Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34525 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34525 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17047 del 2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME del foro di Cosenza, domiciliata ope legis presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE;
– ricorrente –
contro
ISTITUTO STATALE di ISTRUZIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE, in persona del dirigente scolastico p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è ex lege domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1455 del 2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 28.11.2018 R.G.N. 2022/2016;
Oggetto
Scuola secondaria Insegnamento strumento musicale – Mancato conferimento supplenza Risarcimento danni.
R.G.N. 17047/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 18/12/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di Appello di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Crotone, rigettava le domande proposte da NOME COGNOME di ricostruzione della carriera e di risarcimento del danno derivante dal mancato conferimento degli incarichi di supplenza di cui ai bandi dell’IRAGIONE_SOCIALENOME COGNOME‘ nn. 6351/C del 5.11.2013 e 7174/C del 16.12.2013, conferimento cui, invece, avrebbe avuto diritto. La docente lamentava quali danni conseguenti al mancato conferimento della supplenza: l’omessa percezione delle retribuzioni ed il mancato versamento dei contributi, con conseguente ripercussioni anche sulla ricostruzione della carriera.
La Corte territoriale precisava che, a differenza di quanto dedotto dalla COGNOME, il titolo in possesso del prof. COGNOME cui era stato conferito l’incarico di supplenza, ovvero il diploma di secondo livello in ‘Musica, scienza e tecnologia del suono, indirizzo di studi esecutivo orchestrale -sub indirizzo percussioni’ conseguito presso il Conservatorio di Musica di F. Torrefranca’ di Vibo Valenzia nell’a.a. 2003-2004, in collaborazione con il Consorzio RAGIONE_SOCIALE sulla base del d.m. n. 462 del 4.9.2003 (biennio sperimentale) era idoneo all’assegnazione dell’incarico di supplenza.
2.1. Al riguardo il giudice di appello rilevava che il d.m. n. 462 del 2003 – nel programma didattico formativo contenuto nell’allegato A – indica l’indirizzo esecutivo orchestrale e, come sub indirizzo, lo strumento principale, fra i quali è compreso anche quello a percussione.
2.2. Riteneva irrilevante, ai fini della decisione della controversia, il d.m. n. 259 del 2004, in quanto avente ad oggetto la revisione del biennio sperimentale RAGIONE_SOCIALE per gli anni successivi alla sua emanazione, tant’è che espressamente manteneva ferma l’efficacia del d.m. n. 462 del 2003 (che, come già evidenziato, aveva previsto, con carattere di obbligatorietà, il sub indirizzo dello strumento principale).
Avverso detta pronunzia propone ricorso per cassazione la lavoratrice con due motivi.
Resiste con controricorso la parte datoriale indicata in epigrafe.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente il Collegio rileva che nel fascicolo telematico, catalogata quale memoria ex art. 380 bis c.p.c., risulta memoria relativa ad altro processo – come emerge dalla mera indicazione delle parti processuali (in epigrafe alla memoria è, infatti, scritto: RG. 17047/2020 – udienza del 10 giugno 2021, Corte di cassazione sez. 6-2 – memoria difensiva per COGNOME avv. NOME contro Ministero della Giustizia), oltre che dal contenuto delle note difensive in alcun modo riconducibile al thema decidendum del presente giudizio – della quale ordina l’espunzione con inserimento nel fascicolo di pertinenza, mandando alla cancelleria per i relativi adempimenti.
Con il primo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei dd.mm. n. 462 del 4.9.2003 e n. 259 del 28.7.2004.
2.1. Parte ricorrente denunzia l’erroneità della decisione impugnata per avere ritenuto l’idoneità all’insegnamento degli strumenti di percussione del titolo del prof. COGNOME
2.1.1. Al riguardo lamenta che il docente COGNOME, nominato quale supplente, non è titolare del necessario titolo di studio in ‘Strumenti a percussione’, essendo in possesso solo di un diploma di secondo livello in Musica, Scienza e Tecnologia del suono, rilasciato dal Politecnico Scientia et Ars di Vibo Valentia di cui al d.m. n. 469/2003 e del d.m. di revisione n. 259 del 2004, che non contiene alcun riferimento al sub indirizzo percussioni. Ne consegue, si osserva nel motivo, che il titolo del docente nominato quale supplente non è equipollente – a differenza di quanto ritenuto erroneamente dai giudici di merito – né al Diploma accademico di II livello nello specifico strumento, né al Diploma Vecchio ordinamento nello specifico strumento.
2.1.2. La censura richiama sia il d.m. n. 201 del 1999 che il d.P.R. n. 19 del 2016 che, nel riferirsi alla classe di concorso 77/A (oggi A/55 – Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado), richiedono, per il relativo insegnamento il diploma relativo allo specifico strumento, mentre per la classe A/63 (Tecnologie musicali) è sufficiente, invece, anche il Diploma accademico di II livello in musica e tecnologia del suono in possesso del prof. COGNOME.
2.2. Si aggiunge che il conseguimento dell’abilitazione (mediante l’accesso al cd. percorso abilitante PAS), per la classe di concorso A/77 Strumenti a percussione, è avvenuto da parte del predetto insegnante senza il possesso del titolo idoneo.
Il secondo motivo lamenta, sempre in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione della direttiva ministeriale n. 259 del 2004.
3.1. Rileva la ricorrente che della suddetta direttiva era stata richiesta acquisizione, respinta in primo grado ed in appello, acquisizione, invece, rilevante ai fini della decisione in quanto in
detto atto è precisato che tra i sub-indirizzi, declinazioni di quello esecutivo orchestrale, non è compreso l’indirizzo percussioni.
Il ricorso è inammissibile in tutte le sue articolazioni.
4.1. Al riguardo va premesso che entrambi i motivi – nelle parti in cui rimarcano la necessità del possesso del diploma riguardante lo specifico strumento musicale – non colgono la ratio decidendi della pronunzia.
4.2. La sentenza della Corte di Appello qui all’attenzione (cfr. sentenza pag. 3), infatti, lungi dal negare la necessità di detto titolo, ha invece affermato che il prof. COGNOME era in possesso di titolo idoneo, ovvero il diploma di secondo livello in Musica, scienza e tecnologia del suono, indirizzo di studi esecutivo orchestrale sub indirizzo percussioni conseguito presso il Conservatorio di Musica di F. Torrefranca di Vibo Valenzia nell’a.a. 2003-2004, in collaborazione con il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Ars , sulla base del d.m. n. 462 del 4.9.2003 (biennio sperimentale) che prevedeva come sub -indirizzo lo strumento principale, nello specifico quello a percussione.
4.3. Il giudice territoriale ha altresì compiuto accertamento di fatto non più rivedibile in questa sede che tra i titoli validi ai fini del conferimento delle supplenze per cui è controversia, il d.m. n. 462 del 2003 – nel programma didattico formativo contenuto nell’allegato A – indica anche l’indirizzo esecutivo orchestrale e, come sub indirizzo, lo strumento principale, fra i quali è compreso anche quello a percussione, posseduto dal docente preferito (cfr. anche innanzi i punti 2 e 2.1. del Rilevato che).
Non risultano conferenti con il decisum, poi, sia le deduzioni svolte con riguardo al conseguimento del percorso abilitante cd. PAS, che con riguardo al d.m. n. 259 del 2004.
5.1. Quanto al percorso abilitante cd. PAS (ed al dedotto mancato possesso del titolo per il conseguimento dell’abilitazione, effettuato peraltro con riguardo alla classe di concorso A/77 almeno apparentemente non corrispondente a quella A/31 per cui è causa) basti qui brevemente rilevare che le ragioni del rigetto delle domande formulate dalla COGNOME prescindono del tutto dal possesso del suddetto titolo abilitante da parte del prof. COGNOME.
5.2. Il mezzo è quindi anche in parte qua privo di attinenza al decisum : non ha infatti costituito ratio della decisione il (legittimo) possesso o meno del titolo abilitante, attraverso il percorso abilitante cd. PAS, da parte del docente preferito.
5.3. Quanto, invece, al richiamato d.m. n. 259 del 2004 non può mancarsi di rimarcare che anche la censura svolta al riguardo non coglie le ragioni della decisione.
5.4. Infatti, la Corte territoriale, nella sentenza qui gravata (cfr. pagg. 3 in fine e pag. 4), lungi dal non considerare il d.m. n. 259 del 2004, ha espressamente esaminato la questione della rilevanza dello stesso ai fini del decidere, per escluderla ratione temporis.
5.5. Detta valutazione da parte della Corte territoriale non è attinta da alcuna censura nei motivi di ricorso per cassazione.
5.6. A tanto va aggiunto, per completezza, che nel secondo motivo si fa testualmente riferimento alla violazione della direttiva n. 259 del 2004, anziché alla violazione del d.m. n. 259 del 2004, benché nel corpo del motivo le doglianze siano poi riferite al ricordato d.m. n. 259.
5.7. Al riguardo evidenzia in ogni caso il Collegio che nel percorso motivazionale della Corte d’Appello non vi è alcun riferimento alla direttiva n. 259 del 2004, il che rende anche sotto detto
profilo inconferente la censura svolta rispetto alle ragioni – come innanzi riportate -che fondano la decisione della Corte territoriale, senza tacere che l’insistita richiesta di acquisizione, oltre che irrilevante, è inammissibile perché effettuata in violazione del cd. principio di autosufficienza del motivo, stante il mancato rispetto del principio di specificità, di cui all’art. 366 c.p.c., nemmeno essendo indicato il dove ed il quando delle richieste effettuate innanzi ai giudici di primo e secondo grado.
5.8. Il ricorso è altresì inammissibile nella parte in cui denuncia la violazione di cui all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., sebbene vengano in rilievo atti privi di efficacia normativa, che sono espressione della potestà organizzativa dell’amministrazione e che non hanno natura regolamentare. L’unico canale di accesso al giudizio di legittimità è in dette ipotesi quello che transita per la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale.
5.9. Secondo l’insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità, in tema di esegesi di atti amministrativi trovano applicazione i criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., sicché, seguendo un percorso circolare, l’interprete dovrà tenere in conto, in modo equiordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall’utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall’intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette (si veda in tal senso, tra le più recenti, la massimata Cass. n. 30141/2022, rv. 66575901, con riguardo alla contrattazione collettiva, ma gli stessi principi valgono per gli atti organizzativi, qui in rilievo, delle amministrazioni pubbliche).
5.10. La parte ricorrente in cassazione, allora, per censurare efficacemente, sotto tale profilo la decisione dei giudici di appello, avrebbe dovuto precisare in quale modo il ragionamento rifluito nella motivazione devi da detti criteri interpretativi, inammissibile un motivo che faccia richiamo generico ai canoni interpretativi, senza alcun’altra specificazione e/o critica, con mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto dalla sentenza impugnata (cfr. Cass. 12104/2004, rv. 57402701 e successive conformi).
5.11. Ebbene, nella fattispecie qui all’attenzione, le doglianze non prospettano affatto la violazione dei canoni ermeneutici, non vi è nei motivi alcuna indicazione delle regole interpretative violate dalla Corte territoriale, né indicazione alcuna delle ragioni per le quali la Corte si sarebbe discostata dai suddetti canoni.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3.500 per compensi professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti indicati al punto 1. del Considerato che.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 18.12.2024.