Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22420 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22420 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17075-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA PUGLIA UFFICIO V AMBITO TERRITORIALE DI FOGGIA;
– intimati – avverso la sentenza n. 1590/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 05/01/2021 R.G.N. 2113/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.17075/2021
Ud 02/07/2025 CC
Con sentenza dell’11/06/2019 il Tribunale del lavoro di Foggia, in accoglimento della domanda di NOME COGNOME dichiarava la ricorrente in possesso di titolo valido ai fini dell’insegnamento su posti di sostegno conseguito ai sensi dell’art. 325 del d.lgs. n. 297/1994 e condannava il MIUR alla rifusione delle spese del giudizio.
Il MIUR e l’Ufficio scolastico regionale Puglia proponevano appello avverso detta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma con conseguente rigetto della domanda originaria. Si costituiva NOME COGNOME che chiedeva il rigetto del gravame. Con la sentenza n. 1590/2020 depositata in data 05/01/2021 la Corte di Appello di Bari, sezione lavoro, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di NOME COGNOME.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi. Il MIUR ha ricevuto rituale notifica del ricorso ed è rimasto intimato.
La parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis . 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 2 luglio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 345, 416 e 437, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. divieto dello ius novorum in appello, error in procedendo . Si critica la sentenza impugnata per avere assunto la propria decisione sulla base di un argomento introdotto per la prima volta in secondo grado e, quindi, inammissibilmente; argomento consistente nella validità del titolo di specializzazione del sostegno agli alunni disabili acquisito da COGNOME NOME all’esito dei corsi teorico-pratici frequentati negli a.a. 2000/2001
e 2001/2002, autorizzati con D.M. del 28.9.2000 e del 30.10.2001. Secondo la parte ricorrente il MIUR non avrebbe contestato in primo grado, essendo rimasto contumace, la validità del titolo di specializzazione in possesso della ricorrente. 1.1. Il motivo è infondato. Nel proporre appello il MIUR non ha proposto eccezioni in senso stretto dalle quali era decaduto in ragione della contumacia in primo grado ma si è limitato a negare il fatto costitutivo della domanda della ricorrente affermando che la sentenza di primo grado era errata perché NOME COGNOME non era in possesso dei requisiti previsti dalla legge e cioè la frequenza di corsi teorico-pratici della durata minima (biennale) prevista dalla disciplina.
1.2. La sentenza della Corte di Appello ha, così, accertato i fatti costitutivi del diritto vantato dalla parte ricorrente e non incorre nelle censure rassegnate essendosi attenuta a consolidati principi di diritto.
1.3. Si consideri che: «la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova, sicché rientra nelle facoltà difensive del convenuto, dichiarato contumace nel giudizio di primo grado contestare le circostanze poste a fondamento del ricorso, anche perché la previsione dell’obbligo a suo carico di formulare nella memoria difensiva, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito, nonché di prendere posizione precisa in ordine alla domanda e di indicare le prove di cui intende avvalersi, non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se la parte attrice abbia dato dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano o meno state proposte, dalla parte legittimata
a contraddire, contestazioni specifiche, difese ed eccezioni in senso lato» (Cass. 21/11/2014, n. 24885). Ed ancora: «l’esclusione dei fatti non contestati dal thema probandum non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema; pertanto, al convenuto, costituitosi in appello, non è precluso contestare i fatti costitutivi e giustificativi allegati dall’attore a sostegno della domanda» (Cass. 23/06/2009, n. 14623). Ed infine, con specifico riguardo al rito del lavoro: «Nel rito del lavoro (applicabile in materia di locazioni ai sensi dell’art. 447-bis cod. proc. civ.), il convenuto, rimasto contumace nel giudizio di primo grado, ben può nell’atto di appello contestare la fondatezza della domanda, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 434 e 437 cod. proc. civ. La previsione dell’obbligo del