorrere i termini per la sua proposizione dalla comunicazione telematica con cui il difensore, chiedendo in via bonaria il pagamento delle spese processuali, aveva allegato il testo della sentenza di primo grado), cassò con rinvio la decisione impugnata, statuendo che ‘ In caso di notifica telematica della sentenza eseguita dal difensore, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, pur non essendo necessarie forme solenni, occorre che la stessa non abbia un contenuto equivoco, ma sia tale da porre in condizione il suo
destinatario specifico di percepire non solo il contenuto del provvedimento, ma anche, in modo chiaro, l ‘ intenzione del notificante di sollecitargliene la valutazione tecnica ai fini di un ‘ eventuale sua impugnazione. ‘ 1 .
II.A.2.b. Orbene, nel caso in esame non è revocabile in dubbio che la difesa degli odierni appellati, con l’allegazione del la sentenza di primo grado alla comunicazione a mezzo p.e.c. del 28/09/2023, non avesse manifestato alcuna intenzione di sollecitare la valutazione tecnica del provvedimento ai fini della sua eventuale impugnazione, ma si fosse limitato a trasmettere la sentenza all ‘ esclusivo fine di supportare la richiesta (avanzata in via ‘ bonaria ‘ , onde evitare l ‘ esercizio dell ‘ azione esecutiva) diretta ad ottenere il pagamento delle spese processuali nella misura liquidata nel provvedimento (allegato a tale scopo, per l ‘ appunto).
Pertanto, il c.d. termine ‘ breve ‘ ( a rt. 325 c.p.c.) non cominciò a decorrere (art. 326 c.p.c.), sicché l ‘ impugnazione, proposta nel rispetto del c.d. termine ‘ lungo ‘ (art. 327 c.p.c.), è senz ‘ altro tempestiva.
II.A.3. Consegue a tanto l’ammissibilità dell’appello.
II.B. L ‘ ATTO DI APPELLO.
A sostegno dell ‘ impugnazione l ‘ appellante ha enunciato cinque motivi.
II.B.1. I l p r i m o mot i v o.
II.B.1.a. Con il primo motivo l ‘ appellante,
dopo avere premesso
che gli appellati, con atto notificato in data 14/02/2018, avevano proposto opposizione a precetto ex art. 615 comma 1° c.p.c. (n. 2969/2010 R.G.), assumendo l ‘ intervenuta prescrizione del titolo esecutivo costituito dalla sentenza n. 1277/1998 del Tribunale di Bari e l ‘ assenza di qualsivoglia obbligo di fare nel titolo esecutivo costituito dalla sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari (confermata in appello);
che egli appellante, con ricorso depositato in data 06/03/2018, aveva proposto istanza ex art. 612 c.p.c. finalizzata alla determinazione delle
1 così Cass., ord. n. 23396/2023.
modalità di esecuzione delle sentenze nn. 1277/1998 e 2629/2003 del Tribunale di Bari (n. 910/2018 R.G.E.);
che con ricorso del 14/10/2019 gli appellati, in virtù di ‘ procura già in atti ‘ (non meglio specificata) e senza nessuna autorizzazione assembleare, avevano proposto opposizione ex art. 615 comma 2° c.p.c. (n. 910/2018-1 R.G.) basata sui medesimi motivi formulati con l ‘ opposizione del 14/02/2018;
che egli appellante, con comparsa di costituzione e risposta in data 27/10/2020, aveva eccepito l ‘ inammissibilità per litispendenza o quantomeno l ‘ esigenza di riunione delle due opposizioni identiche, l ‘ inidoneità della ‘ procura già in atti ‘ , il difetto dei poteri dell ‘ amministratore ai sensi degli artt. 1130-1131 c.c., l ‘ infondatezza di entrambi i motivi di opposizione;
che il G.E., con ordinanza in data 16/11/2020, aveva rigettato l ‘ istanza di sospensione dell ‘ esecuzione proposta dagli appellati;
che il Tribunale (al quale gli appellati avevano proposto reclamo avverso l ‘ ordinanza in data 16/11/2020), con ordinanza in data 05/02/2021, aveva, in parziale riforma dell ‘ impugnata ordinanza, sospeso la procedura esecutiva;
che egli appellante, con atto di citazione notificato in data 17/02/2021, aveva introdotto il giudizio di merito previsto dall ‘ art. 616 c.p.c. (n. 2461/2021 R.G.);
ha dedotto
che erroneamente il Giudice di primo grado ritenne che le opposizioni rientrassero tra le domande giudiziali proponibili dall ‘ amministratore di in rappresentanza dell ‘ assemblea ai sensi dell ‘ art. 1131 comma 1° c.c.;
che il difetto del potere di agire senza la necessaria delibera dell ‘ assemblea comportava l ‘ inammissibilità delle opposizioni e del reclamo proposti dall ‘ amministratore dei due CONDOMÌNI appellati;
che erroneamente il Giudice di primo grado rigettò tale eccezione (affermando che i CONDOMÌNI opponenti non avevano avanzato alcuna pretesa creditoria sostanziale attiva e si erano limitati a reagire al fine di
paralizzare quella altrui, sicché impropriamente era stato invocato quale limite alla legittimazione processuale dei relativi amministratori l ‘ art. 1131 comma 2° c.c., che di contro stabiliva che l ‘ amministratore poteva essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell ‘ edificio, come di fatto accaduto nel caso di specie), sia perché nella fattispecie non era stata proposta alcuna azione concernente le parti comuni dell ‘ edificio (il cortile in relazione al quale egli appellante aveva notificato il precetto e il ricorso per l ‘ esecuzione di obblighi di fare non era bensì di proprietà esclusiva di lui appellante), sia perché l ‘ amministratore condominiale non era stato convenuto in giudizio per un ‘ azione concernente l ‘ anzidetto cortile (egli appellante si era limitato a porre in esecuzione due titoli esecutivi conseguiti dai propri danti causa nei confronti dei e riguardanti il cortile di proprietà esclusiva, mentre l ‘ amministratore dei aveva proposto due giudizi di opposizione all ‘ esecuzione ed un giudizio di reclamo non rientranti nella previsione dell ‘ art. 1131 comma 2° c.c. ed esorbitanti dalle attribuzioni dell ‘ amministratore ex artt. 1130-1131 c.c., trattandosi di atti di amministrazione straordinaria rientranti nelle attribuzioni dell ‘ assemblea dei condòmini).
II.B.1.b. Il motivo è infondato.
II.B.1.b.1. L ‘ art. 1130 comma 1° c.c., nel testo novellato dall ‘ art. 10 della L. n. 220/2012 (entrata in vigore, ai sensi dell ‘ art. 32 della medesima legge, dopo sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 17/12/2012), stabilisce, ai nn. 2) e 4), che « L ‘ amministratore, oltre a quanto previsto dall ‘articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve… disciplinare l ‘ uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell ‘ interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; » e « compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell ‘ edificio; » .
L ‘ art. 1131 c.c., nel testo novellato dall ‘ art. 12 della L. n. 220/2012 (entrata in vigore, come detto, dopo sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 17/12/2012), dispone (tra l ‘ altro) che l ‘ amministratore, « Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall ‘ articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall ‘assemblea, … ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. » (comma 1°) e « Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell ‘ edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell ‘ autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. » (comma 2°).
II.B.1.b.2. La giurisprudenza, sostenuta anche della dottrina 2 , ha affermato, valorizzando l ‘ espresso riferimento all ‘ ‘ interesse comune ‘ contenuto nell ‘ art. 1130 comma 1° n. 2) c.c. e facendo leva su un ‘ interpretazione estensiva della nozione delle ‘ parti comuni ‘ di cui agli artt. 1130 comma 1° n. 4) e 1131 comma 2° c.c. 3 , che la competenza dell ‘ amministratore si estende al di là della semplice cura delle parti comuni, essendo in realtà volta a realizzare gli interessi comuni dei condòmini in quanto tali, sicché la legittimazione processuale dell ‘ amministratore (attiva, ex art. 1131 comma 1° c.c., e passiva, ex art. 1131 comma 2° c.c.) deve ritenersi sussistente in relazione a procedimenti che comunque involgano gli interessi comuni dei condòmini in quanto tali (ossia come
2 della quale non può essere fatta menzione, stante il divieto posto dall ‘ art. 118 comma 3° disp. att. c.p.c.
3 espressi riferimenti agli ‘ interessi comuni ‘ dei condòmini, riguardanti sia la legittimazione processuale attiva sia la legittimazione processuale passiva, si rinvengono, ad esempio, in: Cass., n. 21506/2024; Cass., sez. un., n. 471/2015 (che, nell ‘ individuazione del limite della legittimazione processuale passiva -costituito, a norma dell ‘ art. 1131 c.c., dall ‘ inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell ‘ edificio -, ha spiegato che tale limite deve essere inteso in modo da ricomprendere nel concetto di parti comuni qualsiasi bene, anche se non condominiale, rispetto al quale venga in considerazione un interesse che i condomini vantino o ritengano di poter vantare in quanto tali); Cass., n. 1485/1996; Cass., n. 145/1985 ; Cass., n. 2091/1982.
soggetti facenti parte del condominio), indipendentemente dalla circostanza che essi riguardino ‘ parti comuni ‘ dell ‘ edificio (intese nel ristretto senso di cui all ‘ art. 1117 c.c.).
II.B.1.b.3. Ne consegue che condivisibilmente il Giudice di primo grado affermò che la legittimazione processuale dell ‘ amministratore di
e di
. sussisteva indipendentemente da una delibera assembleare, atteso che la notifica del precetto (in date 29/01/2018 e 05/02/2018 e successivamente, in sede di rinnovazione, in data 17/02/2018) da parte di ed il successivo deposito del ricorso ex art. 612 c.p.c. (in data 06/03/2018) sempre da parte del essendo espressamente diretti a procedere esecutivamente nei confronti di
e di . RAGIONE_SOCIALE BARI, sulla base delle sentenze nn. 1277/1998 e 2629/2003 del Tribunale di Bari
proposto opposizione (prima al precetto, ai sensi dell ‘ art. 615 comma 1° c.p.c.;
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poi all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 comma 2° c.p.c. , dopo il deposito del ricorso ex art. 612 c.p.c.) -non fosse un bene condominiale [il procedendo in executivis nei confronti di
e di
.
A
mirava, come detto, ad impedire che il cortile di sua proprietà
esclusiva fosse utilizzato dai condòmini di
. A IN BARI per il parcheggio dei loro autoveicoli e ad ottenere ‘coattivamente’ l’eliminazione delle strisce colorate in giallo apposte per delimitare gli stalli: situazione nella quale si sostanziava -e si sostanzia -l ‘ ‘ interesse comune dei condomini in quanto tali ‘ , costituente la fonte del potere dell ‘ amministratore di agire (dal lato attivo) o essere convenuto (dal lato passivo) in giudizio a tutela di detto interesse comune, ai sensi delle disposizioni di cui ai citati artt. 1130 comma 1° nn. 2) e 4) e 1131 commi 1° e 2° c.c. (difatti l ‘ amministratore di un condominio, ai sensi dell ‘ art. 1131 c.c., ha la rappresentanza dei partecipanti e può quindi agire a tutela di un interesse comune , sia contro i condomini sia contro i terzi, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall ‘ art. 1130 c.c., sicché, allorquando la rappresentanza non esuli dalla sfera di dette attribuzioni -come nel caso in esame, avendo l ‘ amministratore proposto le opposizioni de quibus a tutela dell ‘ interesse comune dei condòmini, per le ragioni sopra indicate -, essa non deve essere necessariamente sorretta da apposita investitura deliberata dall ‘ assemblea condominiale)].
II.B.1.c. A quanto sopra esposto consegue che il primo motivo di appello è immeritevole di accoglimento.
II.B.2. I l s e c o n d o , i l t e r z o , i l q u a r t o e d i l q u i n t o m o t i v o .
II.B.2.a. Con il secondo motivo [ II) Violazione dell ‘ art. 2909 c.c. Omesso esame dei due giudicati costituiti: a) dalla sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003, che ha espressamente stabilito che ‘ l ‘ annullamento, secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sia disposto limitatamente alla decisione di installazione di una sbarra di accesso all ‘ ingresso della stradella di accesso al cortile di proprietà e alla regolamentazione del parcheggio all ‘ interno di quest ‘ ultimo ‘ ; b) dalla sentenza del Tribunale n. 3740/2016, la quale accertava che l ‘ apposizione delle strisce nel cortile di proprietà esclusiva del
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sig. è stata consequenziale alle delibere degli anni 1988/89 annullate con la sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003. ‘ ], l ‘ appellante ha dedotto: che il Giudice di primo grado ricostruì erroneamente i fatti, in quanto, nel ritenere insussistenti gli obblighi di fare o di non fare nella sentenza n. 2629/2003, omise di tenere conto dell ‘ altro giudicato costituito dalla sentenza n. 3740/2016 del Tribunale di Bari, che aveva accertato che l ‘ apposizione delle strisce era stata consequenziale alle delibere degli anni 1988/1989 annullate dalla sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari; che la sentenza appellata trasgredì, in violazione dell ‘ art. 2909 c.c., sia il giudicato di cui alla sentenza n. 2629/2003 (che non si era limitata ad annullare le due delibere condominiali degli anni 1988/1989 impugnate, ma aveva anche espressamente affermato che l ‘ annullamento, secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, era disposto limitatamente all’ installazione di una sbarra di accesso all ‘ ingresso della stradella di accesso al cortile di proprietà ed alla regolamentazione del parcheggio all ‘ interno di quest ‘ ultimo, sicché il Giudice di primo grado ignorò completamente che la regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile, alla quale era stato esteso l ‘ annullamento, era espressamente considerata tra gli obblighi posti a carico dei due sia il giudicato di cui alla sentenza n. 3740/2016 ( che, nel rigettare la domanda riconvenzionale di usucapione del cortile de quo proposta dai condòmini, aveva affermato che le strisce delimitanti i parcheggi erano state presumibilmente apposte negli anni 1988/1989 in esecuzione delle due delibere annullate dalla sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003); che quindi, in virtù della sentenza n. 2629/2003 (la quale non si era limitata ad annullare le delibere degli anni 1988/1989, ma aveva chiarito che la statuizione di annullamento si riferiva anche alle attività di regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile di proprietà privata e dunque pure alle strisce di cui era stata chiesta l ‘ eliminazione), costituente il titolo esecutivo posto in esecuzione, dovevano essere eliminate le strisce apposte dai due appellati sul cortile di proprietà esclusiva di lui appellante per delimitare i parcheggi assegnati individualmente a ciascun condomino in esecuzione delle delibere annullate.
Con il terzo motivo [ III) Violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. per omesso esame del fatto che la sentenza del Tribunale di Bari n. 2629/2003, in virtù del principio
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della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non si è limitata ad annullare le delibere, ma anche la conseguente ‘ regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile di proprietà privata ‘ per cui è causa, e dunque anche delle strisce di cui è stata chiesta l ‘ eliminazione. ] l ‘ appellante ha dedotto: che, in virtù del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari, insieme all ‘ annullamento delle delibere, aveva fatto riferimento anche ‘ alla regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile di proprietà privata ‘ ; che il primo Giudice, nella ricostruzione dei fatti, omise completamente le anzidette circostanze; che i fatti già esposti nel secondo motivo di appello rilevavano anche sotto il profilo della violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato cristallizzato nell ‘ art. 112 c.p.c., atteso che la sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari aveva esattamente affermato che i propri effetti, in virtù della domanda proposta dai sigg.ri (da interpretarsi, per principio generale dell ‘ ordinamento, non solo nella sua formulazione letterale, ma anche e soprattutto nel suo contenuto sostanziale, avendo riguardo alle finalità perseguite dalla parte, per cui un ‘ istanza non esplicitamente e formalmente proposta poteva ritenersi implicitamente introdotta e virtualmente contenuta nella domanda espressamente proposta ove risult asse in rapporto di connessione necessaria con il petitum e la causa petendi di questa, con il solo limite di non estenderne l ‘ ambito di riferimento) e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), si estendevano anche ‘ alla regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile di proprietà privata ‘ , mentre invece la sentenza impugnata non colse questo fondamentale aspetto.
Con il quarto motivo l ‘ appellante ha dedotto: che il Giudice di primo grado non interpretò bene la sentenza costituente il titolo esecutivo e conseguentemente non determinò le modalità di esecuzione; che la ricostruzione dei fatti era gravemente errata per erronea ricostruzione della sentenza; che sussisteva la violazione dell ‘ art. 612 c.p.c., che affidava al G.E., nelle esecuzioni di obblighi di fare e di non fare, il compito di determinare le modalità di esecuzione; che, come già detto per il terzo motivo di appello, anche per il quarto motivo dovevano ritenersi trascritti gli stessi fatti esposti nel secondo motivo di appello; che l ‘ omessa considerazione dell ‘ esatto contenuto
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della sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari impedì al Giudice di primo grado di determinare le modalità di esecuzione così come prescritto dall ‘ art. 612 c.p.c.
Con il quinto motivo l ‘ appellante ha dedotto: che erroneamente il Giudice di primo grado ritenne l ‘ insussistenza degli obblighi di fare nella sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari; che la ricostruzione dei fatti operata dal primo Giudice era gravemente errata, per avere attribuito alla predetta sentenza (che aveva annullato le delibere assembleari degli anni 1988/1989) contenuto dichiarativo anziché costitutivo; che sussisteva la violazione degli artt. 2908 e 1137 c.c., che attribuivano efficacia costitutiva alle sentenze di accoglimento delle domande di annullamento delle delibere dell ‘ assemblea condominiale, con efficacia di giudicato quanto alla causa dell ‘ invalidità accertata, che retroagiva all ‘ epoca della delibera annullata, con riguardo a tutti gli effetti che dalla stessa derivavano, ed in particolare la regolamentazione del parcheggio all ‘ interno dell ‘ area di esclusiva proprietà privata di lui appellante; che l ‘ affermazione del Giudice di primo grado, secondo cui la sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari aveva contenuto dichiarativo dal quale non discendeva alcun obbligo di fare , era errata, in quanto gli attori i n data 11/12/1997, avevano proposto una domanda con la quale avevano chiesto l ‘ annullamento delle delibere in date 04/06/1988 e 27/05/1989 (di quasi dieci anni precedenti) per omessa convocazione all ‘ assemblea, e pertanto la ratio che aveva accolto tale domanda pronunciando l ‘ annullamento delle menzionate delibere, con effetti estesi anche alla regolamentazione del parcheggio all ‘ interno del cortile di proprietà privata, aveva indubbia natura costitutiva ai sensi dell ‘ art. 2908 c.c., con l ‘ effetto di aver estinto sia le delibere che l ‘ intero rapporto che da esse derivava; che tali effetti costitutivi, che si producevano dal momento in cui la sentenza era passata in giudicato, retroagivano al momento di proposizione della domanda (11/12/1997) e riguardavano nella sua interezza la causa di invalidità dedotta e deducibile (la sentenza n. 2629/2003 aveva opportunamente fatto riferimento a tutte le attività di regolamentazione del parcheggio all ‘ interno dell ‘ area), sicché si trattava di statuizione di accertamento dell ‘ illegittimità dell ‘ attività di regolamentazione del
parcheggio, suscettibile di esecuzione forzata nella forma degli obblighi di fare o di non fare; che infatti, come già ampiamente dedotto nel giudizio di primo grado, le due sentenze n. 1277/1998 e n. 2629/2003 del Tribunale di Bari, poste da lui appellante a fondamento della procedura esecutiva, stabilivano, la prima, l ‘ inesistenza in capo ai proprietari delle unità immobiliari ubicate negli edifici condominiali di in Bari del diritto reale (servitù) di parcheggiare i propri autoveicoli nel cortile già di proprietà (ed all ‘ attualità di proprietà esclusiva di lui appellante) e, la seconda, l ‘ annullamento delle due delibere condominiali in date 04/06/1988 e 27/05/1989 (con le quali i detti proprietari avevano deliberato l ‘ esecuzione dei lavori, al termine dei quali ‘ saranno ricavati n. 31 posti macchina pari al numero dei proprietari delle abitazioni che formano il Condominio. Tali posti saranno contraddistinti da apposita segnaletica ed assegnati con apposito sorteggio ‘ , e ‘ l ‘ assegnazione mediante sorteggio dei posti auto come sopra contraddistinti e ricavati ‘ ); che la portata precettiva dei due titoli esecutivi anzidetti, dei quali egli appellante si era avvalso (avendo acquistato la proprietà del cortile dai precedenti proprietari e che erano stati anche correttamente interpretati dall ‘ ulteriore sentenza n. 3740/2016 del Tribunale di Bari (parimenti passata in giudicato), era dunque più che sufficiente a supportare l ‘ esecuzione promossa da lui appellante; che, secondo la costante giurisprudenza della Corte suprema, l ‘ interpretazione del titolo esecutivo giudiziale competeva al G.E. (e, in caso di opposizione ex art. 615 c.p.c., al Giudice dell ‘ opposizione), il quale, a tal fine, poteva ricorrere anche ad elementi extratestuali; che il G.E., dunque, era tenuto ad esaminare i due titoli esecutivi giudiziali {ossia la sentenza n. 1277/1998 (che aveva dichiarato l ‘ inesistenza del diritto dei condomini di parcheggiare) e la sentenza n. 2629/2003 [che aveva annullato la delibera condominiale in data 04/06/1988 (con la quale era stata approvata l ‘ esecuzione dei lavori di ‘ manutenzione fondo stradale ‘ , con la precisazione che ‘ a lavori ultimati saranno ricavati n. 31 posti macchina pari al numero dei proprietari delle abitazioni che formano il condominio. Tali posti saranno contraddistinti da apposita segnaletica ed assegnati con apposito sorteggio ‘ ) e la delibera condominiale in data 27/05/1989 (con la quale si era proceduto all ‘ assegnazione di ciascuno dei 31 posti auto, individuati da apposite strisce di delimitazione, ai
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singoli condomini, mediante sorteggio)]} anche in base a quanto risultava dalle delibere assembleari annullate e dunque aveva il potere ed il dovere di determinare le modalità di esecuzione delle sentenze non rispettate dai CONDOMÌNI opponenti; che non vi era dubbio, pertanto, che i lavori eseguiti in virtù delle anzidette delibere annullate, precipuamente costituiti dalle strisce gialle che delimitavano i posti auto insistenti sul cortile di proprietà privata di lui appellante ed ‘ assegnati ‘ ai condomini in virtù di una delibera annullata ma ciononostante ancora utilizzati, potessero e dovessero essere eliminati mediante il procedimento di esecuzione di obblighi di fare che il G.E., interpretando correttamente i titoli esecutivi, avrebbe dovuto ritenere da essi derivanti; che, a meno di non vanificare completamente il senso del ricorso alla giustizia, non vi era alcun bisogno di proporre ulteriori giudizi di merito, essendo del tutto ovvio che l ‘ annullamento delle due delibere condominiali che avevano disposto l ‘ esecuzione della segnaletica delimitante i posti auto e la loro ‘ assegnazione ‘ ai 31 condomini comportava anche l ‘ obbligo di eliminare i lavori eseguiti per delimitare i posti auto, anche se il dispositivo apparentemente non conteneva un ‘ espressa previsione a tal riguardo, che invece era ampiamente ricavabile, come visto, dall ‘ interpretazione del titolo.
II.B.2.b. I su esposti motivi, che per evidenti ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
II.B.2.b.1. L ‘ art. 474 c.p.c., dopo avere precisato che « L ‘ esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. » (comma 1°, in cui è cristallizzato il principio nulla executio sine titulo ), stabilisce (tra l ‘ altro) che « Sono titoli esecutivi … le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; » (comma 2° n. 1)].
L ‘ art. 480 c.p.c. prevede, al comma 1°, che « Il precetto consiste nell ‘ intimazione di adempiere l ‘ obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l ‘ autorizzazione di cui all ‘ articolo 482, con l ‘ avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata. ».
L ‘ art. 612 c.p.c.
e a
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407 A IN BARI ‘ Atto di precetto per esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ex art. 612 c.p.c. ‘ (procedendo poi a rinnovazione della notificazione del precetto in data 17/02/2018, stante la mancata assegnazione del termine previsto dall ‘ art. 480 comma 1° c.p.c.) e in data 06/03/2018 aveva depositato ‘ Ricorso per esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ex art. 612 c.p.c. ‘ (affinché il G.E. determinasse le modalità dell ‘ esecuzione delle sentenze nn. 1277/1998 e 2629/2003 del Tribunale di Bari, asseritamente costituenti la fonte dell ‘ obbligo, violato dai CONDOMÌNI intimati, di non parcheggiare autovetture nel cortile interno di proprietà del e di eliminare le strisce gialle realizzate a delimitazione dei posti auto), sia perché il ha espressamente denunciato, con l ‘ atto di appello introduttivo del presente grado di giudizio, la violazione dell ‘ art. 612 c.p.c.] dispone, al comma 1°, che « Chi intende ottenere l ‘ esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell ‘ esecuzione che siano determinate le modalità dell ‘ esecuzione. » Contr
II.B.2.b.2. Nella giurisprudenza di legittimità e di merito è consolidato l ‘ orientamento, condiviso dalla migliore (e pressoché uniforme) dottrina 4 , secondo il quale l ‘ art. 474 comma 2° n. 1) c.p.c. contempla (solo) le sentenze di condanna (e più precisamente le sentenze di condanna passate in giudicato o le sentenze di condanna che, pur non avendo ancora acquisito tale efficacia, siano dichiarate esecutive), non (anche) le sentenze di accertamento mero o costitutive .
La specifica riprova di ciò, del resto, sta proprio nell ‘ art. 612 c.p.c. (la cui applicazione era -ed è -stata ripetutamente invocata dal nel caso in
4 della quale, si ribadisce, non può essere fatta menzione, ex art. 118 comma 3° disp. att. c.p.c.
– pagina 22 di 33 – esame, come sopra evidenziato), il quale, in materia di esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, prevede expressis verbis , quale necessario presupposto, che si intenda ottenere l ‘ esecuzione forzata di « una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare », sicché è sicuramente da escludere che una sentenza di accertamento mero o costitutiva possa costituire titolo esecutivo di esecuzione forzata ai sensi degli artt. 612 e ss. c.p.c.
II.B.2.b.3. Tutto ciò premesso in punto di diritto, la Corte osserva, in punto di fatto, che, al contrario di quanto dedotto nei motivi di appello qui in esame, le sentenze nn. 1277/1998 e 2629/2003 del Tribunale di Bari, in forza delle quali il aveva dapprima notificato il precetto e poi depositato il ricorso per la determinazione delle modalità di esecuzione, non costituivano validi titoli esecutivi ai sensi degli artt. 474 e 612 c.p.c.
A tale conclusione conduce quietamente l ‘ analisi delle sentenze de quibus .
II.B.2.b.3.a. Con la sentenza n. 1277/1998 il Tribunale di Bari, nel pronunciarsi, nel giudizio n. 400/1991 R.G., sulle domande proposte da e
avevano chiesto: a) dichiararsi l ‘ esclusiva proprietà di loro attori sul cortile interno, nonché il diritto di loro attori di creare in esso cortile ulteriori rampe di accesso all ‘ annesso locale seminterrato di loro proprietà, giusta quanto disposto nel rogito di notar ; b) dichiararsi l ‘ inesistenza, in capo ai convenuti, di qualsivoglia diritto di parcheggiare i veicoli ed intercludere con sbarre di ferro 1a proprietà di loro attori; c) ordinarsi l ‘ eliminazione di ogni abusivo possesso e di ogni illegittima opera e manufatti realizzati dai convenuti; d) dichiararsi il diritto di loro attori al risarcimento dei danni, con maggiorazione di interessi e svalutazione monetaria, a liquidarsi in separata sede. I CONDOMÌNI convenuti, dopo avere formulato alcune eccezioni preliminari e contestato la fondatezza delle domande principali (invocandone il rigetto), nel merito e subordinatamente avevano chiesto (in via riconvenzionale) accertarsi l ‘ avvenuta
usucapione in favore dei condòmini del diritto di parcheggiare le loro autovetture nel cortile, a seguito di possesso asseritamente protrattosi per oltre vent ‘ anni], aveva così provveduto: 1) aveva dichiarato 1 ‘ inesistenza in capo ai proprietari delle unità immobiliari site negli edifici condominiali ubicati alla INDIRIZZO e alla INDIRIZZO, rappresentati rispettivamente dagli amministratori pro-tempore e , del diritto reale (servitù) di parcheggiare i propri autoveicoli nel cortile interno esistente fra gli stabili, del quale erano esclusivi proprietari i coniugi attori 2) aveva dichiarato inammissibili le altre domande attoree, per carenza di legittimazione passiva delle amministrazioni condominiali convenute; 3) aveva dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di accertamento dell ‘ avvenuto acquisto per usucapione della servitù di parcheggio, per carenza di legittimazione attiva dei convenuti amministratori condominiali; 4) aveva condannato i CONDOMÌNI convenuti al pagamento solidale del 50% delle spese processuali, che, in detta ridotta misura, aveva liquidato nella somma di £. 2.400.000 (di cui £. 255.500 per borsuali), oltre C.A.P. ed I.V.A. come per legge, con distrazione a favore dell ‘ avv. NOME COGNOME difensore anticipatario degli attori, compensando il resto degli oneri tra le parti. Orbene, il semplice esame delle domande proposte dalle parti nel giudizio n. 400/1991 R.G. e della sentenza n. 1277/1998 adottata dal Tribunale di Bari esito di tale giudizio, passata in giudicato, consente tranquillamente di ultima decisione non conteneva alcun capo condannatorio , per la semplice ragione che il Tribunale si era limitato ad accogliere
all ‘ affermare che quest ‘ l ‘ actio negatoria servitutis ex art. 949 c.c. proposta da
, dichiarando
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inammissibili tutte le altre domande attoree (per difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni condominiali convenute) e la domanda riconvenzionale dei convenuti (per difetto di legittimazione attiva delle amministrazioni condominiali convenute).
Trattavasi (e trattasi) dunque, con tutta evidenza, di sentenza meramente dichiarativa (carattere espressamente affermato, peraltro, alle pagg. 6, 7, 8, 9 e 10 della stessa), come del resto evidenziato inequivocamente anche nella motivazione della sentenza de qua , nella parte in cui il Tribunale di Bari, dopo avere affermato la fondatezza dell ‘ actio negatoria servitutis proposta dagli attori aveva testualmente osservato (pagg. 8 e ss.): «In ordine alla domanda attorea volta a conseguire la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mercé la rimozione delle opere realizzate dai convenuti, preliminare all ‘ indagine sulla sussistenza o meno di siffatte opere che si assumono essere state realizzate sul suolo di proprietà degli istanti si appalesa l ‘ esame della eccezione di carenza di legittimazione passiva, la quale si rivela fondata e, pertanto, preclusiva dell ‘ esame di merito.
Invero quando l ‘ azione negatoria, oltre alla finalità tipicamente dichiarativa, sia diretta a conseguire anche la rimozione di opere comuni, attraverso le quali la servitù venga esercitata, vede come legittimi e necessari contraddittori tutti i condòmini dello stabile in quanto, in tale ipotesi, gli effetti di detta azione sono destinati a riflettersi sulle situazioni giuridiche dei singoli condòmini considerati come espressione di interessi individuali, affiancandosi alla funzione di accertamento anche quella spiccatamente repressivo-sanzionatoria, che non può non dirigersi verso gli autori dell ‘ illecita lesione dell ‘ altrui sfera dominicale (Cass. Civ. 06-12-1984 n. 6396, Cass. Civ. II Sez. 25-02-1987 in Foro It. 1987 I 2144).
Non essendo stato evocato in giudizio alcuno dei legittimi e necessari contraddittori, non v ‘ è chi non veda come una eventuale pronuncia ripristinatoria sarebbe inutiliter data , e c i ò i n d i p e nd ent emente dall ‘ eventuale sussistenza della legittimazione passiva degli amministratori, donde l ‘ inammissibilità di tale capo di domanda.
Ugual sorte viene riservata dalla domanda di risarcimento dei danni che gli attori assumono aver patito dalla illegittima occupazione del cortile di loro proprietà
esclusiva, configurante un ‘ autonoma azione di responsabilità aquiliana: pur se limitata ad una pronuncia solo dichiarativa, essa è naturalmente rivolta contro gli autori materiali di un ‘ occupazione che, non essendo sorretta da una valida giustificazione giuridica, si appalesa sine titulo , destinata ad incidere nelle sfere giuridiche individuali dei singoli condòmini, avendo anch ‘ essa funzione repressivo-sanzionatoria dell ‘ illecito perpetrato; e ciò a prescindere dalle censure a cui potrebbe naturalmente prestarsi una domanda volta a conseguire una sentenza meramente dichiarativa pur in presenza dei presupposti per una pronuncia di condanna, non inverosimilmente deficitaria sotto il profilo dell ‘ interesse ad agire, poiché destinati ineludibilmente a provocare un ‘ ulteriore giudizio in quanto inidonea a costituire titolo esecutivo, e tanto in dispregio del principio di economia processuale.
Non essendo stati evocati in causa agli autori materiali dell ‘ illecito, anche tale domanda, autonomamente proposta, deve essere dichiarata inammissibile.».
Inevitabile conclusione di quanto sopra esposto è che la sentenza n. 1277/1998 del Tribunale di Bari non solo era una sentenza meramente dichiarativa , ma non conteneva, neppure ‘ implicitamente ‘ , alcun capo condannatorio -tanto più alla luce del chiaro tenore della parte della motivazione della sentenza sopra riportata -t al e d a l e gittimare, ai sensi degli artt. 474 e 612 c.p.c., sia il precetto (notificato in date 29/01/2018 e 05/02/2018 e poi, in sede di rinnovazione, in data 17/02/2018 in virtù -anche -della sentenza n. 2629/2003, di cui si dirà più oltre) per esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare sia il ricorso (depositato in data 06/03/2018) per la determinazione delle modalità di esecuzione della sentenza de qua .
II.B.2.b.3.b. Con la sentenza n. 2629/2003 il Tribunale di Bari, nel pronunciarsi, nel giudizio n. 6424/1997 R.G., sulle domande proposte da
(danti causa di
) nei confronti di
e di
. A IN BARI [gli attori
premesso di avere appreso in altro giudizio, avente per oggetto l ‘ accertamento della proprietà del cortile interno scoperto acquistato da loro attori e dell ‘ inesistenza del diritto dei condomini di parcheggiarvi i propri veicoli e di
chiuderne l ‘ accesso con sbarre di ferro 5 , che l ‘ installazione di detta transenna e la destinazione dell ‘ area a parcheggio erano state effettuate in forza delle delibere assembleari in date 04/06/1988 e 27/05/1989 e che con delibera del 24/10/1997 il aveva deciso di sostituire la sbarra di ferro con un cancello automatico, avevano impugnato le predette delibere, chiedendo che le stesse fossero dichiarate nulle o annullate per omessa convocazione e mancanza delle maggioranze di cui all ‘ art. 1120 c.c. (le prime due delibere), per omessa indicazione dell ‘ anno della convocazione e indicazione della data prevista per la seconda convocazione nello stesso giorno della prima (la terza delibera) e per mancanza del potere dell ‘ assemblea rispetto a beni in proprietà esclusiva (tutte le tre delibere)], aveva così provveduto: 1) aveva accolto la domanda per quanto di ragione e, per l ‘ effetto, annullato le delibere assembleari in date 04/06/1988 e 27/05/1989 nella parte in cui statuivano l ‘ installazione di una transenna all ‘ ingresso di un cortile di proprietà privata (la prima) e la destinazione di quest ‘ ultimo a parcheggio (la seconda); 2) aveva rigettato ogni ulteriore domanda; 3) aveva condannato parte convenuta a rifondere a parte attrice la metà delle spese di lite, che, già compensate per l ‘ulteriore metà, liquidava in €. 1.337,64 ( di cui €. 159,64 per esborsi, €. 578,00 per diritti e €. 600,00 per onorario), oltre rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Orbene, il semplice esame della domanda proposta dagli attori nel giudizio n. 6424/1997 R.G. e della sentenza n. 2629/2003 adottata dal Tribunale di Bari all ‘ esito di tale giudizio (confermata con sentenza n. 651/2010 di questa Corte di appello, passata in giudicato) consente di affermare serenamente che anche tale sentenza non conteneva alcun capo condannatorio (ad eccezione pure questa volta, ovviamente, del capo concernente il regolamento delle spese processuali), per la semplice ragione che il Tribunale, dopo avere premesso (in diritto) che ai sensi dell ‘ art. 1136 comma 6° c.c. tutti i condòmini dovevano essere convocati (non potendo l ‘ assemblea, in difetto, deliberare) ed avere accertato (in fatto) che gli attori non erano stati convocati per le assemblee dei giorni 04/06/1988 e 27/05/1989 (omissione che integrava vizio di annullabilità delle delibere impugnate, per contrarietà alla legge, e non di nullità delle stesse), aveva
5 trattasi, ragionevolmente, del giudizio n. 400/1991 R.G. indicato sub II.B.2.b.3.a.
annullato parzialmente, limitatamente ai profili oggetto di contestazione, le delibere impugnate.
Trattavasi (e trattasi), dunque, di sentenza costitutiva (quanto al disposto annullamento parziale delle delibere condominiali in date 04/06/1988 e 27/05/1989) e meramente dichiarativa (quanto al rigetto di ogni ulteriore domanda) 6 , non contenente alcuna condanna, né esplicita né ‘ implicita ‘ , al ripristino dello stato dei luoghi (difatti, come già correttamente evidenziato nella sentenza n. 1277/1998, la pronuncia di condanna al ripristino dello stato dei luoghi avrebbe dovuto avere, quale necessario presupposto, l ‘ evocazione in giudizio non dei soli bensì di tutti i condòmini dello stabile, data la natura repressivo-sanzionatoria della domanda volta a conseguire -anche -l a rimozione di opere comuni).
Ciò, del resto, può desumersi anche dalla motivazione della sentenza n. 2629/2003, atteso che il Tribunale di Bari, dopo avere accertato un mero vizio formale (violazione dell ‘ art. 1136 comma 6° c.c. per omessa convocazione di tutti i condomini), aveva annullato le delibere condominiali in date 04/06/1988 e 27/05/1989 «nella parte in cui statuiscono, la prima, l ‘ installazione di una transenna all ‘ ingresso di un cortile di proprietà privata, e la seconda, la destinazione di quest ‘ ultima a parcheggio» non perché intendesse attribuire alla propria pronuncia un ‘ intrinseca efficacia ‘ esecutiva ‘ con riferimento ‘ ai profili
6 in tal senso, dunque, va corretta la sentenza impugnata, che, non del tutto esattamente, ha attribuito natura esclusivamente dichiarativa alla sentenza n. 2629/2003 (N.d.E.).
oggetto di contestazione ‘ , idonea cioè a legittimare successivamente il ripristino dello stato dei luoghi nelle forme dell ‘ esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. (come preteso dall ‘ odierno appellante), ma sol perché gli attori (danti causa del avevano limitato ai predetti profili la domanda di annullamento delle predette delibere, tanto che il Tribunale di Bari per un verso non aveva operato alcuna valutazione delle ulteriori doglianze relative al merito e per altro verso aveva rigettato ogni ulteriore domanda attorea .
Inevitabile conclusione di quanto sopra esposto è che la sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari era una sentenza costituiva e dichiarativa, nei sensi sopra precisati, non contenente, né ‘ esplicitamente ‘ né ‘ implicitamente ‘ , alcun capo condannatorio , sicché essa non era tale da legittimare, ai sensi degli artt. 474 e 612 c.p.c., la notifica del precetto (in date 29/01/2018 e
05/02/2018 e poi, in sede di rinnovazione, in data 17/02/2018) per esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare nonché il deposito del ricorso (in data 06/03/2018) per la determinazione delle modalità di esecuzione della sentenza de qua ( ol tre che della precedente sentenza n. 1277/1998).
II.B.2.c. In definitiva, correttamente il Giudice di primo grado accolse le opposizioni ex art. 615 commi 1° e 2° c.p.c. proposte dagli odierni appellati , rilevando (del tutto condivisibilmente, fatta salva la precisazione di seguito ribadita in ordine alla seconda sentenza):
quanto alla sentenza n. 1277/1998 del Tribunale di Bari , che l ‘ esame complessivo del dispositivo, anche tenuto conto dell ‘ impianto argomentativo motivazionale, consentiva di ribadire come la statuizione giurisdizionale si fosse limitata ad accertare l ‘ inesistenza del diritto di servitù di parcheggio nell ‘ area del cortile interno di proprietà del senza statuire a carico dei alcuno specifico obbligo di fare, in particolare teso all ‘ eliminazione delle strisce colorate in gialle ivi esistenti, sicché, trattandosi di sentenza di mero accertamento, in specie negativo, non era idonea a legittimare l ‘ avvio della procedura esecutiva prevista dall ‘ art. 612 c.p.c.;
quanto alla sentenza n. 2629/2003 del Tribunale di Bari (che aveva annullato le delibere assembleari in date 04/06/1988 e 27/05/1989 nella parte in cui avevano statuito l ‘ installazione di una transenna all ‘ ingresso di un cortile di proprietà privata, la prima, e la destinazione di detto cortile a parcheggio, la seconda), che tale pronuncia aveva contenuto dichiarativo ( rectius :
costitutivo e dichiarativo 7 ) da cui non discendeva alcuno specifico ed attuale obbligo di fare o di non fare a carico dei CONDOMÌNI opponenti (in particolare, alcuna specifica obbligazione della specie di quella intimata nell ‘ atto di precetto opposto).
II.B.2.d. A quanto sopra esposto consegue che il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di appello sono immeritevoli di accoglimento.
II.C. CONCLUSIONI .
In conclusione, l ‘ appello è infondato e va rigettato, con conseguente conferma, anche per le ragioni di fatto e di diritto esposte nella presente sentenza, della decisione impugnata.
II.D. IL REGOLAMENTO DELLE SPESE DEL PRESENTE GRADO DI GIUDIZIO.
Le spese del presente grado di giudizio {liquidate, come da dispositivo, in misura pari ai valori medi per fase di studio, fase introduttiva e fase decisionale , applicando le disposizioni del citato D.M. Giustizia n. 55/2014 e succ. modd. [da interpretarsi alla luce dell ‘ autorevole
7 v. sopra, sub II.B.2.b.3.b.
8 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 02/04/2014, n. 77, ed entrato in vigore in data 03/04/2014.
9 v. D.M. Giustizia n. 37/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26/04/2018, n. 96, ed entrato in vigore in data 27/04/2018, nonché D.M. Giustizia n. 147/2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 08/10/2022, n. 236, ed entrato in vigore in data 23/10/2022.
10 v. Cass., ord. n. 10206/2021, secondo cui ‘ In tema di liquidazione delle spese processuali in base al d.m. n. 55 del 2014, l ‘ effettuazione di singoli atti istruttori e, segnatamente, la produzione di documenti, in altre fasi processuali (come quella introduttiva e/o quella decisionale) non equivale allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione che, per quanto riguarda il giudizio di appello, può dare luogo al riconoscimento della relativa voce di tariffa unicamente qualora sia effettivamente posta in essere, nel corso della prima udienza di trattazione, una o più delle specifiche attività previste dall ‘ art. 350 c.p.c. ovvero sia fissata un ‘ udienza a tal fine o, comunque, allo scopo di svolgere altre attività istruttorie e/o di trattazione, ma non nel caso in cui alla prima udienza di trattazione sia esclusivamente e direttamente fissata l ‘ udienza di precisazione delle conclusioni, senza il compimento di nessuna ulteriore attività, e questo anche ove siano prodotti nuovi documenti in allegato all ‘ atto di appello ovvero, successivamente, con gli scritti conclusionali. ‘ . Il predetto principio di diritto è stato ribadito da Cass., ord. n. 29077/2024 e, ancor più di recente, da Cass., ord. n. 7343/2025, che ha motivatamente disatteso e superato (v. § 3, pagg. 10-12, della motivazione) il diverso orientamento espresso in alcune pronunce precedenti (Cass., ord. n. 8870/2022, che aveva richiamato Cass., ord. n. 20993/2020 e Cass., ord. n. 21743/2019; Cass., ord. n. 28325/2022, che aveva richiamato Cass., n. 15182/2022) di cui questa Corte (che anteriormente applicava il principio di diritto affermato da Cass., ord. n. 10206/2021, cit.) aveva doverosamente tenuto conto.
insegnamento della Corte Suprema 11 , formulato con riferimento al D.M. Giustizia n. 140/2012, ma da ritenersi pienamente valido anche dopo l ‘ entrata in vigore del citato D.M. Giustizia n. 55/2014 (nonché dei citati DD.MM. Giustizia nn. 37/2018 e 147/2022), in ragione dell ‘ identità dell ‘ art. 28 del D.M. Giustizia n. 55/2014 (nonché dell ‘ art. 6 del D.M. Giustizia n. 37/2018 e dell ‘ art. 6 del D.M. Giustizia n. 147/2022) all ‘ art. 41 del D.M. Giustizia n. 140/2012], tenendo conto -s ulla scorta del valore indeterminabile della controversia (c.d. ‘ complessità bassa ‘ ) -dei parametri di cui alla tabella ‘ 12. Giudizi innanzi alla Corte di Appello ‘ allegata al citato D.M. Giustizia n. 55/2014 (e successivi DD.MM. Giustizia nn. 37/2018 e 147/2022, pure citati) ed escludendo, ex art. 92 comma 1º c.p.c., la ripetizione delle spese eccessive o superflue sostenute dalla parte vittoriosa} vanno regolate in ossequio al principio della soccombenza, ai sensi dell ‘ art. 91 c.p.c.
II.E. LA DISPOSIZIONE DI CUI ALL ‘ ART. 13 COMMA 1º QUATER DEL D.P.R. N. 115/2002. In considerazione del rigetto integrale dell ‘ impugnazione e dell ‘ introduzione del presente giudizio dal 30º giorno successivo (v. art. 1 comma 18º della L. n. 228/2012) alla data di entrata in vigore della L. n. 228/2012 (avvenuta in data 01/01/2013, ex art. 1 comma 561º della L. n. 228/2012) 12 , ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1º quater del D.P.R. n. 115/2002 (introdotto dall ‘ art. 1 comma 17º della
11 Cass., sez. un., nn. 17405/2012 e 17406/2012. V. altresì, più di recente: Cass., ord. n. 31884/2018; Cass., n. 27233/2018 (in motivazione, §§ 12. e ss.).
12 come è noto, in tema di impugnazione, l ‘ obbligo di versamento, per il ricorrente, di un ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile, previsto dall ‘ art. 13 comma 1º quater del d.P.R. 30/05/2002, n. 115, introdotto dall ‘ art. 1 comma 17º della legge 24/12/2012, n. 228, si applica ai procedimenti iniziati in data successiva al 30/01/2013 (art. 1 commi 18º e 561º della L. n. 228/2012), dovendosi aver riguardo, secondo i principi generali in tema di litispendenza, al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell ‘ atto da parte del destinatario, e non a quello in cui la notifica è stata richiesta all ‘ ufficiale giudiziario o l ‘ atto è stato spedito a mezzo del servizio postale secondo la procedura di cui alla legge 21/01/1994, n. 53 (in termini Cass., sez. un., n. 3774/2014. In senso conforme Cass., n. 14515/2015, che dopo avere ribadito che, in materia di impugnazioni, l ‘ obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nei casi previsti dall ‘ art. 13 comma 1ºquater del d.P.R. 30/05/2002, n. 115, nel testo introdotto dall ‘ art. 1 comma 17º della l. 24/12/2012, n. 228, si applica ai procedimenti iniziati in data successiva al 30/01/2013, dovendosi aver riguardo al momento in cui la notifica del ricorso per cassazione si è perfezionata, con la ricezione dell ‘ atto da parte del destinatario, ha precisato che, a tal fine, ove la notificazione sia indirizzata a due intimati, è sufficiente, ad escludere l ‘ applicabilità del doppio contributo, che la ricezione dell ‘ atto sia avvenuta anche per solo uno di essi, in data anteriore al 30 gennaio, posto che la notifica del ricorso ad una delle parti è condotta già sufficiente per l ‘ instaurazione del procedimento dinanzi alla Corte).
L. n. 228/2012) deve darsi atto della sussistenza dei presupposti perché l a parte appellante sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l ‘ impugnazione 13 , precisando che l ‘ obbligo di pagamento sorge al momento del deposito della presente sentenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando,
sull
‘
appello proposto da nel
20/11/2023, nei confronti di procedimento
n.
1457/2023
R.G.A.C.C., con atto di citazione notificato in data
e di
.
A IN entrambi in persona dell ‘ amministratore pro tempore avverso la sentenza n. 3743/2023, pubblicata in data 27/09/2023, del Tribunale di Bari in composizione monocratica, così provvede:
rigetta l ‘ appello e per l ‘ effetto conferma, anche per le ragioni di fatto e di diritto esposte nella presente sentenza, la decisione impugnata;
condanna la parte appellante alla rifusione, in favore della parte appellata, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in €. 6.946,00 (euro seimilanovecentoquarantasei/00), tutti per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione, C.N.P.A.F. ed I.V.A. come per legge;
13 v. Cass., sez. un., n. 4315/2020, che dopo avere precisato (tra l ‘ altro) che ‘ Il giudice dell ‘ impugnazione deve rendere l ‘ attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato di cui all ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, quando la pronuncia adottata è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell ‘ impugnazione), mentre non è tenuto a dare atto dell ‘ insussistenza di tale presupposto quando la pronuncia non rientra in alcuna di suddette fattispecie ‘ e che ‘ La debenza dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato (c.d. doppio contributo) pari a quello dovuto per l ‘ impugnazione è normativamente condizionata a due presupposti: il primo, di natura processuale, costituito dall ‘ adozione di una pronuncia di integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell ‘ impugnazione, la cui sussistenza è oggetto dell ‘ attestazione resa dal giudice dell ‘ impugnazione ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002; il secondo, di diritto sostanziale tributario, consistente nell ‘ obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, il cui accertamento spetta invece all ‘ amministrazione giudiziaria ‘ , ha statuito che ‘ Il giudice dell ‘ impugnazione che emetta una delle pronunce previste dall ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, è tenuto a dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell ‘ importo ulteriore del contributo unificato (c.d. doppio contributo) anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato), potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo ‘ . In senso conforme Cass., ord. n. 27867/2019; Cass., n. 9660/2019; Cass., n. 26907/2018.
CORTE DI APPELLO DI BARI / SEZIONE 1 A CIVILE – pagina 33 di 33 –
dà atto della sussistenza dei presupposti perché la parte appellante sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l ‘ impugnazione, precisando che l ‘ obbligo di pagamento sorge al momento del deposito della presente sentenza, ex art. 13 comma 1º quater del D.P.R. n. 115/2002, introdotto dall ‘ art. 1 comma 17º della L. n. 228/2012.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio della sezione 1ª civile della Corte d ‘ appello, il giorno 01/04/2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE DOTTNOME COGNOME
IL PRESIDENTE DOTT. NOME COGNOME