convenuto di formulare nella memoria difensiva di primo grado, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito nonché di prendere posizione precisa in ordine alla domanda e di indicare le prove di cui intende avvalersi, infatti, da un lato, non esclude il poteredovere del giudice di accertare se la parte attrice abbia dato dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano state o meno proposte, dalla parte legittimata a contraddire, contestazioni specifiche, difese ed eccezioni in senso lato, e, dall’altro, non impedisce alla parte di sollevare (ed impone al giudice di esaminare) in qualunque momento – e, quindi, anche nel giudizio di appello – tutte le difese in senso lato e le questioni rilevabili d’ufficio che possano incidere sul rapporto controverso» (Cass. 01/12/2009, n. 25281).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 325, comma 1, d.lgs. n. 297/1994, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Si critica la Corte territoriale nella parte in cui ha affermato che «nessuno dei corsi frequentati dalla Fusco era in realtà un corso teorico-pratico di durata biennale, né poteva essere operato il cumulo del monte ore dei differenti corsi ai fini dell’integrazione del requisito richiesto». La Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che «Solo per completezza, va detto che neppure attraverso la somma algebrica del monte ore (200 ore + 600 ore) dei due corsi frequentati dalla COGNOME nell’intervallo temporale utile (2000 -2002) sarebbe integrato il requisito della durata biennale (pari a 1.600 ore, come dedotto dalla stessa appellata)».
2.1. Secondo la ricorrente la decisione impugnata sarebbe errata perchè nessuna norma stabilirebbe il monte ore che devono avere i corsi teorico-pratici al fine di conseguire i titoli di specializzazione per l’insegnamento in favore di alunni disabili e perché la difesa della ricorrente non aveva mai sostenuto che occorrerebbero 1.600 ore per integrare il requisito della durata biennale.
2.2. Il motivo non attinge la motivazione della sentenza perché essa riposa sulla circostanza che la ricorrente non avesse allegato e provato di aver frequentato un corso teorico-pratico di durata biennale e non sul conteggio delle ore eventualmente seguite dalla ricorrente.
2.3. Non sussiste dedotta violazione di legge atteso che l’art. 325 d.lgs. 297/1994 recita: «1. Il personale direttivo e docente preposto alle scuole per non vedenti e per sordomuti, alle scuole con particolari finalità ed alle sezioni e classi delle scuole comuni che accolgono alunni portatori di handicap deve essere fornito fino all’applicazione dell’articolo 9 della legge 19 novembre 1990
n. 341 – di apposito titolo di specializzazione da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole o istituti riconosciuti dal Ministero della pubblica istruzione. I programmi del predetto corso sono approvati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione» e, per questa via, prevede chiaramente quale requisito per acquisire il titolo di specializzazione un apposito titolo da conseguire all’esito di un corso biennale che la ricorrente, come accertato in fatto dalla Corte di Appello, non ha dimostrato di avere (in termini generali, sulla diversità tra titolo di studio e titolo abilitante, si veda Cass. n. 11722 del 5 maggio 2025).
2.4. Si consideri, infine, che secondo altro principio esemplificato da Cass. 22320/2013 «in materia di pubblico impiego privatizzato, il datore di lavoro pubblico è tenuto, anche quando agisca secondo le regole del rapporto di lavoro privato, a rispettare i principi che la legge detta nella scelta del contraente. Ne consegue che la P.A., ove verifichi di aver nominato come insegnante di sostegno, con contratto a tempo determinato, un soggetto privo degli specifici titoli di specializzazione (nella specie, per carenza dell’abilitazione all’insegnamento nelle discipline umanistiche e per mancato conseguimento del titolo di insegnante di sostegno) di cui all’art. 325 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, in conformità alle disposizioni di cui al d.m. 30 novembre 1999, n. 287, è tenuta a risolvere il contratto, fatti salvi, in ogni caso, i diritti medio tempore maturati dal lavoratore ai sensi dell’art. 2126 cod. civ.».
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Nulla in ordine alle spese in difetto di costituzione del Ministero.
rigetta il ricorso;
nulla per le spese; , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione